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1.1.08 - A tutti i miei concittadini...
di Carmelo Panetta

9.1.08 - Dall'erezione alla resurrezione
di Pasquale Cannatà

13.1.08 - Galatro ha fatto tredici!
di Nicola Pettinato

14.1.08 - Caro Nicola...
di Caterina Sigillò

17.1.08 - Verso quale civiltà si sta andando?
di Carmelo Di Matteo

18.1.08 - Il declino di Galatro
di Bartolo Furfaro

18.1.08 - Le iniziative nella Galatro di una volta
di Pasquale Cannatà

24.1.08 - Un governo che non può essere difeso
di Guerino De Masi

26.1.08 - Centrodestra e ideologia
di Domenico Distilo

29.1.08 - Sull'anticomunismo berlusconiano
di Caterina Sigillò

29.1.08 - La lettera di De Magistris

1.2.08 - Che futuro avrà l'Italia con questi politici?
di Daniele Fenoli

1.2.08 - Sul dibattito politico italiano
di Guerino De Masi

3.2.08 - Un carnevale che non c'è più... perchè oggi è sempre carnevale
di Michele Scozzarra

5.2.08 - Il mio intervento al convegno dei Socialisti
di Nicola Marazzita

12.2.08 - Vergogna politica
di Bruno Zito

12.2.08 - Italia da cantare
di Antonio Sibio

13.2.08 - San Valentino... che cosa strana è l'amore!
di Michele Scozzarra

15.2.08 - Grembiulini fascisti?
di Guerino De Masi

16.2.08 - La sfida di Veltroni e le ambiguità del riformismo
di Domenico Distilo

19.2.08 - Le mie riflessioni su San Valentino
di Guerino De Masi

20.2.08 - Il mio intervento all'incontro con Morabito
di Carmelo Panetta

23.2.08 - Lettera al Sindaco
di Guerino De Masi

23.2.08 - Osservatorio elettorale
di Domenico Distilo

25.2.08 - Una ricetta per uscire dal buio
di Romualdo Lucà

28.2.08 - Se bastassero le belle parole...
di Daniele Fenoli

2.3.08 - Non avevo la valigia di cartone!
di Caterina Sigillò

2.3.08 - Da Ferrara a Zeffirelli: un grande inno alla vita
di Michele Scozzarra

2.3.08 - Sulle terme, una lettera al Sindaco
di Stefano Ceravolo

7.3.08 - 8 Marzo: non solo mimose e pizzeria
di Michele Scozzarra

9.3.08 - Inno alla vita: due quesiti
di Caterina Sigillò

16.3.08 - "Violentata" dallo Spirito Santo
di Pasquale Cannatà

17.3.08 - Lo Spirito Santo non ti abbandona, gli uomini sì
di Caterina Sigillò

22.3.08 - Pasqua... Dio fugge in campagna
di Michele Scozzarra

28.3.08 - Cara Caterina...
di Michele Scozzarra

8.4.08 - Elezioni 2008... oltre il deserto e fuori dall'inferno
di Michele Scozzarra

10.4.08 - Per la morte del mio primo maestro
di Michele Scozzarra

20.4.08 - E silvio fu
di Antonio Sibio

10.5.08 - La primavera, le rondini... i ricordi di scuola
di Michele Scozzarra

12.5.08 - Una soluzione per l'ADSL
di Angelo Papasidero

16.5.08 - Caro Don Giuseppe...
di Michele Scozzarra

18.5.08 - Saluto a Don Giuseppe
di Carmelo Panetta

23.5.08 - E' giusto sputare nel piatto dove si mangia?
di Alfredo Distilo

25.5.08 - Situazione Terme e strutture inutilizzate
di Angelo Papasidero

26.5.08 - Mi viene da... rimettere
di Pietro Ozimo

26.5.08 - Terme e imprenditoria a Galatro
di Biagio Cirillo

30.5.08 - Non ho mai desiderato sostituirmi alla maggioranza
di Pietro Ozimo

1.6.08 - Deliri nucleari
di Antonio Sibio

6.6.08 - Emergenza ed eccezione
di Domenico Distilo

14.6.08 - Una precisazione dal Sindaco
di Carmelo Panetta

15.6.08 - Non occorre guardare per vedere lontano
di Michele Scozzarra

16.6.08 - Galatro, l'imprenditoria e le terme
di Francesco Distilo

17.6.08 - L'Ufficio Tecnico comunale precisa
di Alfredo Distilo

23.6.08 - Perchè non fare una festa dell'emigrato?
di Maria Grazia Simari

24.6.08 - Buona idea la festa dell'emigrato
di Daniele Fenoli

26.6.08 - Dal Coordinamento Donne Italo-Argentine un aiuto per la festa dell'emigrato
di Raffaela Cuppari





Il Sindaco di Galatro: Carmelo Panetta. Lo stemma del Comune di Galatro (1.1.08) A TUTTI I MIEI CONCITTADINI... (di Carmelo Panetta) - Con l’arrivo del nuovo anno il mio pensiero, sinceramente fraterno, è rivolto a tutti i concittadini: sia a quelli che vivono in paese e coi quali quotidianamente ho opportunità di incontro e di scambi di opinione che a quelli che per motivi di lavoro o di studio vivono lontani dal “natìo borgo” ma conservano cara nel loro cuore l’immagine della via nella quale sono nati e cresciuti, dei familiari e degli amici coi quali hanno trascorso le ore più spensierate della loro gioventù.
E’ il nostro paese che, con orgoglio, tutti portiamo ben impresso nel cuore e che per ogni galatrese costituisce il più suggestivo angolo non solo della nostra amata terra di Calabria, ma del mondo intero.
Ne sono concreta testimonianza i brevi rientri estivi degli emigrati. Anche di alcuni che ormai da decenni vivono nelle lontane Americhe.
Ebbene, la fine di ogni anno è per tutti tempo di bilanci. Bilanci consuntivi di ciò che si è fatto e di ciò che si poteva fare e, soprattutto, bilanci di previsione su quanto si spera di poter realizzare nei prossimi 12 mesi.
Anch’io li ho fatti. E come amministratore, proprio nelle ore in cui si conclude un anno solare e sta per iniziarne un altro, ho avvertito la necessità di rivolgere il mio pensiero augurale a tutti i concittadini e di tracciare velocemente e per sommi capi il mio bilancio di pubblico amministratore. Di amministratore eletto dal popolo per prestare la mia opera al servizio della comunità e per lo sviluppo della stessa.
Mi sento, allora, in dovere di informare i cittadini che, anche grazie alla collaborazione attiva e fattiva dei componenti l’esecutivo e di tutta la maggioranza, ho fatto il possibile per cercare di portare il nostro paese sulla strada del progresso e della crescita sociale. Riconosco, però, che c’è ancora molto da fare. Per questo, con l’aiuto di tutti, spero di riuscire a realizzare quelle opere, piccole tessere dell’importante mosaico dello sviluppo sociale ed economico, che consentiranno a tutti i concittadini di guardare con maggiore fiducia al futuro del proprio paese e di essere orgogliosi della loro galatresità.
L’amministrazione che ho il piacere di presiedere guarda al futuro di Galatro con fiducia, nella consapevolezza che il paese abbia tutte le necessarie prerogative naturali e storiche per puntare al decollo sia nel comparto turistico (principalmente a quello termale) sia in quello culturale.
Ed è con questi intendimenti che, nel promettere il massimo impegno nella quotidiana attività amministrativa, stringo tutti in un ideale abbraccio e, di vero cuore, formulo l’augurio sincero che il nuovo anno sia per tutti foriero di pace e di serenità.
Buon Anno, buon 2008!

Galatro, 1 gennaio 2008
IL SINDACO
Carmelo Panetta

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Nella foto in alto a sinistra il Sindaco di Galatro, Carmelo Panetta; a destra lo stemma del Comune.

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(9.1.08) DALL'EREZIONE ALLA RESURREZIONE (di Pasquale Cannatà) - Quando ero studente leggevo l'Espresso, ed oltre a prestare attenzione agli articoli di politica, economia, ecc…, tra le varie rubriche seguivo quella di architettura di Bruno Zevi: ricordo che in occasione dell'inaugurazione di un complesso urbanistico in Israele, ha riportato uno stralcio del dialogo tra il rappresentante locale ed alcuni invitati dell'Europa meridionale e di quella del nord.
Non ricordo se l'ha descritto come un fatto vero o una di quelle barzellette del tipo "il francese, il tedesco e l'italiano", ma la sostanza non cambia ed il concetto illustrato è altrettanto valido: a proposito della tutela che i vari stati offrono ai loro cittadini, il primo si vantava del fatto che i propri connazionali erano protetti lungo tutto l'arco della vita lavorativa (prima ci pensava la famiglia e dopo avevano la pensione); il secondo affermava che da lui la tutela si estendeva dalla nascita alla morte, e l'israeliano ha concluso affermando che presso di loro la stessa andava "dall'erezione alla resurrezione" cioè oltre la vita prima e dopo.
L'aneddoto mi è tornato in mente in questi giorni in cui si discute della moratoria sull'aborto promossa da Giuliano Ferrara, e leggendo le tantissime lettere e gli articoli pubblicati sul giornale che dirige, mi colpiscono alcune affermazioni riguardanti il momento dei vari passaggi tra embrione, feto, bambino propriamente detto, come se non ci fosse una continuità tra i vari stadi, ma una rottura, un cambiamento di sostanza. L'unica rottura, l'unico cambiamento non di sostanza del suo essere, ma solo di condizioni ambientali esterne è il momento della nascita: il bambino non interagisce più solo con sua madre, ma inizia un percorso di conoscenza e scambio con un mondo infinitamente più grande.
E' innegabile dunque questa continuità di esistenza dal concepimento al momento della morte, e tornando all'aneddoto mi soffermerei sul significato del termine "concepimento": esso descrive l'istante in cui il seme dell'uomo penetra nell'uovo all'interno dell'utero della donna per fornire la metà dei cromosomi maschili, che unendosi alla metà di quelli femminili determinano l'inizio di un essere diverso e unico. Ma concepire vuol dire anche ideare, immaginare, progettare, e quando una coppia desidera avere un bambino, si può affermare che comincia a prospettarsi la sua esistenza, quel prima di cui si diceva.
La scienza invece non "concepisce" questa possibilità e si ferma a quello che può osservare, misurare, quasi toccare con mano: in effetti se un fenomeno non venisse rilevato da nessun osservatore è come se non si fosse mai verificato, e lo stesso universo esiste perché l'uomo lo osserva, lo misura, lo indaga per conoscerlo com'è e come era nel passato, osservando galassie sempre più lontane (e quindi a causa della relazione spazio-tempo esposta nella teoria della relatività, andando indietro nel tempo) fermandosi però a qualche istante prima dell'istante zero, quell'istante zero del suo "concepimento" oltre il quale "abita una luce inaccessibile" come dice San Paolo nella lettera a Timoteo. Illuminato dallo Spirito, e senza avere alcuna conoscenza di meccanica quantistica e di fisica nucleare, Paolo è andato oltre la soglia su cui si fermano gli scienziati. Ogni cosa misurabile si può infatti dimezzare e ridurre fino ad un certo punto oltre il quale non si può andare: questa misura minima si chiama "quanto", ed esiste il quanto di energia, quello di materia, di luce, ecc... Nell'istante zero (in principio) erano presenti (Dio creò) l'infinitamente grande di materia ed energia (il cielo e la terra) da cui è nato l'universo, concentrati nell'infinitamente piccolo dello spazio-tempo: poi il big-bang (Dio disse "sia la luce" e la luce fu) dove si ferma la scienza andando a ritroso; ma non si può accedere oltre la grande luce dove abita il Creatore.
A questo punto immagino una analogia tra i miliardi di anni passati istante dopo istante dal momento in cui Dio ha "concepito" l'universo, e i miliardi di cellule che formano il corpo umano e che si snodano da una unica cellula senza soluzione di continuità: così come l'universo dell'istante zero conteneva in sè tutto quello che oggi è sviluppato e pienamente visibile, quell'unica cellula "concepita" contiene in sè tutto quello che ognuno di noi è oggi, e non le si può negare la dignità che ognuno di noi rivendica per sè.


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Nicola Pettinato (13.1.08) GALATRO HA FATTO TREDICI! (di Nicola Pettinato) - La penosa litania del conteggio relativo agli anni consecutivi di calo demografico continua nell’indifferenza generale. In tredici anni Galatro ha subito una decurtazione di oltre un terzo dei suoi abitanti passando da 2999 a 1908, il tessuto sociale è ormai a brandelli a causa della disomogeneità della distribuzione anagrafica dei residenti, l’età media è pari a 44,2 anni, superiore di 1,3 anni rispetto al dato relativo all’ultimo censimento, quasi un quarto della popolazione residua supera i 65 anni contro il 17% del dato regionale.
I numeri certificano in maniera inequivocabile il declino; di fronte a dati del genere in un posto normale, quanto meno si aprirebbe una riflessione seria sulle cause e sui possibili rimedi, a Galatro, che normale non è, tutto tace. La classe dirigente galatrese di fatto non esiste… chi ha amministrato le sorti del paese ha avuto come prospettiva fine a se stessa il giorno delle elezioni, di progetti non si intravede nemmeno l’ombra e la cupa cappa della rassegnazione ha ormai ingoiato tutto e tutti.
Non sono così fazioso da additare chi ci ha amministrato come capro espiatorio ma, nonostante gli sforzi che quotidianamente compio, non riesco a capire il motivo per cui ci si ostina ad ignorare i problemi. A Galatro non manca soltanto la capacità di azione (il che potrebbe anche essere comprensibile), ma addirittura ci si trova di fronte al rifiuto dell’analisi preliminare. Una politica incapace, una cultura inesistente, un tessuto produttivo assente hanno promosso la fuga da Galatro ad ambizione da realizzare non solo per necessità ma anche e soprattutto per scelta.

Andamento della popolazione galatrese dal 1959 ad oggi.
Grafico dell'andamento della popolazione residente galatrese dal 1959 ad oggi.

La convinzione comune in base alla quale il calo demografico sarebbe un dato riscontrabile in tutti i centri interni della Calabria ha certamente un suo fondamento ma da sola non potrà mai giustificare
l’agghiacciante -36,4 % subito dal ’94 ad oggi e contribuisce a privare i galatresi del bene più prezioso: la speranza. Il destino non esiste ma il nostro sembra ormai segnato: su quali basi si può ragionevolmente essere ottimisti per il futuro? Ogni giorno perdiamo i nostri migliori cervelli, i nostri ragazzi una volta finita l’università non tornano, chi rimane tiene faticosamente la linea di galleggiamento soltanto grazie a posizioni di disoccupazione di fatto come i lavoratori LSU-LPU o i “dipendenti” della Terme Service, il lavoro nero è un dato sotto gli occhi di tutti, i partiti non esistono se non sulla carta, non ci si indigna più di fronte a nulla, ogni ingiustizia ci scivola addosso e magari più o meno inconsciamente si spera che la prossima possa procurarci qualche guadagno personale!
Definire desolante un quadro del genere è un eufemismo, siamo nel deserto più assoluto, ed intanto in Piazza Matteotti si continua a “discutere” di calcio o delle gambe dell’ultima che passa…

Distribuzione per età della popolazione di Galatro.
Grafico della distribuzione per età della popolazione di Galatro.

Nella foto in alto a sinistra: Nicola Pettinato.

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(14.1.08) CARO NICOLA... (di Caterina Sigillò) - Caro Nicola, ho letto il tuo articolo in cui dici che Galatro, in tredici anni, ha subito una decurtazione di oltre un terzo dei suoi abitanti. Dici, inoltre, che la classe dirigente è assente; si è limitata a "farsi vedere"solo nel periodo delle elezioni. Tu continui a dire che ogni giorno compi degli sforzi; di che genere se è lecito saperlo?
Secondo me, non bisogna dare la colpa alla classe dirigente ma si devono ammirare tutti quei ragazzi che, dopo un lungo percorso di studi, decidono di mettere "a frutto" le loro conoscenze piuttosto che "bighellonare" in piazza guardando "le gambe dell'ultima che passa" o per parlare di calcio!
Parli anche di "nostri migliori cervelli"... se rimanessero a Galatro si "accoderebbero" a quelli di cui sopra detto! Il nostro concittadino Salvatore Mazzitelli lavora al "San Raffaele" di Milano, uno dei migliori ospedali della Lombardia! Sempre ribadisco "Mica meglio che la Piazza Matteotti?"
Infine dici ancora di avere speranza... immagino me e Romualdo con tre figlie a Galatro... prova a dare da mangiare "speranza" a una famiglia. Un vecchio proverbio dice "Chi di speranza vive, disperato muore"!
Comunque, caro Nicola , spero che tu non prenda tutto ciò come un monito bensì come uno scambio di opinioni tra due persone con realtà di vita diverse: io devo garantire un futuro ai miei figli, tu vuoi sensibilizzare le menti galatresi... Ti auguro di farcela! Cordialmente.

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Carmelo Di Matteo (17.1.08) VERSO QUALE CIVILTA' SI STA ANDANDO? (di Carmelo Di Matteo) - Cara Redazione,
ho da poco appreso la decisione del Papa di annullare la visita-intervento all’Università "La Sapienza" di Roma. Alla notizia, ho subito pensato a voi, al vostro lavoro, alla passione per questo giornale, piccolo quanto vogliamo, ma eccezionale, perché ospita e accoglie ogni nostro scritto, pensiero o testimonianza che sia. E perchè permette, consentitemi, particolarmente a chi abita fuori da questa terra, di sentirsi come a casa sua.
Ho pensato a Galatro Terme News, perché questo giornale telematico è un esempio di civiltà per quei 67 professori (su 3000 ed oltre) della Sapienza che in nome della “tolleranza” non vogliono che il Papa parli nell’Ateneo Romano in occasione dell’inaugurazione dell’Anno Accademico e sentenziano: “In nome della laicità della scienza e della cultura, e nel rispetto di questo ateneo aperto a docenti e studenti di ogni credo e di ogni ideologia, auspichiamo che l’incongruo evento possa ancora essere annullato”.
Quindi: “in nome e nel rispetto di ogni credo” hanno chiesto di non far parlare Benedetto XVI: Tutti, ma non Lui. E così è accaduto. Il Santo Padre ha sapientemente deciso così, per evitare ogni tensione ed innaturale interpretazione al suo gesto.
Ed io, dopo aver fatto tanti sacrifici, per far sì che i miei figli studiassero e si laureassero, perché convinto che la cultura e l’istruzione sono la base della libertà dell’uomo, mi sono visto crollare addosso questi presupposti di fondo e mi sono domandato e mi domando dov’è finita la cultura? Cos’è la cultura? Dove andremo a finire se questa è la gente che dovrà “educare” e acculturare?! Verso quale civiltà si sta andando? Di quale libertà si parlerà e si avrà in futuro?
Tra l’altro, considerato che alla base della contestazione vi è una errata interpretazione da parte di questi professori del pensiero Ratzingeriano, cosa ci riserverà l’Università? Che interpretazione si avrà dei fatti, della scienza, della storia? E questa gente a chi rende un servigio? Chi c’è dietro e chi se ne avvantaggia? Pensavo che il ’68 (o 67+1 come lo definisce Ferrara data la innominabilità dell’anno) fosse finito. No, resiste solo la parte peggiore!.

Allego, per la pubblicazione, il
volantino di Comunione e Liberazione. (PDF) 16 KB

Nella foto: Carmelo Di Matteo

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(18.1.08) IL DECLINO DI GALATRO (di Bartolo Furfaro) - Winterthur - Bravo Nicola! Di cuore complimenti. Riguardo al tuo articolo hai perfettamente ragione, hai fatto centro.
Io, essendo emigrato, anno dopo anno vedo con tristezza il declino di Galatro. Forse la classe politica galatrese non è stata mai con il pensiero rivolto al futuro dei giovani, dei figli che crescono e sono costretti a rimboccarsi le maniche per costruirsi un futuro al di fuori di Galatro. Con ironia senti sempre le stesse cose: "Ma chi stai 'u fai ccà? Non c'è nenti!"
Certamente la classe politica o i politicanti di piazza non hanno veramente a cuore il destino di Galatro, purtroppo ormai segnato. Ma sarebbe un sogno che ogni singolo cittadino desse il suo contributo. Il menefreghismo è un male della società e questo male non perdona, non dà futuro ai pochi che sono rimasti a combattere giorno per giorno.
E' anche vero che questo non è un problema solo galatrese ma calabrese, che come qualità di vita non abbiamo il massimo. I servizi indispensabili che danno sicurezza al cittadino sono pochi o nulli. Posso citare l`ospedale di Polistena che, solo a vederlo da fuori, fa pena.
Bene Nicola, come tu saprai meglio di me, i problemi sono molteplici a livello regionale e comunale; che a tempo di elezioni sono tutti amici e poi... si sono dimenticati chi tu sia!
Ancora, con un velo di tristezza, complimenti, la verità fa male...

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(18.1.08) LE INIZIATIVE NELLA GALATRO DI UNA VOLTA (di Pasquale Cannatà) - Quando avevo 19-20 anni, i giovani della generazione precedente alla mia (dai 25 anni in su ) erano divisi sul piano politico, culturale e su tutto il resto: questo portava a una contrapposizione netta ed al boicottaggio di ogni iniziativa proposta da un gruppo da parte del gruppo opposto.
A fronte di questa situazione, insieme a mio cugino Enzo Macrì, a Saverio Furfaro, e a tanti altri miei coetanei tra i quali non ricordo bene se ci fossero anche l'attuale sindaco Carmelo Panetta, Orazio Curinga, Camillo Distilo (e non faccio altri nomi perchè magari dimentico quelli partecipanti e aggiungo alcuni che non c'erano) abbiamo creato la Pro Loco Galatro, con l'intenzione di superare le divisioni ideologiche ed operare per il progresso del paese.
Esaurite tutte le operazioni preliminari ed estesa una bozza delle cose da fare, abbiamo richiesto l'autorizzazione ai dirigenti provinciali di Reggio che sono intervenuti alla riunione organizzata nella sala adiacente la chiesa di San Nicola ma, con nostro grande rammarico, non se ne è potuto fare niente perchè eravamo minorenni (la maggiore età a quel tempo scattava a 21 anni!).
Avevamo tutte le buone intenzioni di continuare il lavoro programmato e poi ufficializzare la cosa a tempo debito, ma le circostanze della vita ce l'hanno impedito: alcuni sono andati via per proseguire gli studi, altri perchè hanno trovato lavoro, altri... e siamo finiti come i quattro amici al bar della canzone di Gino Paoli.
C'erano anche allora le condizioni politiche, culturali e di tessuto produttivo che
Nicola Pettinato descrive nel suo articolo, e che stavano creando le premesse per quel calo demografico spaventoso che io non ho potuto notare nonostante (o forse è proprio questo il motivo) io ritorni a Galatro ogni estate per tre-quattro settimane di vacanza.
Caterina Sigillò ammira quelli che sono andati via per realizzare brillanti carriere in altri posti, ma credo che lei stessa, come ognuno di noi che è andato via o che ci è stato portato da piccolo dai genitori, come Guerino De Masi (a proposito, mi dispiace non averti incontrato questa estate, ma non ero al corrente della riunione che hai organizzato alle terme) avrebbe lavorato volentieri a Galatro se ce ne fossero state le condizioni.
Quelli che sono rimasti non sono purtroppo riusciti a proseguire l'opera iniziata dagli amministratori precedenti, i vari Callà, Manduci, Marazzita, e per arrestare il declino attuale credo ci sia oggi come allora una sola via: lasciare da parte le beghe di partito e operare per il bene del paese.
Non sfuggirà certo ai nostri amministratori che la distinzione che si fa tra i vari settori dell'economia (primario, secondario,...) non è certo casuale, ma fondamentale, e permettetemi di riassumerla:

1) il settore primario corrisponde all'agricoltura ed un po' anche all'artigianato, che forniscono l'indispensabile alla vita umana;
2) il settore secondario produce gli strumenti che servono a facilitare il lavoro nel settore principale, a moltiplicarne la resa ed a fornirci tutte le macchine che rendono meno dura la nostra vita;
3) il settore terziario organizza i servizi utili alla distribuzione dei beni prodotti nei due precedenti settori, e fornisce altri servizi come la scuola e la sanità;
4) il terziario avanzato (il termine quaternario è molto brutto e quasi mai usato) si occupa del benessere e del tempo libero.

Da quando mi ricordo, l'economia di Galatro si è sempre basata sul primo e sul quarto settore (produzione di agrumi e di olive, frantoi per la produzione di olio, affitto di camere per i 'bagnanti'...) mentre oggi mi sembra che stenti a sopravvivere sul terzo: se non si rimettono in moto il primo ed il quarto, anche il personale necessario per le scuole ed i vari uffici si andrà gradualmente riducendo.
Oggi per fortuna in Italia sono poche le persone a cui manca il necessario, e per quelle ci sono vari sussidi offerti dallo stato, ma la maggior parte della popolazione vive bene e nel tempo libero cerca di aumentare il proprio benessere: Galatro può offrire già da ora aria pulita; dietro le terme si potrebbe realizzare un camminamento ombreggiato per delle passeggiate salutari che diano sollievo ai turisti attirati da una buona campagna pubblicitaria; si riempirebbe così l'albergo e magari si tornerebbe ad affittare camere; ci sarebbe bisogno di altri ristoranti e pizzerie; i prodotti alimentari locali potrebbero ottenere la d.o.c. (denominazione di origine controllata) ed essere proposti insieme a quelli artigianali nel mercatino rionale da tenersi tutte le settimane; se l'agricoltura andrà bene si potrebbe creare qualche piccola fabbrica di conservazione e/o trasformazione; si potrebbe continuare a sognare con altre proposte, o si potrebbe cominciare a fare il primo passo per realizzarne qualcuna di quelle su esposte o delle tante che ognuno di voi ha in mente.
Ma questo tocca agli amministratori ed ai cittadini residenti: noi, da fuori, aspettiamo buone notizie.

