Non avevo alcuna intenzione di scrivere, oggi. Di domenica poi, figuriamoci. Stamani ho letto però due notizie, due annotazioni che – messe insieme – creano un cortocircuito emotivo, oltre che politico.
La prima si trova su Galatro Terme News:
La lista “Solidarietà” è espressione dello stesso schieramento “Tromba”. “Abbiamo dunque due liste. In apparenza non è cambiato nulla. Dal punto di vista sostanziale è cambiato addirittura tutto. Il panorama che ci si presenta assomiglia a quello di una guerra persa, non solo dalla Destra”.
La seconda annotazione appare su La Repubblica:
“Mancava la forza politica; supplì l’intrigo, l’astuzia, la simulazione, la doppiezza. Ciascuno pensava al proprio particulare sì che nella tempesta comune naufragarono tutti”.
Mi sembra che la seconda affermazione commenti la prima.
Nel centro destra, a Galatro, è prevalsa la divisione: per il capolista? per egoismo? interessi? gelosie? invidie? timori? paure? Non lo sapremo mai. Di sicuro è mancata la politica: e tra simulazioni e doppiezze “nella tempesta comune naufragarono tutti”.
La speranza è che la nuova giunta Panetta (senza più opposizione) apra – finalmente – una grande stagione di programmazione, progetti, modernizzazione. Se l’obiettivo è fare il bene di Galatro, non possiamo che augurare buon lavoro.
Angelo Cannatà
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MI ASPETTAVO NOMI IMPORTANTI
Mi aspettavo da Galatro nomi importanti per le prossime candidature a nuovo sindaco. Con questo non voglio lamentarmi del sindaco Panetta che secondo me, per l’andazzo del paese, ha dimostrato di essere all’altezza della situazione.
Il paese ha bisogno di gente esperta in politica, che ha Galatro nel cuore, che pensa al futuro del paese e non alla sopravvivenza, ci vogliono idee innovative, aiuti mirati per lo sviluppo anche graduale del paese, invece con amarezza mi accorgo che queste persone che secondo me potevano candidarsi non sono nelle liste.
Non voglio fare nomi per non avere, come in passato, critiche da qualche persona, ma a Galatro nomi di persone che potrebbero guidarlo a uno sviluppo ce ne sono...
Sicuramente avranno avuto le loro motivazioni per non candidarsi, perché per guidare il paese ci vuole gente che sa comunicare con gli abitanti e nello stesso tempo non fa favoritismi.
Un augurio al paese per un futuro migliore... e un "in bocca al lupo" ai due candidati e al loro gruppo.
Viviamo tempi difficili, cari lettori.
Difficili e controversi e – come accade in simili circostanze – la confusione regna sovrana. Si sostengono le tesi più assurde. Giuliano Ferrara, per esempio, ha accusato “Repubblica” di essere un “giornale golpista”. Perché ne parlo?
Perché per una strana coincidenza, sto lavorando in questi giorni per Mondadori sui testi di Jannuzzi e Scalfari del ’67 (“golpe” De Lorenzo). Come dire: sto studiando un golpe vero, mentre si fantastica di uno immaginario.
Fa uno strano effetto - credetemi - alzando gli occhi dai libri, leggere un’intera pagina de “Il Foglio” con i titoli: “Golpe, che fare?”, “La cricca di Scalfari”, “Il golpismo di Repubblica”, “Non vogliamo i colonnelli”.
Sembra la prima pagina de Il Male, “falsamente vera”, ironica e surreale, se non fosse “veramente falsa”, assurda, pericolosa, ai limiti del contorsionismo, dell’inversione dialettica dei ruoli e della verità.
Come è possibile questo stravolgimento della realtà? Che il “Gruppo Espresso” (luogo di denunzia del malaffare: “Roma corrotta, Nazione infetta”; “La P2”; “Il marcio di Tangentopoli”…), venga – improvvisamente – indicato come golpista?
