(1.8.08) RICORDANDO DON ROCCO DISTILO (di Michele Scozzarra) - Sono passati trentacinque anni. Il 2 agosto del 1973, Don Rocco Distilo moriva improvvisamente a Galatro: in quel caldo pomeriggio di agosto, quando le sorelle andarono a svegliarlo dal sonno pomeridiano, lo trovarono morto.
Ricordo ancora lo sgomento di quei momenti... e lo ricordo bene, perché io ero uno dei chierichetti di don Rocco, lo seguivo passo passo, e la sua morte mi ha turbato non poco: era il "mio" prete, il prete della mia infanzia, al quale erano legati tutti i miei ricordi collegati alla Chiesa, ed alla Chiesetta del Carmine in particolare.
Per questo, nel ricordare don Rocco, voglio evitare di cadere nella fredda commemorazione, e provo anche una certa paura nello scrivere di lui, non volendo sciupare con le mie tappe cronologiche, il caro ricordo di una presenza amica che mi ha accompagnato fino al giorno della sua morte.
Don Rocco Distilo è nato a Galatro, da Domenico e Maria Annunziata Zito, l'11 novembre 1908. Frequenta le scuole elementari a Galatro e, nell'anno scolastico 1923/24, entra nel Seminario vescovile di Mileto, dove frequenta i cinque anni di ginnasio e ottiene la licenza con la media del 10. A Catanzaro, presso il Seminario Teologico "Pio X", frequenta il liceo filosofico e ottiene la licenza liceale con 10 e lode.
Doveva frequentare il corso di teologia nello stesso Seminario, ma ha dovuto interrompere gli studi perché chiamato a fare il militare. Svolge il servizio presso il Comando Distrettuale di Ascoli Piceno, dove sta al fianco del Col. Francesco Pancrazio, il quale conosciute le doti morali ed intellettuali di don Rocco, gli fa un elogio che è stato pubblicato sul "Giornale del Soldato".
Nell'anno 1933, ottenuto il congedo, andò a Firenze, presso il Collegio "Alla Querce" di San Domenico di Fiesole, dove frequentò i primi tre anni di Teologia. Il quarto anno, l'ultimo, per volere di Mons. D. Paolo Albera, al tempo Vescovo di Mileto, lo frequentò a Catanzaro, presso il Seminario Teologico "Pio X".
Il 1° agosto 1937 viene ordinato sacerdote. Il 1° ottobre dello stesso anno viene mandato quale parroco a Feroleto della Chiesa, dove svolge il suo apostolato per ben 17 anni.
Nel 1954 gli viene affidata la Parrocchia di Maria SS. delle Grazie a Monsoreto, e qui resta per sei anni.
Nel 1961 viene nominato Arciprete della Parrocchia di San Nicola in Galatro, ove esercita la sua missione fino alla morte.
Ma, oltre questi riferimenti biografici, posso dire di aver conosciuto bene don Rocco, solo da grande, dopo aver letto i suoi scritti, nei quali ne ho scoperto l'intelligenza, il temperamento, la sensibilità e la fede.
Don Rocco era dotato di una invidiabile cultura filosofico letteraria, scrisse tanti articoli su molte riviste, ha avuto dispute filosofiche con filosofi di grande fama e scrisse moltissime poesie in lingua ed in vernacolo.
Dai suoi scritti, da "Prime luci nella valle" a "Di sentiero in sentiero", da "Uno è l'amore" a "Giornate di sole" (pubblicato nel 1981, quando è stata intitolata al suo nome la Scuola Media Statale di Galatro), risalta la preoccupazione fondamentale di don Rocco, cioè quella di fare della Chiesa il punto di riferimento dei suoi giudizi, non rinunciando a giudicare nessun avvenimento, piccolo o grande che fosse, da un punto di vista della vita e della realtà cristiana.
Don Rocco ha avuto molte onorificenze e moltissimi critici hanno parlato di lui. E' stato anche un suonatore di organo e pianoforte e ha composto diversi inni sacri e tante opere musicali. Ma, soprattutto, è stato un predicatore di gran fama: moltissimi sono i panegirici tenuti nei vari paesi della Calabria in occasione delle feste religiose.
Sono passati trentacinque anni da quel 2 agosto del 1973: le sorelle non hanno toccato niente nella sua stanza, ancora oggi è così come l'ha lasciata don Rocco, in quel caldo pomeriggio di trentacinque anni fa.
Ed io che ho avuto modo di apprezzare le tante qualità di questo figlio della nostra Calabria innamorato della Chiesa, ancora oggi, ogni qual volta mi ritrovo a guardare verso la finestra della sua stanza, mi sembra ancora di vederlo, con l'immancabile sigaretta in mano, il colletto slacciato per il sudore... e mi sembra ancora di udire il suono maestoso del pianoforte.
Ma don Rocco non c'è più, ora non vive più tra le sue stanze, ma vive nella gloria di Dio, dove è stato accolto dalla Madonna che ha tanto amato e predicato, dai suoi genitori, dai suoi parrocchiani, dai suoi amici...
E sono sicuro che, da lassù, guarda anche a noi che ci ricordiamo di lui.
E intercede per noi...
Nella foto: Don Rocco Distilo a Roma in piazza S. Pietro.
(4.8.08) IN RICORDO DI MIO FRATELLO PASQUALE (di Guerino De Masi) - Ho letto ciò che Michele Scozzarra ha scritto sulla ricorrenza della morte di Don Rocco Distilo e mi sono reso conto che quasi esattamente otto anni prima, moriva mio fratello Pasquale.
Di getto ho scritto il testo seguente.
E' con voi della Redazione che innanzi tutto sentivo il bisogno di comunicare. Siete oramai miei confidenti. Ho molta stima delle vostre persone e del servizio che rendete a tutta la comunità e questo mi conforta già sufficientemente.
Mi auguro che ci sia un futuro luminoso ed incoraggiante per la nostra cara Galatro, per un giorno dimenticare quanto di penoso in questi anni si sta vivendo nel nostro paese.
Credo che saranno persone come voi che potranno dare una svolta positiva. Penso che sia possibile, e prego il Signore che guidi e benedica uomini e donne come voi per il bene di Galatro.
