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4.4.11 - Chiarimenti a "Il Quotidiano"
Carmelo Panetta

18.4.11 - Opinioni elettorali
Angelo Cannatà / Biagio Cirillo

21.4.11 - Due interventi su un articolo di Alberto Asor Rosa
Angelo Cannatà / Domenico Distilo

23.4.11 - Pasqua 2011: perchè sei venuto a disturbarci?
Michele Scozzarra

25.4.11 - Non ci resta che ridere
Arianna Sigillò

26.4.11 - Apriamoci al futuro
Giovanni Napolitano

4.5.11 - Carpe diem
Nicola Sollazzo

5.5.11 - La Tromba ha commesso un grosso errore
Carmelo Romeo

14.5.11 - 50 Definizioni del Berlusconismo
Domenico Distilo

23.5.11 - Viva le elezioni!
Antonio Sibio

16.6.11 - Ho paura del movimentismo
Domenico Distilo

25.6.11 - Corpus Domini: manette aperte sull'altare
Michele Scozzarra





(4.4.11) CHIARIMENTI A "IL QUOTIDIANO" (Carmelo Panetta) - Trasmetto la lettera, che nella qualità di sindaco ho scritto al direttore de "Il Quotidiano". Ciò nel solo interesse di contribuire a bloccare il tentativo di criminalizzare la nostra Galatro. Tutto questo appare quanto mai necessario, non tanto per i nostri concittadini che vivono a Galatro e che hanno seguito e seguono tutte le vicende, ma per quelli che ci seguono da lontano e non conoscono i fatti.
Chiedo pertanto, ufficialmente, alla direzione di Galatro Terme News di contribuire a ripristinare quella che è la verità su tutte le vicende politiche che stanno accompagnando questa campagna elettorale e di tifare solo per Galatro.
Grazie a nome dei galatresi.
*

Egregio Direttore,
sono nuovamente costretto a chiedere ospitalità sul suo quotidiano per un doveroso atto di tutela dell’immagine della collettività che mi onoro di amministrare, che è stata ancora una volta mortificata dalla pubblicazione di notizie totalmente prive di fondamento.
Mi riferisco, in particolare, all’articolo apparso in data 1° aprile a pagina 41 dell’edizione di Reggio Calabria, intitolato "Galatro, c’è solo Panetta?" e firmato m.a. (verosimilmente Michele Albanese).
Ebbene, una persona che frequenta anche solo occasionalmente la nostra cittadina non può che restare incredula ed attonita nel confrontare il quadro fosco e allarmante tratteggiato dal giornalista con la realtà che si presenta sotto i suoi occhi.
Infatti, diversamente da quanto sostenuto nell’articolo in questione, nessun alone di mistero copre gli ambienti politici locali e nessun regista occulto si muove nell’ombra per impedire ai vari partiti e movimenti di potersi liberamente esprimere e confrontare.
Ed allora, solo per ripristinare la verità dei fatti è opportuno fare chiarezza su quanto sta realmente accadendo a Galatro.
In particolare, a differenza di quanto scritto sul suo giornale:
1) non è vero che il PD, il Popolo delle Libertà e l’UDC hanno manifestato l’intenzione di non partecipare alla prossime elezioni amministrative: prova ne è che, anche nelle ultime ore, si sono susseguiti febbrili gli incontri e le riunioni tra le forze di opposizione alla ricerca di un accordo per la formazione di una lista unitaria da contrapporre a quella che verrà presentata dalla maggioranza uscente;
2) inoltre, tutti a Galatro sanno che le difficoltà interne al PD dipendono dal fatto che alcuni dirigenti locali, senza aver ottenuto alcun mandato ufficiale, stanno conducendo trattative con UDC, Nuovo PSI, Popolari Liberali per il PDL e altri movimenti civici per ottenere la candidatura a sindaco dell’attuale Vicesegretario sezionale, mentre altri dirigenti e gran parte degli iscritti intendono confermare l’alleanza con le altre forze della sinistra che ha già consentito la vittoria alle elezioni del 2006;
3) quanto alle divisioni tra le forze che componevano la minoranza consiliare, solo chi non conosce le vicende politiche galatresi può essere all’oscuro del fatto che i dissidi tra il Centro Popolare Galatrese (rappresentato dai consiglieri Oliva, Ozzimo e Franco) e le altre forze di opposizione risalgono ad almeno due anni addietro, allorquando il consigliere Lucia (rappresentante dei Popolari Liberali) si è dissociato dal gruppo di minoranza, da cui è stato eletto, creandone uno autonomo.
4) proprio i recenti atti intimidatori che hanno colpito la mia persona, il parroco e un consigliere di minoranza hanno dimostrato la grande civiltà e forza morale del popolo galatrese, che si è stretto in massa attorno alle proprie istituzioni rifiutando in maniera chiara ed esplicita qualunque deriva delinquenziale.
In sostanza, dopo la ?bufala? della radioattività e delle carpe giganti nelle acque della Diga sul Metramo (smentita da tutti gli accertamenti scientifici effettuati dalle autorità preposte), che ha creato danni incalcolabili all’immagine turistica di Galatro, adesso siamo costretti a leggere sulle pagine della Piana del suo quotidiano articoli romanzeschi che sembrano ambientati nella Chicago degli anni ?20. Per non dimenticare, sempre dallo stesso autore “Tutti contro Panetta”.
Mi auguro che quanto accaduto sia frutto solo di cattiva informazione e spero che in futuro il suo giornale dia più spazio alle tante cose buone che quotidianamente contraddistinguono la comunità galatrese piuttosto che a falsi scoop che fanno vendere qualche copia in più ma, alla lunga, compromettono l’autorevolezza di chi li pubblica.
Cordialmente.