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Guerino De Masi (24.1.08) UN GOVERNO CHE NON PUO' ESSERE DIFESO (di Guerino De Masi) - L'analisi politica condotta da Domenico Distilo nel suo articolo "Realtà e rappresentazione" è rispettabile ma non da me condivisa in toto per quell'aspetto di difesa a questo governo che mi pare, dagli ultimi avvenimenti, non necessita degli attacchi dell’opposizione per rischiare la sua disastrosa ed ingloriosa prossima caduta.
La questione del conflitto d’interessi, senza scomodare Nietzsche, non necessita d’interpretazioni particolari. Purtroppo, è un dato di fatto. Ma è questo il primordiale problema da affrontare? E’ questo il motivo della impopolarità che questo governo raccoglie tra una grossa fetta degli italiani? Sono le informazioni berlusconiane a deformarne i meriti di questo governo? Definire un’invenzione del centrodestra, il conflitto che crea la “sinistra radicale”, mi pare un’analisi se non di parte, comunque inquinata, questa si, da preconcetti e pregiudizi. Basti pensare a questa nuova legge elettorale che penalizzerebbe i piccoli partiti, eliminando i loro meschini ricatti; ciò evidenzia quanto il conflitto sia reale per Prodi che è rimasto di continuo sotto tensione per le “pretese” o “legittime” condizioni che man mano questi radicali hanno avanzato a questo premier del centro sinistra che non è altro che un buon vecchio e autentico democristiano!
E’ solo disinformazione? Media manipolati da questo oscuro personaggio proprietario di molti strumenti di comunicazione?
Siamo proprio sicuri che le manipolazioni delle notizie siano opera sua? E’ lui che dà notizie dell’Italia in modo così deleterio nel mondo al punto che si parla di noi come del paese di pizza e mandolino?
Se è vero, come sembra, che i vari Bertinotti, Diliberto, Pecoraro, non siano tacciabili di razzismo (ovviamente confrontati con gli estremisti di destra), le loro posizioni in politica internazionale comunque sono apertamente antiamericane. Che non sia anche questo razzismo?
Ma quando saranno premiati, l’impegno, il merito e l’efficienza tra questi difensori dell’ideologia stalinista? Quando l’obiettività prenderà il posto dell’ideologia e della difesa del partito? Quando ci si libererà dell’essere contro tutto ciò che non è come la pensiamo noi?
L’anticomunismo berlusconiano che era assente nella DC storica, secondo la tua analisi, mi sembra dimentichi “La Gladio”! Per quale motivo segretamente armi e uomini erano pronti ad intervenire se non per un anticomunismo diffuso e reale?
Il Berlusconi non è certamente un esempio di liberal-democrazia, anche se vorrebbe rivendicarne l’appartenenza, ma che cosa abbiamo oggi dall’altra parte?
Da artigiano, mi capita di riflettere su questo governo e sui suoi presupposti, ovvero che "tanto gli italiani sono ladri ed evasori e quindi vanno controllati". Somiglia in alcuni aspetti ( vedi “studi di settore”) ad un sistema “stalinista” che vorrebbe imporre i suoi dictat e controlli in ogni settore del mercato.
Dov’è la liberal-democrazia di questo governo? Di questa sinistra? Intanto i loro portaborse vengono pagati in nero e non si fanno scrupoli ad aumentare le loro già sostanziose paghe profittando di ogni giustificazione possibile.
Quello che mi pare si evidenziasse nei dibattiti politici era ed è un attacco alle persone, da sinistra e da destra, senza dare delle risposte e delle soluzioni, che comunque si impongono se si vorrà che l’Italia e gli italiani escano da questa situazione debitoria e da questa immagine che ci ridicolizza di fronte al mondo intero.
Essere antiberlusconiani, o antibertinottiani, o antiprodiani non serve a niente, se non si è per il bene dell’Italia e degli italiani.

Parallelamente, a Galatro.

I testi che leggo nelle “Ultime News” di Galatro Terme mi lasciano una tristezza profonda nel cuore per quel che leggo di inconfutabile nelle varie affermazioni (vedi Nicola Pettinato, Caterina Sigillò, Bartolo Furfaro e Pasquale Cannatà), in quanto è vero, le cose pare che stiano così. La cosa terribilmente allarmante è, che sembra che non ci sia nulla da fare, che questo inizio della fine non si arresterà. Questa rassegnazione paurosa, che quando non è imputata alla colpa vera o presunta delle persone che si susseguono nel campo politico galatrese è comunque addossata agli altri, rimane comunque un baratro dove si sta precipitando cittadini ed amministratori compresi.
Una rovina annunciata. L’implosione di Galatro. La fine di ogni sogno e speranza.
Siamo rimasti quattro amici al bar... che si illudevano di cambiare il mondo... pardon, di cambiare Galatro!
E’ vero, come dice Pasquale Cannatà, noi stiamo fuori, aspettiamo buone notizie (e a veder come andranno le cose... speriamo bene) ma, se l’analisi è come “Realtà e rappresentazione”, vuol dire che addossiamo la colpa solo a delle persone, nostri vecchi e nuovi compaesani, dimenticando forse che è un male, ahimé comune al male della politica italiana in generale e forse più specificamente al male della nostra Calabria.

Nell foto: Guerino De Masi.

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Domenico Distilo (26.1.08) CENTRODESTRA E IDEOLOGIA (di Domenico Distilo) - Caro Guerino,
la DC è stata anticomunista quando c’era il comunismo, non quando non c’era o non c’era più.
L’anticomunismo berlusconiano è solo una parodia, un espediente propagandistico per lucrare i voti dei “giapponesi” che non si sono ancora accorti che la guerra fredda è finita e continuano a rispondere agli appelli al combattimento che il Cavaliere lancia dalle sue televisioni – come anche da quelle pubbliche.
Quanto all’influenza di queste sul risultato elettorale, è manifestamente controfattuale che sia trascurabile. Nel 2006, a conclusione della quinquennale esperienza del governo Berlusconi, non stavamo certo meglio di adesso, i conti pubblici erano un disastro e apparivamo ridicoli agli occhi del mondo, con un premier che non perdeva occasione per esibire quella che è stata definita una “psicologia da bar”, da sbruffone di periferia – qualcuno dice “da arcitaliano”, rievocando un altro, tragicamente nefasto, “arcitaliano”. Eppure il centrodestra ha realizzato un recupero poderoso sui sondaggi sfiorando la vittoria, cosa che non sarebbe stata possibile e non sarebbe spiegabile se gli italiani non fossero permanentemente irretiti dal bombardamento mediatico.
A parità di armi mediatiche, caro Guerino, i fatti prevarrebbero sulle interpretazioni e sulle rappresentazioni, sull’ideologia che, negli ultimi due decenni, è trasmigrata nel centrodestra, che una volta rappresentava l’Italia cosiddetta moderata.
Il “tipo antropologico” che oggi esibisce la testata de “il Giornale” o di “Libero” è lo stesso che negli anni Settanta esibiva Lotta Continua o Il Manifesto. Tre decenni fa parlava di rivoluzione dietro l’angolo – ricorderai “fascisti, borghesi, ancora pochi mesi” - oggi parla, con lo stesso pressappochismo, di libero mercato e di concorrenza,. Allora avevamo i marxisti immaginari, che un testo di Marx probabilmente non lo avevano mai visto, nemmeno da lontano; oggi i liberali immaginari che con i classici del liberalismo hanno probabilmente la stessa dimestichezza.
Si tratta di un tipo che accompagna, si può dire da sempre, la storia d’Italia. All’inizio del secolo scorso ci ha portati in guerra col suo antigiolittismo; oggi ci porterà chissà dove, voglio dire chissà verso quali disastri, se le minoranze illuminate – che esistono in tutti gli schieramenti - non troveranno il modo di riprendere in mano la situazione, togliendo di mezzo il piazzista di Arcore.
Con affetto.

Nella foto: Domenico Distilo

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(29.1.08) SULL'ANTICOMUNISMO BERLUSCONIANO (di Caterina Sigillò) - Carissimo Domenico,
ho appena letto il
tuo articolo in risposta a quello di Guerino De Masi; condivido in pieno ciò che hai scritto! Che dire: consiglio a lui, così come a tutti quelli che la pensano come lui (tra questi c'è anche mio marito, purtroppo!), di fare una "capatina" su Google; ricercare "anticomunismo Berlusconiano" e cliccare "Berlusconi Story"! E' il riassunto di un libro di Ruggeri e Guarino a cura di Renato Renzetti. Se ne scoprono delle belle!
Domenica sera, su RaiTre, la comica Luciana Littizzetto ha fatto alcune battute sui "personaggi" di governo definendoli "pagliacci della mutua"! ...ho pensato subito al Cavaliere di Arcore! Se penso che abito anche vicino...
Comunque spero che il buon senso degli italiani prevalga. Lasciamolo ad Arcore. Chiedo scusa per il mio sfogo ma sono stanca di sentire opinioni... estremiste!

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(29.1.08) LA LETTERA DI DE MAGISTRIS - Riportiamo una toccante lettera del giudice Luigi De Magistris, con la quale si dimette dall'Associazione Nazionale Magistrati, in cui traspare in modo evidente il senso di disagio, difficoltà ed emarginazione che accompagna in Italia, ed in Calabria in particolare, chiunque voglia condurre una battaglia per affermare i valori della legalità, del diritto e della correttezza.

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Lettera di De Magistris (PDF) 67 KB

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(1.2.08) CHE FUTURO AVRA' L'ITALIA CON QUESTI POLITICI? (di Daniele Fenoli) - Non sono d'accordo sulla definizione di dare dei "pagliacci" ai politici, anche perchè sarebbe un'offesa ai pagliacci che fanno "ridere" anche quelli della mutua.
Almeno ci facessero ridere questi politici.
Che futuro avrà l'Italia con questi politici?
Alcuni esempi:
  • Berlusconi lo conosciamo tutti, vino e tarallucci;
  • Prodi, pane è mortadella;
  • Pecoraro Scanio, predica pace e poi manda l'esercito a Napoli;
  • Diliberto pensa ancora al comunismo;
  • Mastella pensa alle poltrone;
  • Bossi pensa alla padania, ma i padani non ci sono più;
  • Casini fa sempre più casini;
  • Di Pietro, non ho mai capito un suo discorso;
  • Fini pensa ai tortellini dell'omonima ditta "Fini";
  • Montezemolo peggio di peggio.
    Stendiamo un velo pietoso sui sindacati.
    Cosa rimane? Sinceramente non lo so.

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    (1.2.08) SUL DIBATTITO POLITICO ITALIANO (di Guerino De Masi) - Capisco, caro Domenico, che le nostre opinioni divergono, e non credo che in conclusione si arriverà ad una posizione comune. Non vorrei neanche avviare un dibattito senza sbocco con la sola conclusione possibile del mantenimento delle proprie posizioni ed interpretazioni della situazione politica del nostro paese.
    Sui conti pubblici che erano un disastro, e per i quali tante spiegazioni sono state date, la loro situazione non è certo migliorata al termine di questa preannunciata, anticipata ed ingloriosa fine legislatura. Quando si annuncia di conti risanati, mi chiedo se è ben chiara la situazione della oramai straridetta pessima condizione della spesa pubblica. Cosa è stato fatto in questi mesi del breve governo prodiano per risanarla?
    Credo che questo sia il termometro per valutare se i conti sono risanati. I miei dipendenti fanno fatica ad arrivare a fine mese, ma altrettanto io, loro datore di lavoro, cui tocca fare i conti con:
  • costi del danaro impossibili;
  • banche che ti applicano condizioni altrettanto impossibili;
  • fornitori implacabili che non consentono dilazioni;
  • clienti sempre tirati con i pagamenti.
    Se in percentuale gli stipendi del pubblico sono aumentati di poco, quelli dei dipendenti del privato sono rimasti al potere di acquisto del 2000 (notizie alla radio dell’altra sera!).
    Caterina abita vicino al Cavaliere? Io sono a pochissimi chilometri dalla sua villa di Arcore e passo spesso vicino a quella di Macherio. Sono andato anche in Sardegna per lavori alla casa della sorella che è attigua a quella di Silvio (sarebbe il caso che vi raccontassi le mie impressioni, in mezzo al pullulare di personale e di modernissimi elettrodomestici accatastati sotto il portico... E’ un’idea, penso che vi racconterò!)
    Ma non è questa vicinanza ad influire sulle mie posizioni, bensì l’andamento di questi ultimi avvenimenti, di questo (pardon, “ultimo passato”) governo. Ma non sono il solo: oltre al marito di Caterina ed io, c’è una grossa fetta di italiani di cui non potete pensare che siano tutti lenti di comprendonio come posso esserlo io. E i vari esponenti dell’unione lo sanno molto bene, da qui il non volere tornare alle urne, anche se si potrebbe discutere molto sui motivi degli uni e degli altri in merito a questa opzione.
    In ogni modo, staremo a vedere. Chi vivrà vedrà.
    Concludendo, vorrei precisare che non sono un fautore, né un diretto sostenitore della politica del centrodestra ma, nel mio piccolo, cerco di analizzare e valutare le situazioni politiche che man mano si presentano a noi. Non mi sento di portare un’ "etichetta" di estremista.
    Colgo l’occasione per salutare calorosamente il caro Domenico che sto imparando a stimare sempre più, nonché Caterina e suo marito, e tutti i visitatori di Galatro Terme News.
    Dio vi benedica.

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    Antiche mascherine (3.2.08) UN CARNEVALE CHE NON C'E' PIU'... PERCHE' OGGI E' SEMPRE CARNEVALE (di Michele Scozzarra) - Un tempo il periodo di Carnevale, nella nostra Galatro così come un pò ovunque, era un qualcosa di preciso, nei contenuti e nel tempo... riguardava solo "determinati" giorni e si sviluppava con "determinate" modalità. Si usava mascherarsi, per molti versi abbruttirsi, dal giovedì grasso al martedì successivo: non erano solo i bambini ad andare in giro per le strade buie, tirando fuori dal guardaroba di famiglia vecchi abiti smessi, forse appartenuti a più generazioni...
    Il ridicolo doveva prevalere: più ci si presentava bizzarri e strani e più si aveva successo. Venivano creati dei personaggi al di fuori della normale realtà della vita quotidiana, fatti vivere per qualche giorno, o per qualche ora, in una letizia buffa, spensierata e... mascherata.
    Non era raro il caso di tante madri che trasferivano nell'abbigliamento dei figli, il loro desiderio di evasione e di trasgressione... evasione da una società (e quindi di tutto uno stile di vita!) in cui tutto era già stato da tempo definito, dai rapporti sociali agli affetti, dall'abbigliamento al costume sessuale, ecc. ecc. Solo in "quei determinati" giorni si era liberi di vestirsi in modo bizzarro e dare libero sfogo a tanti desideri "nascosti", senza alcuna preoccupazione di sorta.
    Nella tradizione cattolica Carnevale sta per 'carnem levare', levare la carne: è il periodo che precede la Quaresima, tempo di penitenza e di astensione dalla carne. Con il passare del tempo, il Carnevale ha perso i suoi significati propiziatori e religiosi ed ha assunto caratteri più popolari e burleschi. Ma dello spirito antico del Carnevale, col passare del tempo, è sempre rimasto il carattere di evasione e di liberazione, con il gusto del travestimento, lo scherno dell'autorità e l'autoderisione... Carnevale è visto ancora, nonostante tutto, come il tempo del cambiamento di personalità, il periodo in cui possiamo permetterci di presentarci come vorremmo essere: ora burleschi e teatrali, ora smitizzanti ed eroi... Il tempo in cui, almeno una volta, anche se illusoriamente, possiamo vivere le sembianze di un personaggio o un ruolo che pensiamo non raggiungibile.
    E... oggi siamo sicuri che è ancora così? Oggi è diverso, e non solo per quello che ho scritto prima... guardandoci intorno possiamo benissimo notare come oggi è proprio molto diverso... verrebbe voglia di scrivere: "oggi è sempre carnevale!"... siamo liberi di fare e di vestire senza alcun limite e senza alcun ritegno in tutti i giorni dell’anno, per cui quando arrivano i giorni del Carnevale, nessuna meraviglia se nessuno se ne accorge, sono come tutti gli altri giorni, dove per trasgredire e mascherarsi non c’è bisogno di aspettare i giorni di Carnevale. Infatti, in questi giorni di Carnevale, le strade dei nostri paesi sono vuote... non c’è nessun segno di quella goliardica e mascherata allegria che in tanti ancora, simpaticamente, ricordiamo.
    Come a Carnevale, ci vestiamo ogni giorno come vogliamo, spendendo un patrimonio per il desiderio di emergere in questa nostra realtà imprevedibile e carnevalesca, dove giornalmente ci troviamo a combattere l'eterna e pirandelliana lotta tra la finzione e la realtà, nella quale anche il più piccolo dei nostri paesi, si rivela come un grande teatro.
    Insomma, per molti, anzi moltissimi, nei nostri paesi, è carnevale tutti i giorni. Si vive senza alcun entusiasmo, senza alcun senso, senza alcun significato, si vive un carnevale quotidiano... e gli anni rantolano, uno dopo l'altro, senza scopo e significato, verso la fine... E così ci si illude di trovare la pace rifugiandosi in un carnevale nel carnevale della vita, magari ripercorrendo le "maschere" di quando si era bambini, dimenticando, volutamente o meno, di cercare di dare un senso ai giorni che passano, di dare un senso ad una vita che scorre, carnevalescamente, come un uomo che cammina a caso, senza alcuna meta, per perdersi nel nulla e non lasciare alcuna traccia...
    Per questo quando arriva Carnevale... è un giorno come tutti gli altri...

    Nella foto in alto: antiche mascherine.


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    (5.2.08) IL MIO INTERVENTO AL CONVEGNO DEI SOCIALISTI (di Nicola Marazzita) - Riportiamo il testo integrale dell'intervento del segretario della sezione SDI di Galatro, ing. Nicola Marazzita, al recente convegno sull'unità socialista:

    27 Gennaio 2008
    Laureana di Borrello

    L’unità socialista - il ruolo dei socialisti in Calabria per il rinnovamento della politica

    Un saluto a tutti gli intervenuti ed in particolare al compagno Peppe Barillà per avermi dato l’opportunità di prendere la parola in un convegno cosi importante. E’ forse il segno dei tempi, compagni: spetta ancora una volta ai socialisti tentare di essere punto di riferimento politico di una società, calabrese e non, che si avvia lentamente verso il declino. Siamo di fronte a quella che appare come una degradazione progressiva e complessiva dell’intera società. I processi di declino, ad un certo punto, o si arrestano, compagni, o diventano inarrestabili. L’impressione è che ne siamo pericolosamente vicini. Quindi, o si cambia in tempo o il nostro futuro è già segnato.
    Ebbene, siamo di fronte ad una vera e propria crisi democratica, prodotta dalla crisi delle istituzioni, ma soprattutto dalla crisi della politica. Sarebbe miope non vederla, ottuso non affrontarla, irresponsabile non risolverla.
    Siamo di fronte, soprattutto in Calabria, ad una vera e propria emergenza. Non esiste un settore della società calabrese di cui si può essere soddisfatti.
    Ai mali di sempre se ne sono aggiunti di nuovi e più problematici. Mi riferisco, per esempio, a quelli dell’inquinamento ambientale, che pongono seri problemi alla comunità, problemi che non dovrebbero esistere in Calabria perché l’inquinamento è stato sempre conseguenza naturale, oserei dire, dello sviluppo industriale. Ebbene in Calabria siamo stati cosi bravi da non avere i benefici dello sviluppo industriale ma da “goderne” i mali in termini di inquinamento dell’aria e delle acque. Soprattutto nelle nostre zone, nelle zone pedemontane della Piana di Gioia Tauro, si deve parlare di inquinamento prodotto dai fumi dell’inceneritore di Gioia Tauro (impropriamente definito termovalorizzatore) che deposita tonnellate di polveri sottili su tutto il territorio.
    E’ notizia dell’altro ieri di un altro bambino morto. Questa volta all’ospedale di Lamezia Terme, dopo essere transitato per quello, ormai tristemente famoso di Vibo valentia, sembra per una banale faringite. E’ concepibile, secondo voi, che in pieno ventunesimo secolo si possa morire in Calabria per queste banalità? Che si debba avere paura di entrare in un qualsiasi ospedale per il timore di non uscirne vivi?
    Siamo di fronte ad una vera e propria condizione di emergenza e non è più rinviabile una radicale revisione del sistema; non ci sono più spazi né tempi per aggiustamenti di modesta portata e bisogna procedere ad una riforma radicale e coraggiosa del sistema sanitario regionale e nazionale.
    Altra spinosa questione, che purtroppo ci riguarda sempre più da vicino, è quella della criminalità.
    La Calabria, è ormai stabilmente controllata dalle cosche mafiose. Resa in tal modo sempre più ostaggio dell’illegalità e dell’immoralità da parte di quelli che il compagno Mancini ha definito “il comitato di affari trasversale tra i partiti che ha depredato le ingenti risorse pubbliche e che ha stretto una devastante alleanza con la criminalità organizzata”. Compagno Mancini! sono Tue queste parole, è Tua questa forte e coraggiosa denuncia scritta nella lettera che hai inviato al Presidente della Camera Fausto Bertinotti in relazione alla campagna di odio intentata a Cosenza nei tuo confronti. Hai per questo la mia modesta, ma sincera, solidarietà, perché per una volta dopo tanti anni mi hai fatto rivivere l’orgoglio di appartenere al Partito Socialista.
    Perché, compagni, la mafia in Calabria rappresenta la vera emergenza, e bisogna avere il coraggio di affrontarla a viso aperto. Non ci possiamo rassegnare all’idea che non esiste possibilità di vincere questa battaglia. È già difficile, per un calabrese onesto, ingoiare il rospo dei dati riportati nella relazione della Direzione Investigativa Antimafia, secondo cui la densità criminale in Calabria, nel rapporto tra affiliati ai clan e popolazione, è del 27 %, contro il 12 % della Campania, il 10% della Sicilia, e il 2% della Puglia.
    È una percentuale preoccupante, perché all’oltre un quarto della popolazione coinvolta in attività delinquenziali bisogna aggiungere migliaia di “colletti bianchi”, molti dei quali signori insospettabili.
    Per queste e per tante altre ragioni che la mancanza di tempo mi impedisce di ricordare serve un nuovo grande e unito Partito Socialista.
    Un Partito che sappia interpretare i sentimenti e le esigenze della gente comune, che abbia l’ambizione di rimettere in cammino un paese pieno di corporazioni, di rendite di posizione, in cui la crisi della politica si manifesta, ormai, in modo drammatico. Serve tanto coraggio, perché siamo di fronte ad una classe politica che, nonostante la perdita progressiva di autorevolezza, di credibilità e di consenso aumenta il proprio potere e la propria capacità di controllo della società in termini inversamente proporzionali. “Tanto più essa perde – è scritto nel rapporto Eurispes dello scorso anno - di considerazione nel giudizio dei cittadini, tanto più estende il proprio potere. Tanto più cresce il desiderio di partecipazione e di buona politica nella società, tanto più essa diventa autoreferenziale, separata, indifferente. A sua volta la politica stessa e' diventata ostaggio. Tanto è forte e invasiva nella società, tanto è prona e remissiva nei confronti dei poteri forti, della finanza, delle banche, delle assicurazioni, delle grandi agenzie di rating, del sistema della comunicazione e dell'informazione, delle mille corporazioni che caratterizzano la storia e i percorsi del nostro Paese". Non è antipolitica compagni, è purtroppo la realtà, e tacerla non aiuta nessuno.
    Ciò che serve è perciò un processo unitario vero, sincero, scevro da ogni arroccamento per il mantenimento di illusorie posizioni di privilegio personale. Bisogna saper parlare di più alla gente piuttosto che agli apparati, più dei problemi veri della società che delle questioni che servono soltanto a definire i rapporti di potere all'interno del sistema dei partiti. Dobbiamo saperci rinnovare, nutrire la politica di riferimenti e di valori, altrimenti rischiamo che la furia distruttrice della crisi della politica ci seppellisca tutti, con il risultato che sopravvivranno solo i poteri economici e gli apparati finanziari.
    Dobbiamo evitare che la politica perda il senso della sua missione più alta diventando calcolo cinico e meschino. Occorre un’accelerazione, quindi, del processo di unità, che in quanto processo politico di ricomposizione non può essere la somma delle diverse anime del partito, ma una ristrutturazione generale sulla base di un nuovo modo di intendere la politica. Il nostro obiettivo deve essere quello di rinsaldare nel paese una forza socialista che parli soprattutto alla gente ma anche ai sindacati, al mondo del lavoro e dell’impresa e all’intellettualità.
    Una nuova realtà che comporta un vero e proprio salto di dimensione politica, strategica, organizzativa e che richiede a tutti coraggiosi cambiamenti e nuove responsabilità; una sorta di rifondazione del modello organizzativo e delle forme di partecipazione e formazione del consenso, alla luce delle nuove domande che arrivano dai vari settori del paese.
    Esiste la necessità, dunque, di un’unità ricca all’interno del partito che sappia superare la prassi conflittuale che necessariamente accompagna questi processi, incompatibile peraltro con la realtà di un grande Partito moderno, che affonda le radici della sua modernità riportando paradossalmente la sua organizzazione nel territorio e nella società alle sue origini; al tempo in cui era una struttura realmente federativa di soggetti collettivi, sociali e culturali e di associazioni di interessi e di valori, che liberamente si univano accettando una disciplina ed un coordinamento finalizzato agli obiettivi programmatici e politici, non ad una ideologia ed una gerarchia.
    A noi, per esseri moderni basta uno sguardo al nostro passato. Altri partiti, avendo perso definitivamente la loro identità, devono fare sforzi sovrumani per capire chi sono diventati.
    Dice Ugo Intini "l'unità dei socialisti è necessaria per una ragione morale e una pratica: la prima, perché la storia ci ha dato ragione, dato che c'è la rincorsa alla rivalutazione della figura di Craxi; la seconda, perché i Ds avevano occupato uno spazio socialista che ora col Pd hanno di nuovo lasciato libero".

    Nicola Marazzita

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    (12.2.08) VERGOGNA POLITICA (di Bruno Zito) - Buenos Aires - La caduta del governo di Romano Prodi coinvolge tutti i dirigenti politici italiani, di destra, sinistra o centro, significando senza dubbio una vergogna che i cittadini non meritavano.
    Di fronte a questa grande delusione popolare, rimane solo da chiedere a tutti coloro che in aprile saranno vincitori, che la loro missione non sia altra che difendere "prima di tutto" il benessere di tutti i cittadini e il tricolore che rappresenta l´unità politica italiana.
    Soltanto cosi potranno sentirsi orgogliosi d'essere italiani e gridare forte "Viva l'Italia".