Vi saluto quindi con tutta la mia stima ed affetto cristiano.
* * * * *
Quella domenica mattina, era il 1° Agosto del 1965, Pasquale, l’unico figlio di Peppi ‘i Masi e Meluzza Simari che provvedeva al sostentamento della famiglia facendo il boscaiolo in Francia, si alza presto. Non come durante i giorni feriali in cui già dall’alba, assieme ad Adriano, marito di Rachelina, si apprestava già ad un’altra faticosa giornata nei boschi del sud-est della Francia.
Quella domenica, disse alla mamma che doveva recarsi alla vicina officina meccanica di Vizille per procurarsi una tanica di olio esausto per la lubrificazione della catena della sua indispensabile motosega Dolmar.
Pasquale curava con molta attenzione questa grossa motosega essendo uno strumento fondamentale per l’abbattimento delle conifere in alta quota tra le montagne dell’Isére.
I fratellini erano ancora a letto quando, inforcata la sua “motobecane”, salutava la sua cara mamma e si avviava su quella breve strada che da l’Ile de Falcon lo conduceva fino a Vizille.
La motobecane era il motorino del padre, un cinquantino che Pasquale utilizzava quando occorreva portare qualche carico più gravoso del solito. La bicicletta era di gran lunga da lui preferita al veicolo a motore. Quando Guerino era ancora a casa, prima che andasse in quella scuola alberghiera nel Jura, si facevano delle gran gare tra motorino e bicicletta, ma Pasquale non si faceva mai distanziare e come il vento pedalava dietro al motorino dovendo a volte frenare per non investirlo.
La Peugeot 404 Diesel Limousine era guidata solo da Nazzareno che avendo venti anni aveva la sua “patente”, il “Permis de Conduire”. Pasquale non aveva ancora che diciassette anni e doveva aspettare ancora il 28 Febbraio del 1966 quando avrebbe compiuto i suoi diciotto anni per poterla guidare. Pertanto, essendo Nazzareno finanziere nel Brennero, l’auto rimaneva chiusa in Garage.
Pasquale non se ne dispiaceva. Allegramente svolgeva la sua attività senza mai brontolare o pretendere qualcosa e pur essendo rimasto solo in casa, non faceva pesare a nessuno il fatto d’avere sulle sue sole spalle, l’onere del sostegno di famiglia.
Nazzareno, avendo preso la sua strada nella Guardia di Finanza, non poteva certamente dopo poco più di un anno essere di vero sostegno finanziario per la famiglia. Così neanche Guerino che allora quindicenne, nella scuola alberghiera in cui si trovava, poteva solo usufruire del vitto e alloggio. Per lo meno, nessuno dei due era un peso per le finanze esigue della famiglia.
Il Padre, Peppi ‘i Masi, si era ammalato quello stesso anno di “angina pectoris”, per cui dovette assolutamente smettere con il duro lavoro del boscaiolo.
La Madre, Meluzza Simari, doveva accudire in casa, con ancora altri tre bambini il più grande dei quali, Alfredo, aveva solo nove anni. Degli altri due, Mario, il più piccolo di quando siamo partiti da Galatro, aveva sette anni e Raffaele, l’ultimo nato in Francia, ne aveva cinque.
In quei giorni d’estate, il padre era in visita dalla figlia Auriemma col marito Rocco Marazzita a Gorgonzola. In casa aspettavano il suo ritorno proprio quel primo Agosto.
Tutti erano ansiosi d’avere notizie dall’Italia.
Certamente Pasquale voleva essere presente al suo ritorno per godere assieme al resto della famiglia delle buone notizie che il padre portava. La sua decisione d’andare a Vizille di prima mattina gli doveva dunque permettere di sbrigarsi in tempo per poi poter conversare con il padre non appena sarebbe arrivato.
Inoltre desiderava avere anche notizie di quelle famiglie che pochi mesi prima aveva conosciuto in occasione della loro visita di Pasqua a Gorgonzola. Si trattava di splendide persone che avevano trasmesso a Pasquale, come pure a Domenico ed ai genitori, una folata di aria fresca e nuova. Queste persone avevano un linguaggio familiare alla mamma ed al padre Peppi ‘i Masi. Erano semplici operai, ma conoscitori e facitori di una fede cristiana che si distingueva da quella che il padre Peppi aborriva a seguito della sua esperienza durante la guerra che aveva fatto di lui un “mangiapreti”. Questi parlavano del Signore Gesù.
La mamma era figlia di Michele Simari e sorella di Antonio, quei “protestanti evangelici", che di ritorno da Buenos Aires, negli anni 20, hanno portato a Galatro la loro fede ed il messaggio evangelico fino ad aprire un luogo di culto in casa di “Pinnolaro”. Fin da bambina aveva dunque ascoltato la lettura della Bibbia, quando ancora questa non era consigliata, per non dire vietata, alla gente comune. Non da meno Peppi ‘i Masi, che sin da giovanotto ebbe contatto con questa mite famiglia Simari fino a sposarne la figlia, malgrado i pregiudizi dei familiari e degli amici.
Ma tutto questo era sparito fino a quel benedetto giorno di Pasqua del ’65 quando udendo un certo Domenico Pace, lucano, emigrato in Lombardia qualche anno prima, semplice operaio, praticamente analfabeta, che parlava del Signore Gesù e del meraviglioso messaggio di salvezza che Dio offriva a chiunque con il Vangelo, il padre Peppi disse: “chisti sì cà sugnu cristiani!”.
La pace e la serenità che entrarono in casa dei Demasi da quel giorno vedono il loro radicarsi in ogni componente della famiglia, per la lettura quotidiana della Bibbia che si faceva a casa. Attorno al tavolo, in cucina, ci si riuniva senza alcuno schema predefinito o ordinato, ma con semplicità di cuore e con il desiderio di conoscere ciò che Dio voleva dire ad ognuno. Pasquale ne era leader, con il suo entusiasmo, la sua allegria ed il suo zelo. Era lui che pregava a tavola prima dei pasti, e questo sia a casa che nei boschi dove il lavoro lo tratteneva.
Il padre che tornava da Gorgonzola, avrebbe certamente raccontato di queste famiglie e di cosa aveva ancora ascoltato visitandole.