Carmelo Panetta, Sindaco di Galatro

* * *

Alcune considerazioni sulla lettera del Sindaco

Con la lettera a "Il Quotidiano della Calabria" il sindaco offre un’interpretazione, essenzialmente basata sull’esclusione di cause extrapolitiche, delle vicende che hanno portato al fallimento, per ora, delle trattative che avrebbero dovuto condurre alla formazione di una lista alternativa alla Tromba.
Ci sentiamo di condividerla (ovviamente solo per quel che attiene il lato istituzionale, da sceverare da quello politico): tra i protagonisti delle trattative, che conosciamo di persona uno per uno, come del resto tutti in paese, non c’è nessuno che si sia potuto assoggettare a condizionamenti di sorta o in un modo o nell’altro agire per conto terzi.
Se così è, il tutto resta confinato nel recinto della politica. Ma se è vero che “cosa fatta capo ha”, allora le dietrologie che in questi giorni si sono sprecate (riprese da Il Quotidiano con allusioni che anche a noi appaiono estensive ed eccessive) hanno un’origine, che non può non essere ricercata in un tema sul quale in questi anni l’amministrazione s’è dimostrata oltremodo afasica: le Terme.
E’ sulla situazione delle Terme che Panetta deve fare pubblicamente chiarezza, se vuole che non nascano più dicerie che offuscano l’immagine di Galatro, immagine alla quale tutti, maggioranza, opposizione, informazione siamo interessati.

LA REDAZIONE


Nella foto in alto: il sindaco di Galatro, Carmelo Panetta.


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(18.4.11) OPINIONI ELETTORALI (Angelo Cannatà / Biagio Cirillo)

BUON LAVORO

Non avevo alcuna intenzione di scrivere, oggi. Di domenica poi, figuriamoci. Stamani ho letto però due notizie, due annotazioni che – messe insieme – creano un cortocircuito emotivo, oltre che politico.
La
prima si trova su Galatro Terme News:
La lista “Solidarietà” è espressione dello stesso schieramento “Tromba”. “Abbiamo dunque due liste. In apparenza non è cambiato nulla. Dal punto di vista sostanziale è cambiato addirittura tutto. Il panorama che ci si presenta assomiglia a quello di una guerra persa, non solo dalla Destra”.
La seconda annotazione appare su La Repubblica:
“Mancava la forza politica; supplì l’intrigo, l’astuzia, la simulazione, la doppiezza. Ciascuno pensava al proprio particulare sì che nella tempesta comune naufragarono tutti”.
Mi sembra che la seconda affermazione commenti la prima.
Nel centro destra, a Galatro, è prevalsa la divisione: per il capolista? per egoismo? interessi? gelosie? invidie? timori? paure? Non lo sapremo mai. Di sicuro è mancata la politica: e tra simulazioni e doppiezze “nella tempesta comune naufragarono tutti”.
La speranza è che la nuova giunta Panetta (senza più opposizione) apra – finalmente – una grande stagione di programmazione, progetti, modernizzazione. Se l’obiettivo è fare il bene di Galatro, non possiamo che augurare buon lavoro.