Alberto Asor Rosa, lo ammetto, ha esasperato i toni (per amor del paradosso e della provocazione), ma cosa c’entra “Repubblica” con un testo scritto sul “Manifesto”? Ezio Mauro ha preso le distanze, difendendo la linea editoriale di un giornale che “alla vecchia domanda (con chi stai?)” preferisce quella “obbligatoria per la stampa libera: chi sei?”. Questo significa che Repubblica ha un’identità da difendere: cos’è Repubblica lo dice la sua storia.
Si tratta di capire invece cos’è “Il Foglio”.
A quale idea di verità si ispiri un giornale che - per fare qualche esempio - difende la risibile tesi di “Ruby nipote di Mubarak” e sostiene un Presidente del Consiglio che irresponsabilmente, davanti al Tribunale di Milano, incita la folla contro il potere giudiziario. A quale verità si ispiri chi “dimentica” i 10 magistrati uccisi dal terrorismo.
Verrebbe voglia di dire a Giuliano Ferrara che il suo giornale “non sopporta” la nuova domanda di Mauro: “che giornale fai?” La risposta ovvia è infatti: un giornale che manipola la realtà. La sua lettura dei fatti, spesso, non è solo demenziale, è qualcosa di più nefasto: è cinica volontà di strumentalizzazione. Ecco: la “verità” di Ferrara sul presunto golpe di “Repubblica”, potrebbe trovare spazio solo in manuali scolastici di regime, sottoposti a controlli preventivi (vedi proposta Gelmini).
Per adesso – e per fortuna – viviamo ancora in un sistema democratico dove circolano libri di diverso orientamento storiografico. In alcuni leggiamo che “protagonisti delle vicende Sifar-De Lorenzo, confluirono nella P2 (i generali Allavena, Bittoni, Picchiotti, Palumbo…”, e “che l’Italia dei primi anni del Duemila è governata da un ex piduista”.
Un ex piduista alla Presidenza del Consiglio: è questa la vera anomalia dell’Italia.
Da qui deriva tutto il resto. Corruzione, concussione, disprezzo della legge... Soprattutto, una certa idea della politica, un senso di Onnipotenza, l’attacco alla divisione dei poteri. E la diffusione, nelle mille periferie d’Italia, dell’idea - errata e terribile - che la politica non sia servizio, ma dominio: per cui, “se non ho un tornaconto non mi candido”. E l’altruismo? Il bene della Comunità? “E-chi-se-ne-fre-ga-del-la-co-mu-ni-tà.” Privato è bello. Interesse privato è bellissimo. Berlusconi fa le leggi “ad personam”, in periferia si elaborano “strategie politiche ad personam”. Falliscono miseramente. Ma questo è un altro discorso.
Insomma, nella Storia d’Italia (macro e microstoria) c’è un filo che lega fatti e vicende e dimostra – a chi vuol vedere – chi sta con i golpisti e chi, invece, li denuncia. A Galatro: chi si pone al servizio della Comunità e chi ha cercato di piegare la Comunità al proprio servizio.
Mi rendo conto che queste verità possano non piacere, ma così è.
Chiudo tornando a Ferrara e al “golpe immaginario”. Per dire che nessuna strumentalizzazione potrà mai invertire l’ordine dei fatti e oscurare la storia di un giornale che, con Scalfari e Mauro, è in prima linea nella difesa dello Stato di diritto e della nostra splendida Costituzione.
Berlusconi può essere sconfitto, ma non con carabinieri e polizia: “Repubblica” ha indicato la via (quella vera): individuare un nuovo Prodi, mettere fine al litigio a sinistra, coinvolgere l’opinione pubblica, vincere le libere e democratiche elezioni. E’ successo in passato. E’ ancora possibile.
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DIFENDERE LA DEMOCRAZIA DA SE STESSA Domenico Distilo
Pochi giorni fa un articolo del noto storico della letteratura italiana Alberto Asor Rosa, apparso su il Manifesto, ha suscitato un vespaio di polemiche. Alcuni lo hanno giudicato una provocazione, altri una boutade, altri ancora il prodotto di un’ideologia, il marxismo, che con la democrazia ha sempre avuto un rapporto quantomeno problematico.