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    (12.2.08) ITALIA DA CANTARE (di Antonio Sibio) - Leggendo i vari commenti che sono stati pubblicati sulla situazione politica in Italia, molte volte ho pensato di condividere anche il mio punto di vista. Purtroppo, per mancanza di tempo (ed anche di voglia…) ho sempre rinviato.
    Qualche giorno fa, mentre ascoltavo dopo tanto tempo un cd dei "Modena City Ramblers", mi sono imbattuto nella canzone della quale sotto riporto il testo. Senza troppi fronzoli, penso che questa canzone sia molto vicina alla mia attuale visione della politica italiana.
    Nel testo è l’Italia stessa a parlare in prima persona, descrivendo i suoi quarant’anni di prima repubblica.
    Personalmente parlando, fa tristezza pensare che dopo tanto tempo non sia cambiato nulla…

    Artista: Modena City Ramblers
    Album: Riportando tutto a casa
    Titolo: Quarant'anni (l’Italia dei cattivi)
    Anno: 1994

    “A forza di suonare rebel songs, siano irlandesi, della Resistenza o degli anni ’70 in Italia, si finisce per guardare al regime che ci si ritrova con una certa insofferenza. Quello italiano degli ultimi quarant’anni, poi, è particolarmente arrogante, stupido e crudele. Dedicato ad una prima repubblica che cade a pezzi, sperando in una seconda un po’ migliore.”
    Modena City Ramblers


    Ho quarant'anni qualche acciacco troppe guerre sulle spalle
    Troppo schifo per poter dimenticare
    Ho vissuto il terrorismo stragi rosse stragi nere
    Aeroplani esplosi in volo e le bombe sopra i treni

    Ho visto gladiatori sorridere in diretta
    i pestaggi dei nazisti della nuova destra
    Ho visto bombe di stato scoppiare nelle piazze
    E anarchici distratti cadere giù dalle finestre

    Ma ho un armadio pieno d'oro di tangenti e di mazzette
    Di armi e munizioni di scheletri e di schifezze
    Ho una casa piena d'odio, di correnti e di fazioni
    Di politici corrotti, i miei amici son pancioni,

    P.…nieri, faccendieri e tragattini
    Sono gobbi e son mafiosi massoni piduisti e celerini.

    Ho quarant'anni spesi male fra tangenti e corruzioni
    Ho comprato ministri faccendieri e giornalisti
    Ho venduto il mio di dietro ad un amico americano
    E adesso cerco un'anima anche di seconda mano

    Ma ho un armadio pieno d'oro...

    Ho quarant'anni ed un passato non proprio edificante
    Ho massacrato Borsellino e tutti gli altri
    Ho protetto trafficanti e figli di p…..a
    E ho comprato voti a colpi di lupara

    Ma ho scoperto l'altro giorno guardandomi allo specchio
    Di essere ridotta ad uno straccio
    Questo male irreversibile mi ha tutta divorata
    È un male da garofano e da scudo crociato

    Ma ho un armadio pieno d'oro...


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    R. Peynet: cupido s'avvicina. (13.2.08) SAN VALENTINO... CHE COSA STRANA E' L'AMORE! (di Michele Scozzarra) - Il 14 febbraio si festeggia San Valentino, protettore degli innamorati, e in questo giorno saranno milioni, vivaddio, gli uomini e le donne, di ogni età, che si diranno: “ti amo... ci amiamo... ti voglio bene...”, lo diranno con un fiore vero o finto, con un libro, con un bamboccio di pezza... il linguaggio dell’amore non ha limiti, ognuno lo dirà nel modo che permetta, anche a coloro che dell’amore hanno pudore anche a parlarne, di testimoniare alla persona amata, che il cuore contiene un sorriso di tenerezza...
    La festa di San Valentino non è una festa recente, perché la vicenda di questo Santo è antica di duemila anni e ci riporta alle origini del Cristianesimo: la storia dei martiri cristiani registra al 14 febbraio due “Valentino martiri”, uno romano R. Peynet: morosi a caccia di farfalle. decapitato sulla via Flaminia sotto l’imperatore Claudio II nel 270 e uno, Vescovo di Terni, decapitato a Roma nel 273. Fu il primo Valentino che, secondo la leggenda, mentre attendeva l’esecuzione, s’innamorò della figlia del suo carceriere. Poteva parlarle da lontano e mai la sfiorò neppure per un istante, eppure, prima di morire le scrisse una lettera d’amore chiedendo, come unica grazia, al padre di lei che gliela consegnasse dopo la sua esecuzione.
    Già... davanti a storie come questa, come con pensare: “Che cosa strana è l'amore...”. Pensavo proprio questo, l'altra sera, mentre sfogliavo i disegni de "I fidanzatini" di Raymond Peynet. I disegni sono stupendi, ma la presentazione del libro non è da meno: "In un mondo come il nostro, sempre più invaso dalla scienza e dalla tecnologia, ove i sentimenti si immiseriscono sempre più o diventano più complicati, in un mondo del genere è ancora possibile parlare d'amore?... Finché ci saranno giardini, nuvole rosa, si continuerà a parlare d'amore: né la scienza, né la tecnologia potranno impedire agli innamorati di sognare. Oggi quando si parla della gioventù, si pensa di solito a quella gioventù che si riversa per le strade in modo tanto spettacolare e rumoroso... Ma ci sono gli altri; coloro che pur consapevoli delle ingiustizie attuali, hanno dell'amore un'idea completamente diversa. Per convincersene basta osservare, naturalmente con discrezione, quelle coppie di giovani che in primavera fioriscono nei giardini pubblici. R. Peynet: fidanzatini sulla panchina. Il mazzetto di fiori offerto dall'innamorato timido, rivelava le intenzioni di lui grazie alla complicità del linguaggio dei fiori. La rosa: ti amo. La miosotide: non ti scordar di me. L'edera: dove mi attacco muoio, ecc. ... Eppure ci sono ancora innamorati che spogliano dei loro petali le margheritine, e sognano: m'ama, non m'ama; m'ama, non m'ama; m'ama, non m'ama... Ai miei occhi, o piuttosto agli occhi del mio cuore, conta solo il grande amore, quello che illumina la vita di una felicità senza fine, quello che ti fa diventare leggero come un uccello, ma geloso come una tigre. Quando ho avuto l'età per amare, un gentile Cupido mi lanciò la sua freccia, la quale si trasformò di colpo in una penna da disegno. Da quel giorno fortunato io continuo a disegnare innamorati... R. Peynet: amanti dal cuore sospeso. Andando a zonzo per la campagna o nella città; guardando tutto quello che mi circonda, la gente, le case, gli alberi, i fiori, il cielo... quando sono a casa mia mi viene voglia di disegnare, ripenso ai miei giretti, nella speranza che si produca il miracolo, la scintilla che farà saltare fuori dai miei appunti quella deliziosa piccola fata portatrice di belle idee. Purtroppo questa è raramente puntuale agli appuntamenti sulla pagina bianca; spesso si lascia desiderare per parecchie ore. Ma quando arriva, che festa, che baldoria, sul tavolo da disegno!... Ho creato, insomma, un piccolo mondo tutto particolare fatto di sogni, d'amore e di poesia; in questo piccolo mondo trovo le situazioni dei miei disegni, e non bado troppo a quel che succede fuori di esso... Se nei miei disegni ho saputo conservare tanta freschezza e tanto candore, lo devo a Denise, mia moglie, collaboratrice e musa. Ci rifiutiamo di vedere la vita che non sia tutta rose e fiori. Anche nei momenti difficili speriamo sempre in giorni migliori... Immaginate cosa sarebbe una vita senza amore. Giorni e giorni senza sole: notti e notti senza stelle. L'amore è necessario alla vita quanto il sangue che scorre nelle nostre vene. Senza amore non saremmo altro che miserabili esseri inebetiti, abbandonati in un mondo grigio e spoglio...".
    E... proprio mentre provavo a domandarmi se le immagini di Peynet rappresentavano "parte della realtà quotidiana o della fantasia", un articolo letto su un quotidiano, mi ha dato parecchio da riflettere, soprattutto sui grandi amori che illuminano la vita di una felicità senza fine, sugli amori che fanno diventare leggeri ed eterni... purtroppo fino a morirne: "Si sono abbracciati, hanno aspettato che il treno della metropolitana entrasse in banchina e poi si sono gettati sui binari. Marco e Anna ieri pomeriggio alle 16 hanno deciso così di farla finita. Una scena agghiacciante che ha avuto come testimoni i molti passeggeri in attesa del treno, un paio di carabinieri fuori servizio e i due macchinisti della metropolitana. Impossibile evitare l'impatto. Difficile capire, anche per i poliziotti, perché i due abbiano cercato di farla finita gettandosi sotto il metrò. Solo ipotesi, per il momento, anche se dal Fatebenefratelli sembra da escludersi che uno abbia trascinato l'altra o viceversa: 'Quando si sono gettati, ripetono alla centrale di Polizia, i due erano abbracciati. Era accaduto anche poco più di un anno fa. E pure quella volta per i due fidanzati finiti sotto le rotaie del metrò, Rocco e Barbara, non ci fu nulla da fare. Era il 4 febbraio: i due discutono animatamente, dirà poi un passeggero che ha assistito alla scena. Pochi istanti dopo, Rocco e Barbara finiscono entrambi, davanti agli occhi agghiacciati della gente in sosta sulla banchina, sotto il treno in arrivo. Tutti e due morti. I due ragazzi si sarebbero dovuti sposare entro la fine dell'anno, confermano alcuni amici della coppia. La ricostruzione del caso è rimasta comunque sempre incerta. Il conducente del metrò, ad esempio, escluse che uno dei corpi fosse stato spinto o trascinato dall'altro".
    C'è da pensare che la vita di tutti i giorni sia più forte della fantasia e che ci sono delle anime che sognano, in maniera incomprensibile per tanti, di amarsi per l'eternità... purtroppo in situazioni estreme e senza ritorno.
    Già, in tali situazioni, come non ripetersi: "che cosa strana è l'amore!...".

    Nelle immagini: quattro disegni di Raymond Peynet sul tema dell'amore.


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    (15.2.08) GREMBIULINI FASCISTI? (di Guerino De Masi) - E' con piacere che ho visionato le foto degli alunni di oggi e di ieri.
    Finalmente ho visto una foto della mia maestra, "Professoressa Buttiglieri". Qualcuno mi può parlare di questa "storica" insegnante di Galatro? Vorrei avere ricordi più dettagliati della mia insegnante delle mie primissime elementari.
    Le fotografie mi hanno spolverato una curiosità in fatto di grembiulini. Le ultime due foto di classi femminili sono caratterizzate dal grembiulino nero con colletto inamidato bianco. Ricordo che mia mamma si era rifiutata di "uniformarci" a quella divisa, che secondo lei non era che una reminescenza del triste periodo fascista che ci voleva forse un pò tutti balilla! Il grembilino allora da lei confezionato per me era a quadrettini celesti e con il colletto anamidato bianco. Il colletto sì!
    Questo mi fa pensare a quanto già allora mia mamma fosse "schierata" dalla parte del suo amato marito che frequentava la "camera del lavoro" e di conseguenza noi, i figli, siamo cresciuti in quell'atmosfera di non conformità, ma soprattutto nell'ideologia che si contrapponeva alla classe di destra essendo umili lavoratori.
    E' la storia.
    Le contrapposizioni sono spesso motivate dalle esperienze personali o della collettività in cui si è crescuti e vissuti. La critica e l'analisi obiettiva non sempre sono facili, e comunque non alla portata di ognuno.
    Forse questo è buono. Credo sia utile riflettere su ciò ogni qualvolta ci confrontiamo.

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    (16.2.08) LA SFIDA DI VELTRONI E LE AMBIGUITA' DEL RIFORMISMO (di Domenico Distilo) - Solo qualche anno fa la sfida riformista di Veltroni, ne sono sicuro, mi avrebbe entusiasmato. Ora non più, per una serie di motivi che hanno a che fare con la natura stessa, con l’essenza di quello che si continua a chiamare riformismo in un tempo che ha svuotato di senso le parole e i concetti con cui, per tutto il Novecento, ci siamo riferiti alla realtà. In principio era il Welfare, la grande costruzione ispirata da Keynes e realizzata da Roosewelt grazie a cui il capitalismo è riemerso dalla crisi del 1929.
    All’inizio degli anni Settanta del secolo scorso, con lo shock petrolifero, i fondamenti di quella costruzione vacillano: l’Occidente è costretto a fare i conti con la scarsità di risorse, con la difficoltà di approvvigionare le materie prime. L’economia, alle prese con stagnazione ed inflazione e con il mito sfatato della crescita illimitata, torna ad essere la scienza triste.
    Tra gli anni Settanta e gli Ottanta vengono elaborate risposte alla crisi del welfare sostanzialmente improntate al ritorno al passato, “ai ruggenti anni Venti”. Reagan e la Tatcher (soprattutto quest’ultima) riducono lo spazio del pubblico nell’economia lasciando briglia sciolta al mercato. Assecondano così una gigantesca ristrutturazione dei sistemi di produzione e distribuzione che è già in atto e che dà luogo a un’altrettanto gigantesca polarizzazione della ricchezza, a un aumento rilevante della percentuale di reddito complessivo disponibile per una minoranza (sempre più esigua) della popolazione.
    Tra gli anni Ottanta e i Novanta il processo si acuisce con l’avvento della globalizzazione, dapprima dei mercati finanziari (per effetto della rivoluzione informatica), infine di quelli dei beni di consumo, che si avvantaggiano della caduta delle frontiere determinata in parte da accordi internazionali (i negoziati GATT), in parte da eventi politici (il crollo del sistema sovietico, l’apertura della Cina).
    Il punto è proprio la globalizzazione. Generalmente la si considera un fatto naturale, il frutto della trasformazione intervenuta nella base tecnologica del capitalismo, la cui storia è peraltro scandita dalle globalizzazioni, che altro non sono che la diffusione su scala mondiale delle innovazioni tecniche e tecnologiche, con conseguenti ricadute sui modi di produrre e di vivere di masse sterminate.
    Orbene, l’ultima globalizzazione, legata alla diffusione dei sistemi informatici e a una sempre più massiccia robotizzazione di quelli produttivi, ha portato a una marginalizzazione del lavoro, a una drastica riduzione della sua incidenza nel valore del prodotto. Anche se esistono lavori in grado di aggiungere molto valore, non c’è dubbio che il valore del lavoro sociale medio sia in caduta libera.
    Di qui la domanda di flessibilità, che si vuole nasca dalle esigenze della competizione. In realtà essa è la conseguenza di un processo che ha portato il lavoro a compiere la parabola iniziata con la prima rivoluzione industriale, diventando alla fine inessenziale.
    Il lavoro divenuto strutturalmente inessenziale dovrebbe sollecitare una più generale riflessione sulla congruità delle risposte liberiste alle problematiche della globalizzazione, risposte basate su un dogma, un vero e proprio articolo di fede: che il mercato in quanto tale possa determinare lo sviluppo e una sempre maggiore (nel senso di sempre più uniforme) diffusione del benessere.
    Poiché questo non è mai stato vero e si tratta, manifestamente, di un controfattuale, la sua asseverazione da parte della sinistra è il segno che essa si è fatta sedurre da una visione ideologica elaborata dalla destra e imposta, a partire dalla fine degli anni Settanta, grazie al controllo degli apparati mediatici e delle grandi istituzioni economiche internazionali (Fondo Monetario, Banca mondiale), di fatto emanazione delle multinazionali.
    La sconfitta storica del comunismo (crollo dell’URSS) è stata poi la fonte di un paralogismo, la deduzione della buona salute del capitalismo dalla vittoria sul suo avversario storico.
    In campo storico-politico il paralogismo (che ha avuto in Francis Fukuyama con il suo La fine della storia e l’ultimo uomo il più (in)tempestivo assertore) è stato subito confutato dal delinearsi di quello che è stato definito lo “scontro di civiltà”. In campo economico si stanno incaricando di confutarlo lo scenario sopradescritto e le crescenti difficoltà del ceto medio a stare al di sopra della soglia di povertà, di cui la crisi dei mutui è la rappresentazione più plastica.
    Le difficoltà del ceto medio, peraltro, la dicono lunga sulla miopia di una sinistra che insegue la destra sul terreno del populismo antitasse e della riduzione della spesa pubblica. Ma se nessuno più paga e si riduce la spesa pubblica, chi finanzierà il welfare? Forse la carità sociale o individuale, come Veltroni lascia presagire quando parla di welfare community in alternativa al vecchio welfare state?
    Certo, il riformismo rappresenta un approccio obbligato, perlomeno fino a quando non si troverà un’alternativa plausibile al mercato quale fulcro dell’organizzazione economico-sociale.
    Questo però non implica, per la sinistra, che debba rinunciare a vedere le distorsioni prodotte dalla smithiana “mano invisibile” e debba rinunciare a pensare a forme di controllo e di neutralizzazione dei meccanismi più sperequativi nel funzionamento del mercato.
    A meno di non voler rinunciare, puramente e semplicemente, ad essere sinistra.
    Il democristiano Amintore Fanfani, di cui è ricorso qualche giorno fa il centenario della nascita, su questi temi era molto più di sinistra dell’attuale sinistra, presa al laccio, in Italia, dagli ideologemi del berlusconismo divenuti senso comune (che non si identifica col buon senso). Il Cavaliere è stato infatti il solo, in Italia, a recepire e mettere in pratica la lezione del comunista Gramsci: prima l’egemonia culturale, poi il potere.


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    Guerino De Masi (19.2.08) LE MIE RIFLESSIONI SU SAN VALENTINO (di Guerino De Masi) - Scorrevo piacevolmente la lettura di San Valentino... che cosa strana è l'amore! di Michele Scozzarra ed assaporavo il gusto ed il piacere di leggere qualcosa di ben strutturato, ben presentato e con tanta poesia e romanticità. Mi son detto, non poteva essere differente, sritto da Michele. Ogni volta gusto con piacere il suo modo di raccontare, di dire le cose. Sarà per via della sua cultura ed oratoria che mi pare dovrebbe caratterizzare un avvocato, ma invece colgo nelle sue espressioni tanta sensibilità ed amore per la vita e, anche questo non poteva essere differente, l'amore espresso per la sua cara consorte.
    Anche a me piace disegnare! E' forse tipico dell'artista quello di essere sensibile anche alle cose ovvie? Certamente sì. Io mi diletto a fare "ritratti". A volte a matita, o semplicemente con la biro, ma mi capita soprattutto quando partecipo a convegni e/o conferenze che non mi impegnano più di tanto e pertanto, tra un appunto e l'altro, ritraggo partecipanti o conferenzieri.
    Sarà meno poetico dei disegni del Michele, ma vi assicuro che riguardandoli mi viene un pochino da sorridere per le espressioni che sono riuscito a cogliere e che mi meravigliano sempre.
    Alle elementari ero bravino a disegnare. I miei quaderni di "récitations" (poesie che trasrivevamo a scuola, in Francia) erano sempre da me decorati con disegni che sintetizzavano almeno il titolo della poesia stessa. In particolar modo quelle di La Fontaine.
    Da militare, all'età di 23 anni, erano le lettere alla mia fidanzata Rita che giornalmente srivevo e sempre decoravo, ritenendo che quelle che si reperivano in commercio fossero troppo scontate e soprattutto sempre le stesse. A distanza di anni (e ne sono passati ben 35) riguardando e rileggendo quelle lettere che mia moglie ha gelosamente conservato, riesco a rivivere quei sentimenti che Michele ci ha così ben descritto, aiutato anche da quei disegni che decorano ed incorniciano ogni singolo mio scritto.
    Era "l'amore", quella "cosa strana", che per noi, grazie a Dio, se non è quella di quel primo San Valentino martire, non è neppure quella di quei due poveretti gettatisi sotto il treno.
    Un amore che dopo tanti anni, scopri essere quello che ti ha permesso di superare tante prove e difficoltà. Prove e difficoltà che, se per qualcuno sono motivo di separazione, discordie senza sbocco, divorzi e traumi terribilmente pesanti quando ci sono figli, per noi sono motivo di riguardarci negli occhi, con il cuore in mano, chiederci scusa e perdono a vicenda, impegnandoci ad essere ancora e di nuovo amici, amanti, complici e compagni nella vita.
    E sì che le prove non sono mancate, così come le opportunità e tentazioni di volgere lo sguardo altrove... Dio è stato buono con noi, preservando il nostro amore che qualche volta sembrava terribilmente vacillare sotto i colpi dei dubbi, delle gelosie e delle incomprensioni.
    I figli sono oramai grandi ed autonomi. Sono arrivati anche due nipotini (l'ultima, Chloe, è nata il 22 gennaio scorso) e riflettendo a quanti anni abbiamo alle spalle insieme, non possiamo fare altro che ringraziare Dio in cui crediamo tutti in famiglia, per la sua assistenza e cura del nostro amore.
    Il re Salomone, nel suo libro "L'Ecclesiaste", dice: "La corda a tre capi è molto resistente e quando si stirerà, non si strapperà!" (Ecclesiaste 4:12). Se uno tenta di sopraffare chi è solo, due gli terranno testa: una corda a tre capi non si rompe così presto.
    Una vita nella communione fisica e spirituale che include Dio in ogni nostra decisione e rapporto. Questa è stata e sarà, Dio volendo, la nostra forza per guardare alla vita e guardarla... con amore (Rita, io Guerino e il Signore).
    Grazie Michele, grazie alla Redazione, grazie a voi tutti d'avermi letto fino in fondo.
    Dio vi benedica.

    Nella foto: Guerino De Masi

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    (20.2.08) IL MIO INTERVENTO ALL'INCONTRO CON MORABITO (di Carmelo Panetta) - Pubblichiamo la relazione introduttiva di Carmelo Panetta, Sindaco di Galatro, all'incontro con Giuseppe Morabito, presidente della Provincia, svoltosi recentemente presso l'Hotel Karadros alle terme di Galatro, con la partecipazione dei sindaci del comprensorio.

    Carmelo Panetta, sindaco di Galatro. Sig. Presidente,
    Sigg. Assessori, Colleghi Sindaci, Amministratori, Concittadini:
    è con animo grato e pieno di speranza per il futuro che a nome mio personale e della comunità che rappresento rivolgo a Lei il caloroso benvenuto a Galatro unitamente al più sincero ringraziamento per averci voluto onorare scegliendo il nostro piccolo centro - e, segnatamente, questa moderna struttura termale - come sede di uno dei Suoi cinque incontri con gli amministratori dei comuni della Provincia.
    L’incontro di oggi (che segue a quello che martedì ha avuto a Caulonia), vogliamo vederlo come l’inizio di una nuova era; come un nuovo e più democratico modo di avvio dei rapporti istituzionali tra le amministrazioni locali e la Provincia. Vogliamo credere, insomma, che questo di oggi non resti un episodio isolato ma che sia veramente il primo di una lunga serie di confronti politici e programmatici e di incontri finalizzati alla concreta conoscenza da parte dell’Amministrazione provinciale dei vari problemi vitali che le amministrazioni locali non riescono a risolvere da sole.
    Una collaborazione così concepita non solo darebbe la possibilità agli amministratori dei comuni periferici di conoscere la programmazione dell’Amministrazione provinciale e di muoversi sulle stesse linee programmatiche, ma servirebbe all’Amministrazione provinciale per programmare gli interventi sul territorio tendenti a soddisfare le esigenze di più comunità consorziate tra loro, ed evitare, così, di continuare a costruire opere che diventano sottoutilizzate per l’esiguità degli utenti, e nel tempo, abbandonate.
    In tale speranza formulo una proposta: che gli amministratori locali – segnatamente quelli delle zone interne – vengano sentiti dal Presidente e dai componenti l’Esecutivo provinciale i quali, superando i confini dei loro collegi elettorali e la loro appartenenza partitica, sappiano dare il giusto ascolto alle richieste ed alle esigenze del territorio.