Angelo Cannatà


* * *


MI ASPETTAVO NOMI IMPORTANTI

Mi aspettavo da Galatro nomi importanti per le prossime candidature a nuovo sindaco. Con questo non voglio lamentarmi del sindaco Panetta che secondo me, per l’andazzo del paese, ha dimostrato di essere all’altezza della situazione.
Il paese ha bisogno di gente esperta in politica, che ha Galatro nel cuore, che pensa al futuro del paese e non alla sopravvivenza, ci vogliono idee innovative, aiuti mirati per lo sviluppo anche graduale del paese, invece con amarezza mi accorgo che queste persone che secondo me potevano candidarsi non sono nelle liste.
Non voglio fare nomi per non avere, come in passato, critiche da qualche persona, ma a Galatro nomi di persone che potrebbero guidarlo a uno sviluppo ce ne sono...
Sicuramente avranno avuto le loro motivazioni per non candidarsi, perché per guidare il paese ci vuole gente che sa comunicare con gli abitanti e nello stesso tempo non fa favoritismi.
Un augurio al paese per un futuro migliore... e un "in bocca al lupo" ai due candidati e al loro gruppo.

Biagio Cirillo

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(21.4.11) DUE INTERVENTI SU UN ARTICOLO DI ALBERTO ASOR ROSA (Angelo Cannatà / Domenico Distilo) - Vi proponiamo gli interventi di Angelo Cannatà e Domenico Distilo che prendono spunto da un recente articolo del prof. Alberto Asor Rosa, intitolato "Non c'è più tempo", apparso sul quotidiano Il Manifesto, nel quale viene prospettato un intervento autoritario per ristabilire le regole democratiche. «Ciò cui io penso - scrive Asor Rosa - è una prova di forza che, con l'autorevolezza e le ragioni inconfutabili che promanano dalla difesa dei capisaldi irrinunciabili del sistema repubblicano, scenda dall'alto, instaura quello che io definirei un normale "stato d'emergenza", si avvale, più che di manifestanti generosi, dei Carabinieri e della Polizia di Stato congela le Camere, sospende tutte le immunità parlamentari, restituisce alla magistratura le sue possibilità e capacità di azione, stabilisce d'autorità nuove regole elettorali, rimuove, risolvendo per sempre il conflitto d'interessi, le cause di affermazione e di sopravvivenza della lobby affaristico-delinquenziale, e avvalendosi anche del prevedibile, anzi prevedibilissimo appoggio europeo, restituisce l'Italia alla sua più profonda vocazione democratica, facendo approdare il paese ad una grande, seria, onesta e, soprattutto, alla pari consultazione elettorale.»

Visualizza l'
articolo completo di Alberto Asor Rosa.