Invece non è nulla di tutto questo. E’ solo l’indicazione, non estremistica ma estremamente realistica, di un possibile sbocco dell’attuale fase politica, palesemente avvitata su stessa, avvitamento che non può non chiamare in causa la responsabilità delle istituzioni di garanzia, in primo luogo il Capo dello Stato.
Contrariamente a quello che afferma un luogo comune, l’essenza della democrazia non sono i numeri, non è il puro e semplice principio maggioritario. Se così fosse la democrazia contemplerebbe l’eventualità della propria auto dissoluzione. Nessun regime politico può però normare quest’eventualità. Sarebbe come normare l’eccezione, in palese violazione del principio di contraddizione.
Ma se l’eccezione non può essere normata – proprio perché eccezione - può tuttavia essere riconosciuta come tale e affrontata nel modo più efficace, cioè con misure che fronteggino l’eccezione con l’eccezione, ovviamente allo scopo di ripristinare il prima possibile la pienezza della norma.
L’eccezione italiana è evidente, solare, ormai intollerabile e insostenibile. C’è un premier che si è più volte salvato con le prescrizioni (accorciamento ad personam dei termini) da reati gravissimi quale la corruzione in atti giudiziari; c’è una maggioranza parlamentare, risicata ma tenace, che è disposta, pur di difenderlo, a sostenere anche che l’asino vola (non c’è differenza tra il sostenere che l’asino vola e il sostenere che Banana fece la famosa telefonata alla questura di Milano perché convinto che Ruby fosse la nipote di Mubarak); c’è un Parlamento sequestrato, mentre incombono problemi immani, a discutere e votare leggi che servono unicamente al Banana; c’è un perenne clima di tensione tra istituzioni alimentato ogni giorno dalle dichiarazioni del premier tese a delegittimare la magistratura e le istituzioni di garanzia; c’è un prestigio dell’Italia all’estero sceso ad infimi livelli, al punto che tra non molto italiano sarà sinonimo di ridicolo.
Se questo è lo scenario (e questo è lo scenario!), Napolitano, proprio perché garante della Costituzione e quindi obbligato ad agire di fronte al degrado delle istituzioni e del Paese, non può che convocare il Banana al Quirinale e costringerlo a dimettersi, facendolo arrestare dai Carabinieri nel caso rifiutasse; convocare i capigruppo per invitarli perentoriamente a riportare alla ragione i gruppi parlamentari di maggioranza; nominare un altro presidente del Consiglio per costituire un governo con compiti limitati ma decisivi, tra cui il cambiamento di una legge elettorale varata dalla stessa maggioranza del Banana, in previsione della sconfitta, per avvelenare i pozzi a pochi mesi dalle elezioni politiche del 2006; convocare i capi di stato maggiore dell’esercito, della marina, dell’aeronautica e dei corpi di Polizia per assicurare l’ordine pubblico rispetto a possibili sommovimenti di piazza; infine sciogliere le Camere ed indire nuove elezioni.
Chiamiamolo pure, se ci pare, golpe democratico. Ma è l’unica strada per uscire dall’impasse, da una situazione che perdura ormai da anni senza che si intraveda una via d’uscita. Non s’intravede non a caso, ma per il combinato disposto del controllo dell’informazione (soprattutto televisiva) e del condizionamento della corruzione sul processo di formazione della volontà parlamentare. La prima non fa percepire la drammaticità della situazione, o la fa percepire dal lato sbagliato (ad esempio: l’emergenza rappresentata da un presidente del consiglio accusato di essere implicato in affari criminali rovesciata nell’emergenza giustizia da riformare), la seconda impedisce, con il Porcellum e con altro, la libera esplicazione del mandato parlamentare.
Non prendere in considerazione questo scenario, definirlo improponibile o con altri aggettivi simili è il frutto di un grave errore concettuale che induce a pensare che le democrazie debbano sempre difendersi senza il ricorso all’eccezione. Il fatto è, però, che l’eccezione non è sempre solo una teoria, ma un dato esistenziale, una tragica realtà. Non vederla e continuare come se ci fosse la normalità, la norma, è un errore, per le democrazie, letale. Le democrazie devono difendersi, questo è il punto, anche da se stesse e dalle proprie procedure che, se esasperate formalisticamente, si trasformano in puro autolesionismo, producendo mostri quali il populismo, che poi fa presto a trasformarsi in regime.