I pochi chilometri che erano da percorrere per arrivare a Vizille furono brevi e presto Pasquale si dedicò al riempimento della sua tanica per l’olio esausto che il gestore del distributore/officina gli permetteva di procurarsi.
Erano quasi le dieci di quella domenica mattina.
La tanica ben legata sul porta pacchi del motorino con i soliti elastici a gancio.
Pasquale è fermo sul ciglio della piccola carreggiata in procinto di prendere la strada del ritorno.
Una camicia a quadri azzurri, con maniche corte sotto il giubbone che lo proteggeva dall’aria del mattino. Pantalone di tela leggera per la domenica e un paio di scarpette ai piedi.
Il motorino di piccola cilindrata era sì assicurato, essendo d’obbligo per legge in Francia, ma non era d'obbligo indossare il casco.
La Renault R8 che sopraggiungeva faceva il classico rumore che tanto piaceva ai giovani.
L’accelerazione era forte. Certamente l’autista stava gustandosi l’ebbrezza della guida di un'auto così agognata da tutti i ragazzi diciottenni. Lui era neopatentato e probabilmente voleva far notare il suo ingresso nel paesino. Ma un’auto sopraggiungeva dal lato opposto ed egli doveva per forza incrociarla là, dove Pasquale era in attesa.
La strada non era certamente molto stretta, e due auto potevano facilmente transitare in quel punto. Ma vuoi per l’inesperienza del giovane autista, vuoi per l’eccessiva velocità (pare che andasse a cento all’ora), il neopatentato strinse più del dovuto a destra.
L’impatto fu terribile.
L’auto andò ad investire in pieno Pasquale in sella al suo motorino.
La violenza dell’urto fece piroettare in aria Pasquale, strappandogli una scarpa dal piede che fu poi ritrovata sul tetto della casa a due piani del meccanico.
La tanica d’olio esausto volò pure rompendosi e spargendo il suo nero liquido ovunque.
Pasquale ricadde rovinosamente a testa in giù.
Il suo giaccone riportava l’unico segno dell’impatto per uno strappo alle spalle.
Quando sopraggiunse l’ambulanza, Pasquale era a terra, moribondo, coperto e imbrattato da quell'olio esausto.
Fu trasportato direttamente a Grenoble in direzione dell’ospedale La Tronche ma, durante il tragitto, fu deciso di andare all’obitorio, essendo Pasquale morto per la rottura del collo.
Un certo sig. Dialey, che passava con la sua Vespa, riconoscendo Pasquale, andò subito ad avvisare la mamma della sciagura.
La famiglia Dialey era una delle pochissime a l’Ile de Falcon ad avere il telefono. Da casa sua furono fatte le telefonate più urgenti a tutti i figli.
Il Padre era in viaggio di ritorno in treno e non si è potuto informarlo.
Per prima sopraggiunge Rachelina e accorre con la madre in obitorio.
Guerino arriva nel tardo pomeriggio dopo un costoso viaggio in pullman.
Quando il padre arriva è il piccolo Raffaele a corrergli incontro dicendogli subito: “Pascal est mort!”
Il villaggio intero si strinse attorno alla famiglia. “Pepette”, l’amichetta tredicenne di Pasquale indossò il lutto e tutti i ragazzi del paese vennero in casa dimostrando la loro simpatia e partecipazione al lutto che colpiva la famiglia “Demazì”.
Arrivarono pure Auriemma e Rocco con Domenico e sua moglie Caterina in macchina, una vecchia Topolino, con la quale attraversarono le Alpi. Un viaggio di più di quattrocento chilometri su strade di montagna. Come avranno fatto?
La presenza di Rocco Marazzita fu preziosa in quelle ore, quei giorni di profonda tristezza e di sconforto per tutta la famiglia. Egli seppe, con le sue parole, dare consolazione e speranza cristiana al bisogno profondo dell’anima di ognuno.
Il padre decise di trasportare la salma per essere sepolta a Galatro. Nessuno ha pensato, oppure osato, dissuaderlo da un simile progetto per le difficoltà ed il costo cui si andava incontro.
Due giorni dopo, il carro funebre partì da l’Ile de Falcon per l’Italia, con il padre a lato della bara e Guerino a fianco dell’autista.
Ci fu una breve tappa a Gorgonzola ed il viaggio riprese per la volta di Galatro.
Il caldo estivo rese difficile la permanenza nel carro funerario per via dell’odore che la bara emanava. La strada dopo Salerno, attraverso la Valle Lucana, sembrava interminabile.
Finalmente, giunti a Galatro, una folla impressionante riempì la via Regina Margherita ed il corteo si incamminò verso il camposanto dove Guerino svenne, sopraffatto da tanta fatica ed emozione.
Tra gli intervenuti, Domenico Simari rammentò la sua visita in casa dei Demasi in Francia ed i suoi ricordi di Pasquale che non c’è più.
La morte di Pasquale marcò il tempo di un cambiamento profondo nel padre Peppi ‘i Masi e nei fratelli, tra cui Guerino che adesso vuole ricordarlo a distanza di quarantatre anni.
Davanti al corpo esanime sul tavolo freddo dell’obitorio a Grenoble, Guerino si era posto la domanda: dove sarei io adesso se fossi al suo posto? Ed ancora: come è possibile che tutto sia finito così, che mio fratello non c’è più?
Un anno dopo, superato il dubbio innato sul cosa c’è dopo la vita, avendo trovato ciò che rendeva così sereno e felice Pasquale, anche Guerino, come tutti i suoi fratelli, uno alla volta, riceveva Gesù nella sua vita come Salvatore e Signore credendo che alla croce Egli, il Cristo, si era caricato di tutti i suoi mali per dargli la vita, una vita eterna che non finirà mai.
Oggi, primo Agosto 2008, voglio ricordare e onorare la memoria di mio fratello Pasquale Demasi, morto in Francia quella domenica mattina del primo Agosto 1965.
(10.8.08) AMBIENTE: SCORIE RADIOATTIVE O CIBI STRANI? (di Michele Scozzarra) - Qualche settimana addietro Vito Sofrà, intervenendo su un problema di primo piano, quale è quello della salvaguardia della salute nel nostro ambiente, faceva notare come, nel nostro paese si registrano tanti, forse troppi, decessi per malattie gravi... ponendo una domanda per un controllo più efficace del territorio, per cercare di capirne la causa.