    * * *

    Galatro è uno degli ultimi comuni della provincia: il suo territorio confina con quello della provincia di Vibo Valentia e si estende fino ai comuni della fascia Jonica. E’ uno dei paesi più estesi della provincia ed uno dei pochi che possa vantare sul suo territorio gli elementi naturali che potrebbero costituire una valida spinta propulsiva per la sua crescita sul piano sociale ed economico. Nonostante tutto, però, ancora oggi il suo tessuto sociale è sempre più impoverito dall’emigrazione. All’esodo massiccio dalla campagna che ha caratterizzato gli anni sessanta e settanta, infatti, in questi ultimi anni siamo costretti a registrare, impotenti quello dei giovani laureati e diplomati. Alla vecchia valigia di cartone legata con lo spago e riempita di sogni e di fiducia per il futuro già utilizzata dai loro genitori quando hanno intrapreso il cammino della speranza, i giovani hanno preferito un borsone firmato, ma pur se cambia la forma esteriore non cambia, purtroppo, la sostanza.
    E’ cambiata la forma, le esteriorità… ma non è cambiata, purtroppo, la sostanza, se è vero – com’è vero che i giovani - oggi come ieri - continuano a partire perché il loro amato “natìo borgo” non è in grado di garantire un posto di lavoro. Perché le loro speranze di rimanere accanto ai genitori e di formarsi una propria famiglia nel paese di nascita, sono state deluse da una politica che dalle nostre parti è stata fallimentare e deludente.
    Per quanto riguarda Galatro ritengo che con l’aiuto delle istituzioni e soprattutto del governo centrale e regionale, ma anche dell’Amministrazione Provinciale, l’emorragia delle forze e delle intelligenze più vive del paese può essere frenata. Non sono così ottimista (o così illuso) da pensare che possa essere completamente bloccata. No. Sono, però, ancora fiducioso che un freno a questo incessante esodo si possa porre mediante la realizzazione di quelle infrastrutture che la politica ci ha lasciato intravedere sin dai primi anni settanta, ma che - alla luce dei fatti - sono rimaste soltanto allo stato delle buone intenzioni.
    Siamo ancora in attesa che l’insediamento del polo industriale nella Piana segni la svolta occupazionale e sociale di tutto il comprensorio. Siamo ancora in attesa che la nostra diga sul Metramo (per la realizzazione della quale i lavoratori galatresi e dell’intera Piana sono stati protagonisti di lotte e rivendicazioni) possa rendere irrigue vaste aree collinari di questa fascia interna della provincia e conferire competitività alla nostra agricoltura che, in atto, non essendo in grado di affrontare la concorrenza di quella dei paesi del Mediterraneo, non è più pilastro portante dell’economia di questa vasta zona.
    Noi galatresi crediamo ancora alla diga. Crediamo per quello che può rappresentare per l’agricoltura e per la produzione di energia elettrica, - (recentemente il Consorzio di Bonifica è stato autorizzato a realizzare una centrale idroelettrica di grandi capacità produttive, sfruttando una caduta di quota delle acque invasate dallo sbarramento di contrada Castagnara) - ma crediamo soprattutto alla diga perché pensiamo a quello che essa può rappresentare nel comparto turistico se la suggestiva località sarà inserita negli itinerari naturalistici della Provincia e se il pittoresco lago artificiale potrà essere sfruttato come sito di pesca sportiva alla trota e come luogo deputato per la pratica di alcuni sport acquatici.
    A proposito di risorse, il territorio di Galatro ha i requisiti naturali per diventare, nel volgere di qualche lustro, centro di produzione di energia elettrica pulita e rinnovabile (idroelettrica, eolica, solare e fotovoltaica).
    Siamo convinti, insomma, Signor Presidente, che Galatro ha le prerogative naturali per guardare ancora con fiduciosa speranza al suo decollo nel settore turistico. Alle suggestive bellezze paesaggistiche del luogo, ai caratteristici scorci del centro storico appollaiato sulla bianca collina e posto sulle sponde del fiume Metramo, ha la fortuna di poter aggiungere le testimonianze artistiche del cinquecentesco Trittico marmoreo della chiesa parrocchiale, della quattrocentesca statua di San Nicola, della cinquecentesca pala marmorea che costituisce il tabernacolo della chiesa della Montagna, della importante dotazione statuaria, degli arredi e degli argentei vasi sacri presenti nelle chiese locali. Se poi, a questi “tesori artistici”, oggetto di continui approfonditi studi critici, si aggiunge la presenza nella contrada collinare di Cubasina dei resti del convento basiliano “S. Elia”, già culla di cultura e di spiritualità - (ricordo semplicemente che nelle sue mura studiò e fu ordinato sacerdote Barlaam di Seminara, futuro insegnante di greco di Petrarca e di Boccaccio e primo vescovo di Gerace) - ed oggi continua meta di studiosi della cultura Bizantina, - (tra gli altri cito soltanto il notissimo ex preside reggino Domenico Minuto) – risulta chiaro come Galatro abbia tutte le necessarie prerogative per aspirare a diventare luogo abilitato al turismo culturale. Ma c’è un grosso neo: non c’è una strada che consenta il collegamento tra il centro abitato e l’antico convento. Si tratta di un tragitto di poco meno di tre chilometri che, se realizzato, oltre a favorire l’accesso, la valorizzazione storica ed il conseguente studio di quell’importante monastero, favorirebbe lo sviluppo dell’agricoltura in tutto l’altipiano di Cubasina, agricoltura che rappresenta ancora uno dei pilastri portanti della nostra economia. Inoltre, nel settore turistico, Galatro può aspirare ad avere un ruolo di primaria importanza in tutto il territorio provinciale. La struttura nella quale ci troviamo stamattina costituisce, infatti, il vero “fiore all’occhiello” del termalismo calabrese e non solo per i galatresi ma per tutto il comprensorio, rappresenta la concreta speranza di crescita socio-economica. Ma perché la speranza non vada delusa, è necessario che Galatro riesca ad uscire dalle secche della crisi e sia concretamente aiutati ad inserirsi nel settore del turismo termale. In questo progetto di crescita, ritengo che l’Amministrazione provinciale possa darci un valido aiuto. E’ sufficiente che tenga nella debita considerazione Galatro in occasione della sua programmazione annuale dei “grandi eventi” e che qualcuno di essi lo inserisca in calendario alle nostre terme o nel nostro suggestivo centro storico.
    Altro determinante aiuto l’Amministrazione provinciale può darcelo migliorando la viabilità di queste zone interne nelle quali le strade, tranne pochissime eccezioni, sono ancora quelle progettate e realizzate dai borboni.
    Si tratta di una rete viaria obsoleta, stretta, piena di curve a gomito e di ponti di dimensioni così ridotte che non consentono il passaggio contemporaneo a due utilitarie. E’ evidente che una rete viaria così antiquata oltre a rendere difficoltosi i collegamenti e gli scambi commerciali tra i vari centri urbani della zona, costituisce un freno allo sviluppo turistico e, per quanto ci riguarda da vicino, un serio ostacolo allo sviluppo del termalismo.
    Intanto ritengo che per cominciare a dare un segno tangibile di cambiamento, la S. V. può disporre un maggiore controllo delle nostre strade mediante un costante controllo tramite il servizio della polizia provinciale con il compito di segnalare non solo gli interventi urgenti di manutenzione ma anche e soprattutto quello di vigilare e denunciare situazioni di discariche abusive che rendono più precaria la sicurezza e la transitabilità anche sotto l’aspetto del degrado ambientale.

    * * *

    Con l’augurio di poterci ancora ritrovare in momenti di confronto tra sindaci ed Amministrazione Provinciale, invito la S. V. a dare corpo alle strutture istituzionali distribuite sul territorio a cominciare da quella della circoscrizione provinciale, rendendola più forte ed efficiente.
    Per concludere, Sig. Presidente, voglio ricordare a Lei e a noi amministratori locali della periferia che siamo tutti in trincea.
    Nella nostra azione quotidiana amministrativa ci sentiamo sempre più soli di fronte all’incalzare dei problemi dei nostri concittadini, specialmente quando non riusciamo a garantire ad un padre di famiglia non un duraturo posto di lavoro ma nemmeno un’occupazione temporanea.
    La Piana politicamente è debole.
    A livello istituzionale non esprime né consiglieri regionali, né deputati, né senatori (Tripodi e Gioffrè solo di recente sono stati nominati assessori provinciali) e, pertanto, i sindaci avvertono il bisogno di restare uniti e lavorare per una programmazione territoriale che superi gli steccati municipalistici e campanilistici.
    Forti di questa convinzione hanno lavorato ed hanno costituito l’associazione “Città degli ulivi” che ha il solo fine di confrontarsi ai vari livelli istituzionali a cui proporre idee e iniziative tendenti a migliorare la vita sociale ed economica della nostra Piana.

    Galatro, 15 febbraio 2008
    Il Sindaco di Galatro
    Carmelo Panetta

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    Nella foto in alto: il sindaco Carmelo Panetta.

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    (23.2.08) LETTERA AL SINDACO (di Guerino De Masi) - Signor Sindaco, caro Carmelo Panetta,
    desidero congratularmi per l'
    intervento alle Terme che ci hai gentilmente condiviso, in occasione dell'incontro con il Presidente della Provincia e con i Sindaci del comprensorio.
    Ho apprezzato particolarmente le pecularietà della nostra Galatro, nonché i riferimenti storici (ivi compresa l'origine borbonica delle strade).
    Mi auguro che la Provincia colga l'opportunità di rivalutare tutte queste ricchezze di Galatro favorendone la conoscenza e divulgazione sia nelle Calabrie che su tutto il territorio nazionale.
    Mi chiedo, e scusa se forse è un'argomento che avete già affrontato, non sarebbe una spinta di per sé automatica se si giungesse ad un accordo per chiamere il nostro amato paese "Galatro Terme"?
    So di un referendum e di molte disquisizioni a questo proposito. Ma non pensi che potrebbe essere veramente utile per far conoscere Galatro in modo alquanto automatico e naturale a coloro che in Italia e, perchè no, anche all'estero cerchino delle Terme in Calabria?
    Immagino che sarai stracolmo di impegni e dunque non vorrei aver sollevato una questione di troppo.
    Congratulazioni comunque e tantissimi auguri per il tuo servizio a pro della nostra comunità.

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    (23.2.08) OSSERVATORIO ELETTORALE (di Domenico Distilo) - 1) De Mita, prendendo congedo dal Partito Democratico dopo il siluramento, dice di preferire Berlusconi a Veltroni perché “è meglio un bugiardo di uno che dice bugie”.
    Come dire: con chi è sempre bugiardo, bugiardo matricolato, inveterato, sai come trattare; chi dice (talvolta) bugie invece ti spiazza, non sai se dice il vero o mente o se, come Epimenide Cretese, “mente se dice la verità e se dice la verità mente”.
    La frase di De Mita coglie nel segno. Veltroni sfida Berlusconi sul suo terreno e per la prima volta la sfida è tra due sfidanti omogenei, che lottano ciascuno per proiettare l’immagine migliore e, non essendo l’immagine sostanza, realtà, non possono che ricorrere alla bugia quale strumento principe di lotta per modellare l’immagine in grado di meglio incidere sull’immaginario, sul modo di percepirli da parte degli elettori.
    Tra immagine e immaginario, la realtà è diventata evanescente. Siamo cioè in piena post politica, la più congeniale ad un’epoca che ha concepito second life. Peccato, però, per le ricadute su first life, sulla vita non virtuale di cui non siamo ancora riusciti a liberarci. Per fortuna.

    2) La legge elettorale votata dalla maggioranza di centrodestra alla fine della scorsa legislatura è più brutalmente maggioritaria della legge Acerbo (1923: il fascismo è al potere ma non è ancora apertamente e formalmente dittatura), che attribuiva tre quarti dei seggi alla lista che avesse conseguito il 25% dei voti.
    Con il Porcellum potrebbe bastare un risultato inferiore al 25% per ottenere 340 seggi alla Camera. Mentre potrebbe non bastare la maggioranza assoluta dei voti per ottenere la maggioranza assoluta dei seggi al Senato. Geniale, non c’è che dire!

    3) Le prossime non saranno le prime elezioni senza il simbolo di falce e martello sulla scheda. L’on. Turigliatto e 2 suoi colleghi hanno infatti battezzato un nuovo partito più a sinistra della sinistra-arcobaleno, partito che esibisce l’incrocio dei due antichi arnesi da lavoro, simbolo dell’alleanza tra operai e contadini e potrebbe, per effetto del richiamo esercitato sugli elettori affezionati, raggiungere addirittura il 2%.
    Lo stesso effetto si propone di ottenere l’on. Pizza con il vecchio scudo crociato, nonostante la lettera con cui tre capi storici della vecchia DC, Scalfaro, Cossiga e Andreotti, lo hanno invitato a non usarlo.
    Che siamo un popolo si conservatori lo si era sempre detto.


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    (25.2.08) UNA RICETTA PER USCIRE DAL BUIO (di Romualdo Lucà) - Carissimi amici della Redazione, oltre a porgere i miei calorosi saluti a Voi, volevo congratularmi col sig. Sindaco di Galatro, Carmelo Panetta, per aver messo sul tavolo la ricetta giusta per poter decollare, uscire dal buio in cui il nostro Paese si trova.
    L'incontro che si è svolto alle Terme con la presenza del Presidente della Provincia e i sindaci del comprensorio è una buona partenza per programmare lo sviluppo del territorio.
    Questa è una luce che si accende per Galatro e non solo. Seguiremo gli sviluppi. Leggendo la
    relazione del nostro Sindaco mi colpisce, tra le tante cose, questo grido di aiuto rivolto al Presidente col quale chiede che ci sia una concreta conoscenza dei problemi vitali che i comuni da soli non riescono a risolvere.
    E' evidente che da molto tempo manca un anello di congiunzione tra Provincia e Comuni. La Politica in generale si è trasformata in qualcosa di mostruoso. A Sud, con molta evidenza, la politica non ha mai fatto una bella figura; non che al Centro sia migliore, e neanche al Nord! Ma la differenza c'è. Non voglio ripetere quello che tutti sappiamo, diventa noioso.
    Ma rimaniamo al nostro "paesello": è adesso che tutte le forze politiche locali devono unirsi! Non voglio insegnare niente a nessuno, non mi permetterei mai, ma i cittadini hanno bisogno di una svolta per la loro vita.

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    (28.2.08) SE BASTASSERO LE BELLE PAROLE... (di Daniele Fenoli) - Se bastassero le belle parole sia a livello locale che a livello nazionale non saremmo in mutande o con la valigia di cartone in partenza.

    1) Sono d'accordo con
    Domenico Distilo quando dice che siamo un popolo di conservatori, che non riusciamo a cambiare. Ma con questi due schieramenti non saprei quale prendere.

    2) Il nostro sindaco dice delle cose giuste, ma non riusciamo ad avere un politico di peso nella Piana; a Galatro non si riesce mai a portare qualcuno in Provincia (alle prossime elezione sarebbe opportuno portare un candidato comune per il bene di Galatro).

    3) "Galatro" o "Galatro Terme", cosa cambierebbe? Allo stato attuale meno persone lo conoscono, meglio è. Qualcuno mi ha chiesto se quest'anno funziona l'aria condizionata nelle camere dell'hotel alla terme. Che servizi siamo in grado di offrire?
    Forza Galatro.

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    (2.3.08) NON AVEVO LA VALIGIA DI CARTONE! (di Caterina Sigillò) - Purtroppo mi sembra di essere una sorta di "prezzemolo" che troviamo in ogni minestra! Ho appena letto l'articolo di Daniele Fenoli e sono rimasta, come si suol dire, basita!
    Mi ha colpito la frase con cui dice che "se bastassero le belle parole non saremmo in mutande o con la valigia di cartone in partenza". Ma di quale epoca sta parlando? Mi sembra di essere tornata indietro nel tempo, quando il mio professore di filosofia ci spiegava il "complicato pensiero leopardiano"!
    Infatti questo grande scrittore instaurava una critica contro tutte le ideologie ottimistiche del suo tempo che esaltavano il progresso e profetizzavano un miglioramento indefinito della vita degli uomini. Vorrei ricordare però che si tratta di un periodo che va dalla fine del 1700 all'inizio del 1800!
    Ho lasciato Galatro oltre venti anni fa e non ricordo di essere partita con la valigia di cartone! Sarà anche vero il fatto che a volte ci si limita "alle belle parole", però mi sembra giusto riporre quel minimo di fiducia che è necessario per iniziare a "gettare le fondamenta" affinchè si possa governare al meglio un paese!
    Quindi, Daniele, visto che sei giovane, abbi più fiducia nel prossimo! Chiedo nuovamente scusa se ogni tanto mi "intrufolo" per via mediatica, ma a me piace molto confrontarmi e, perchè no?, scontrarmi con qualche galatrese!
    A proposito il 13 aprile è alle porte... fate i bravi e... non votate il Cavaliere eh!
    Un calorosissimo saluto a tutti voi della Redazione che lasciate spazio a noi "forestieri" e un saluto anche a Daniele! Con affetto.

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    Michele Scozzarra (2.3.08) DA FERRARA A ZEFFIRELLI: UN GRANDE INNO ALLA VITA (di Michele Scozzarra) - Non occorrono presentazioni per Giuliano Ferrara, che negli ultimi tempi sta spiazzando tante persone con la sua scelta per la moratoria sull’aborto: un appello, rivolto a tutti quelli che si sono rallegrati per la moratoria sulla pena di morte votata dall’Onu... perché succeda la stessa cosa per gli aborti, perché si chieda “una Grande Moratoria della strage degli innocenti”.
    E’ questa la sfida lanciata da qualche mese da Ferrara sul Foglio, una sfida “alle buone coscienze” esultanti per quel primo passo simbolico contro le esecuzioni capitali in ogni parte del mondo, perché non diventi la festa dell’ipocrisia, perché non ci si dimentichi che “per ogni pena di morte comminata a un essere umano ci sono mille, diecimila, centomila, milioni di aborti comminati a esseri viventi”.
    La sfida era già stata lanciata nell’agosto del 2005, al Meeting di Rimini, quando Giuliano Ferrara aveva affrontato, in maniera chiarissima il tema del diritto alla vita del nascituro: “Posso permettermi di fare un’osservazione laica, senza essere accusato di essere diventato un bigotto pro life e magari un’estremista che vuole sparare ai medici delle cliniche abortistiche? Posso permettermelo? Non so se soffre il feto, non lo sanno neanche i medici che vogliono eliminare l’anestesia. Tuttavia so che soffro io, soffre la madre, soffrono i fratelli e le sorelle... soffrite voi, soffre tutta la società! Perché l’aborto è uno scandalo moderno... Non si può, infatti, limitarsi a mettere il termometro al dolore del feto e chiedere se soffre o meno. Questo non si chiama laicismo, ma positivismo barbarico. Questa è pura ideologia, e della peggiore specie. Ma che significa tutto ciò? Significa che è di attualità una battaglia per abrogare le leggi che hanno consentito il passaggio dall’aborto clandestino e illegale, all’aborto legalizzato? No. Non lo pensa Giuliano Ferrara, nella modestia della sua opinione; ma non lo pensa neanche il Cardinal Ruini – assai più autorevole del sottoscritto - che su tale argomento si è pronunciato al termine della battaglia referendaria. Ma, per un laico capace di distinzione, si tratta di due questioni differenti. Un conto è consentire che un dramma si compia per evitare un altro dramma, o compiere una scelta per il minor danno - posto che in queste questioni si possa individuare un minor danno -, un conto è, invece, la transitoria e peregrina regolamentazione di un grande problema sociale, che affliggeva e affligge tuttora il mondo femminile e la società tutta intera...”.
    Giuliano Ferrara
    L’intervento di Ferrara è diretto, provocatorio, chi è interessato può leggerlo integralmente nel richiamo posto in fondo alla pagina, anche perché mi piace continuare a scrivere riportando un’altra testimonianza, quella di un grande artista... tanto per usare le sue stesse parole, “di una persona che non doveva nascere...”. Un figlio non desiderato... un figlio che un giorno sarebbe diventato attore, regista, sir e senatore; un figlio che però proprio non doveva nascere, non doveva esistere, non doveva esserci. Perché, come dicevano i genitori, non è il caso, non è il momento, non puoi farlo, e che cosa direbbero di te. E per tre volte rischiò di non esserci davvero. Ci proveranno in tutti i modi: la prima volta fu un coltello, la seconda fu una pozione, la terza fu un uncino. Era una questione di principio: ora tu noi puoi, ora non devi. Non puoi: perché non hai l’età, perché hai già tre figli, perché sei una donna felice e perché con il tuo lavoro un altro figlio sarebbe una pazzia. Non devi: perché sei già sposata, perché lui oggi c’è e domani chissà e perché tutti saprebbero che il figlio portato in grembo non può essere di tuo marito, moribondo da tempo in un ospedale... quindi doveva essere del tuo amante...
    Quando nasce un figlio non è detto che si stia lì a pensare che quel bimbo potrebbe cambiare il mondo, è probabile invece che si stia a pensare che quel figlio “potrebbe mettere a repentaglio il rapporto”, che quello non sia “il momento giusto”, che “prima bisogna trovare un buon lavoro” e che non ha senso se “non sei sistemato”. E spesso non viene neppure in mente che quella vita ancora non conosciuta andrebbe sempre e comunque rivelata. Sempre. Perché non è scontato che ti venga in mente che quel fiore è un fiore esplosivo, che quel fiore è già bello e fatto quando si crea, e non quando nasce. E’ quello che si chiama l’incognito, il fascino del mistero, perché quello è un fiore che esplode e che forse tu non lo sai, ma rivoluzionerà il mondo. E’ la nascita, quella. E’ quella cosa che fa cantare e che fa suonare le fibre più segrete di ognuno di noi. E’ la vita, e tu la vedi mille volte al giorno... è l’insostenibile fascino del mistero... E’ il sapere che lì dentro c’è una vita e che lì dentro forse ci può essere un genio, o forse no, e che comunque vale la pena di vedere, o almeno di sentire la luce che fa.
    Nel nostro caso, alla fine, la vita ha avuto la meglio e il mondo ha potuto godere di tanti capolavori, che un aborto avrebbe potuto negare. Per chi non l’ha ancora capito, sto parlando di Franco Zeffirelli, il famoso regista, ma è meglio che lascio alle sue parole l’intero racconto, riportando un suo scritto, sulla sua nascita e sulla sua vita, che è degno di essere annoverato tra le sue opere più grandi.
    E non aggiungo altro... perché a noi resta solo da leggere, meditare e fare nostra una grande lezione di vita e di amore: “La vita è un premio; una madre che genera una vita è una donna premiata qualunque sia la sua situazione, qualunque siano i conti da pagare, qualunque siano i suoi problemi emozionali: ha il marito, non ha il marito, ha quello che la ricatta, quello che l’ha abbandonata. Il privilegio di portare la vita è un privilegio che gli uomini non hanno: noi siamo inferiori alle donne per questo. Il miracolo di sentir germogliare nel proprio ventre una nuova vita, il vederla sbocciare e vederla venir su rende voi donne più forti. Anche se alla fine i figli vi deludono, gli anni della creazione della vita nessuno ve li toglierà mai e in qualunque momento della vostra esistenza, quando la pena del mondo, l’abbandono degli affetti vi cadrà sulle spalle, ricorrerete certamente col pensiero, col cuore a quei meravigliosi mesi in cui avete creato una vita. Che poi quello sia diventato un assassino, un papa... non importa. Ed è strano che sia io a dire queste cose, io che non sono né padre né niente... sono solo figlio. Di più, sono un aborto mancato. Avrei dovuto essere abortito perché nascevo da due persone che erano entrambe sposate: lui aveva una famiglia bella e pronta, lei aveva tre figli ed erano tutti e due al tramonto dell’età delle frizzole. E invece si innamorarono pazzamente e mia madre rimase incinta.
    Tutti naturalmente le consigliarono di abortire. Il marito era moribondo, quindi non c’era neppure la possibilità di nascondere la gravidanza illegittima. Mio padre da buon galletto andava dicendo in giro che questo figlio era suo, però non faceva niente. Ma la gravidanza andò ugualmente avanti. La mia nonna stessa me lo confessò e mi chiese scusa; disse: “Io ero la prima feroce nemica di questa gravidanza”. E io invece nacqui contro il parere di tutti, perché a mia madre ripugnava il pensiero di uccidermi: “Morirei di rimorso, nel pensiero di aver avuto tre figli e di aver distrutto un’altra vita”.
    Molti dei miei avversari invece dicono: magari ti avesse fatto fuori. È l’odio delle persone... mentre io vorrei conoscere solo l’amore, perché sono stato tanto amato nel ventre di mia madre, ho assorbito tanto di quell’amore, l’ho sentito, mi è entrato addosso. Mia madre l’ho persa che avevo sette anni, però sono rimasto impregnato del suo amore. Quando qualcuno ti ha amato veramente tanto e tu l’hai amato, questo amore, questa fiammella, questa fiaccola non si spegne mai, ti è sempre accanto. Siamo fatti di spirito, chi ci crede; io ci credo profondamente perché la vita mi ha dato continue verifiche di non essere un ammasso di cellule ma di essere un corpo che alloggia temporaneamente uno Spirito che è la frazione del grande Creatore, di Dio a cui torneremo. Questa è una mia concezione: non me la sgangherate perché sto benissimo cosi, dormo sonni tranquilli, sono arrivato a settant’anni e voglio arrivare tranquillo al mio ultimo passo.
    Forse interessa un piccolo episodietto della mia vita. Calza a pennello proprio in seguito alla mia storia. Quella di un bastardino. Infatti, io non avevo il nome né di mia madre né di mio padre. Mia madre inventò questo nome Zeffirelli perché, secondo un’antica tradizione dell’ospedale degli innocenti di Firenze che si tramanda dai tempi di Lorenzo il Magnifico, ogni giorno della settimana corrispondeva ad una lettera. Il giorno che nacqui io toccava alla Z e mia madre che oltre ad essere una grande sarta era musicista, pianista, un’appassionata di Mozart, con tanto di farfalle e zeffiretti, quando le proposero la Z come iniziale, all’impiegato comunale disse, appunto, Franco Zeffiretti. Quello non capì bene e, invece delle doppie "t" mise le doppie “l”: Franco Zeffirelli.
    Sono sicuro di essere l’unico con questo nome al mondo, però più tardi, divenuto grandicello, ero soltanto figlio di NN. A scuola tutti sapevano che il mio babbo si chiamava NN e la mia mamma si chiamava NN. Quindi era tutto uno sfottò, anche se innocente perché veniva da bambini che non sanno.
    Beato Angelico: Annunciata Un giorno ci fu una rissa nel convento di San Marco dove io frequentavo l’Azione Cattolica e dove viveva un personaggio molto importante, molto curioso che ogni tanto arrivava con i suoi libri e i suoi occhialoni. Era Giorgio La Pira. Lui insegnava storia del diritto romano e viveva lì come un frate laico, ma stava molto con noi, ci guardava e ogni tanto interveniva dicendo “La Madonna. Quando avete un problema c’è sempre la Madonna, la Madonna! Salva tutto la Madonna”.
    Quel giorno ci vide picchiarci e chiese che stava succedendo: “Ha detto che mia mamma è una puttana” gli risposi. Lui disse al ragazzo con cui mi stavo picchiando: “Tu vai a casa, che se comincio a parlare io della tua mamma ne vengono fuori delle belle”. Poi mi prese, tutto scosso e incavolato, mi tirò su per quel bellissimo scalone che certamente conoscete, che va dal chiostro al primo ordine del convento, e in cima al quale c’è l’Annunciata di frate Angelico. Mi portò su di corsa proprio davanti a questo dipinto.
    “Lo sai cosa è questo?” mi chiese. “ l’Annunciazione” risposi.
    “E sai cosa vuoi dire l’Annunciazione?”
    “E beh, è venuto un angelo davanti alla Madonna e le ha detto che sarà madre di Gesù...”
    “Sì va bene.., ma come?”
    “E la madre di Gesù...” feci io sempre più confuso.
    “Come sarebbe diventata la madre di Gesù?”
    A quel punto io mi impappinai definitivamente, perché sapevo come nascevano i figlioli.., ma non volevo attribuirlo a Dio. Allora mi aiutò lui: “Perché lo Spirito divino è disceso nella carne, nel ventre di questa donna e si è incarnato. Hai capito? Quindi non vergognarti mai. La maternità è sempre santità. Qualunque cosa dicano di tua madre, tu la devi pensare sempre come una santa perché è come la Madonna, e quando avrai bisogno di qualcosa nella vita prega la Madonna e pregherai tua madre”.
    E questa cosa da allora mi è rimasta addosso. È Io splendor veritatis, per riprendere le parole di Giovanni Paolo II. Da quel giorno il problema di mia madre, della sua moralità, del suo atteggiamento e amore verso di me non l’ho più avuto”.


    Visualizza l'intervento di Giuliano Ferrara al Meeting di Rimini 2005 (DOC) 46 KB

    Nelle foto: in alto Michele Scozzara, autore dell'articolo; al centro Giuliano Ferrara; in basso "Annunciata" del Beato Angelico.