Per concludere: la democrazia non può aspettare di essere democraticamente travolta, non essendo la sua essenza nel semplice numero.
(25.4.11) NON CI RESTA CHE RIDERE (Arianna Sigillò) - Mi vorrei riallacciare un attimo ad alcune affermazioni fatte negli articoli di Angelo Cannatà e Biagio Cirillo inerenti al "caso politico" divenuto ormai per tutti "ordine del giorno".
Facendo riferimento a "la speranza che la nuova giunta Panetta apra finalmente una grande stagione di programmazione, progetti, modernizzazione" come asserito da Angelo, vorrei ricordargli che "la Panetta member center group" come piace definirla a me, ha avuto ben cinque anni a disposizione per fare tutto ciò, ma senza grandi esiti positivi. Basta pensare all'inagibilità, a tutt'oggi ancora invariata, dell'istituto di scuola media in balia della "perdizione"; al tetto della scuola dell'infanzia "minatu ad arranciari" con del semplice
"catramma" tanto per mettere a tacere le continue sollecitazioni da parte dei genitori; ai lampioni a risparmio energetico sparsi quà e là nel paese e anche nelle zone montane, che in effetti fanno un grande risparmio energetico, poichè non funzionano.
Quanto alla modernizzazione, è anche giusto segnalarlo, onore al merito per lo splendido ponte (ex "ponti i ferru") molto più agibile sia per i pedoni che per i mezzi. Per quanto riguarda invece i progetti, nulla di significativo è stato portato a termine, per cui, a parte le belle ed interessanti iniziative intraprese da Pina Panetta e da Bruno Scoleri, come diceva Califano, tutto il resto è noia!
Per quanto riguarda ciò che diceva Biagio circa la mancata presentazione di "nomi importanti" in liste alternative, ciò non è successo nè per egoismo, nè tanto meno per gelosia per il capolista, semplicemente, come diceva Angelo, è mancata la politica, perchè ahimè, per quanto tutti si sforzino di dimostrare "una grande apertura mentale" e di voler vedere Galatro "risorgere", in realtà la "taratagine" la fa da sovrana.
Ormai è da svariato tempo che a Galatro non esiste più la politica, regnano invece incontrastati i: "io ti fici", "io ti dezzi" e le solite promesse di routine per accaparrare voti a proprio favore e, nonostante sia la solita solfa di ogni periodo elettorale, tutti ci ricascano puntualmente con cadenza quinquennale.
Vero è che il paese ha bisogno di gente esperta in politica, ma prima di tutto si necessità di personalità efficienti, con "idee innovative che mirino ad un reale sviluppo del paese" come dice Biagio. Ha ragione lui: persone che potrebbero guidare il paese verso lo sviluppo ce ne sono, ma non sono in grado di fare "promesse da marinaio" avendo una certa dignità e preferiscono poter camminare a testa alta, orgogliosi di se stessi in primis.
Per quanto riguarda la seconda "lista" gettiamo un velo pietoso, e mi ritrovo daccordo con la Redazione sul fatto che sia stata presentata "tanto per presentarla" non certo per un progetto e un programma degni del nome.
Che dire... non ci resta che ridere, dato che di piangere non ne vale la pena!
Nella foto: Arianna Sigillò, autrice dell'articolo.
(5.5.11) LA TROMBA HA COMMESSO UN GROSSO ERRORE (Carmelo Romeo) - Sono fermamente convinto che l'essere perfetto è colui che non fa mai nulla, ecco il motivo per il quale mi trovo pienamente d'accordo con l'ing. Sollazzo, quando cita la famosa frase, sussurrata da Gesù "chi è senza peccato scagli la prima pietra".