Ricordava come a Cosoleto il Sindaco ha denunziato un problema analogo, definito di eccezionale gravità, mettendo in risalto l’incidenza di mortalità determinata da malattie tumorali all’interno del suo Comune: “solo negli ultimi dieci anni si è registrata poco meno della totalità dei decessi quasi esclusivamente a causa del male incurabile e l'incidenza di morte per cause tumorali è superiore al novanta per cento”.
Concludeva, poi, il suo intervento, chiedendo a me di dare un giudizio su questa problematica, per quanto riguarda il nostro paese.
Ammetto che non so cosa rispondere: innanzitutto perché non ho, a riguardo, alcuna competenza; in secondo luogo perché non mi va di creare delle “favole metropolitane” che hanno sola la funzione di portare allarmismo, spostando forse il problema dalla sua reale dimensione, che non è quella di fantomatiche scorie presenti nel nostro territorio.
Qualche anno addietro, su un noto settimanale a tiratura nazionale, è apparso un articolo nel quale si metteva in risalto, come nei Comuni di Galatro e Brattirò l’incidenza di morte per cause tumorali, in rapporto alla popolazione, era tra le più alte registrate nel territorio Nazionale. Penso che qualcuno qualche piccola indagine l’ha pure svolta, soprattutto nella zona circostante la Diga... ma di radioattività, o altre cose del genere, sembra non si sia riscontrato niente.
Quindi ogni allarmismo a riguardo, a mio avviso, è inutile... Forse è il caso di spostare la mira da qualche altra parte... Dove il problema è serio veramente...
E’ inutile negare che le abitudini alimentari, anche nel nostro piccolo paese, sono molto cambiate e, per molti versi, non sono diverse da quelle delle grandi città: andiamo a comprare nei grossi supermercati, dove non sappiamo quello che mangiamo da dove proviene, chi lo produce, come è arrivato nelle nostre tavole.
Abbiamo visto nei giorni scorsi che stavano mettendo sul mercato dei generi alimentari surgelati, scaduti già nel 1998... e non penso che questo è il solo caso... ma non voglio andare oltre...
Abbiamo in ogni stagione, ogni tipo di ortaggi e frutta che non sappiamo come è stata prodotta e da dove viene... Per mangiare un’anguria o un melone, o altra frutta di cui non è accertata la provenienza, bisogna avere a portata di mano il Malox... Non sappiamo cosa transita e dove hanno sede le coltivazioni agricole e gli orti che entrano nella grossa catena alimentare di distribuzione...
Penso che queste sì, veramente, stanno diventando strumento fertile per tante terribili malattie...
In parole povere siamo in una realtà dove non sappiamo cosa mangiamo e cosa beviamo... e chi di noi entra in un qualsiasi supermercato alimentare, non può non accorgersene che qualsiasi cosa viene comprata “a scatola chiusa”... Non è raro il caso che si porta a casa un prodotto alimentare senza neanche sapere cosa è, che sapore ha, con che cosa è stato preparato...
Ma... oggi come oggi, non abbiamo alternative! O ti mangi la minestra o ti butti dalla finestra...! Nessuno di noi ha la possibilità di attingere al suo “orto” il proprio fabbisogno alimentare, per questo, diciamo semplicemente che, siamo nelle mani di Dio e che il Signore ci assista e ci guardi Lui, da quello che non solo non possiamo vedere, ma non possiamo neanche sospettare di mettere sulle nostre tavole.
Non avendo, e potendo, altro da dire a riguardo, prima di chiudere questa parentesi “ambientale”, voglio ringraziare tutte quelle persone che, negli ultimi tempi, hanno scritto al sito di Galatro Terme News, con delle parole lusinghiere verso i miei articoli...
Posso solo dire che ringrazio tutti... non è peccato di presunzione dire che mi fa piacere che i miei articoli vengano apprezzati...
I fatti della vita, la realtà delle cose con la quale siamo costretti a confrontarci ogni giorno, portano chi scrive a misurarsi con la passione che lo anima, nella consapevolezza che solo partendo da uno sguardo positivo, e non solo superficiale sull'ambiente nel quale viviamo, si può combattere la cultura della negatività e dell'incertezza e si può realmente costruire qualcosa di reale e di diverso dalla debole filosofia che inneggia alla cultura dell'effimero e del nulla.
Non posso dire altro che: "grazie" a chi ha la pazienza di leggermi e “grazie” anche a Galatro Terme News che mi da la possibilità di divulgare, per i miei forse meno di venticinque lettori per niente annoiati dalle cose che scrivo, i miei modesti servizi... con la consapevolezza, penso non solo da parte mia, che nel "mortorio" culturale nel quale "vivono" tanti nostri paesi, la presenza di un giornale rappresenta un segno di grande sfida e coraggio che porta grandezza al nostro ambiente.
E, in momenti di magra come quelli attuali, un pò di grandezza non guasta. Anzi ne abbiamo bisogno per vivere!
Nelle foto: a sinistra in alto Michele Scozzarra; in basso a destra pomodori di varie tipologie e di incerta origine.
(25.8.08) RIFIUTI NOCIVI E CONSEGUENZE NEFASTE (di Nicola Marazzita) - Intervengo sollecitato dalle preoccupanti considerazioni postate da Vito Sofrà su questo sito qualche settimana fa, sulle nefaste conseguenze di possibili depositi di rifiuti nocivi nel nostro territorio e sulle altrettanto interessanti valutazioni di Michele Scozzarra. Confermo sicuramente che i problemi posti sono seri ed evidenziano un argomento molto dibattuto negli anni novanta e sul quale molte procure della Repubblica hanno avviato indagini complesse, peraltro ancora non concluse. Non sono peregrine, dunque, le preoccupazioni di Vito Sofrà. Senza “creare allarmismo” e attenendomi ai “fatti” tenterò di ricordare a me stesso e a tutti voi avvenimenti vissuti in prima persona. All’inizio degli anni novanta ricoprivo la carica di Assessore presso la Comunità Montana Tirrenico settentrionale con sede a Cinquefrondi. Fortemente preoccupati, come Ente Territoriale, per i numerosi episodi di morti per gravi patologie tumorali nel territorio, avviammo un’indagine, di concerto con l’allora Unità Sanitaria Locale (USL) ed i Comuni interessati, al fine di accertare se vi fosse un’incidenza maggiore di tali patologie nel territorio della Comunità Montana rispetto al dato regionale e nazionale. Nel corso della lunga e travagliata indagine venimmo a conoscenza, soprattutto attraverso i contatti avviati con le Procure della Repubblica interessate e Legambiente, degli intrecci inquietanti tra clan mafiosi calabresi ed operatori economici senza scrupoli per lo smaltimento illegale di rifiuti tossici e radioattivi.