IL GOLPE VERO E QUELLO IMMAGINARIO
Angelo Cannatà

Viviamo tempi difficili, cari lettori.
Difficili e controversi e – come accade in simili circostanze – la confusione regna sovrana. Si sostengono le tesi più assurde. Giuliano Ferrara, per esempio, ha accusato “Repubblica” di essere un “giornale golpista”. Perché ne parlo?
Perché per una strana coincidenza, sto lavorando in questi giorni per Mondadori sui testi di Jannuzzi e Scalfari del ’67 (“golpe” De Lorenzo). Come dire: sto studiando un golpe vero, mentre si fantastica di uno immaginario.
Fa uno strano effetto - credetemi - alzando gli occhi dai libri, leggere un’intera pagina de “Il Foglio” con i titoli: “Golpe, che fare?”, “La cricca di Scalfari”, “Il golpismo di Repubblica”, “Non vogliamo i colonnelli”.
Sembra la prima pagina de Il Male, “falsamente vera”, ironica e surreale, se non fosse “veramente falsa”, assurda, pericolosa, ai limiti del contorsionismo, dell’inversione dialettica dei ruoli e della verità.
Come è possibile questo stravolgimento della realtà? Che il “Gruppo Espresso” (luogo di denunzia del malaffare: “Roma corrotta, Nazione infetta”; “La P2”; “Il marcio di Tangentopoli”…), venga – improvvisamente – indicato come golpista?
Alberto Asor Rosa, lo ammetto, ha esasperato i toni (per amor del paradosso e della provocazione), ma cosa c’entra “Repubblica” con un testo scritto sul “Manifesto”? Ezio Mauro ha preso le distanze, difendendo la linea editoriale di un giornale che “alla vecchia domanda (con chi stai?)” preferisce quella “obbligatoria per la stampa libera: chi sei?”. Questo significa che Repubblica ha un’identità da difendere: cos’è Repubblica lo dice la sua storia.
Si tratta di capire invece cos’è “Il Foglio”.
A quale idea di verità si ispiri un giornale che - per fare qualche esempio - difende la risibile tesi di “Ruby nipote di Mubarak” e sostiene un Presidente del Consiglio che irresponsabilmente, davanti al Tribunale di Milano, incita la folla contro il potere giudiziario.
A quale verità si ispiri chi “dimentica” i 10 magistrati uccisi dal terrorismo.
Verrebbe voglia di dire a Giuliano Ferrara che il suo giornale “non sopporta” la nuova domanda di Mauro: “che giornale fai?” La risposta ovvia è infatti: un giornale che manipola la realtà. La sua lettura dei fatti, spesso, non è solo demenziale, è qualcosa di più nefasto: è cinica volontà di strumentalizzazione. Ecco: la “verità” di Ferrara sul presunto golpe di “Repubblica”, potrebbe trovare spazio solo in manuali scolastici di regime, sottoposti a controlli preventivi (vedi proposta Gelmini).
Per adesso – e per fortuna – viviamo ancora in un sistema democratico dove circolano libri di diverso orientamento storiografico. In alcuni leggiamo che “protagonisti delle vicende Sifar-De Lorenzo, confluirono nella P2 (i generali Allavena, Bittoni, Picchiotti, Palumbo…”, e “che l’Italia dei primi anni del Duemila è governata da un ex piduista”.
Un ex piduista alla Presidenza del Consiglio: è questa la vera anomalia dell’Italia.
Da qui deriva tutto il resto. Corruzione, concussione, disprezzo della legge... Soprattutto, una certa idea della politica, un senso di Onnipotenza, l’attacco alla divisione dei poteri. E la diffusione, nelle mille periferie d’Italia, dell’idea - errata e terribile - che la politica non sia servizio, ma dominio: per cui, “se non ho un tornaconto non mi candido”. E l’altruismo? Il bene della Comunità? “E-chi-se-ne-fre-ga-del-la-co-mu-ni-tà.” Privato è bello. Interesse privato è bellissimo. Berlusconi fa le leggi “ad personam”, in periferia si elaborano “strategie politiche ad personam”. Falliscono miseramente. Ma questo è un altro discorso.
Insomma, nella Storia d’Italia (macro e microstoria) c’è un filo che lega fatti e vicende e dimostra – a chi vuol vedere – chi sta con i golpisti e chi, invece, li denuncia. A Galatro: chi si pone al servizio della Comunità e chi ha cercato di piegare la Comunità al proprio servizio.
Mi rendo conto che queste verità possano non piacere, ma così è.
Chiudo tornando a Ferrara e al “golpe immaginario”. Per dire che nessuna strumentalizzazione potrà mai invertire l’ordine dei fatti e oscurare la storia di un giornale che, con Scalfari e Mauro, è in prima linea nella difesa dello Stato di diritto e della nostra splendida Costituzione.
Berlusconi può essere sconfitto, ma non con carabinieri e polizia: “Repubblica” ha indicato la via (quella vera): individuare un nuovo Prodi, mettere fine al litigio a sinistra, coinvolgere l’opinione pubblica, vincere le libere e democratiche elezioni. E’ successo in passato. E’ ancora possibile.