Oggi, più che mai, a Galatro stiamo assistendo ad uno scenario politico che non ha precedenti. Da quanto abbiamo potuto apprendere dalle voci di popolo (e come si suol dire "voce di popolo, voce di Dio") per mancanza di coraggio o di fiducia la parte che si doveva confrontare ed affrontare la lista "Tromba" non ha presentato una lista per mancanza di un candidato a Sindaco; a differenza del 2001 quando, opposte alla Tromba, vi erano ben tre liste provenienti tutte dalla stessa area politica (da buoni italiani andiamo da un eccesso all'altro).
Io sono convinto che i detti ed i proverbi vanno sempre presi alla lettera, in quanto i nostri antenati prima di scriverli li sperimentavano. Mi riferisco a quel famoso proverbio che dice "tutti i mali non vengono per nuocere".
Sono del parere che la coalizione "Unità Popolare" rappresentata da una Tromba nel pugno, nel tentar di bypassare le regole elettorali, presentando una lista "civetta" e cercando d'imporsi con i cittadini a tutti i costi, ha commesso un grosso errore che le si potrebbe ripercuotere contro, in quanto i cittadini potrebbero avere un'alternativa a Carmelo Panetta ed inoltre ha dato una possibilità alle coalizioni opposte alla Tromba di organizzarsi e riorganizzarsi.
La lista Tromba sicuramente ha optato a presentare una lista civetta per evitare forse un commissariamento del Comune nel caso di mancato raggiungimento del cosidetto quorum, ma a questo punto mi pongo una domanda: nel caso in cui si dovesse verificare ("ca u ciucciu nchiana supa a ficara") che i galatresi per assurdo dovessero scegliere l'alternativa offerta dalla lista Tromba, il buon Carmelo Panetta e la coalizione della Tromba lascerebbero amministrare Peppe Romeo, oppure lo manderebbero a casa facendo commissariare il Comune?
Io ci terrei veramente a scoprire cosa farebbe Carmelo Panetta e tutta la sua coalizione, voi no?
Nella foto: Carmelo Romeo, fratello del candidato a sindaco Peppe Romeo.
(23.5.11) VIVA LE ELEZIONI! (Antonio Sibio) - Alla fine o quasi (manca il ballottaggio per l’elezione del Presidente della Provincia) di questa tornata elettorale, sorgono doverose alcune considerazioni. Partiamo dalle Amministrative. Qualcuno potrebbe definirle “anomale”, considerando la composizione delle forze in campo. Io preferisco definirle deprimenti (senza in alcun modo voler accostare questo termine ad una sola delle persone candidate), perché è l’aggettivo che rispecchia meglio, nel campo politico, quel decadimento facilmente riscontrabile in tutti i campi della vita galatrese, da quello economico a quello culturale.
Un paese come Galatro, dove in passato ci sono spesso stati accesi scontri politici ed elettorali, si è ritrovato adesso a dover “scegliere” tra due liste dove la prima era espressione della sinistra (e su questo punto mi piacerebbe che qualcuno mi spiegasse quali sono OGGI i valori della sinistra a Galatro) mentre la seconda era “figlia” della prima, in pratica una lista civetta o fantoccio se preferite. Certo, se è vero com’è vero che gli assenti hanno sempre torto, allora vien da sé che sul centrodestra galatrese (se esiste…) ricadono la maggior parte delle colpe di tale situazione. Non esser riusciti in 5 anni a costruire un progetto politico e a stringersi intorno ad un candidato capace di riportare dopo decenni il centrodestra a governare palazzo San Nicola, è sintomo di una situazione che definire grave è poco.
Tutto questo è il risultato, sia a destra sia a sinistra, dell’apatia in cui è caduta la nostra cittadina, soprattutto nei confronti della politica. Sembra che la scelta delle persone che ci dovranno governare non ci riguardi, non c’interessi. Siamo lì in attesa del primo che passa a chiederci il voto (!) per sapere a chi darlo. Ma è possibile che non si riesca a scegliere in maniera autonoma il candidato che poi ci dovrà rappresentare?