Per motivi che tutti possono comprendere riporto situazioni verificabili e ampiamente trattate nei processi o riferiti dai giornali nazionali.
L’inchiesta ebbe inizio con la presentazione da parte del Dott. Enrico Fontana, dirigente nazionale di Legambiente, dell’esposto presso la Procura di Reggio Calabria indicante i sospetti del traffico di rifiuti tossici tra le regioni del nord e la Calabria.
Iniziavano le indagini che venivano affidate al dott. Francesco Neri Sostituto Procuratore presso la Procura della Repubblica di Reggio Calabria e grande esperto in tema di ambiente e di rifiuti. Per meglio inquadrare i fatti riporto stralci dell’intervento di Giacomo Saccomanno, Presidente del Centro di Azione Giuridica di Legambiente Calabria:
“…Dopo mesi di indagini veniva fuori un quadro inquietante…
L'inchiesta subiva un brusco arresto, in quanto il Ministero non dava alla Procura di Reggio Calabria l'autorizzazione ad eseguire una perizia tecnica sulle navi, che risultavano affondate dinanzi a Capo Spartivento, in una frattura del terreno, ove la profondità marina era rilevantissima. La Legambiente, tramite il sottoscritto, si rivolgeva alla Corte Europea dei
Diritti dell'Uomo per denunciare la violazione della Convenzione in relazione al comportamento omissivo assunto dal Ministero che impediva, di fatto, la prosecuzione delle indagini. Nel frattempo, però, sul problema calava un tenebroso silenzio!
Da voci di corridoio sembrerebbe che l'indagine avesse raggiunto livelli molto alti e che il traffico si riferisse a scorie nucleari, oltre che ai rifiuti tossici. In sostanza, sembrerebbe, che dei calabresi emigrati in Liguria abbiano cominciato, circa venti anni fa, ad interessarsi di rifiuti e che nello spazio di pochi anni abbiano costruito una fortuna ingente. Quando, nella terra ligure i problemi sono diventati tanti, per le indagini assunte dalla magistratura del luogo, i suddetti personaggi trasferivano i loro interessi nelle altre regioni del nord Italia, continuando dapprima il traffico con i rifiuti tossici e poi, successivamente, interessandosi di quelli nucleari. In tale traffico venivano individuati anche possibili responsabilità di alcuni governi europei che affidavano le scorie radioattive ad una società, che si impegnava alla loro eliminazione tramite l'inserimento di queste in tubi di acciaio, che poi dovevano essere conficcati - secondo i contratti - a grandi profondità nel terreno.
Sembrerebbe, invece, che tali scorie venivano consegnate a dei clan mafiosi che provvedevano a caricarle su delle vecchie navi, con l'indicazione di trasporto di polvere di marmo, e, dopo una sosta a Livorno, venivano affondate nel Mediterraneo e, particolarmente, dinanzi a Capo Spartivento, esistendo ivi una fessura marina profondissima. Con tale operazione i clan ricevevano il pagamento per la eliminazione delle scorie radioattive e, contemporaneamente, ricevevano il pagamento, da parte delle assicurazioni, del valore delle navi e della merce dichiarata. Ma, un altro particolare risulta altamente inquietante: nella sosta presso Livorno una parte delle scorie, sembrerebbe, che venisse ripulita per riportarla all'origine e venderla poi ai paesi dell'Africa per la realizzazione della bomba atomica!! In cambio, i clan ricevevano il pagamento in oro che investivano per l'acquisto di armi, da rivendere ad altre nazioni. Per tali indagini, nel mentre si portava a Livorno per eseguire dei sequestri, decedeva, misteriosamente, un coraggioso, valente ed intuitivo ufficiale della Capitaneria di Porto di Reggio Calabria. Dapprima, sembrava che lo stesso fosse stato avvelenato, poi l'inchiesta moriva sul nascere... In tale giro si scoprivano responsabilità di persone molto importanti rivestenti, al tempo, alte cariche.
Inquietante, però, era il risvolto calabrese: i clan spesso facevano scaricare i fusti in mare oppure in discariche abbandonate o, ancora, in grotte ed in zone ove vi erano lavori di sbancamento terra. E tale circostanza veniva, anche, comprovata dallo strano aumento dei casi di tumore in alcune zone e con caratteristiche precise, in relazione alle possibili radiazioni nucleari. Nel corso delle indagini, sembrerebbe, che siano stati scoperti fusti abbandonati ed un perito, che era stato incaricato di rilevare la presenza di fusti nei pianori di Zomaro, veniva minacciato e fatto allontanare.
…L'inchiesta, in considerazione dei personaggi e delle questioni trattate, veniva trasmessa per competenza alla Procura Distrettuale Antimafia.
A parte il lungo e successivo silenzio, sembrerebbe che le navi sospette e affondate dinanzi a Capo Spartivento non vi siano più: abbaglio ed errore iniziale o qualcosa di molto, molto più inquietante?”
C’è di che preoccuparsi.
Magra consolazione è sapere che ad essere coinvolte nelle inchieste sullo smaltimento di questi rifiuti vi sono diverse regioni italiane: Piemonte, Lombardia, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Lazio, Abruzzo, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria e Sicilia. A dimostrazione di come, purtroppo, la criminalità ha esteso le sue attività, passando dal semplice controllo delle discariche abusive al trasporto e alla commercializzazione dei rifiuti tossici e radioattivi, costituendo quindi, una vera catena di produzione. "...A Santa Domenica di Talao, in provincia di Cosenza, sono state rinvenute in una vecchia fornace rifiuti ospedalieri provenienti dal alcune USL Marchigiane. In Aspromonte, invece, la magistratura sospetta la presenza in cavità naturali di bidoni di scorie radioattive provenienti dal Nord Europa. Materiali radiocontaminato è quasi certamente sepolto nel mar Jonio, nel basso Adriatico e nel Tirreno". È tutto finito? Pare proprio di no! Il settimanale l’Espresso, che già si era ampiamente occupato della vicenda rifiuti con una serie di reportage nel 2005, ritorna sull’argomento con un articolo da Reggio Calabria datato primo Luglio 2008.