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    (2.3.08) SULLE TERME, UNA LETTERA AL SINDACO (di Stefano Ceravolo) - Signor Sindaco,
    La stimo molto, ma non sono d'accordo con lei su alcune cose, riguardo il
    suo intervento presso l'Hotel Karadros da lei definito "struttura termale moderna"; e ancora aggiunge: "La struttura nella quale ci troviamo stamattina costituisce, infatti, il vero 'fiore all'occhiello' del termalismo calabrese e non solo".
    Parla delle strade e dice: "Si tratta di una rete viaria obsoleta, stretta, piena di curve a gomito e di ponti di dimensioni così ridotte che non consentono il passaggio contemporaneo a due utilitarie. E’ evidente che una rete viaria così antiquata oltre a rendere difficoltosi i collegamenti e gli scambi commerciali tra i vari centri urbani della zona, costituisce un freno allo sviluppo turistico e, per quanto ci riguarda da vicino, un serio ostacolo allo sviluppo del termalismo."
    Egregio Signor Sindaco, lo scorso anno, estate 2007, mi recai presso il "fiore all'occhiello" per prenotare una camera per due persone, provenienti da Napoli, per circa 15 giorni. Tra queste persone c'era un diversamente abile. Mi presento all'hotel per la prenotazione e mi sento rispondere che non ci sono camere per queste persone.
    Che dire? Questa struttura moderna nata sicuramente dopo la famosa legge che abbatte le barriere architettoniche si prende gioco delle persone che più hanno diritto ad entrare.
    Le faccio presente che la "moderna" struttura non ha camere per i diversamente abili;
    ha barriere architettoniche non di poco conto;
    non esiste un parcheggio per queste persone, anzi il parcheggio è una sosta selvaggia e vergognosa; non si passa nemmeno a piedi altro che carrozzella.
    Anche se le strade sono quelle che sono, le persone, a costo di sacrificio verrebbero, anzi son venute e andate senza pernottare; è la struttura che manca di rispetto ai clienti. Di sicuro questi, come altri già avventuratesi prima di me, hanno preso la strada del non ritorno.
    Poi ancora aggiungo: estate 2006, mi reco alla moderna struttura per fare una terapia; il Dottore delle terme mi dice che non posso fare la terapia perchè il fisioterapista era al nord, forse a Montecatini per un corso di aggiornamento.
    Si, questi signori fanno il corso di aggiornamento nel periodo più intenso di turisti, non quando il "fiore all'occhiello" è chiuso. Avrei potuto farla a Brescia dove risiedo. Magari a Aquaria, Sirmione con le rinomate terme di Catullo, o Boario Terme, male che andasse a fianco di Boario c'è Angolo Terme da non disprezzare, propio dietro casa mia le terme di Ome con le sue rinomate biuty farm, se preferivo un piccolo paradiso sceglievo Vallio Terme. Mi fermo perchè la lista è lunga per Brescia.
    Ero lì con degli amici del Nord, ci siamo presi un caffè al bar, costo un euro senza scontrino. Legittimo un prezzo se c'è un certo servizio (nemmeno al Gambrinus di Napoli costa un euro). Sempre al bar ci hanno detto di non stare dalla parte destra del bancone per il caffè perchè riservato ai clienti dell'hotel, e che gentilmente dovevamo stare a sinistra del bancone, cioè dalla parte degli ambulatori (eravamo della classe dei mutuanti e pezzenti).
    Abbiamo avuto l'impressione che i turisti a Galatro diano fastidio. Se così fosse basta aggiungere sotto il segnale di località "no turisti".
    Spero nel futuro di Galatro che qualcosa cambi davvero.
    Distinti saluti
    Stefano Ceravolo

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    Mimosa (7.3.08) 8 MARZO: NON SOLO MIMOSE E PIZZERIA (di Michele Scozzarra) - Anche quest'anno la giornata della donna, sicuramente, darà vita alle manifestazioni di sempre: i discorsi di sempre... i fiori di sempre... le cene di sempre (!)...
    E' stato scritto, certamente non a torto, che "si è persa tra i mazzi dipinti di giallo la motivazione vera della festa dell'8 marzo: quelle operaie morte avvolte dal fuoco in una fabbrica di New York nel 1908 non sono più nella mente di chi, ogni otto marzo, riempie le pizzerie di rossetti e tacchi alti, di chi combatte per l'uguaglianza fra uomo e donna isolandosi fra il gentil sesso...".
    Le origini della festa dell'8 Marzo risalgono al lontano 1908, quando, pochi giorni prima di questa data, a New York, le operaie dell'industria tessile Cotton scioperarono per protestare contro le terribili condizioni in cui erano costrette a lavorare. Lo sciopero si protrasse per alcuni giorni, finché l'8 marzo il proprietario Mr. Johnson, bloccò tutte le porte della fabbrica per impedire alle operaie di uscire. Allo stabilimento venne appiccato il fuoco e le 129 operaie prigioniere all'interno morirono arse dalle fiamme. Successivamente questa data venne proposta come giornata di lotta internazionale, a favore delle donne, da Rosa Luxemburg, proprio in ricordo della tragedia.
    Questo triste accadimento ha dato il via, negli anni immediatamente successivi, ad una serie di celebrazioni che i primi tempi erano circoscritte agli Stati Uniti e avevano come unico scopo il ricordo della orribile fine fatta dalle operaie morte nel rogo della fabbrica.
    Ai giorni nostri la festa della donna ha assunto fisionomie diverse, è molto attesa, soprattutto, dai fiorai che in quel giorno vendono una grande quantità di mazzettini di mimose, divenute il simbolo di questa giornata, a prezzi esorbitanti, e dai ristoratori che vedranno i loro locali affollati, magari non sanno cosa è accaduto l'8 marzo del 1908, ma sanno benissimo che il loro volume di affari trarrà innegabile vantaggio dai festeggiamenti della ricorrenza.
    Nel corso degli anni, quindi, sebbene non si manchi di festeggiare questa data, è andato in massima parte perduto il vero significato della festa della donna, perché la grande maggioranza delle donne approfitta di questa giornata per uscire con le amiche per concedersi una serata diversa, magari all'insegna della "trasgressione", che può anche assumere la forma di uno spettacolo di spogliarello maschile...
    Certo da questa prospettiva non c'è proprio niente da festeggiare e, se all'insegna della mimosa, ha senso festeggiare le donne, bisogna fare in modo di saper trarre grandi significati e grandi messaggi, per non cadere in una insignificante banalità... E mi riferisco ai messaggi ed ai significati che si possono trarre dalla testimonianza delle donne della nostra terra nella fedeltà al loro destino sacro e sociale di figlie, sorelle, mogli e madri... nel loro atteggiamento umilmente solenne, con gli occhi bagnati da quella preoccupata serenità, da quella dolente ed insieme ferma e fiera coscienza di cosa sia, nel profondo d'ogni giorno, la vita ed il suo dovere, edificata da un antichissimo ed attuale sacrificio verso i propri cari, senza alcuna falsità...!
    Qui la mimosa non è certamente sprecata... perché non è solo salotto e pizzeria...


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    (9.3.08) INNO ALLA VITA: DUE QUESITI (di Caterina Sigillò) - Ciao Michele,
    leggendo
    il tuo articolo ho riflettuto un po' e poi mi sono posta delle domande a cui non ho saputo darmi una risposta, quindi spero che tu mi possa aiutare.
    Il mio primo quesito è: cosa deve fare una donna incinta, magari già madre di altri figli, che vive con un uomo violento, che non può garantire il minimo indispensabile e soprattutto una educazione scolastica per assicurare un futuro decente nè ai figli che già ha, nè a quello che dovrebbe nascere?
    L'altro quesito non meno importante è: cosa pensa un bambino che è nato in condizioni precarie sia dal punto di vista economico, sia dal punto di vista affettivo?
    Beh! A questo in parte ti posso rispondere personalmente; quando veniva il Natale ricordo che i miei compagni parlavano di vestiti nuovi, di mega pranzi, di regali... io, in cuor mio, mi chiedevo perchè cavolo fossi nata! Quando andavo da un compagno a giocare e vedevo l'amore con cui veniva chiamato anche semplicemente per andare a lavarsi le mani, io morivo di rabbia, di invidia... Allora mi chiedo: e' giusto non dare l'opportunità di scelta a queste donne che hanno un fardello personale per cui già vivono una sofferenza?
    Nel tuo articolo citi anche il grande Franco Zeffirelli; diventato grande regista nonostante la sua mamma volesse abortire, ma vorrei far notare che quell'aborto era legato al fatto che fosse frutto di una relazione illegittima molto differente da una situazione di degrado e disagio. Purtroppo non tutti riescono ad emergere e a volte si rischia di mettere al mondo dei potenziali frustrati che, quando va bene, finiscono in case di cura, altre volte finiscono nel commettere azioni sbagliate per loro e per gli altri.
    Concludo ammettendo che a riguardo sono molto confusa quindi al momento non condivido questo pensiero ma sarei contenta se venissi a conoscenza di altre opinioni. Sicuramente è un tema delicato degno della massima attenzione. Tanti carissimi saluti a voi della Redazione e a Michele che spero voglia rispondermi.

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    (16.3.08) "VIOLENTATA" DALLO SPIRITO SANTO (di Pasquale Cannatà) - Caterina Sigillò pone due quesiti nel suo ultimo intervento, e vorrebbe venire a conoscenza di altre opinioni: se interessa vorrei esporre il mio punto di vista.
    Una donna che si trovasse nelle condizioni descritte per il primo caso, dovrebbe innanzitutto lasciare il marito: troverà parenti e/o amici che la sosterranno anche riguardo al nascituro. Bisogna garantire ai figli l'educazione scolastica e l'indispensabile per un futuro decente? Bene, mi pare che la scuola sia gratuita fino alla terza media, e poi per i più meritevoli ci sono le borse di studio. O pensiamo che siano indispensabili gli zaini di Barbie, Power Rangers, o altre stupidaggini? I vestiti firmati o i telefonini? La vacanza in posti esotici o il motorino e la pizza e il cinema tutti i fine settimana?
    I miei figli sono sempre andati a scuola con vestiti, cartelle e quant'altro comprati al mercato, ed ho loro insegnato che ad essere bravi c'è sempre da guadagnare: si sono diplomati con 100/100 senza raccomandazioni, e senza raccomandazioni ora uno lavora in banca e l'altra si laurea il 20 di questo mese con un voto previsto di 110 calcolato in base alla media dei voti degli esami.
    Tornando alla donna di cui sopra, potrebbe anche trovare un altro uomo che le vuole bene (sempre che il problema illustrato non sia da addebitare solo al marito): io non sono per il divorzio, ma una unione così non la definirei unita in cielo così che non si possa sciogliere sulla terra, ed in ogni caso Gesù ha detto che preferisce la Misercordia al Sacrificio.
    Per quanto riguarda le condizioni precarie dal punto di vista economico ed affettivo, sta a noi educare i nostri figli ad apprezzare quello che si ha, mirando giustamente ad un miglioramento: la soluzione dell'aborto che viene prospettata non mi sembra praticabile, perchè lei non sarebbe nata se sua madre avesse abortito, non si sarebbe sposata con Romualdo e non avrebbe le sue tre figlie. Siccome presumo che ami suo marito e le sue figlie e ne sia ricambiata, le sofferenze dei primi anni della sua vita sono annullate da questo amore e dal bene che potranno ancora fare e che se non fosse nata non ci sarebbe.
    In un mio precedente intervento sostenevo che ogni vita, in qualunque modo sottratta alla non-esistenza è preziosa: quando dico in qualunque modo, intendo anche se fosse con la violenza.
    Ora dirò qualcosa che potrebbe suonare scandalosa, ma che vi invito a considerare con attenzione prima di giudicare.
    Maria, madre di Gesù, si è trovata di fronte ad una scelta: se accettava di accogliere l'invito dell'Angelo, rischiava di essere lapidata, perchè Giuseppe poteva non credere alle sue parole e ripudiarla pensando che nel tempo trascorso presso la cugina Elisabetta avesse avuto un'avventura e fosse rimasta incinta. Ma la proposta fattale era di quelle che non si possono rifiutare, e ben sapendo di "non conoscere uomo" era certa che si trattasse di opera di Dio, ed a quel punto anche morire sotto i colpi delle pietre non rappresentava che un piccolo tributo da pagare.
    Dunque è stata "costretta" a dire di Si e lo Spirito Santo ha "violentato" la sua volontà.
    Ma la fede di Giuseppe è stata addirittura più grande, perchè anche senza prove inoppugnabili (alla fin fine ha avuto solo dei sogni rivelatori) ha tenuto con se Maria, consentendo la nascita di Gesù.
    Questa violenza "sui generis" subita da Maria non vuole forse insegnarci che la maternità è un valore a prescindere dal modo in cui ha inizio, e che la vita che verrà sarà comunque preziosa perchè porterà certamente una differenza negli equilibri tra le persone, direttamente o indirettamente, immediatamente o attraverso le generazioni successive?
    Se trasmettiamo ai nostri figli dei valori sani, non diventeranno frustrati e non commetteranno azioni malvagie, ma si impegneranno a migliorare la loro situazione personale e quella della società in cui vivono.

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    (17.3.08) LO SPIRITO SANTO NON TI ABBANDONA, GLI UOMINI SI' (di Caterina Sigillò) - Pasquale Cannatà dice che una donna, qualora si trovasse in condizioni di disagio col marito, potrebbe lasciarlo perchè a lei e al nascituro provvederebbero i parenti o gli amici... lo farebbero per un periodo determinato e poi?
    Inoltre vorrei far presente che è vero che fino alla terza media si parla di scuola dell'obbligo ma, come insegnante di questo tipo di scuola, assicuro che solo i libri non si pagano alla primaria, mentre alla secondaria di primo grado anche i libri si devono acquistare. E le mense? E i mezzi di trasporto? E' vero; ci sono le borse di studio... Sapete chi può usufruirne? Coloro che hanno un reddito che non superi i 7500 Euro annui! Insomma chi già vive in condizioni disperate!
    Sono d' accordo con Pasquale quando dice che sta a noi educare i nostri figli facendo apprezzare loro quello che si ha, che non è necessario andare in vacanza nei posti esotici, mangiare la pizza o andare al cinema tutte le settimane. Condivido al cento per cento! Si pensi che io e Romualdo abbiamo fatto la prima vacanza (a Galatro), dopo circa nove anni di matrimonio! Avevamo preferito "allargare" la nostra famiglia con la nascita delle nostre tre figlie (ancora non ho fatto il viaggio di nozze)!
    Un'altra cosa che mi ha fatto notare Pasquale è che se mia madre mi avesse abortito, non mi sarei sposata con Romualdo che da diciannove anni condivide con me il sacramento del matrimonio nel bene e nel male ma... rimane sempre il mio quesito: quanti ex bimbi o bimbe sfortunate come me nell'infanzia, hanno avuto o avranno la mia stessa fortuna?
    Bellissima la frase con cui finisce il suo articolo sul concepimento di Maria: "costretta" a dire Sì e lo Spirito Santo che "violenta" la sua volontà. Originale e per niente scandalosa ma, lo Spirito Santo non ti abbandona mai, gli uomini... sì!
    Ringrazio Pasquale nuovamente perchè sicuramente fa trasparire una devozione paterna e cristiana degna di grande ammirazione.
    Con affetto.

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    La facciata della cattedrale di Notre Dame a Parigi Michele Scozzarra (22.3.08) PASQUA... DIO FUGGE IN CAMPAGNA (di Michele Scozzarra) - Secondo un rituale ormai consolidato, durante il periodo di Pasqua, sono in tanti quelli che si spostano nelle maggiori capitali europee per visitarne le chiese, i monumenti, le opere d’arte...
    Purtroppo, e sottolineo purtroppo, già subito dopo Natale, basta entrare in una qualsiasi agenzia di viaggi per vedere come l’importanza della Pasqua è messa in risalto solo, e soltanto, per le visite e le manifestazioni che si consigliano in determinati luoghi considerati delle perle della cultura medievale.
    Il periodo di Pasqua è ormai visto come il periodo ideale per fare visita a Santuari e Cattedrali: i più importanti simboli del cattolicesimo europeo sono ridotti a tappe programmate da agenzie preoccupate solo a fare soldi.
    Ma... mi piace pensare cosa passa per la testa, oggi, al visitatore occasionale che entra in una delle grandi Cattedrali che hanno punteggiato l’intera Europa di fari luminosi per la loro bellezza, e lo faccio con le parole di un grande medievalista, Paolo Cortesi, che meritano, veramente una grande ed approfondita riflessione: “ … noi, oggi, siamo incapaci di cogliere un senso nelle dimensioni, e tutt’al più possiamo provare un banale stupore per l’abilità dei costruttori che, otto secoli fa, realizzarono edifici che ancora oggi affascinano...
    L’intossicazione cronica da TV ha ottuso e atrofizzato la nostra capacità di visione, sostituendo al più sublime dei sensi una ricezione passiva di stimoli luminosi e sonori: noi non vediamo più come i nostri antenati; essi sapevano osservare, noi non facciamo che offrire i nostri occhi aperti e il nostro cervello intorpidito ad un oggetto che vomita, ininterrottamente, immagini e rumori.
    Possiamo però tentare, possiamo sforzarci di uscire, per un momento, dalla gabbia in cui è imprigionata la nostra sensibilità e avvicinarci all’animo di un uomo del XII secolo, di un costruttore di cattedrali o meglio ancora di uno fra le migliaia di visitatori di quel meraviglioso edificio. Cancelliamo, allora, i nostri ricordi e le nostre impressioni alla vista di una cattedrale; ignoriamo le foto scattate e le cartoline acquistate nel bookshop della sacrestia, dimentichiamo le notizie apprese dalla guida turistica: proviamo a pensare come un uomo medievale che osservava una cattedrale gotica e vi entrava. La nostra visita ad una cattedrale, oggi, è un momento un po’ didattico e un po’ di svago: cerchiamo di rintracciare influssi stilistici e collegamenti a scuole architettoniche, con la memoria che ci restituisce incerti ricordi del liceo, e il gioioso stupore di vivere dentro uno spazio totalmente artistico.
    Scorcio interno della cattedrale di Notre Dame a Parigi Ma l’uomo del Medioevo non provava nessuna di queste sensazioni: egli nella cattedrale non vedeva un pezzo di storia dell’arte, ma la fede cattolica resa evidente ai sensi: egli non vedeva una rappresentazione del cielo divino e della gloria di Cristo: egli entrava nel cielo, sentiva la gloria, diventava una parte della spiritualità che dava vita e forma alla cattedrale.
    Ciò che per noi, ora, è una visita di turisti, talvolta frettolosa, per l’uomo del Medioevo era semplicemente un’esperienza mistica. Abituato a vivere in una casupola di legno, con la paglia per terra e stracci che coprivano le finestre, il nostro visitatore aveva davanti a sé una costruzione altissima, di pietra splendente, solida, con vetrate dal blu intenso, il rosso profondo, il verde scintillante, l’oro limpido…
    Colonne sottili come steli di piante enormi si alzavano verso il tetto, così alto che si perdeva nell’oscurità della volta; il pavimento era lucente e levigato; dall’alto dei capitelli strane figure, soavi o paurose, si chinavano verso il basso e fissavano, con occhi eternamente aperti, la gente camminava nella navata più larga della più grande strada del paese.
    Le candele bruciavano gialle nella luce fluida che scendeva, rosata o azzurrina, dalle vetrate coperte delle storie della Bibbia.
    La cattedrale era l’edificio più divino che il nostro uomo potesse vedere in tutta la sua vita; era una anticipazione del paradiso, o forse la sua rappresentazione in dimensioni terrene.
    In nessun altro luogo era possibile avvertire più profondamente il senso del divino: la cattedrale era il punto in cui sacro ed umano si congiungevano, fino a tradursi in una realtà che, se non era ancora pura spiritualità, non era più soltanto una costruzione fatta da capomastri e scalpellini … ”.

    Parlando di queste cose con un caro amico, mi è stato segnalato da leggere un altro brano, scritto da Luigi Pirandello nel 1901, tratto da "Il vecchio Dio", lo riporto di seguito... senza alcun commento... come dire: “A chiaro testo, non fare oscura glossa...”, per chi ha orecchie...
    "Mali tempi, figlio mio! Vedi come mi son ridotto? Sto qui a guardia delle panche. Di tanto in tanto, qualche forestiere. Ma non entra mica per Me, sai! Viene per visitar gli affreschi ed i monumenti; monterebbe anche su gli altari per vedere meglio le immagini dipinte in qualche pala! Mali tempi, figlio mio. Hai sentito? hai letto i libri nuovi? Io, Padre Eterno, non ho fatto nulla: tutto s'è fatto da sé, naturalmente, a poco a poco. Non ho creato Io prima la luce, poi il cielo, poi la terra e tutto il resto, come ti avevano insegnato ne' tuoi gracili anni. Che! Che! non c'entro per nulla Io. Le nebulose, capisci? la materia cosmica... E tutto s'è fatto da sé. Ti faccio ridere: uno c'è stato finanche, un certo scienziato, il quale ha avuto il coraggio di proclamare che, avendo studiato in tutti i sensi il cielo, non vi aveva trovato neppur una minima traccia dell'esistenza mia. Di' un po': te lo immagini questo pover'uomo che, armato del suo cannocchiale, s'affanna sul serio a darmi la caccia per i cieli, quando non mi sentiva dentro il suo misero coricino? Ne riderei di cuore, tanto tanto, figliolo mio, se non vedessi gli uomini far buon viso a siffatte scempiaggini. Ricordo bene quand'io li tenevo tutti in sacro terrore, parlando loro con la voce dei venti, dei tuoni e dei terremoti. Ora hanno inventato il parafulmine, capisci? e non mi temono più; si sono spiegati il fenomeno del vento, della pioggia e di ogni altro fenomeno, e non si rivolgono più a Me per ottenere in grazia qualche cosa. Bisogna, bisogna ch'io mi risolva a lasciare la città e mi restringa a fare il Padreterno nelle campagne: là vivono tuttora, non dico più molte, ma alquante anime ingenue di contadini, per cui non si muove foglia d'albero se Io non voglia, e sono ancora Io che faccio il nuvolo ed il sereno. Su, su, andiamo figliolo! Anche tu qua ci stai maluccio, lo vedo. Andiamocene in campagna, fra la gente timorata, fra la gente buona che lavora".

    Nelle foto: facciata esterna e scorcio interno della cattedrale di Notre Dame a Parigi;
    l'autore dell'articolo, Michele Scozzarra.


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    (28.3.08) CARA CATERINA... (di Michele Scozzarra) - Cara Caterina,
    Marcellino 'pane e vino' proverò ad entrare, a piedi scalzi e con molta discrezione, nel cuore delle domande che mi poni nel
    tuo articolo: il dramma di una donna, madre di figli... e dei figli stessi costretti a vivere senza alcuna garanzia, neanche del minimo indispensabile per vivere dignitosamente...
    Di fronte a queste domande non si può non dire di avvertire un grande disagio. Tu ti sei posta delle domande e ti dici molto confusa... in effetti, di fronte a certe drammatiche situazioni qualsiasi parola può sembrare logora ed inadeguata... ma tu mi chiedi di azzardare almeno una risposta...
    In pratica, a partire dalla tua esperienza di vita, chiedi, a me che, tanto per citare Zeffirelli, “non sono né padre né niente… sono soltanto figlio…”, se in questa terra carica, di vergogne, di sconfitte, di fame, di soprusi e di morte... e chi più ne ha più ne metta, bisogna fare scendere ancora una volta la sera, sulla vita che il buon Dio ci dona… Bisogna far prevalere il buio alla luce…? Penso che a rileggere la lettera di Zeffirelli si possono “vedere” tante “risposte” alle domande che tu poni: “una madre che genera una vita è una donna premiata qualunque sia la sua situazione, qualunque siano i conti da pagare, qualunque siano i suoi problemi emozionali: ha il marito, non ha il marito, ha quello che la ricatta, quello che l’ha abbandonata. Il privilegio di portare la vita è un privilegio che gli uomini non hanno: noi siamo inferiori alle donne per questo. Il miracolo di sentir germogliare nel proprio ventre una nuova vita, il vederla sbocciare e vederla venir su rende voi donne più forti. Anche se alla fine i figli vi deludono, gli anni della creazione della vita nessuno ve li toglierà mai e in qualunque momento della vostra esistenza, quando la pena del mondo, l’abbandono degli affetti vi cadrà sulle spalle, ricorrerete certamente col pensiero, col cuore a quei meravigliosi mesi in cui avete creato una vita. Che poi quello sia diventato un assassino, un papa... non importa. Ed è strano che sia io a dire queste cose, io che non sono né padre né niente... sono solo figlio”.
    In pratica, senza farlo direttamente, mi stai chiedendo un parere sulla vita? Ma il parere della vita è la vita stessa... è lei l'unica vera terribile giudicante. Sempre, ma mai come in questo momento, l'avesse o non l'avesse detto la Chiesa e il Vaticano, il supremo diritto di quanto si è formato e di quanto non c'era ed è cominciato, va difeso; pena discutere su idiozie come società, libertà, benessere, insicurezze, bisogni…
    Quante volte, in Chiesa, abbiamo cantato: “Non ti affannare per sapere cosa mangiare e cosa bere… il Signore veste anche i gigli del campo...”. Il vero problema è se a questo intervento divino ci crediamo... se ci crediamo veramente! Dalla risposta a questa domanda le strade che si aprono sono diverse, così come sono diverse le concezioni sulla vita e su come affrontare i problemi che la vita ci mette, quotidianamente, davanti.
    Cara Caterina, nel 1981, prendendo lo spunto dalla tragedia di un bambino caduto in un pozzo, siamo stati costretti a meditare come non è stato senza un senso che, a un mese dal 'no' detto alla vita attraverso la riapprovazione dell'aborto legalizzato, gli italiani siano stati indotti o costretti a meditare sul valore della vita da un bambino che gemeva, chiuso in un pozzo, come nel ventre di qualcuno o qualcosa che non gli volesse concedere più respiro, luce e vita. Contro tutte le strazianti prove d'abnegazione, a vincere è stata la morte. E perché, quando tutto il Paese e lì, attorno all'atroce bocca del pozzo, la madre, il padre, gli amici e i soccorritori non volevano altro se non che dal suo fondo salisse un sì, un sì gridato e sospirato, ma un sì di salvezza?... Che ad indurci e costringerci a riflessioni così estreme sia un bambino di sei anni, morto nel fango di un pozzo che qualcuno 'per caso' aveva dimenticato di chiudere e qualcuno, sempre 'per caso', ha coperto quando Alfredo v'era già caduto dentro... può essere un 'segno' per la nostra società, demenzialmente ed indifferentemente adulta, se vuol essere, non più luogo di morte, ma luogo di vita.
    Cara Caterina, ti dici molto confusa… certo di fronte a certe problematiche, come non esserlo… qualsiasi parola può essere inadeguata, ma… pensi che ci sono problemi o sacrifici, talmente grandi, che valgono i tuoi sentimenti quando guardi i tuoi figli?… Se non ci fossi stata tu, nonostante tutte le difficoltà che la vita ti ha messo davanti, non c’erano neanche loro… sembra una cosa banale ma è il principio di tutto: un principio più forte ancora di ogni principio della democrazia: la sacralità della vita!
    C’è una bellissima poesia di Ada Negri che dice:

    “Ami il fiore non perché lo annusi,
    ma perché c'è,
    ami il frutto non perché lo addenti,
    ma perché c'è,
    ami il bambino non perché tuo,
    ma perché c'è"


    "Ami il fiore perché c'è, non perché lo annusi o lo strappi" dice Ada Negri… è incredibile questa cosa, è proprio il paradigma del rendersi conto che io non conto niente con quello che mi è messo davanti, ma devo solo obbedire! Devo solo mettere da parte l'istinto e stare pienamente a ciò che mi è di fronte. Diceva Saint-Exupery ne “Il Piccolo Principe”: "Non si vede bene che col cuore, l'essenziale è invisibile agli occhi...".
    Non so se quanto ho scritto ti sarà di qualche aiuto, ma non ne ho un’altra risposta da darti... perché la storia, umana, misteriosa, felice, drammatica, umile, suntuosa, che scaturisce da ogni vita nuova che viene al mondo, non è una cosa da poco, ma è un respiro senza fine, nonostante tutti i problemi che si possano presentare, se è vero, come è vero, che le forze che muovono la storia, sono le stesse che rendono felice il cuore dell’uomo...