Faccio un esempio pratico di quanto sia sbagliato e spesso deleterio questo modo di pensare. Elezioni per il Consiglio Regionale dello scorso anno. Qualche mese prima delle elezioni avevo pubblicato un articolo, sempre su Galatro Terme News, dove cercavo di stimolare gli elettori a non farsi manipolare nella scelta delle preferenze, in quanto in due dei tre schieramenti c’era più di un candidato in odor di ‘ndrangheta. In quelle elezioni il più votato nelle preferenze a Galatro è risultato Santi Zappalà, con 124 voti, PDL. Il secondo più votato, sempre del PDL, è risultato Luigi Fedele, con 98 preferenze. Il primo è stato arrestato il 21 dicembre scorso, con l’accusa di corruzione elettorale e concorso esterno in associazione mafiosa ed è ancora in carcere, dopo nemmeno un anno dall’elezione. I giudici del Tribunale del Riesame accolsero parzialmente il ricorso dei legali di Zappalà. Cadde l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa e restò la corruzione elettorale. Ma su questa sentenza pesano le intercettazioni dei R.O.S., nelle quali “emergono in maniera netta almeno quattro figure coinvolte in un disegno concepito per agevolare Santi Zappalà nella sua vicenda giudiziaria”. La richiesta avanzata dal PM nei suoi confronti è di 4 anni di carcere.
Luigi Fedele, invece, è un personaggio che in passato, quando era Presidente del Consiglio Regionale sotto la giunta Chiaravalloti (centrodestra), fece assumere nei ranghi della Regione la propria moglie, il proprio fratello Giovanni, già sindaco di Sant’Eufemia d’Aspromonte, ed il proprio cognato Antonio Luppino, grazie al famoso“concorsone”. Nel 2001 TUTTI i consiglieri regionali calabresi (di destra, centro, sinistra, sopra, sotto…) vararono a notte fonda una leggina, la numero 25, con la quale stabilirono le regole, appunto, per un “concorsone”. In pratica riservarono solo a coloro che già godevano di un rapporto di lavoro con i gruppi consiliari, e quindi ai figli, ai portaborse ed ai parenti degli stessi consiglieri regionali, la possibilità di partecipare a tale “selezione”. Intervistato su tale scandalo dalla trasmissione “Le Iene”, Fedele si giustificò: «Ora mio fratello, che poverino non ha potuto studiare, può tutelare i miei interessi in Regione…». E, quasi irritato dall’insistenza dell’intervistatore, rispondeva in maniera piccata dicendo «ma secondo lei è giusto che una persona debba essere penalizzata solo perché parente di un politico?».
Che nesso ci sia tra ciò che ho appena scritto e le ultime elezioni provinciali è presto detto. Guardando oggi i risultati che ne sono scaturiti, credo che anche in questo caso sia stato usato lo stesso metro di giudizio nel dare le preferenze, cioè non pensare quale candidato Presidente sarebbe stato il migliore per amministrare la nostra provincia, ma dando il proprio voto all’amico di turno che per sé, o per altri, ha bussato alla nostra porta per primo. Così alla fine, in un paese da decenni governato dalla sinistra, il partito più votato è risultato A Testa Alta, seguito dalla lista Scopelliti Presidente e con il PD, primo partito di sinistra, al terzo posto, con soli 7 voti in più dei Popolari Liberali.
Ora, non mi si venga a dire che la lista (o movimento o partito) A Testa Alta sia di sinistra, perché puoi metterci dentro tutti gli ex PD che vuoi, ma se poi come candidato alla presidenza c’è un personaggio come Pietro Fuda, allora il gioco non regge.
In definitiva il concetto che vorrei esprimere, chiudendo il cerchio aperto con le Amministrative, è che senza un ritorno alla politica vera, quella del confronto di idee, quella della passione e dell’impegno, quella della gente che ci mette la faccia e si prende le proprie responsabilità, senza tutto questo allora è inutile parlare di futuro, a Galatro come nel resto d’Italia, perché una comunità per vivere e potersi sviluppare ha bisogno di pensare (e vivere) liberamente, senza nessun tipo di condizionamento, sia esso mediatico, mafioso o clientelare.