“Si infittisce il mistero attorno ai legami tra l’omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin avvenuto a Mogadiscio nel 1994, il traffico di scorie radioattive e l’affondamento di navi nel Mediterraneo.
(…) Il procuratore Neri, per difendersi dalla querela sporta dal presidente somalo Ali Mahdi (ora archiviata), è tornato a studiare le carte della vecchia inchiesta. Una documentazione corposa che raccoglie informazioni determinanti sull'attività di Giorgio Comerio, presidente della società “Oceanic disposal management” (Odm), personaggio già incriminato per frode e truffa, definito in un’informativa dei carabinieri sicuramente massone e appartenente ai servizi segreti argentini, attualmente irreperibile. Entra a pieno titolo nell’inchiesta di Neri nel 1995 dopo la segnalazione del procacciatore di affari Elio Ripamonti, al quale Comerio aveva parlato della possibilità di smaltire scorie nucleari attraverso dei container posizionati in siluri d’acciaio da collocare sul fondo marino a 400 metri di profondità. …Filmati relativi a esperimenti tecnici internazionale sono in esclusiva disponibili sul sito dell’Espresso e documentano la realizzazione di questi penetratori destinati a smaltire nelle profondità dei mari ingenti quantità di rifiuti tossici.”
Il discorso si fa sempre più lungo ed intricato, ma non bisogna aver paura di affrontarlo, anzi sarebbe opportuno che se ne occupassero con più coraggio anche le Istituzioni Locali, le quali farebbero bene, per un momento, a dismettere i panni “festaioli” e dare risposte ai calabresi che hanno il diritto di sapere “cosa sia successo e se, veramente, vi sono le scorie radioattive che rendono il territorio pericolosissimo per la vita dei cittadini e per la stessa esistenza dell'equilibrio ambientale. Un dato crea, comunque, una grande inquietudine: i tumori in Calabria sono aumentati spaventosamente e sono superiori alla media italiana ed a quella europea: una coincidenza o qualcosa di molto più grave ed inquietante!”
(9.9.08) BENVENUTO AL NUOVO VICEPARROCO (di Carmelo Panetta) - Benvenuto tra noi Don Giuseppe,
a nome mio personale e della comunità civile che mi onoro di rappresentare, in questo momento che segna l’avvio del Suo importante e delicato cammino di fede, sento di poterLe dire Benvenuto nella nostra comunità, nella consapevolezza che tra noi sarà come a casa Sua: tra persone che La stimeranno e Le vorranno bene.
Un saluto di benvenuto anche ai suoi famigliari che oggi vedono coronate le Sue aspirazioni e, felici come non mai, l’accompagnano per festeggiare con Lei e con noi l’inizio del Suo mandato sacerdotale.
Meno di quattro mesi addietro ci siamo trovati riuniti per salutare il Suo predecessore che finiva il periodo di “apprendistato” e si accingeva ad assumere il delicato impegno parrocchiale. Lei con il predecessore, oltre che dalle comuni incombenze, è accomunato dal nome: Don Giuseppe.
Forse per un preciso proposito della Provvidenza anche in questo particolare dobbiamo intravedere il segno della continuità.
Soprattutto nella continuità del lavoro con i giovani e con i giovanissimi per prepararli ad affrontare in maniera consapevole le insidie che la quotidianità non di rado riserva loro anche nei nostri piccoli ambienti.
Sappiamo che in questi ultimi tempi ha già lavorato insieme a gruppi giovanili. I giovani sono la ricchezza principale di ogni comunità poiché da loro dipende il futuro della società; sono il “gruppo della speranza”.
In loro c’è una forza e un potenziale dinamico e propulsivo che Lei saprà motivare e ben indirizzare.
Sappiamo che Don Cosimo, oberato da impegni diocesani, li affida alle sue cure, affinché nella freschezza dell’impegno sacerdotale, contribuisca alla loro crescita e ne stimoli la propensione alla condivisione ed al superamento di ogni campanilismo ed alla partecipazione sociale e solidale.
Siamo certi che Lei, caro Don Giuseppe, abbinando la preparazione alle giovanili energie ed alla voglia di operare, sotto l’esperta ed illuminata guida del nostro Don Cosimo, con capacità ed abnegazione porterà avanti l’importante missione che oggi Le viene affidata.
Qui a Galatro Lei trova una comunità attenta, consapevole dei doveri che i cristiani hanno rispetto alla missionarietà della parrocchia; una comunità che è desiderosa di crescere sempre più nel proprio cammino spirituale. La nostra, infatti, è una collettività che vuole continuare a essere una famiglia solidale, aperta, attenta ai bisogni dei deboli e dei poveri, disponibile al dialogo, convinta che, per il bene comune, è necessario accogliere l’individualità dell’altro, poiché solo nel riconoscimento di una pluralità di idee, è possibile reciprocamente arricchirsi ed avvicinarsi alla verità.
Nella nostra comunità la Parrocchia e l’Amministrazione comunale lavorano in totale sintonia per realizzare un obiettivo comune: creare risorse utili a vantaggio degli altri.
In quest’ottica l’Amministrazione, pur nei ristretti limiti delle disponibilità finanziarie, non ha mai esitato in passato - e non esiterà certamente in futuro - ad elargire contributi destinati ad interventi finalizzati al miglioramento di strutture nelle quali i sacerdoti e gli educatori agevolino la socializzazione e curino la crescita morale dei nostri giovani.
Cerchiamo, insomma, di essere vicini alla Chiesa nella consapevolezza che Essa è sempre vicina ai bisogni dei cittadi-ni.