* * *

DIFENDERE LA DEMOCRAZIA DA SE STESSA
Domenico Distilo

Pochi giorni fa un articolo del noto storico della letteratura italiana Alberto Asor Rosa, apparso su il Manifesto, ha suscitato un vespaio di polemiche. Alcuni lo hanno giudicato una provocazione, altri una boutade, altri ancora il prodotto di un’ideologia, il marxismo, che con la democrazia ha sempre avuto un rapporto quantomeno problematico.
Invece non è nulla di tutto questo. E’ solo l’indicazione, non estremistica ma estremamente realistica, di un possibile sbocco dell’attuale fase politica, palesemente avvitata su stessa, avvitamento che non può non chiamare in causa la responsabilità delle istituzioni di garanzia, in primo luogo il Capo dello Stato.
Contrariamente a quello che afferma un luogo comune, l’essenza della democrazia non sono i numeri, non è il puro e semplice principio maggioritario. Se così fosse la democrazia contemplerebbe l’eventualità della propria auto dissoluzione. Nessun regime politico può però normare quest’eventualità. Sarebbe come normare l’eccezione, in palese violazione del principio di contraddizione.
Ma se l’eccezione non può essere normata – proprio perché eccezione - può tuttavia essere riconosciuta come tale e affrontata nel modo più efficace, cioè con misure che fronteggino l’eccezione con l’eccezione, ovviamente allo scopo di ripristinare il prima possibile la pienezza della norma.
L’eccezione italiana è evidente, solare, ormai intollerabile e insostenibile. C’è un premier che si è più volte salvato con le prescrizioni (accorciamento ad personam dei termini) da reati gravissimi quale la corruzione in atti giudiziari; c’è una maggioranza parlamentare, risicata ma tenace, che è disposta, pur di difenderlo, a sostenere anche che l’asino vola (non c’è differenza tra il sostenere che l’asino vola e il sostenere che Banana fece la famosa telefonata alla questura di Milano perché convinto che Ruby fosse la nipote di Mubarak); c’è un Parlamento sequestrato, mentre incombono problemi immani, a discutere e votare leggi che servono unicamente al Banana; c’è un perenne clima di tensione tra istituzioni alimentato ogni giorno dalle dichiarazioni del premier tese a delegittimare la magistratura e le istituzioni di garanzia; c’è un prestigio dell’Italia all’estero sceso ad infimi livelli, al punto che tra non molto italiano sarà sinonimo di ridicolo.
Se questo è lo scenario (e questo è lo scenario!), Napolitano, proprio perché garante della Costituzione e quindi obbligato ad agire di fronte al degrado delle istituzioni e del Paese, non può che convocare il Banana al Quirinale e costringerlo a dimettersi, facendolo arrestare dai Carabinieri nel caso rifiutasse; convocare i capigruppo per invitarli perentoriamente a riportare alla ragione i gruppi parlamentari di maggioranza; nominare un altro presidente del Consiglio per costituire un governo con compiti limitati ma decisivi, tra cui il cambiamento di una legge elettorale varata dalla stessa maggioranza del Banana, in previsione della sconfitta, per avvelenare i pozzi a pochi mesi dalle elezioni politiche del 2006; convocare i capi di stato maggiore dell’esercito, della marina, dell’aeronautica e dei corpi di Polizia per assicurare l’ordine pubblico rispetto a possibili sommovimenti di piazza; infine sciogliere le Camere ed indire nuove elezioni.
Chiamiamolo pure, se ci pare, golpe democratico. Ma è l’unica strada per uscire dall’impasse, da una situazione che perdura ormai da anni senza che si intraveda una via d’uscita. Non s’intravede non a caso, ma per il combinato disposto del controllo dell’informazione (soprattutto televisiva) e del condizionamento della corruzione sul processo di formazione della volontà parlamentare. La prima non fa percepire la drammaticità della situazione, o la fa percepire dal lato sbagliato (ad esempio: l’emergenza rappresentata da un presidente del consiglio accusato di essere implicato in affari criminali rovesciata nell’emergenza giustizia da riformare), la seconda impedisce, con il Porcellum e con altro, la libera esplicazione del mandato parlamentare.
Non prendere in considerazione questo scenario, definirlo improponibile o con altri aggettivi simili è il frutto di un grave errore concettuale che induce a pensare che le democrazie debbano sempre difendersi senza il ricorso all’eccezione. Il fatto è, però, che l’eccezione non è sempre solo una teoria, ma un dato esistenziale, una tragica realtà. Non vederla e continuare come se ci fosse la normalità, la norma, è un errore, per le democrazie, letale. Le democrazie devono difendersi, questo è il punto, anche da se stesse e dalle proprie procedure che, se esasperate formalisticamente, si trasformano in puro autolesionismo, producendo mostri quali il populismo, che poi fa presto a trasformarsi in regime.
Per concludere: la democrazia non può aspettare di essere democraticamente travolta, non essendo la sua essenza nel semplice numero.

Nella foto in alto: il prof. Alberto Asor Rosa.