    Nella foto: Marcellino "pane e vino".

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    Leader politico che pensa. (8.4.08) ELEZIONI 2008... OLTRE IL DESERTO E FUORI DALL'INFERNO (di Michele Scozzarra) - Proprio alla vigilia delle prossime elezioni politiche, alle quali siamo giunti in una situazione molto critica e di grande confusione, ritengo siamo in tanti quelli che ancora non abbiamo capito bene cosa sta succedendo nel nostro Paese.
    I punti di riferimento tradizionali, quali erano i “vecchi” partiti della cosiddetta “prima Repubblica”, sono venuti meno e, nonostante tutto, i nuovi ancora non sono ben delineati: non si capisce cos’è la sinistra, cos’è la destra... del centro poi non ne parliamo! Questa confusione, purtroppo, viene per di più alimentata dalla mancanza di “punti fermi”, dalla mancanza di un serio dibattito politico: bisogna, purtroppo amaramente, constatare che ciò che è stato lasciato fuori, dai discorsi e dalle preoccupazioni del dibattito elettorale, è la realtà della gente, i fatti, la concretezza delle situazioni di bisogno che la gente si trova a vivere...
    Abbiamo assistito solo ad un impressionante calcolo per vedere quanti seggi andranno di qua, quanti di là e quanti altrove… Segno, questo, di una assoluta inadeguatezza della legge elettorale che ha calpestato ogni principio democratico, impedendo “al popolo sovrano!”, di scegliere da chi vuole essere rappresentato. Si è sempre sostenuto che “la democrazia è partecipazione…”, che in democrazia è bello partecipare… ma con questo sistema elettorale il povero elettore a cosa deve partecipare, se gli viene negata finanche la possibilità di indirizzare il suo voto verso chi ritiene meritevole del suo consenso, avendo le segreterie dei partiti “blindato” ogni possibilità di intervento popolare…!
    Per il povero ed indifeso cittadino, peggio di questa legge elettorale non ci poteva essere, per cui bisognerà, nel rispetto del “popolo sovrano!” che si vada a votare… per cambiare, immediatamente, la legge elettorale e ritornare a votare...
    E su questo anche Benedetto XVI, nell’Allocuzione per l’incontro alla Sapienza, ha sottolineato il rischio di una prassi politica in cui prevalgano logiche dettate da interessi particolari invece che la ricerca della verità: “I partiti politici avranno immancabilmente di mira soprattutto il conseguimento di maggioranze e con ciò baderanno quasi inevitabilmente ad interessi che promettono di soddisfare; tali interessi però sono spesso particolari e non servono veramente all’insieme. La sensibilità per la verità sempre di nuovo viene sopraffatta dalla sensibilità per gli interessi. Io trovo significativo il fatto che Habermas parli della sensibilità per la verità come di elemento necessario nel processo di argomentazione politica, reinserendo così il concetto di verità nel dibattito filosofico ed in quello politico”.
    Purtroppo, anche in questa campagna elettorale, si è avuto modo di capire che non c'è differenza tra i vari schieramenti e, per come scriveva il grande Montanelli alcuni anni addietro, dobbiamo, amaramente riconoscere che: “... purtroppo, l’equivoco è il clima naturale di un Paese, abituato da secoli a ignorare esso stesso da che parte sta, e come ci sta. Se davvero esiste, come vogliono i retori, un “genio della stirpe”, è qui che dobbiamo ricercarlo: nell’arte, veramente consumata, di restare sempre a mezz’aria, né carne né pesce, disponibili a tutto ed al contrario di tutto. Non per nulla, nella nostra lingua l’avverbio di più largo consumo è eventualmente. Tutto ciò che facciamo, lo facciamo con la tacita riserva che, eventualmente, ne potremmo fare un’altra. Anche i nostri rapporti con Dio sono eventuali. Non ci crediamo. Ma sul letto di morte, potremo, eventualmente, chiamare il confessore ...”.
    E’ proprio alla luce di questi ragionamenti che si spiega la “tattica” di tanti partiti... tutti, infatti, tirano l'acqua al proprio mulino, furbescamente, avendo in testa e sapendo di parlare ad un elettore impaurito, insicuro di sé, senza grinta, senza alcuna voglia di partecipare al dibattito politico, che si preoccupa solo di guardare la televisione... di organizzarsi il week end e le vacanze di cui non può fare a meno... e che cerca di tenere con le unghie e con i denti un livello di benessere che appare sempre più in pericolo.
    Non voglio scrivere altro, perché è fin troppo evidente per tutti come "è troppo facile per chi si trova sul monte del proprio benessere, ignorare quelli che a valle sputano sangue per vivere". Il terreno di battaglia per questa tornata elettorale doveva essere la faccia dura della realtà... quella fatta di povertà, di violenza, di indifferenza, di soprusi... fatta dagli uomini che più di tutti sperano di realizzare il loro bisogno più essenziale... Invece abbiamo visto come i nove decimi del dibattito elettorale è stato incentrato nel portare avanti non il bene del Paese, ma la preoccupazione di quanti seggi di qua e quanti di là...
    Se queste sono le premesse, qualsiasi tipo di governo ne uscirà dalle urne, potrà avere una importanza relativa... perché le identità popolari stanno scomparendo ed il deserto, sia a livello personale che politico, avanza...
    Mi spiego meglio cosa voglio dire: al termine del libro “Le città invisibili” Italo Calvino immagina un dialogo dove Marco Polo dice al Gran Khan: “L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e farne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimenti continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno non è inferno, e farlo durare e dargli spazio”.
    Di fronte all’inferno ed alle sue consolanti ipocrisie ideologiche, nessuno sembra accorgersi che la nuova retorica nasconde l’avanzata del deserto. Scriveva tempo fa il filosofo Emanuele Severino: “A chi mi domanda da che parte sto, rispondo che tutti stiamo dalla stessa parte, la parte dove il deserto cresce. Ma lo sguardo che vede crescere il deserto, non appartiene al deserto. Sta dall’altra parte. E in esso è riposta ogni possibilità di salvezza”.
    Ma, intanto, nessuno sembra accorgersi che tanti capricci, tante lotte, tanti moralismi, nascondono solo l’avanzata del deserto e che questa può essere fermata solo dando più spazio ai fatti che ai proponimenti. E ciò non richiede una particolare sapienza intellettuale, ma una attenzione ed uno sguardo libero e sincero verso la nostra realtà ed i suoi bisogni.
    Non abbiamo altra alternativa che riconoscere, nell’inferno o nel deserto che abbiamo attorno, quei luoghi e quei fatti che sono in grado di dare un senso alla nostra quotidiana fatica.
    E questo è quello che, in tanti, ci saremmo aspettati di vedere nella “lotta” politica di questa importante tornata elettorale... ma non penso proprio che quello che si è visto possa costituire una garanzia e una speranza per gli elettori...

    Nell'immagine sopra: leader politico che pensa.


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    (10.4.08) PER LA MORTE DEL MIO PRIMO MAESTRO (di Michele Scozzarra) - Nel triste momento della morte di un uomo, l’istante breve del trapasso si dilata a dismisura, riassumendo in sé tutto il senso di una vita: il lavoro, le sofferenze, le gioie, i dispiaceri...
    Se poi quest’uomo oltre ad essere stato un ottimo padre, marito, fratello, nonno, è stato anche un eccellente “maestro”, diventano infiniti i ricordi che emergono nella nostra memoria, anche se coperta dalla polvere del tempo.
    Nel momento in cui per il Direttore Michele Manduci è giunto il momento di lasciare questo mondo, non posso non rivolgergli il mio pensiero e non ricordarlo come il mio primo “maestro”: uomo mite ed allo stesso tempo forte, largamente provvisto di buonsenso e di grande amore per il suo lavoro.
    Il Direttore Manduci è stato un maestro, per me dalla prima alla terza elementare, perché poi ha lasciato l’insegnamento per la carriera direttiva; non un “vecchio maestro” ma un “maestro vecchio stampo”, di quelli che hanno avuto un ruolo importante nell’infanzia di tanti ragazzi... uno di quei maestri che si ricordano con affetto e gratitudine e che, pur avendo attraversato le varie tappe della carriera scolastica, non si staccò mai da quel ruolo di “insegnante e maestro”: maestro di una sapienza pedagogica dettata non solo dalla sua profonda cultura ma anche da quel buon senso che ne ha fatto più che un maestro di scuola, un maestro di vita.
    E lasciandomi andare col pensiero agli anni del mio primo impatto con la scuola elementare, la figura del Direttore si erge sempre più imponente e decisiva nei miei ricordi di allievo: credo di poter dire, senza rischiare la retorica, che quel suo porsi in contatto con noi ragazzi, in modo paternale ma deciso, con quella sua carica di riverenza che ispirava noi tutti, quel suo modo di porgere gli argomenti e di cercare di aprire le nostre menti, spesso distratte al sapere, è il ricordo più bello che mi rimane degli anni passati tra i banchi di scuola. Quanti episodi... quante lezioni...
    Mi piace ricordarlo anche come un grande gentiluomo ed un cittadino esemplare che lascia alla comunità galatrese, oltre che il suo sapere per diverse generazioni di studenti e insegnanti, una famiglia che può essere additata come esempio di dirittura morale e correttezza che prosegue egregiamente l’opera didattica ereditata dal padre.

    Il Direttore Manduci alla guida di una classe nel 1963
    Il Direttore Manduci alla guida della mia classe nel 1963.


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    Le corna di Silvio (20.4.08) E SILVIO FU (di Antonio Sibio) - Ebbene sì care italiane e cari italiani, finalmente dopo due anni di pianti e dolore, di miseria e rassegnazione, è tornato il nostro eroe, il Salvatore della patria.
    Lui, che come promesso adesso prenderà in mano (dopo averlo già fatto se non ricordo male nel 2003…) le sorti della nostra compagnia di bandiera, Lui che farà svolgere simbolicamente il primo consiglio dei ministri a Napoli per far sentire ai napoletani la Sua vicinanza (come se di rifiuti non ne avessero già abbastanza…), Lui, ultra settantenne che conosce bene quali siano i bisogni ed i problemi dei giovani, è tornato.
    Ancora una volta è sceso in campo ma non per interessi personali o di partito, come insinuano le solite malelingue, ma lo ha fatto per tutti noi, per noi italiani che tanto lo amiamo, per il nostro bene.
    Grazie Silvio, senza di Te l’Italia sarebbe un triste paese senza futuro, senza sogni. Invece adesso, finalmente liberi dai comunisti, possiamo respirare un’aria nuova, un’aria mai sentita prima (eccetto che nel 1994 e nel 2001) un’aria che sa di libertà!
    Silvio si tocca... Grazie Silvio, anche da parte di noi emigrati.
    Adesso abbiamo una nuova speranza perché sappiamo che Tu, con l’apporto dei Tuoi fraterni amici leghisti, farai di tutto per farci tornare alle nostre terre d’origine, magari a costruire quel ponte che tanto Ti sta a cuore (chissà mai perché).
    Adesso finalmente sta per nascere un’era nuova, nuova come Te, come gli uomini del Tuo nuovo governo, nuova come l’aria che si respira in Italia. Un’aria di cambiamento che aspettavamo da anni, da quando quei comunisti dell’unione hanno usurpato con i brogli(!) il tuo trono, interrompendo dopo cinque anni di buon governo il Tuo progetto di crescita e sviluppo che era sotto gli occhi di tutti noi italiani.
    Un gesto eloquente di Silvio Ma adesso giustizia (ad personam?) è fatta e così finiremo di vedere la nostra patria considerata un’Italietta, che in campo internazionale non gode più di nessuna considerazione (mica basta una semplicissima moratoria internazionale sulla pena di morte ad essere considerati) ma che con Te rivivrà il sogno di grandezza che tutti auspichiamo, quello stesso sogno che coltivavano circa settanta anni fa anche gli antenati dei tuoi amici di Alleanza Nazionale.
    Ora si ricomincerà coi soliti discorsi sul conflitto d’interessi, che non è possibile in un paese civile e democratico che il presidente del consiglio possa annoverare tra le sue molteplici aziende anche televisioni e giornali. Ma stiamo scherzando?!? Se tutti gli alti mass media sono in mano ai comunisti è giusto che si bilanci la situazione. Anzi è da ammirare quest’uomo che da solo con le sue piccole reti televisive cerca di combattere la dittatura mediatica che affligge la nostra povera Italia.
    E che dire della sua grande magnanimità messa in campo per l’assegnazione dell’Expo 2015? Come ha Lui stesso affermato è stato anche merito Suo, perché se non avesse contattato tutti i Suoi amici capi di stato probabilmente Milano non avrebbe vinto. Quindi anche per questo, per ciò che hai fatto in passato e per tutto ciò che (ahinoi) farai in futuro, Ti diciamo in coro già da adesso "Grazie Silvio!". Potrei andare avanti per ore ad elogiare il nostro magnifico presidente del consiglio, ma credo che possa bastare così. Vorrei concludere citando il titolo dell’inno che ha utilizzato per la sua ultima campagna elettorale e che forse meglio di altre parole può rappresentare il mio pensiero e quello probabilmente di tutti gli italiani:
    ”Meno male che Silvio c’è!”.
    Pensiero condiviso soprattutto dai comici nostrani…

    Nelle foto sopra: il Presidente del Consiglio in tre atteggiamenti eloquenti.


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    Michele Scozzarra (10.5.08) LA PRIMAVERA, LE RONDINI... I RICORDI DI SCUOLA (di Michele Scozzarra) - Ricordo che uno dei miei primi articoli (sembra ieri... ma sono passati più di trenta anni!), è stato un omaggio alla primavera: in un momento in cui, a quanto sembra, nessuno si stupisce, o nemmeno si accorge, del mutar delle stagioni, io ho voluto scrivere del tempo che passa, delle stagioni e delle cose della vita dimenticate... dello sbocciare dei fiori e dell’allegro e spensierato svolazzare delle rondini... degli amori, che in questo periodo, con maggior vigore, sbocciano e fioriscono.
    Le rondini... ricordo che, da bambino, quando comparivano mi mettevano allegria perché annunciavano il caldo, le belle e serene giornate e, soprattutto, ci dicevano che di lì a poco l’anno scolastico sarebbe finito e incominciavano le tanto attese vacanze.
    Ancora oggi le rondini annunciano che è arrivata una nuova stagione e, anche se sembra che la vita oggi non conosce più le stagioni, mi portano a scrivere di quello che ognuno di noi porta dentro di sé: le sensazioni, i ricordi, i racconti dei nonni o dei poeti, le cose belle per cui vale la pena ricordare i momenti più significativi e belli della vita.
    Chissà perché nei racconti della mia infanzia c’erano sempre le rondini: con la fantasia si immaginavano le madri che lasciavano i loro piccoli nel nido per andare a cercare il cibo lontano. Poi tornavano e dal loro becco lo facevano passare direttamente nelle gole dei propri piccini. Scoprivamo così, fin da bambini, quanto grande fosse l’amore di una madre... in fondo anche una rondine ci aiutava a capire che cosa fosse l’amore, quanto importante fosse la famiglia e quanto fosse bello stare uniti...
    Eravamo appena alle elementari quando scoprimmo il Pascoli: a scuola ci facevano studiare a memoria quella poesia che diceva: “Ritornava una rondine al tetto / l’uccisero cadde tra spine: / ella aveva nel becco un insetto / la cena de’ suoi rondinini...”.
    Un brivido, fin d’allora, mi percorreva la schiena quando il maestro ci leggeva quei versi: la mente andava a quei rondinini impauriti, che nella nostra immaginazione venivano personificati attraverso il volto degli amici a noi cari.
    E adesso?... adesso un brivido ancora mi percorre quando, soprattutto in primavera, mi vengono in mente gli altri versi del Pascoli, quelli che ci richiamano alla Primavera e ci fanno notare come, solo in questa stagione “c’è qualcosa di nuovo nel sole, anzi d’antico...e sento che sono intorno nate le viole...”.
    E si punta magari lo sguardo in alto, non solo per scoprire, almeno con la fantasia, qualche aquilone che vola in alto in un cielo limpido ed azzurro, ma per sentire le voci che dall’infanzia si presentano con una certa “normale familiarità”: “Chi strilla?... Sono le voci della camerata mia; le conosco tutte all’improvviso, una dolce, una acuta, una velata... A uno a uno tutti vi ravviso, o miei compagni!”.
    Anche io li ricordo tutti, e più di una volta ne risento le voci, con un sentimento di commozione che riscalda anche le giornate più tristi: Giacomo, Salvatore, Giovanni, Pasquale, Nicola, Maria, Stella, Italia, Pina, Antonia, Nunziata, Biagio ... tutti, nessuno escluso, compreso il mio maestro Rocco Di Matteo, per il quale la Primavera di quell’anno che mi ebbe come alunno, è stato il periodo propizio, sicuramente a lui più propizio, per l’amore.
    Non vorrei, dopo aver citato Pascoli, sembrare un pò DeAmicis, ma nessuno può negare che, contrariamente ad altre stagioni, con la Primavera inizia un periodo che non conosce uguali in umori, desideri... amori che sbocciano.
    E, sicuramente, l’amore del mio maestro verso la sua gentile signora Teresa, è sbocciato in quella Primavera, visto che tra i miei ricordi più cari conservo ancora una bella poesia che, un giorno, in una busta anonima, è stata fatta pervenire alla nostra classe.
    Ricordo il volto raggiante del maestro, ma ricordo ancora la bellezza e la dolcezza di quei versi... molto eloquenti. Il titolo era: “Arrivo a Galatro”, il resto lo riporto integralmente, anche perché non riesco ad interpretarlo... è abbastanza chiaro senza l’aggiunta di alcun commento:

    Le trepide rondinelle
    Felici di tornare,
    hanno spiccato il volo,
    dopo breve titubare
    verso un paese a valle.

    Una rondine giunse,
    esplorando si fermò,
    quindi chiamò le altre:
    “Galatro” disse,
    “e non andremo oltre”.


    Ho voluto addentrarmi nel labirinto dei miei ricordi, peraltro belli e molto significativi, per poter dire “cultura” parlando della nuova stagione, delle rondini, degli amori primaverili, dei miei ricordi di scuola... provare a dialogare sul fatto che, anche dentro la semplicità e ripetitività delle nostre giornate, desideriamo ben altro che aspettare la promozione o lo scudetto per la nostra squadra del cuore e, per il resto, aspettare che la vita ci passi addosso così come viene.
    Solo a partire da questo si può trovare il coraggio di parlare, di ricordare la storia ed i volti cari che abbiamo dietro le spalle e sentirci ancora vivi; altrimenti, un minimo di lealtà a noi stessi imporrebbe di tacere e riconoscere con Cesare Pavese che “non c’è cosa più amara che l’alba di un giorno in cui nulla accadrà. Non c’è cosa più amara che l’inutilità... La lentezza dell’ora è spietata per chi non aspetta più nulla”.
    Ma... per come ho anche scritto tanti anni fa, preferisco fermarmi al profumo ed ai ricordi della nuova stagione e non vado più avanti... rischierei di entrare, e perdermi, in un altro argomento, quando è già troppo bella, ed importante, questa storia.

    La classe 5a elementare del maestro Rocco Di Matteo nel 1967
    La mia classe di quinta elementare nell'anno scolastico 1966-67 col maestro Rocco Di Matteo


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    Angelo Papasidero (12.5.08) UNA SOLUZIONE PER L'ADSL (di Angelo Papasidero) - Ho letto l'ultimo intervento riguardo ai diritti negati. Già da qualche tempo avevo accennato di questo nostro problema di ADSL ai miei coinquilini (due informatici), ed insieme abbiamo avuto qualche idea, fattibile o meno. La spiego brevemente.
    L'idea di base è questa: avere una (o più, se si vuole avere maggiore banda) regolare connessione ad internet (che chiameremo VIA DI USCITA) in uno dei paesi limitrofi e creare un collegamento di rete locale tra noi e la VIA DI USCITA per accedere ad internet.
    Ci sono due soluzioni per creare questa LAN tra Galatro e la VIA DI USCITA:

    1) Un ponte wireless
    2) Stendere un cavo ethernet

    Nel primo caso c'è bisogno di piazzare due access point (uno a Galatro ed uno vicino alla VIA DI USCITA) con relative antenne. Il "problema" è che non ci devono essere troppi ostacoli (montagne, alberi et similia) tra le due antenne, quindi che ci sia un buon campo visivo tra le antenne. Inoltre, in caso di cattivo tempo, il sistema può subire disturbi che rallentano il tutto.

    Nel secondo caso la soluzione è sicuramente più affidabile e funzionale, oltre che tecnicamente più veloce e facile da realizzare. L'unico "problemino" è estendere il cavo di rete locale (cavo ethernet: non è un cavo telefonico!) per via aerea o sotterranea.

    Come dare ai galatresi realmente la connessione?
    Si pensa di utilizzare dei comuni access point da piazzare in vari punti del paese (ad esempio sui tetti delle case, dividendo in zone l'area del paese) ai quali bisognerà collegarsi (via wireless) per arrivare alla VIA DI USCITA e quindi su internet.
    Ovviamente nel paese che ospita la VIA DI USCITA dovrà essere installato un server che, principalmente, dovrà svolgere le funzioni che la legge italiana prevede (logging delle connessioni come in un internet point, vedi legge antiterrorismo).
    Sicuramente il Comune di Galatro e quello che ospiterà la VIA DI USCITA dovranno impegnarsi per offrire i mezzi e le strutture.

    COSTI
  • Spesa iniziale
    I possibili costi derivati dall'acquisto del materiale informatico necessario non dovrebbero superare i 1000 euro circa.
  • Spese mensili
    Canone ADSL (uno o più).
    Eventuali affitti per le strutture (piccolissime stanze) che ospiteranno le attrezzature (uno nel paese che ospita la VIA DI USCITA e uno nel nostro).

    Sotto potete vedere un'immagine del progetto in versione ipersemplificata.

    Progetto per l'ADSL a Galatro


    Nella foto piccola in alto a destra: Angelo Papasidero, autore dell'articolo.

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    (16.5.08) CARO DON GIUSEPPE... (di Michele Scozzarra) - Caro don Giuseppe,
    Don Giuseppe Ascone prima di inoltrarmi in un breve, quanto caloroso, saluto per la tua partenza, permettimi in modo così diretto ed informale, di evidenziare come gli avvenimenti di questi giorni che si presentano molto intensi e carichi di mille significati (per te come per la comunità di Galatro e quella di Santa Cristina e Piminoro), non ci vedono solo intenti a celebrare un avvenimento mondano, ma a certificare la nostra promessa evangelica, eredi di una meravigliosa pagina di fede, cominciata duemila anni fa sulle sponde della Palestina e che oggi, attraverso le nostre facce e la nostra fede, continua nella nostra terra di Galatro, Santa Cristina e Piminoro.
    Per te si è appena conclusa, nella nostra comunità e sotto la guida di don Cosimo, una pagina significativa della tua storia e... immediatamente una nuova ti si sta aprendo davanti.
    Permettimi di evidenziare come, se guardiamo bene alle nostre spalle, nonostante il breve periodo di tempo che hai operato il tuo ministero sacerdotale nella nostra comunità, il cammino fatto è stato intenso ed importante, grazie alla grande cura del nostro don Cosimo, che non ha mai smesso di incitarci e indirizzarci verso una permanente e continua formazione cristiana.
    Caro don Giuseppe, così come la nostra comunità ti ha dato il benvenuto e ti ha accolto con gioia al momento del tuo arrivo tra noi, nel momento della tua partenza, permettimi di dirti che sicuramente ti accompagnerà la nostra preghiera affinché tu, nella porzione di “vigna del Signore” che ti è stata affidata, possa farla fruttificare e portare la speranza e la bellezza di un senso autentico del vivere “da cristiani” a tanti fratelli che da domani saranno i tuoi nuovi parrocchiani, avendo uno sguardo particolare anche per quelli che ti ignoreranno... Ringrazia Dio tutte le volte che questi “capitano” a messa... tutte le volte che ti portano i figli al catechismo... tutte le volte che ti chiedono i sacramenti, per loro o per i loro figli, o il funerale per il caro estinto... Tutte le volte che ti chiedono la messa per i defunti... Anche se le loro motivazioni non sono proprio di fede... Non è una disgrazia averli in mezzo ai piedi... E’ un dono di Dio che vengano senza che nessuno li vada a cercare...
    Caro don Giuseppe da domani dovrai, ancora di più di quanto hai fatto in mezzo a noi, presiedere i sacramenti, ascoltare, assolvere, incoraggiare, raccogliere, oltre alle gioie, anche i dolori e le lacrime della tua nuova comunità. Diceva tempo fa un vecchio parroco: “Dai preti non si va mai a dire “Ho vinto al Totocalcio!”, ma si va sempre a portare pene, difficoltà, problemi, tensioni...”.
    E penso che questo è anche il senso del discorso che ha fatto l’altra sera don Cosimo, quando ha annunciato ufficialmente il tuo trasferimento, quando ha detto che andrai ad abitare nel paese dove sei stato mandato, perché è bene dormire nella parrocchia dove si svolge il ministero sacerdotale, perché la Chiesa non è un ufficio che si apre e si chiude in orari stabiliti... la presenza del parroco nella comunità può essere richiesta anche alle dieci di sera o in piena notte... in ogni momento di difficoltà, bisogna poter andare, bussare e sapere che c’è un padre che aspetta.
    Caro don Giuseppe, nella solennità di questo momento, ti possiamo solo dire: Grazie per quello che hai fatto nella nostra Comunità, continua a produrre nuove energie d’amore nella vigna del Signore, continua a testimoniare nella nuova realtà che ti è stata affidata che ciò che abbiamo di più caro nella nostra fede è Cristo stesso, e che come il Papa non smette di ripetere: “chi fa entrare Cristo, non perde nulla, nulla, assolutamente nulla di ciò che rende la vita libera, bella e grande... Così, oggi, io vorrei, con grande forza e grande convinzione, a partire dall’esperienza di una lunga vita personale, dire a voi, cari giovani: non abbiate paura di Cristo! Egli non toglie nulla, e dona tutto. Chi si dona a lui, riceve il centuplo. Sì, aprite, spalancate le porte a Cristo e troverete la vera vita”.
    Con queste speranze e preghiere ti esprimo il mio grazie per il servizio reso alla nostra comunità, e ti assicuro che la nostra preghiera non mancherà di accompagnarti e seguirti in questa nuova pagina di fede affinché tu possa essere un vero missionario capace di capire e seguire con cura la nuova comunità che ti è stata affidata.