In questo quadro di totale collaborazione, pertanto, così come nel recente passato siamo stati vicini al Suo predecessore, sin da oggi e per il futuro, l’Amministrazione comunale ed il sottoscritto restano a Sua disposizione per ogni necessità.
Concludendo: nel ringraziare pubblicamente e calorosamente Don Cosimo per il lavoro che da anni sta pazientemente portando avanti per la crescita della nostra comunità, a Lei, Don Giuseppe, desidero formulare il sincero e paterno auspicio che la permanenza galatrese, sotto la guida del colto ed esperto nostro parroco, sia ricca di frutti e feconda di quelle esperienze umane e professionali che Le consentiranno poi, nel volgere di qualche anno, di ricoprire con sicurezza e tranquillità l’incarico di responsabile di una parrocchia.
Con questo augurio, dunque, Le ripeto ancora: Benvenuto tra noi, Don Giuseppe, e buon lavoro!
(18.10.08) ANCORA SUI RIFIUTI... SIAMO DAVVERO APPESTATI DAI VELENI? (di Michele Scozzarra) - Sono passati quasi due mesi dalla pubblicazione del provocante intervento (possiamo definirlo una denuncia vera e propria!) di Nicola Marazzita a riguardo dello smaltimento “nascosto” di rifiuti tossici e radioattivi nel nostro territorio: una denuncia precisa e puntuale e, forse, chissà cosa altro c’è ancora dietro, che non sappiamo...
La cronaca di questi giorni, per quanto è successo a Crotone, ci mostra una realtà ancora più terribile di quanto potevamo immaginare... si parla addirittura che il Sisde, sin dagli inizi del 2000 inviò alla Presidenza del Consiglio una nota riservata nella quale evidenziava “forte allarme per un diretto coinvolgimento delle cosche calabresi della ‘ndrangheta nello smaltimento dei rifiuti tossici”. In particolare segnalava l’attività di alcune cosche “operanti nel versante ionico reggino e nel crotonese”... Questo potrebbe generare la convinzione che il “nostro” territorio, e quando dico “nostro” intendo quello nel quale direttamente è inserito, territorialmente, il nostro piccolo paese non è toccato dalla presenza di rifiuti tossici e radioattivi.
Ma a questo punto si inserisce, in maniera chiara ed inequivocabile, la denuncia del nostro Vescovo, Mons. Luciano Bux, il quale il 26 settembre, a Rizziconi, durante l’incontro diocesano non ha usato mezze parole per dire: “C’è il rischio di radioattività nell’acqua della Piana... Non possiamo permetterci di bere neanche la tazzina di caffè preparata dall’acqua del rubinetto perché rischiamo di ingerire sostanze nocive. Tanti gli spettri che si aggirano nelle nostre comunità per debellare tutto quello che è rimasto di buono...”.
In ogni modo non si può ignorare che tutte queste denunce sono state sempre regolarmente censurate sia dai rappresentanti delle istituzioni che dalla stessa popolazione che più di una volta è scesa in piazza per protestare contro “le dicerie degli untori”.
Faccio un esempio, nel mio precedente articolo ho parlato dell’inchiesta pubblicata su “il Borghese” nel 1999, dove a proposito del nostro paese riferiva: “Ma il fenomeno di Brattirò non è isolato. Anche Galatro è nell’occhio del ciclone tanto che, allo scopo di controllare la potabilità dell’acqua, nel paese sono stati installati dei contatori Geiger per misurare la radioattività. Una bomba ecologica di vaste proporzioni sta dunque per esplodere in questa zona della Calabria, fra la strafottenza degli amministratori e l’indifferenza dell’amministrazione regionale distante anni luce dalle emergenze sanitarie”.
Ebbene, se allora a Brattirò si è assistito allo scontro tra i produttori che giuravano sulla genuinità del loro vino ed il parroco che parlava della possibilità che anche il vino era “contaminato” da sostanze cancerogene... lo stesso vediamo oggi a Crotone, dove a fronte di tutte le “bombe ecologiche” esplose, non solo sulla stampa, i produttori del pecorino crotonese giurano sulla genuinità del loro prodotto...
Che dire... forse il business is business è più forte di ogni azione a difesa della salute... e questo potrebbe spiegare l’indifferenza della gente di fronte al problema così come è rimbalzata sui giornali: “E’ strabiliante vedere come la città di Crotone viva in maniera del tutto indifferente quanto sta accadendo negli ultimi giorni. C’è il rischio che si possa scoprire la più grande catastrofe ambientale ed i cittadini trascinano stancamente avanti la vita di tutti i giorni. Le associazioni dopo le prime reazioni non hanno preso nessuna iniziativa affermando che prima c’è da capire a cosa effettivamente si va incontro”.
A questo punto, ritornando alla realtà del nostro territorio, devo dire che non me la sento di evocare catastrofi, inquinamento eccessivo e quant’altro, per diversi motivi.
Un primo motivo è la constatazione che, nel nostro territorio, non vi è alcun “segnale” che faccia pensare che stiamo per assistere alla scomparsa di specie di bosco o di specie di selvaggina: abbiamo un bosco, una natura veramente incontaminati, che sono oggi così come erano secoli e secoli addietro... quindi rischi o segnali di radioattività nel nostro territorio non sembra se ne veda traccia.
Un secondo motivo è che non credo che le autorità inquirenti competenti per il nostro territorio siano così insensibili, tolleranti e strafottenti da “sapere” che in una determinata zona ci sono delle sostanze che mettono a rischio la vita di intere comunità e facciano finta di niente... E’ vero che esistono delle discariche, abusive o meno, che alterano in una certa misura l’ecosistema del territorio... ma le discariche radioattive sono un’altra cosa!...
Certo bisogna essere accorti, non sottovalutare nulla, avere un occhio ed una attenzione particolare verso quello che notiamo, soprattutto quando ci accorgiamo che quello che vediamo non va bene... Qualche anno addietro c’è stato un Comune della nostra provincia che ha buttato i propri rifiuti nella strada di accesso al nostro Paese... Non so che tipo di proteste o iniziative sono state prese dagli amministratori per evitare che abusi del genere possano ripetersi...