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(23.4.11) PASQUA 2011: PERCHE' SEI VENUTO A DISTURBARCI? (Michele Scozzarra) - In questo periodo di Pasqua, mi è capitato di vedere riproposta, su diversi giornali, una interessante rilettura della leggenda del Grande Inquisitore di Fedor Dostoevskij: Cristo, quindici secoli dopo la sua morte torna sulla terra, a Siviglia, dove si imbatte nel cardinale Grande Inquisitore che lo riconosce, lo fa arrestare e condurre in carcere, dove lo sottopone ad un interrogatorio che, in realtà, è un grande atto di accusa in forma di monologo. Quando arriva Gesù, il Grande Inquisitore lo vede, e lo riconosce. Chissà perché di fronte ad un fatto così evidente gli esce la domanda: “... Sei Tu...? Tu...?”. Non gli serve la risposta, che infatti non arriva, e continua: “Perché sei venuto a disturbarci...? Hai forse il diritto di annunciarmi foss'anche un solo mistero del mondo da cui sei venuto...? No, non ne hai il diritto; nulla deve essere aggiunto a ciò che già dicesti?”
Ma è evidente che Cristo non voleva aggiungere nulla alle sue parole, solo stare lì, muto ma presente. Ed ecco, a questo punto, la vera accusa, insopportabile per gli inquisitori di ogni tempo: non sarai tornato per quella tua fissazione della libertà? Noi ormai l'abbiamo codificata, strutturata, organizzata, incanalata, normalizzata: “Ci hai accordato il diritto di legare e sciogliere; ora non puoi neanche pensare di sottrarci questo diritto... Perché dunque sei venuto a disturbarci...?”.
E' chiaro che l'amministrazione del potere potrebbe filare liscia se qualcuno non venisse a disturbarla con la sua sola presenza. Come profeticamente diceva il Grande Inquisitore “per l'uomo rimasto libero non esiste preoccupazione più costante e penosa che cercare al più presto qualcuno dinanzi a cui inchinarsi”, e quando gli dei avranno disertato il mondo “gli uomini si inginocchieranno davanti agli idoli”.
Certo l'idolo può essere il potere, il successo, la carriera, i soldi, la donna, l'uomo... ma ciò che sconcerta il Grande Inquisitore (che per la terza volta ripete “Perché sei venuto a disturbarci?”) è che la libertà, prima e più della scelta del bene e del male, si identifichi con l'uomo stesso, con la sua natura, che sia in qualche modo fine a se stessa. Convinto che gli uomini si rallegrino “di essere condotti come un gregge” e gioiscano “che i loro cuori siano finalmente sgravati da un dono così terribile”, l'Inquisitore, sia quello di ieri che quello di oggi, non si capacita che vi sia qualcuno che invece che obbedito preferisca essere amato.
L'inquisitore si accontenta dell'ammirazione, dei titoli dei giornali e dell'applauso delle piazze. E della paura. Arriva anche a concedere, all'uomo così intimidito, il peccato. Perché questo aumenterà la sua riconoscenza...
Il racconto di Dostoevskij finisce con Gesù che restituisce il bacio all'Inquisitore. “Quel” bacio. Quello che gli avevamo fatto dare da Giuda. E come al traditore di allora “quel bacio gli brucia il cuore, ma persiste nella propria idea”.
Che scrivere ancora, se non che, nella “provocazione” lanciata da Dostoevskij c'è l'essenza della provocazione della Pasqua. Di “questa” Pasqua: “La fede cristiana sta o cade con la verità della testimonianza secondo cui Cristo è risorto dai morti” questo ci dice Benedetto XVI. Se si toglie questo, siamo morti noi. Perché la fede si riduce a una serie di idee degne di nota, ma è morta. Resta solo la nostra valutazione personale che sceglie dal suo patrimonio ciò che sembra utile. E ci ritroviamo abbandonati a noi stessi. Soli. Incapaci di stare di fronte alle certezze che crollano, in un attimo.
Illustrando il Triduo pasquale, anche Benedetto XVI ha detto di come non sentiamo Dio perché ci disturberebbe: “l'uomo è portato a non voler vedere tutta la forza del male, ha una sua insensibilità al potere del male, che alla fine è insensibilità di Dio... non sentiamo Dio perché ci disturberebbe, e così restiamo insensibili al male... l'uomo per sua natura è portato a seguire la sua volontà e quindi oppone la sua autonomia alla volontà di Dio... ma la volontà di Dio non è un'opposizione, una schiavitù, ma entrare nel bene”.
E' per questo che Cristo è risorto. Togliendo la pietra del sepolcro, ci ha resi liberi, ha scavato anche il terreno dove vorremmo nascondere quello che abbiamo acquisito. Dove a volte ci verrebbe la tentazione di seppellire il patrimonio della fede. E lo fa per restituircelo ora, per farlo fruttare ancora. Per togliere dal mondo la nostra solitudine, per sempre... perché possiamo vivere liberi... da uomini liberi!
Buona Pasqua a tutti.