    In alto: Don Giuseppe Ascone (foto Scozzarra).


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    Carmelo Panetta, sindaco di Galatro. (18.5.08) SALUTO A DON GIUSEPPE (di Carmelo Panetta) - Reverendo Don Cosimo, Don Giuseppe, concittadini,
    come sindaco di questa comunità non potevo esimermi dal presenziare a questa solenne celebrazione liturgica con la quale il vicario parrocchiale Don Giuseppe, il nostro caro Don Giuseppe, si è voluto congedare da noi.
    Si congeda perché com’è a tutti noto, rispondendo alla chiamata del Vescovo, nel tardo pomeriggio di domani dovrà assumere la responsabilità di parroco di Santa Cristina d’Aspromonte e Piminoro.
    La presa di possesso della parrocchia rappresenta il coronamento di un cammino vocazionale che, dopo gli anni di studi, ha portato il giovane sacerdote prima a Palmi e poi, negli ultimi tre anni, in mezzo a noi.
    A cominciare da domani sera, dunque, Don Giuseppe, mettendo a frutto quanto ha appreso negli anni di permanenza a Galatro sotto l’esperta e qualificata guida del “maestro” Don Cosimo, dovrà dimostrare la sua attitudine pastorale ad ascoltare altri fratelli per servirli e condividere con loro gioie e fatiche.
    A cominciare da domani sera dovrà mettere alla prova la sua capacità di costruire una comunità di fede, dimostrando di saper essere – a seconda delle circostanze – il padre, il fratello e soprattutto il maestro.
    Ma, credetemi, in questo momento sono pervaso da un tumulto di emozioni e di sentimenti contrastanti tra loro: sono sentimenti di gioia ma anche di dispiacere.
    Di gioia perché devo essere contento per il giovane Don Giuseppe che con la nomina a parroco, vede coronato il suo progetto vocazionale che è quello di servire e di ascoltare la comunità tutta.
    Sono pervaso, però, anche da dispiacere perché, come accade in simili circostanze, c’è sempre un po’ di tristezza quando ci si separa da un amico, da una persona con la quale si erano instaurati rapporti di piacevole cordialità.
    E con Don Giuseppe tutti noi avevamo allacciato rapporti di fraterna amicizia.
    Grazie al suo carattere aperto e gioviale, alla sua semplicità ed alla sua umiltà ma anche alla sua consapevolezza di agire sempre nel nome di Dio, Don Giuseppe, nei tre anni di permanenza in mezzo a noi, si è fatto voler bene da tutti. E’entrato con discrezione nelle case ed è presto diventato uno di noi. Un componente delle nostre famiglie.
    E’ stato, insomma, il sacerdote e l’amico di tutti: dei giovani che con spirito fraterno ha guidato verso la strada che porta alla crescita morale e sociale; dei meno giovani ai quali ha cercato di essere vicino nei momenti di maggiore difficoltà e soprattutto degli anziani, degli ammalati e di quanti sono costretti a vivere la terza età in triste solitudine.
    Per questi ultimi, in particolare, oltre ad essere il confessore e l’amico è stato il compagno pronto ad alleviare lo stato di isolamento e i problemi della quotidianità con una ventata di allegria e con la semplicità del suo essere uomo, amico e sacerdote.
    Con me ha più volte scherzato; insieme abbiamo ironizzato ma abbiamo affrontato anche seri discorsi. Discorsi su problemi molto vicini alla vita di un sacerdote ma altrettanto vicini a quella di un amministratore che – come il sacerdote – vive i quotidiani problemi della collettività della quale, spesso, diventa il confessore laico.
    Adesso, caro Don Giuseppe, dopo il positivo tirocinio galatrese, siete chiamato a mettere a frutto tutta l’esperienza acquisita ma anche tutta la vostra cultura e, volando alto come le aquile, avviare il difficile lavoro di Riedificazione della vostra prima chiesa, della vostra prima comunità parrocchiale che, per diverse vicende sfavorevoli, in questi ultimi tempi è parsa sempre più indebolita.
    Vi aspetta un lavoro difficile e delicato, ma tutti noi siamo sicuri che il vostro ministero sacerdotale riuscirà a ridare linfa vitale alla vostra nuova comunità parrocchiale. Interpretando il pensiero di tutti noi sento di potervi dire che nel delicato lavoro che vi aspetta sarete accompagnato dalla preghiera dei fedeli galatresi.
    Pertanto, certo di interpretare i sentimenti di tutta la cittadinanza, nell’augurarVi di trovare nella vostra prima parrocchia una comunità che vi accolga con lo stesso calore e lo stesso affetto che i fedeli galatresi Vi hanno dimostrato nei tre anni di permanenza in mezzo a noi, a nome mio personale e della collettività che ho l’onore di rappresentare, è con piacere che vi manifesto sentimenti di affettuosa amicizia e vi formulo voti augurali per la missione pastorale che andate ad intraprendere.
    Infine, nell’auspicio che possiate essere zelante animatore di fede per tutta la comunità di Santa Cristina e Piminoro, Vi abbraccio fraternamente e di vero cuore vi formulo l’augurio che il vostro ministero sacerdotale possa essere sempre fecondo di bene.
    Grazie Don Giuseppe.

    Galatro, venerdì 16 maggio 2008

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    Nella foto: il Sindaco di Galatro Carmelo Panetta.

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    Alfredo Distilo (23.5.08) E' GIUSTO SPUTARE NEL PIATTO DOVE SI MANGIA? (di Alfredo Distilo) - Galatro, come tutti i piccoli centri del Sud, si stà svuotando. Per forza di cose, non essendoci lavoro, la gente è costretta ad andare via. Non solo i giovani. Ma noi non possiamo fare proprio niente per rallentare un esodo così massiccio? Io penso di si. Almeno per non fare chiudere i pochi esercizi commerciali rimasti che, bene o male, danno da vivere a qualche decina di famiglie.
    Da più parti si sente dire (anche su questo sito) che le Amministrazioni comunali che si sono succedute alla guida del paese, non hanno fatto niente per creare posti di lavoro. E’ vero, all’infuori dell’Amministrazione Marazzita che ha realizzato la struttura termale, non è stato fatto niente. Ma quali sono le iniziative che dovrebbe prendere il Comune per creare occupazione? Se i lettori hanno qualche idea, concreta, la propongano, ma io penso che dovrebbero essere i privati ad assumere iniziative imprenditoriali e creare qualche posto di lavoro.
    A dire il vero, qualcuno ci ha provato, è partito, ha tirato avanti per quanto ha potuto, ma poi si è dovuto arrendere o rallentare notevolmente la produzione.
    Tanto per fare un esempio, non mi è mai capitato di vedere nei negozi di Galatro, esposti tovaglioli di carta o buste di plastica prodotti da nostre imprese. Sapete perché? Perché queste ditte sono di Galatro e tutto quello che è di Galatro non va bene! Vogliamo una pizza? Non andiamo dalla Pizzeria La Rosa che produce ottime pizze. Andiamo a Feroleto o a Plaesano. Dobbiamo comprare dei dolci? Andiamo in qualunque altro posto tranne che all’
    Eurobar di Pasquale dove, invece, fanno dei dolci prelibatissimi. Così è per i fiori e per qualunque altra cosa. L’importante, per molti di noi, è non comprare niente a Galatro!
    Ci sono piccoli negozi di abbigliamento “Punto fantasy”, Ferrari, ecc. che vendono delle cose carine ed a prezzi buoni. E’ chiaro che per comprare vestiti ed altra roba impegnativa bisogna andare fuori, ma una maglietta, un jeans, si possono comprare tranquillamente a Galatro.
    Lo stesso vale per i fruttivendoli: perché non comprare dal paesano (che deve portare avanti una famiglia alquanto numerosa) dandogli la possibilità di restare a Galatro e non emigrare, come aveva pensato di fare qualche settimana addietro e, forse, in futuro sarà costretto a farlo, portandosi via 5 persone.
    Che dire poi delle Terme, che sono diventate oggetto di tiro al bersaglio per gran parte dei galatresi?
    Qui si è arrivati addirittura all’assurdo, ed è molto grave, visto che, salvo pochi casi, neanche quelli che vi lavorano, utilizzano il ristorante delle Terme per qualche banchetto in occasione di piccoli eventi come la Cresima, la Prima Comunione o per il diciottesimo compleanno di qualche loro figlio. Indipendentemente dal fatto che, da quando c’è lo Cheff Valerio, si mangia molto ma molto meglio che in tanti altri ristoranti della zona (che, invece, vengono prediletti da gran parte dei nostri concittadini), non è giusto che si sputi nel piatto dove si mangia! E’ come se chi lavora al supermercato andasse in un altro negozio a fare la spesa. Evidentemente sanno che il datore di lavoro non fa pesare loro la mancanza di rispetto per la sua persona e, principalmente, per la struttura termale, grazie alla quale possono contribuire al mantenimento della famiglia senza dovere emigrare.
    Meno male che ci sono i forestieri che apprezzano sia la cucina che la bellezza della struttura termale per festeggiare i loro eventi familiari, dando qualche possibilità di lavoro in più per il personale, rigorosamente di Galatro, che viene chiamato in queste circostanze.

    Quindi, se vogliamo salvare quel poco che ci rimane, rivolgo un invito a tutti noi (anche a me stesso) ciascuno per quello che può, a comprare a Galatro almeno le piccole cose, anche spendendo qualche euro in più, ma serve per la sopravvivenza del paese.

    Nella foto: Alfredo Distilo.

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    La Casa di Riposo, mai utilizzata. (25.5.08) SITUAZIONE TERME E STRUTTURE INUTILIZZATE (di Angelo Papasidero) - Io credo che a Galatro siano individuabili diverse possibilità per creare posti di lavoro. Va bene le Terme, se ne discute in continuazione, ma finchè sono in mano ad un privato che non ha interesse a risollevare le sorti del paese nulla cambierà. Da questo punto di vista sono ingiustificatamente disinformato, quindi chiedo alla Redazione di far luce sull'attuale situazione contrattuale delle Terme. Quanti anni di contratto rimangono? Al termine del contratto c'è una minima possibilità che le Terme tornino sotto la gestione dell'Amministrazione Comunale?
    Andiamo avanti... appena qualche metro più avanti dell'ufficio postale giace un immobile che, se non ricordo male, era destinato ad ospitare una casa di cura per anziani. Non ho idea del numero di utenti che tale struttura potrebbe accogliere, ma non credo sarebbero pochi.
    All'inizio del paese c'è un altro edificio che da quando sono nato non ricordo di aver visto mai occupato. Ho sempre sentito parlare di "Ostello della Gioventù" e più recentemente di "casa accoglienza", comunque sia... qualcosa si potrebbe fare e anche in questo caso si parlerebbe di posti di lavoro assicurati alla cittadinanza.
    Ho letto recentemente anche del
    casotto sul ponte dell'Annunziata... l'unica idea che mi viene in mente è un chiosco dove vendere bibite e gelati, ma naturalmente avrebbe un senso solamente nei mesi estivi. A tal proposito non ho altro in mente.
    L'Ostello della Gioventù, mai utilizzato. Un'altra proposta concretizzabile potrebbe essere un mercato coperto di frutta e verdura, magari gestito da una cooperativa agricola che raccolga i fruttivendoli galatresi, che possa offrire ai galatresi prodotti di qualità a prezzi sicuramente ridotti rispetto ai supermercati dove siamo abituati a fare la spesa... naturalmente in questo modo si salta il passaggio grossista-vendita al dettaglio e i soci della cooperativa si occuperebbero dei propri prodotti, dalla semina fino alla vendita del prodotto.
    Altro discorso: il campetto da calcio e i campi da tennis e basket non si potrebbero dare in gestione a qualche cittadino?
    Certo, la soluzione migliore per il paese sarebbe, come dice Alfredo, un interessamento da parte di qualche privato... ma in giro non se ne vedono, e poi la posizione territoriale non aiuta certo Galatro.
    Comunque, la speranza che il paese si risollevi deve essere sempre viva, oltre che accompagnata da continue iniziative da parte della popolazione e dell'Amministrazione Comunale.
    Ah, un ultimo pensiero va al Rione Montebello, ormai in via di desertificazione. Considero inutile la costruzione delle nuove case popolari quando si poteva benissimo attuare un piano di ripopolamento della zona. Ma ormai non si può tornare indietro.
    Vabbè, aspettando di leggere interessanti proposte, faccio un saluto a tutti gli amici sparsi in giro per l'italia e a quelli (pochi) rimasti in paese.

    Nelle foto: in alto a destra la Casa di Riposo, struttura mai utilizzata; a sinistra l'Ostello della Gioventù, altra imponente struttura che dorme da decenni.

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    (26.5.08) MI VIENE DA... RIMETTERE (di Pietro Ozimo) - Leggere... “E’ giusto sputare nel piatto dove si mangia?” ...e apprendere che l’autore dell’articolo fa parte di coloro che hanno contribuito alla “storia...” di Galatro, mi viene da considerare che l’articolo è stato scritto volgendo lo sguardo ad uno specchio, un modo inconsueto per confessare le proprie colpe e le proprie responsabilità del degrado e lo svuotamento di Galatro.
    Oggi, solo chi ha un’età tra i 25 e i 30 anni non può conoscere bene la “storia...” e quello che “certe persone” hanno fatto per Galatro.
    La “storia...” di “certe persone” sarebbe lunga e faticosa raccontata per iscritto, ma se sarà necessario sono pronto ad un raffronto.
    Di sicuro non è certo spendendo qualche euro in più a Galatro, che si riesce a risollevare dal degrado e dallo svuotamento il nostro paese, ma solo cambiando la “cultura” di “certe persone” e per fare ciò serve che tutte quelle “certe persone” si confessino, anche, volgendo lo sguardo allo specchio.

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    Biagio Cirillo (26.5.08) TERME E IMPRENDITORIA A GALATRO (di Biagio Cirillo) - Finalmente si è toccato un tasto importante per il nostro paese, bravo Alfredo, hai ragione su tutto partendo dalle terme lasciate a Galatro da un grande sindaco (Bruno Marazzita).
    Noto con disagio che non sono apprezzate da una buona parte dei galatresi che, invece di fare buona pubblicità, si prodigano in innumerevoli critiche. Penso che se queste persone hanno delle osservazioni da fare per migliorare la situazione farebbero meglio a rivolgersi alla Direzione delle Terme in quanto delle giuste osservazioni a volte possono portare ad un miglioramento del servizio.
    Vorrei rispondere anche ad Angelo Papasidero, persona che stimo tantissimo, che riguardo ad una eventuale gestione delle terme da parte del Comune, non so quanto questo migliorerebbe la situazione visto che a Galatro ci sono delle strutture che da anni ormai sono inutilizzate.
    Vorrei dare un piccolo consiglio ai nostri piccoli imprenditori di Galatro: dato che la pubblicità è l’anima del commercio, si potrebbero, con l’aiuto del Comune, posizionare dei cartelloni pubblicitari all’inizio del paese in modo che anche chi si reca alle terme possa notare cosa offre il nostro paese.
    Inoltre si potrebbero posizionare lungo il percorso che porta alle terme dei chioschi che vendono frutta e verdura, bibite e gelati, riviste ma anche prodotti artigianali locali.
    Ritornando al discorso di Alfredo, trovo giusto che la gente del paese faccia i propri acquisti nel limite del possibile a Galatro. Vorrei però far notare che le persone si trovano a fare i conti con le difficoltà di arrivare alla fine del mese, e a volte la gente si reca presso i discount per poter risparmiare. Consiglio ai negozianti di Galatro, dato che sono a conduzione familiare, di adeguarsi ai prezzi dei paesi limitrofi che, pur avendo personale da retribuire, riescono a contenere i prezzi.
    Sarebbe interessante che su Galatro Terme News ci fosse una pagina dedicata anche ad eventuali alloggi da affittare per le ferie.
    Cordiali saluti alla Redazione e a tutta la comunità di Galatro.

    Nella foto: Biagio Cirillo.

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    (30.5.08) NON HO MAI DESIDERATO SOSTITUIRMI ALLA MAGGIORANZA (di Pietro Ozimo) - Riguardo a quanto scritto nell’articolo Braccio di ferro tra Ozimo e la maggioranza consiliare, ritengo di non aver sbagliato nulla e di essermi attenuto scrupolosamente al Regolamento per il funzionamento del Consiglio Comunale; inoltre non vi è alcun articolo che dice che l’ordine del giorno delle Commissioni va stabilito con la maggioranza e tanto meno con il Sindaco.
    Per maggior chiarimento e per togliere qualsiasi dubbio riporto alcuni articoli riguardanti le Commissioni permanenti:

    L’art. 13 comma 2 dice:
    “Le Commissioni sono convocate dai rispettivi Presidenti. L’avviso di convocazione deve indicare gli argomenti da trattare, il luogo, la data e l’ora della riunione e deve essere trasmesso per conoscenza al Sindaco ed al Segretario Comunale”.
    L’art. 12 comma 1 dice:
    “Le Commissioni avanzano di propria iniziativa proposte su materie ed argomenti che ritengono di particolare interesse locale, segnalando al Sindaco – Presidente del Consiglio che deciderà sulle ulteriori procedure”.
    L’art. 12 comma 2 dice:
    “I pareri delle Commissioni non possono essere né decisionali né deliberativi ma solamente consultivi”.
    L’art. 12 comma 3 dice:
    “Il Presidente della Commissione può chiedere, su conforme decisione della commissione stessa, che il parere espresso sia trascritto nell’atto deliberativo del Consiglio comunale inerente le materie oggetto di discussione”.

    Comunque, se ci sono ancora dubbi su quanto da me spiegato e visto che il Regolamento è un atto pubblico, ogni cittadino può andare al Comune e chiedere di prendere visione del Regolamento.


    Egregio Consigliere,
    il problema non è l'ottemperanza formale al regolamento. Nell'articolo non si dice che il presidente Ozimo ha violato qualche disposizione regolamentare. Il punto è un altro: i regolamenti vanno calati nella concreta prassi politica, cosa per la quale entra in gioco l'interpretazione politico-istituzionale del ruolo, della carica di cui si è stati investiti.
    E' evidente che se l'interpretazione del ruolo fosse stata adeguata non sarebbero sorti i problemi di cui ci stiamo occupando. Per cui...
    LA REDAZIONE


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    (1.6.08) DELIRI NUCLEARI (di Antonio Sibio) - Cari lettori, vi propongo un articolo di Marco Cedolin, giratomi da un amico, riguardante la proposta del ritorno al nucleare. Purtroppo in Italia c’è il malcostume di prendere posizione a priori, senza prima informarsi sulla questione, ascoltare le varie argomentazioni pro e contro ed infine sviluppare una propria idea.
    Fino a qualche lustro fa, infatti, parlare del nucleare in Italia equivaleva a nominare un mostro indefinito al quale nessuno voleva affidarsi. Oggi invece sembra che non ci sia soluzione migliore che costruire nuove centrali nucleari, unico modo per sentirci "moderni" ed ovviare alla crisi petrolifera e, soprattutto per noi italiani, anche energetica.
    Mi sembra giusto, in questi giorni dove tutti sembrano a favore del nucleare, dare anche un ulteriore punto di vista su tale questione, con l'augurio che ognuno di noi possa formulare sempre e comunque un proprio pensiero, senza condizionamenti mediatici o ideologici.

    Visualizza l'
    articolo di Marco Cedolin

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    Domenico Distilo (6.6.08) EMERGENZA ED ECCEZIONE (di Domenico Distilo) - La questione dei rifiuti di Napoli è stata, giustamente, definita un’emergenza, sostenendo poi apertis verbis o sottintendendo che, essendo appunto un’emergenza, essa costituisce uno “stato d’eccezione” di fronte a cui non vale la norma ma, appunto, l’eccezione, ché, se la situazione fosse normale, cioè normata o normabile, affrontabile cioè con le norme, allora non si tratterebbe di emergenza.
    Eh no, proprio non ci siamo! Il ragionamento è quello che i logici chiamano paralogismo, una deduzione indebita mediante un qualche termine introdotto surrettiziamente. Nel caso non si vede perché dall’emergenza debba discendere l’eccezione, non essendo l’emergenza necessariamente eccezionale. La vera eccezione è invece data dal fatto, mai successo nella storia degli stati costituzionali moderni, che un’emergenza venga identificata con l’eccezione. Ed è la prima volta che succede anche nella storia dell’Italia repubblicana, nella quale a nessuno è mai saltato in mente di identificare emergenza ed eccezione. C’è sì stato, non ricordo più quale governo, che nel momento d’insediarsi ha indicato quattro emergenze alla base del suo impegno programmatico, ma nessun presidente del consiglio è mai stato, neppure di fronte alle stragi terroristiche, lontanamente sfiorato dall’idea di evocare lo stato d’eccezione.
    Se vogliamo chiamare le cose col loro nome, l’evocazione dell’eccezione serve a giustificare provvedimenti fuori del regime costituzionale, provvedimenti che, se poi vengono effettivamente adottati ed attuati, pongono in essere un regime di colpo di stato, non potendosi definire altrimenti la sospensione di diritti costituzionali, o la creazione di un ordinamento giudiziario speciale.
    Tecnicamente, si dice colpo di stato la sospensione o l’abrogazione delle norme costituzionali da parte di un governo in carica, o da parte di un governo nato da un atto di forza.
    A meno che con le parole non si voglia soltanto giocare.

    Nella foto: Domenico Distilo


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    (14.6.08) UNA PRECISAZIONE DAL SINDACO (di Carmelo Panetta) - In merito al problema dell'illuminazione in via Padre Pio riceviamo e pubblichiamo una breve nota di precisazione da parte del Sindaco:

    Il problema finalmente è stato risolto, anche se l'altro problema riguardante l'aumento di potenza non è stato ancoro risolto.
    Sicuramente, se la cosa non fosse stata sottovalutata da parte di chi è preposto a tale vigilanza e responsabilità, poteva essere risolta molto prima.

    Carmelo Panetta, Sindaco di Galatro

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    Michele Scozzarra (15.6.08) NON OCCORRE GUARDARE PER VEDERE LONTANO (di Michele Scozzarra) - “Mi piace come scrivi, ti seguo sempre volentieri, sia per il contenuto che per la chiarezza delle cose che esprimi. Ma... ti posso fare una domanda? Perché non hai mai scritto sulla realtà nella quale si trovano tanti disabili nel nostro paese...?”.
    Devo confessare che questa domanda, posta così a bruciapelo da Michele Sofrà nella sala consiliare del Comune di Galatro, mi ha spiazzato, non sono riuscito a toglierla dalla mente fino a quando, dopo qualche giorno, sono tornato a trovarlo, per dire che, volendo, potevo anche scrivere senza nessuna difficoltà sui disabili... più di una volta ho dovuto affrontare il problema per incarico professionale e gli argomenti non mi mancano... se non l’ho fatto è perché non volevo correre il rischio, di fronte ad un problema così grande, di dire solo... parole! Presentate bene, scritte con criterio, umanamente apprezzabili e sentite ma... sempre e solo parole!...
    La cosa che di più mi ha piacevolmente sorpreso, è stata l’affermazione di Michele, quando con un sornione sorriso di uno che la sa lunga, mi ha detto: “Sapevo che saresti tornato... Non avevo chiaro se tornavi dopo un giorno, dopo una settimana o dopo un mese... Sei tornato dopo solo tre giorni, ma non avevo nessun dubbio che saresti tornato. Quella domanda l’ho fatta proprio per stimolare questo incontro... Quindi non ti meravigliare se ti dico che ti aspettavo. Sapevo che venivi... Ora possiamo parlare!”.
    Ho spiegato a Michele che ero tornato per ascoltare lui... era lui che doveva parlare di cosa significa vivere una realtà come la sua dove, anche mettendo dentro tutta la sensibilità di questo mondo, è qualcosa di estraneo e lontano per tante persone. Rispetto alla sua provocazione, io dovevo semplicemente, con molto timore, attenzione e silenzio, raccogliere quello che lui voleva raccontare e testimoniare... far sì che si potesse toccare con mano che la vita, ciascuna vita, ha incondizionatamente gli stessi valori e la stessa dignità e scrivere con forza che nei nostri paesi vivono persone che valgono non per quello che hanno, ma per quello che sono, per quello che pensano, per quello che vivono, nonostante tutte le difficoltà, talvolta tremende, che la vita gli ha posto innanzi.
    Qualche giorno addietro, ci siamo incontrati a casa mia, dove man mano che il racconto andava avanti, ho provato come una magica sensazione di addentrarmi, misteriosamente, in un viaggio di alcune ore, che ha trasformato una semplice chiacchierata in un’esperienza straordinaria, che rappresenta sicuramente un qualcosa di unico, che non può non cambiare il proprio modo di pensare rispetto a certe realtà...