Oppure, non so se qualcuno se ne è mai accorto, ma ad ogni temporale nei nostri fiumi si forma una enorme quantità di schiuma che non sarebbe male se a qualcuno venisse in mente, in via del tutto precauzionale e senza alcun allarmismo, di procedere ad una analisi della composizione e natura della schiuma... Le foto che allego sono più eloquenti di qualsiasi discorso...
A conclusione che dire... la vigilanza sul nostro territorio è un compito che non possiamo lasciare solo ad enti e amministrazioni... ognuno di noi deve essere vigilante, anche se non siamo in grado neanche di sospettare come può essere insidiato e maltrattato il nostro territorio... e così come ho detto nel mio precedente articolo sull’ambiente, anche qua posso solo dire che siamo nelle mani di Dio e che ci assista e ci guardi Lui, da tutte quelle pestilenze che non solo non possiamo vedere, ma non possiamo neanche sospettare di avere nel nostro territorio.
Nelle foto: nella prima in alto a destra monticciolo di rifiuti sulla strada d'ingresso a Galatro qualche anno fa; nelle altre, schiume di inspiegabile origine nel fiume Fermano.
(30.10.08) SI PRENDONO PRECAUZIONI PER IL DEGRADO AMBIENTALE? (di Biagio Cirillo) - Leggendo gli articoli pubblicati da Nicola Marazzita e da Michele Scozzarra mi viene la pelle d’oca nel poter immaginare il nostro paese contaminato da sostanze tossiche e radioattive. Eppure, a giudicare dalle foto scattate nel nostro fiume pieno di schiuma, i dubbi diventano quasi certezze dal momento che Galatro è il primo paese che le acque attraversano e quindi a monte non c'è nessuna fabbrica che può scaricare veleni o scorie di qualunque genere.
A questo punto la domanda mi viene spontanea: le nostre autorità e l’Amministrazione Comunale si sono accorte di tutto questo? Se ci sono sospetti d’inquinamento si stanno prendendo le dovute precauzioni? Spero per la popolazione di Galatro che si facciano al più presto degli esami sulle nostre acque e delle indagini su tutto il territorio.
Non possiamo aspettarci che semplici cittadini possano risolvere questioni delicate come queste, anzi, dobbiamo ringraziare Nicola marazzita e Michele Scozzarra per aver scritto articoli di grande importanza per tutta la popolazione galatrese e la Redazione di Galatro Terme News per averli messi a disposizione di noi lettori.
Mi chiedo se nella fascia dei laureati galatresi non ci sia qualcuno laureato in questa materia che possa prendere in mano la situazione, in caso contrario si potrebbe segnalare il tutto all’ASL della zona o a chi di competenza.
Spero in un futuro migliore del nostro paese.
Passando ad altro. Caro Michele Scozzarra ho letto il tuo articolo sul tuo caro papà e mi sono commosso tanto perché tuo padre, come il mio e tanti altri, hanno lavorato e lottato tutta la vita per non farci mancare niente. Oltre a darci la vita hanno saputo trasmetterci sani principi e onestà, hanno saputo educarci, amarci e farsi amare, ci hanno insegnato il rispetto (quello vero). Purtroppo quando vengono a mancare i genitori manca una parte di noi, siamo come una pianta che viene privata dalle proprie radici, ci vuole del tempo e la vita ricomincia, i ricordi belli ci aiutano a crescere più sani e più forti. Continua così Michele, sei grande.
Purtroppo devo porgere le condoglianze a mio cognato Renato per la perdita di suo padre (Michele Cirillo).
Non posso chiudere senza fare i migliori auguri di pronta guarigione al mio più grande amico Giuseppe O. Sii forte la nostra classe del '61 è una classe di ferro.
Un saluto ai miei genitori, alla famiglia Gregorio Gambino, a Pino Pangallo e famiglia, e a tutti gli amici galatresi.
Ringrazio e saluto Massimo e Domenico Distilo per la loro professionalità a gestire questo grande e invidiabile sito, e le loro famiglie.
Ai tanti disagi che noi giovani calabresi siamo costretti quotidianamente a sopportare, tempo fa se n'è aggiunto uno legato ai trasporti. Gli autisti delle autolinee che coprono il servizio nella Piana di Gioia Tauro, hanno scioperato, come ogni anno per quindici giorni consecutivi, lasciando centinaia di ragazzi privi di mezzi di trasporto per raggiungere le strutture scolastiche.
Quindici comuni e relative contrade sono stati coinvolti dallo sciopero e sono stati privati della possibilità di poter raggiungere i luoghi di lavoro e di studio. Nonostante ciò noi studenti ci siamo organizzati e abbiamo raggiunto le rispettive scuole per ogni giorno della protesta, non senza creare disagi in famiglia però.
C'è stato chi si è fatto accompagnare a scuola dai genitori, chi da amici, e chi si organizzava facendo a turni con i propri compaesani.
Non è stato raro vedere ragazzi aspettare fino alle 14.30 (ben oltre la normale fine delle lezioni) l´agognato passaggio e nel frattempo studiare su una panchina, sembrava quasi un anticipo di quello che ci attende all´università.
Non sempre infatti, gli impegni lavorativi permettevano ai genitori di essere puntuali.
Comunque sia, nonostante questi disagi, lo sciopero in linea generale è stato considerato un'esperienza costruttiva.
Le chiacchiere tranquille in auto, gli iPod a palla durante il tragitto, le lamentele sui prof... e sui troppi compiti, tutto questo era uno sprint mattutino! Una carica in più per la giornata, una voglia in più per non lasciare sedie vuote a scuola.
Ma lo sciopero ha portato alla luce una cosa da non sottovalutare: il livello d'interesse delle istituzioni per i problemi dei cittadini. Ben 15 giorni di sciopero, centinaia di famiglie coinvolte e da parte delle istituzioni... nulla! Si sono totalmente disinteressate, cosa assolutamente non consona al ruolo da loro svolto. Beh, confortante per noi giovani che abbiamo dato un esempio. Un esempio di maturità e soprattutto responsabilità. Nessuno ha usato lo sciopero come pretesto per non frequentare le lezioni, per venire meno al proprio dovere di studente. Uno schiaffo morale per le nostre care istituzioni che hanno reso evidente il motivo dell'arretratezza calabrese... Se le istituzioni pur conoscendo i nostri problemi non fanno niente, come si risolveranno?