Nelle foto: in alto Michele Scozzarra; in basso il dipinto "Incredulità di San Tommaso" di Caravaggio.


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(25.4.11) NON CI RESTA CHE RIDERE (Arianna Sigillò) - Mi vorrei riallacciare un attimo ad alcune affermazioni fatte negli articoli di Angelo Cannatà e Biagio Cirillo inerenti al "caso politico" divenuto ormai per tutti "ordine del giorno".
Facendo riferimento a "la speranza che la nuova giunta Panetta apra finalmente una grande stagione di programmazione, progetti, modernizzazione" come asserito da Angelo, vorrei ricordargli che "la Panetta member center group" come piace definirla a me, ha avuto ben cinque anni a disposizione per fare tutto ciò, ma senza grandi esiti positivi. Basta pensare all'inagibilità, a tutt'oggi ancora invariata, dell'istituto di scuola media in balia della "perdizione"; al tetto della scuola dell'infanzia "minatu ad arranciari" con del semplice "catramma" tanto per mettere a tacere le continue sollecitazioni da parte dei genitori; ai lampioni a risparmio energetico sparsi quà e là nel paese e anche nelle zone montane, che in effetti fanno un grande risparmio energetico, poichè non funzionano.
Quanto alla modernizzazione, è anche giusto segnalarlo, onore al merito per lo splendido ponte (ex "ponti i ferru") molto più agibile sia per i pedoni che per i mezzi. Per quanto riguarda invece i progetti, nulla di significativo è stato portato a termine, per cui, a parte le belle ed interessanti iniziative intraprese da Pina Panetta e da Bruno Scoleri, come diceva Califano, tutto il resto è noia!
Per quanto riguarda ciò che diceva Biagio circa la mancata presentazione di "nomi importanti" in liste alternative, ciò non è successo nè per egoismo, nè tanto meno per gelosia per il capolista, semplicemente, come diceva Angelo, è mancata la politica, perchè ahimè, per quanto tutti si sforzino di dimostrare "una grande apertura mentale" e di voler vedere Galatro "risorgere", in realtà la "taratagine" la fa da sovrana.
Ormai è da svariato tempo che a Galatro non esiste più la politica, regnano invece incontrastati i: "io ti fici", "io ti dezzi" e le solite promesse di routine per accaparrare voti a proprio favore e, nonostante sia la solita solfa di ogni periodo elettorale, tutti ci ricascano puntualmente con cadenza quinquennale.
Vero è che il paese ha bisogno di gente esperta in politica, ma prima di tutto si necessità di personalità efficienti, con "idee innovative che mirino ad un reale sviluppo del paese" come dice Biagio. Ha ragione lui: persone che potrebbero guidare il paese verso lo sviluppo ce ne sono, ma non sono in grado di fare "promesse da marinaio" avendo una certa dignità e preferiscono poter camminare a testa alta, orgogliosi di se stessi in primis.
Per quanto riguarda la seconda "lista" gettiamo un velo pietoso, e mi ritrovo daccordo con la Redazione sul fatto che sia stata presentata "tanto per presentarla" non certo per un progetto e un programma degni del nome.
Che dire... non ci resta che ridere, dato che di piangere non ne vale la pena!

Nella foto: Arianna Sigillò, autrice dell'articolo.