    Dopo un certo imbarazzo iniziale, quasi non sapevamo da dove cominciare la nostra conversazione, è stato Michele che ha rotto il ghiaccio:
    “Da dove vuoi che cominciamo a parlare... Iniziamo dalle modalità in cui si svolge la vita per uno che vive una realtà come la mia nel nostro paese, dei problemi che ci sono per un non vedente come me... A livello generalizzato ti posso dire che non c’è nessun problema... Spiegandoti meglio questo concetto e scendendo nel particolare, invece ti devo dire che esistono diversi problemi. Cominciamo dalla possibilità di muovermi liberamente nelle vie del paese: ti posso dire di avere chiaramente in testa la struttura e le strade del paese e che, a partire da questo, riesco a muovermi molto bene... ma mi oriento molto bene solo quando c’è la luce del sole... la sera se non viene qualcuno a prendermi non posso uscire. E’ vero che sento gli spazi vuoti, sento gli ostacoli, sento le macchine, tanti amici li riconosco dal rumore della macchina, così come, essendo anche un appassionato di motori, dal rumore della macchina capisco benissimo che tipo di macchina è... la marca, se è vecchia o nuova. Non penso di essere presuntuoso quando dico che tanti problemi mi hanno maturato troppo, e troppo in fretta anche! Di fronte alle difficoltà mi sono fatto coraggio e ho pensato che potevo, e dovevo!, fare le cose che facevano tutti... e le ho fatte! Tu stesso sei testimone, visto che ho abitato diversi anni vicino a casa tua, che quando ero bambino, nonostante i grandi problemi alla vista che già avevo, andavo anche in bicicletta... e ci sapevo andare! Quando andavo e venivo da Firenze, anche prima di usufruire per il viaggio dell’assistenza che oggi ci viene prestata dal personale addetto, contavo le fermate per Rosarno e nessuno si è mai reso conto che ero non vedente... e non ho mai sbagliato a scendere alla stazione giusta!”.

    Tetti di Firenze Proviamo un pò a parlare della tua esperienza a Firenze: hai lasciato, ancora bambino, il nostro paese per andare a studiare in un Istituto per non vedenti, dove hai avuto modo di acquisire una indubbia professionalità... Che tipo di esperienza hai maturato, in quel periodo, e... non intendo solo in termini professionali?:
    “Sono arrivato a Firenze nel settembre del 1996 all’IPSIA, un Istituto professionale per non vedenti e ipovedenti dove, negli anni successivi, mi sono diplomato come Operatore delle Trasmissioni (Centralinista). A gennaio del 1997 ho avuto un grave incidente stradale, quindi ho vissuto poco la realtà di quell’anno scolastico. L’anno successivo ho ripreso regolarmente a seguire le lezioni, con notevoli problemi: c’erano molti pregiudizi nei miei confronti, da parte degli stessi compagni, dovuti, solo ed esclusivamente, alla mia giovanissima età... io ero il ragazzo più piccolo dell’Istituto, su una base di 50-60 persone frequentanti...
    Ma, arrivati a fine anno sono riuscito a conquistarmi la stima ed il rispetto di tutti i componenti dell’Istituto. Ero visto come un ragazzo molto maturo rispetto alla mia età anagrafica, che non pensava alle cose effimere insignificanti. Ero sempre invitato a uscire fuori, a mangiare con i compagni e, nel gennaio del 1999 per me è iniziata quella che, si può definire, la strada in ascesa, dove venivo avvicinato ed ero sempre preso come punto di riferimento anche dai veterani della scuola, quelli che avevano dai 30 ai 40 anni... da quel momento la qualità della vita all’interno dell’Istituto, per me, è cambiata.


    Prova un pò a spiegare che tipo di vita conducevi con i tuoi amici dell’Istituto, cosa facevate, cosa vi legava...:
    Per quanto può sembrare strano erano i miei compagni, anche molto più grandi di me, che mi cercavano per uscire. Non so spiegare il perché, ma con me si sentivano più sicuri. Quando uscivamo insieme io mi portavo dietro sempre tre amici non vedenti: uno attaccato ad un braccio, uno all’altro braccio e un’altro mi teneva per la maglietta... Partivamo, prendevamo tranquillamente gli autobus, arrivavamo senza nessun problema al centro di Firenze e li stavamo bene... Oppure tante domeniche, ero sempre io che portavo i miei amici allo stadio... con me erano tutti tranquilli, non solo perché sapevano che avevo fatto il corso di orientamento, ma perché si fidavano, erano tranquilli che non ci saremmo persi... non ho mai deluso nessuno. Nella mia testa c’era tutta la pianta della città di Firenze: l’unico problema era stabilire dove volevamo andare, poi non c’era più alcun problema che ci fermava: ognuno dei ragazzi che veniva con me era sicuro che saremmo andati e tornati senza nessuna preoccupazione. I miei ritmi di vita hanno proseguito così per tutto l’anno: io avevo assunto il ruolo di guida e punto di riferimento di tanti ragazzi dell’Istituto. E questo mio carattere e la serietà con cui affrontavo, e risolvevo, le esigenze dei miei compagni, ha fatto sì che l’ultimo anno, nonostante io avevo ancora 17 anni, ero tenuto in considerazione alla stregua dei veterani... Ed ero veramente una presenza amica per tante persone, al punto che (e questa è una delle cose che mi ha dato parecchia soddisfazione) nonostante ero tra i più piccoli d’età, sono stato eletto rappresentante del Convitto e tu sai bene che ogni Convitto è una grande casa dello Studente, dove tante persone vivono insieme e, non è facile andare d’accordo con tutti. In effetti, questo è stato un aspetto particolarmente gratificante per me, non solo per il fatto di essere considerato come l’amico che è in grado di risolvere i problemi che i compagni avevano, ma anche la constatazione che, soprattutto i più grandi, quasi mi chiedevano scusa se, agli inizi, soprattutto per la giovanissima età, non mi hanno tenuto nella considerazione che, in secondo tempo, mi hanno riconosciuto”.

    Vedo che parli in modo molto entusiasta del periodo della tua permanenza a Firenze:
    “L’esperienza vissuta negli anni che sono stato a Firenze, principalmente mi ha fatto crescere a livello umano, mi ha forgiato, mi ha fatto diventare duro, mi ha cambiato radicalmente... Firenze mi ha fatto acquisire una grande consapevolezza nel senso che se io dico che voglio ottenere qualcosa nella vita, non dico questo solo perché sono non vedente, ma perché sono Michele, una persona come tutte le altre, senza nessun timore di affrontare le persone pensando che sono obbligate a trattarmi bene a causa del mio problema. E poi io sono stato sempre convinto che l’importante è avere il cervello per capire che, anche se una persona non ci vede, non per questo è diversa... E di questo non smetterò mai di ringraziare i miei genitori, che non solo mi sono stati sempre vicini e hanno vissuto insieme a me, in ogni momento della mia vita, tutti i miei problemi, come solo dei genitori possono fare, ma mi hanno sempre fatto capire che non sono diverso da nessuna altra persona. La diversità è una parola che, dopo i miei genitori, anche l’esperienza maturata a Firenze mi ha insegnato a non considerare, perché io mi sono sempre sentito e considerato come tutti gli altri, niente di più, ma neanche niente di meno... e dico questo, non solo per modo di dire: ritengo che questo atteggiamento nei confronti della vita, che ci tengo a ripetere, i miei genitori mi hanno inculcato fin da bambino, sia una forza che a Firenze mi ha permesso di avere la stima e l’amicizia di persone molto più grandi di me, che mi guardavano e mi stimavano proprio per questa mia grande libertà, che non ritengo sia presunzione dire che è anche un modo molto dignitoso di affrontare la vita... nonostante tutti i problemi che ti si possono presentare davanti ogni giorno”.

    Mi avevi detto che ci tenevi a raccontarmi un episodio particolare, per molti versi curioso, che ci tieni a riferire proprio perché è indicativo di tutto un tuo modo di affrontare la vita:
    “Sì, ci tengo a ricordare un episodio che, forse, ti dice in modo chiaro ed inequivocabile, questo mio non essere, e non considerarmi, diverso dagli altri.
    La grande passione della mia vita sono i motori, ma quando ero bambino e avevo 12-13 anni mi piaceva tantissimo il calcio e ti devo dire che, ma non mi chiedere come, nonostante tutto ero tesserato e facevo parte della squadra di calcio del Galatro, categoria esordienti, e riuscivo, qualche volta, a entrare e giocare per diversi minuti. Quando mancavano 10-15 minuti alla fine della partita, il mister, Gasperino Sapioli, mi faceva entrare in campo e io mi piazzavo sulla fascia destra e andavo su e giù... io stavo tranquillo, giocavo con i compagni di squadra, avendo come guida una vaga visione delle linee bianche... ma, soprattutto, orientandomi con la voce di Gasperino che mi incitava gridando: “Dai Michele, forza che vai bene...!”. Sembra incredibile, eppure era proprio così... Ci pensi che forza... e che spasso...!”.


    Tetti di Galatro Va bene, parliamo ora del tuo rientro a casa, dopo avere terminato gli studi: come è stato il passaggio da Firenze a Galatro. E’ cambiata la qualità della vita?
    “Nel giugno del 2000, nonostante una prospettiva concreta di poter lavorare a Firenze, in quanto avevo trovato lavoro, sempre come centralinista, nella Sede Centrale della Banca Toscana, me ne sono tornato a Galatro dove, nel 2005 sono stato assunto come Centralinista presso il Comune, essendo iscritto all’Albo Nazionale dei Centralinisti non vedenti.
    A Firenze avevo vissuto per tanti anni e quella città ormai era da me considerata come il mio paese adottivo... avevo le mie amicizie, veramente un bel giro di amici e non solo tra le persone non vedenti.
    Quindi, ritornando a Galatro, diciamo che la prima estate, siamo nel 2000, non l’ho vissuta proprio bene... non perché gli amici non mi venivano a trovare, ma perché ormai mi ero abituato ai ritmi della città di Firenze, dove mi muovevo tranquillamente, conoscevo tutti i posti, i locali, le strade. I primi mesi a Galatro sono stati veramente troppo pesanti... Poi, passata l’estate ho cominciato a uscire, a ricrearmi un mio ambiente nel quale sono stato tranquillo e, piano piano, ho cominciato ad essere quella persona che sono adesso... circondato da tanti amici che mi stimano e mi vogliono bene, anche se non tutti sono gli amici dell’infanzia (qualcuno c’è, ma sono pochi!), in tanti sono persone più grandi di me... ma questa differenza di età non è mai stata un ostacolo ai nostri discorsi, ad un comune sentire le stesse sensazioni, gli stessi problemi... mi trovo proprio bene!
    Ringrazio questi amici che mi vogliono bene... e ai quali anche io voglio bene!”.


    A Firenze, da quanto mi stai dicendo, non avevi nessun problema ad andare in giro da solo, anzi ti portavi dietro i tuoi amici... A Galatro succede la stessa cosa?:
    “Come ti dicevo prima, durante tutta la mia permanenza a Firenze non ho mai avuto alcun problema a circolare liberamente per la città, anzi ero io che portavo in giro i miei amici dell’Istituto, anche se tanti erano più grandi di me...
    A Galatro succede la stessa cosa, cioè in una giornata di sole riesco ad orientarmi a muovermi, solo che ogni tanto c’è qualche ostacolo che non riesco a percepire... che ti posso dire, ti ho già detto che riesco a percepire le cose, non riesco a spiegarti come, ma riesco a sentire una macchina, oppure gli spazi vuoti... nonostante questo capita che qualcuno parcheggi su qualche marciapiede una macchina e... io ci vado a sbattere... ma non me la prendo più di tanto...
    Così come sulla via Aldo Moro, quando durante la festa della Madonna della Montagna, mettono i pali per sistemare l’illuminazione... le prime sere più di una volta ci sbatto contro... e che faccio... mi metto a ridere, continuo a camminare e appena incontro gli amici li metto al corrente che “forse ho strappato un palo...!”.


    Si, ma parliamo anche del tuo impatto con il nostro paese, i tuoi interessi, il rapporto con le persone:
    “Se devo dare un giudizio globale sulla qualità della vita che conduco a Galatro, posso tranquillamente dire che: “io vivo benone!”. Sono circondato da tanti amici che mi rispettano e mi vogliono bene, sono partecipe di tutta una modalità ed uno stile di vita, per quello che il nostro piccolo paese offre, che non mi vede certamente ai margini, anzi mi vede protagonista e coinvolto totalmente senza alcuna limitazione...
    Io non mi tiro indietro a niente... entro tranquillamente nel dibattito politico, vado in giro nei bar, in piazza, nei posti dove si svolge la vita del nostro paese... partecipo agli scherzi tra amici, sono coinvolto in tutto e per tutto nella vita del paese... forse più di tanti altri, senza alcuna limitazione o difficoltà che possa scaturire dal fatto di essere non vedente...”.


    Rosa rossa E’ da alcune ore che parliamo, hai detto tante cose belle, grandi... Ora, un tuo ultimo pensiero, quello che forse ti sta più a cuore, che ti piace comunicare, a conclusione di questa nostra chiacchierata:
    “A questo punto, al di là di tutto quello che abbiamo detto e di quello che vorrai scrivere, una cosa ci tengo che tu la scriva... e la devi scrivere bene!
    Il 21 giugno prossimo mi sposo e questa è la cosa più bella che mi è capitata nella vita: sono sicuro di avere a fianco una donna eccezionale che ha deciso di fare insieme a me il percorso che Dio ha scritto per lei... e sono sicuro che sarà il nostro amore a scrivere la più bella pagina della nostra storia.
    Non sappiamo cosa il futuro ci riserva (come a tutte le coppie che decidono di vivere insieme!), ma lo accettiamo senza perplessità e senza paure, nella consapevolezza che quello che è nato e cresciuto tra me e Tina è tanto grande e tanto forte da non conoscere ostacoli, e questo è un grande e stupendo pensiero che non posso non rivolgere alla donna che ha deciso di camminare insieme a me per il resto della nostra vita...”.


    Non nascondo che dopo questo significativo incontro tante realtà, da oggi, non solo io le vedrò diversamente, e sono sicuro che in questo scritto non ci sono solo belle parole... Personalmente, nelle parole di Michele, ho avuto come la sensazione di varcare una soglia, dove ci si trova di fronte ad una condizione umana che bisogna accogliere come una sfida e imparare che la vera essenzialità della vita è anche un “altro vedere”... dentro un’esperienza dove la vita di chi non vede non è certamente qualcosa di meno di chi ci vede... per alcuni aspetti è semplicemente... diversa.
    Questo può sembrare un concetto banale, ma non lo è affatto. Ora mi è tutto molto più chiaro su tante cose... anche il motto di una mostra, organizzata da persone non vedenti, che ho visitato qualche anno addietro: “L’essenziale è invisibile agli occhi... Non occorre guardare per vedere lontano...”.
    Auguri Michele... e grazie per la grande e significativa testimonianza che ci hai dato!

    Nelle foto, dall'alto in basso: Michele Scozzarra, autore dell'articolo; tetti di Firenze; tetti di Galatro; una rosa rossa.


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    Francesco Distilo (16.6.08) GALATRO, L'IMPRENDITORIA E LE TERME (di Francesco Distilo) - Il titolo dell’articolo apparso il mese scorso a firma di Biagio Cirillo "Terme e imprenditoria a Galatro” mi ha dato lo spunto per ribaltare, in un certo senso, la questione. Mi sono chiesto: a Galatro quale imprenditoria c’è (se c’è) e che rapporto ha con le Terme? In altre parole ho capovolto il titolo di partenza ed è diventato “Galatro, l’imprenditoria e le Terme”.
    Per rispondere a questo interrogativo ho fatto una personalissima ricerca, che non vuole avere la presunzione di un’attendibilità scientifica, ma potrebbe diventare una base di riflessione per amministratori, imprenditori e politici galatresi.
    A Galatro, al 31 maggio 2008, vi erano la bellezza di 334 partite IVA attive. Ciò significa che abbiamo una partita IVA ogni 4,5 abitanti. La media è data tenendo conto di una popolazione di 1.500 residenti. Solo il 12% delle partite IVA appartiene a compagini societarie o associazioni, a loro volta suddivise secondo il seguente grafico:

    Grafico-torta delle partite IVA a Galatro.

    Delle 334 aziende galatresi, 19 (pari al 5,6% di tutte le aziende presenti sul territorio) sono nate nel 2008.
    Le imprese sono state suddivise in 11 macrocategorie, seguendo la classificazione di A-TECO 2007.

    altre attività di servizi14
    noleggio e servizi alle imprese4
    sanità10
    attività professionali29
    trasporti9
    alloggio e ristoranti8
    commercio48
    energia elettrica3
    agricoltura167
    attività manifatturiera17
    costruzioni25
    Totale334

    Come si può meglio valutare dal seguente grafico, Galatro è un comune profondamente agricolo. Le aziende agricole rappresentano, infatti, il 50% delle imprese.

    Grafico delle aziende galatresi.

    Delle 167 aziende agricole, 27 hanno dichiarato di svolgere una generica attività agricola, 17 si dedicano alla coltivazione di cereali e seminativi vari, 33 alla coltivazione di ortaggi o di cereali vari, 42 alla coltura olivicola, 22 a quella agrumicola, 10 si dedicano all’allevamento di bovini o di ovini e caprini e alla produzione di latte. Poi troviamo 3 apicoltori e chi si occupa di allevamenti di pesci d’acqua dolce, 7 aziende si occupano della coltivazione di frutti e semi oleosi e 5 svolgono la silvicoltura.
    Una macrocategoria abbastanza consistente è quella dei professionisti, anche se la nuova classificazione ha preferito distinguere le attività sanitarie dalle restanti attività professionali. Galatro ha un avvocato e un medico per ogni 187,5 abitanti mentre dispone di 2 ingegneri e 2 architetti. Abbiamo 1 geologo. Abbiamo 4 geometri e un consulente informatico, 1 fisioterapista ed 1 centro di assistenza agli anziani. In questa macrocategoria vi sono anche i 6 studi che si occupano di contabilità ed elaborazione dati.
    Il settore commercio si dimostra molto eterogeneo. Si va dagli ambulanti ai macellai passando poi per l’abbigliamento per adulti. Abbiamo alcuni commercianti all’ingrosso e diverse gioiellerie. Questa categoria comprende anche 5 intermediari di commercio.
    Il 50% delle aziende che operano nell’edilizia si occupano di lavori generali, poi troviamo alcune aziende che si occupano della posa in opera di infissi o di rivestimenti ed altre che prediligono l’intonacatura. Altre si dedicano alle installazioni di impianti. Dell’isolamento si occupano solo 2 aziende.
    La scarna attività manifatturiera comprende 3 fornai e 1 pasticceria. Le aziende che producono infissi sono 4. Troviamo 2 aziende che si occupano di produzione (la dizione esatta è fabbricazione) di olio di oliva grezzo e 2 che si occupano della lavorazione del legno. Alcune aziende eseguono lavori di meccanica generale.
    Nella categoria riservata all’alloggio e ristorazione troviamo 4 bar e 4 tra ristoranti e pizzerie. Tre sono le aziende che si occupano di produzione di energia elettrica.
    I numeri fin qui evidenziati rivelano che Galatro è ancora, o forse sta diventando, dopo la stagione dei grandi artigiani galatresi, un paese con una vocazione contadina. Una vocazione però che non produce né ricchezza economica né posti di lavoro. I dati rivelano che nessun imprenditore crede in uno sviluppo turistico del Comune. Sono infatti nulli gli investimenti nel comparto turistico o connessi al turismo. Per ritornare, quindi, alla domanda iniziale, possiamo senz’altro affermare che i galatresi non credono allo sviluppo economico del proprio paese grazie alle Terme.
    Sulla questione Terme vorrei esprimere una breve considerazione: sarebbe necessario non pensare alle Terme solamente come fabbrica di posti di lavoro. Ammesso che le Terme abbiano, nei prossimi anni, uno sviluppo tale da aumentare la forza lavoro, sicuramente non potrà mai essere tale da poter combattere la continua erosione anagrafica che stiamo subendo.
    Lo sviluppo di Galatro dovrà sicuramente passare per le Terme ma non si può e non si deve fermare solo alle Terme. Occorre puntare anche sul grande patrimonio boschivo che va salvaguardato e valorizzato. Occorre, inoltre, puntare sulla Diga e, soprattutto, su Galatro con la sua naturale bellezza paesaggistica ed il suo patrimonio artistico che, se ben valorizzati, sono essi stessi motivo sufficiente di attrazione turistica. Ma lo sviluppo deve passare anche su investimenti, non necessariamente pubblici, tali da far ripartire un’economia che è ormai, per ovvie ragioni, statica.
    Per far riemergere Galatro, occorre una forte sinergia tra il pubblico ed il privato, superando qualsiasi steccato ideologico o personalismi vari.
    Se è vero come è vero che il turismo è un fattore strategico per il sistema Italia perché non dovrebbe esserlo anche per Galatro?
    La strada da percorrere è quella di creare un prodotto turistico innovativo e competitivo combinandolo con le nostre tradizioni e i nostri localismi.
    Al privato quindi si chiede di creare, a partire dalle Terme, un prodotto di eccellenza perché solo così si può creare business turistico, non dimenticando il giusto rapporto qualità/prezzo.
    Al pubblico si chiede, quindi, una maggiore attenzione agli eventi di settore perché, se al privato spetta il compito di creare azienda, al pubblico spetta il compito di creare territorio ed opportunità di investimenti, anche con la creazione di un “Incubatore turistico” finalizzato alle idee ed iniziative imprenditoriali tese alla valorizzazione del territorio in ottica turistica.

    Nella foto in alto a sinistra: Francesco Distilo

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    (17.6.08) L'UFFICIO TECNICO COMUNALE PRECISA (di Alfredo Distilo) - Voglio semplicemente precisare che l'impianto d'illuminazione della strada a servizio degli alloggi popolari in via Padre Pio, di cui si è parlato su questo sito, è stato realizzato e poi rifatto, su segnalazione degli uffici comunali, a cura della Azienda Territoriale di Edilizia Residenziale Pubblica (ATERP), proprietaria degli alloggi e della strada interclusa tra i due edifici.
    Il Comune si è assunto soltanto l'onere del consumo e di segnalare eventuali guasti per venire incontro alle esigenze dei cittadini.
    Nel caso specifico, il guasto è stato segnalato un'infinità di volte sia da parte del sottoscritto che da parte degli amministratori, sia telefonicamente che per iscritto. Purtroppo, prima che i tecnici inviati dall'ATERP capissero quale fosse il problema, è passato tanto tempo, e altrettanto ne è trascorso per ottenere l'aumento di potenza da parte dell'ENEL.
    Quanto sopra, ad integrazione della precisazione fatta dal Sindaco, che ha sorvolato sul fatto che responsabile del mancato funzionamento dell'impianto è stata esclusivamente l'ATERP e non gli uffici comunali.

    Alfredo Distilo, tecnico comune di Galatro

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    (23.6.08) PERCHE' NON FARE UNA FESTA DELL'EMIGRATO? (di Maria Grazia Simari) - E' da tanto che non scrivo, il tempo è sempre troppo poco!
    Voglio però ritagliarmi un attimo di tempo per fare una proposta ai galatresi, all'Amministrazione Comunale ma, soprattutto, a quanti sono lontani da Galatro da molto, forse troppo tempo.
    Penso sia inutile discutere sul perchè le persone vanno via: credo che la cosa più normale sia andare dove c'è lavoro e soprattutto possibilità di trovarlo! Io sono tornata... ma è stato il lavoro che mi ha riportata a Galatro!
    Alla luce di questa circostanza credo che la cosa più bella da fare sarebbe quella di organizzare una bella festa dell'emigrato... vera però!
    Aprire le nostre case una volta all'anno ai nostri emigrati, invitare a tornare tutti per la festa, metterli nelle condizioni di stare bene in mezzo alla loro gente che magari non vedono da molti anni.
    Magari, non so, in occasione di qualche evento particolare si invita al ritorno con la collaborazione di tutti: cittadini e Amministrazione. Forse solo per un giorno all'anno potremo rivedere il nostro paese pieno di gente, con gran gioia di tutti. Che ne dite?


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    (24.6.08) BUONA IDEA LA FESTA DELL'EMIGRATO (di Daniele Fenoli) - Sono d'accordo con Maria Grazia, la festa dell'emigrato si può già pensare di farla ad Agosto, un giorno che coincida col periodo in cui vengono tutti dalla Svizzera e dal nord Italia.
    Magari con una mostra fotografica, dove si possano esporre le foto di paesi e città in cui ci troviamo. Che serva anche a legare i nostri figli a Galatro.
    Io, come altri che siamo lontani da Galatro, siamo disponibili a collaborare.
    Vi lascio la mia email - daniele.fenoli@gmail.com - cosi ci possiamo mettere in contatto per scambiarci delle idee.
    Naturalmente solo è sempre Galatro.

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    (26.6.08) DAL COORDINAMENTO DONNE ITALO-ARGENTINE UN AIUTO PER LA FESTA DELL'EMIGRATO (di Raffaela Cuppari) - BUENOS AIRES - Auguri alla Signora Maria Grazia Simari, la festa dell'emigrato è proprio una bellissima idea.
    Io risiedo in Argentina e vedo che tutti i Comuni d´Italia organizzano delle iniziative con i residenti all´estero, tranne Galatro, dove mai ho sentito che si faccia nulla.
    Contate su di me e sull'organizzazione che io presiedo, ovvero il Coordinamento Donne Italo-Argentine, dove sicuramente si riuniranno tantissimi galatresi e saremo felici di partecipare a questo evento.
    Sono Raffaela Cuppari; nata a Galatro, emigrata, da piccola, per riunirci con il mio genitore Rocco Cuppari.
    A Buenos Aires c´è anche l'Associazione della Vergine della Montagna, che si festeggia la seconda domenica del mese di settembre, tutti gli anni, dal 1965, dal momento che un gruppo di galatresi si sono riuniti per avere uno spazio d´incontro tra tutti noi.
    Se lo credete opportuno, possiamo anche contribuire con qualche nostra idea per questo possibile stupendo incontro. So che le Regioni sono disponibili a favorire questo tipo d´incontri.
    Auguroni, a presto.
    Raffaela Cuppari
    Presidente Coordinamento donne italo argentine
    E-mail: donneitarg@fibertel.com.ar
    Sito dell'organizzazione: www.coorditar.com.ar

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