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(26.4.11) APRIAMOCI AL FUTURO (Giovanni Napolitano) - Dobbiamo aprirci al futuro, basta con le critiche gratuite a Galatro, quel continuo vociferare che non porta niente di costruttivo, si parla e scrive di un paese criminalizzato, del fallimento della coalizione di destra, delle candidature non all’altezza, della gestione fallimentare delle Terme, si ipotizza un aumento dell’astensionismo alle elezioni comunali, tutto ciò sembra essere strumentalizzato per diventare un virus letale alla vitalità del nostro paese.
Galatresi: “dove è finito il vostro Amore per il nostro Paese?”
Le elezioni comunali sono un evento fondamentale della nostra Comunità. Ora, dati alla mano, la nostra popolazione è in continuo declino, la terza età prevale, i giovani, laureati e non, scappano, le nostre potenziali risorse (terme, diga, potenziali strutture) sono atrofizzate dalle scelte del passato, dobbiamo aprire gli occhi e stringerci tutti insieme, non per sperare, ma “per reagire alla realtà”.
L’intenzione del mio intervento è quella di svegliare le coscienze di noi tutti, spingendo giovani e meno giovani all’attivismo politico del nostro paese, con progetti, idee, critiche costruttive (fatte di persona), dobbiamo seriamente pensare al nostro futuro, puntando innanzitutto sul dialogo, la collaborazione, l’innovazione, lo sfruttamento delle risorse, e ciò deve essere sempre rivolto alla base, ossia alla popolazione, la quale oltre ad essere informata deve essere coinvolta e lasciarsi anche coinvolgere, e non cadiamo nella trappola dell’indifferenza e della rassegnazione, che non ci porterà da nessuna parte, anzi sicuramente ci porterà al fallimento totale che magari farà anche felice qualcuno... vergogna!
Alziamo la testa e lottiamo per il nostro paese, reagiamo alle critiche e costruiamo un futuro migliore!
Un famoso sociologo americano Lynd, in uno studio condotto negli anni Trenta su una media città americana, Middletown, riguardante il clima culturale e politico affermava: «In una cultura come quella di Middletown, che attribuisce valore positivo al “progresso” e al “massimo benessere”, la realizzazione di questi valori dipende da un atteggiamento di apertura verso il mutamento, e non dalla resistenza ad esso.»
Dunque, per mutare dobbiamo adottare un atteggiamento di apertura, non chiudiamoci in casa criticando l’operato e le scelte degli altri, prendiamo esempio dalle attività svolte dalla passata Amministrazione, dalle iniziative della Parrocchia, dai gruppi (Pro Loco), dalle Associazioni (Ados), dai giovani (Tarankaradros), su questi pilastri della nostra piccola realtà dobbiamo lavorare tutti di più e fare meglio, costruiremo così una Comunità “coesa ed efficente”. Apriamoci al futuro collaborando con uno spirito positivo e costruttivo, perché il benessere e il progresso invada anche il nostro paese che tanto amiamo.

Nella foto: Giovanni Napolitano, candidato della lista Tromba.


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(4.5.11) CARPE DIEM (Nicola Sollazzo) - A mente ormai serena ed a bocce ferme, ritengo utile una riflessione sul significato dell’assenza della lista di centrodestra in questa competizione elettorale amministrativa e sulla presenza di due liste facenti parte della coalizione di sinistra.
Per diversi mesi i rappresentanti delle organizzazioni politiche che si rifanno al centrodestra si sono riuniti come i cari cugini dialogando e discutendo sul nulla.
Diversi dei partecipanti avevano, a livello locale, le più alte ambizioni ma nessuno aveva il coraggio di fare la prima mossa. Si sono visti giochini e giochetti per nascondere queste ambizioni che alla fine hanno creato una rete nella quale sono rimasti tutti impigliati.
La politica è sapere essere razionali, sapere anche mediare, sapere aspettare i propri tempi e guardare avanti non soltanto nel proprio interesse particolare ma cercando di inserire tale interesse in un contesto più generale che riesce ad interessare l’intera collettività.
Invece imposizioni, rancori, presunzione di essere super uomini hanno riempito i vuoti dell’assenza della politica, l’arte della mediazione è latitata e non poteva che finire così come è finita.
Si possono avere sentimenti ma non si possono accettare i risentimenti.
Noi rappresentanti del Nuovo PSI che prendevamo parte a queste riunioni e che avevamo dichiarato sin dall’inizio di non voler far parte di alcuna lista, siamo dispiaciuti per non aver potuto dare un punto di riferimento all’elettorato di centrodestra a differenza di quanti invece, sin dal primo momento hanno dimostrato, tale riferimento, di non volerlo dare.
Ma l’assenza di questa lista alternativa ha creato alla coalizione di sinistra qualche problema.
Bisognava decidersi in fretta se presentare una sola lista oppure cercare di farne una seconda di appoggio.
Hanno scelto la
seconda soluzione perché per la prima era necessario che andasse a votare la metà più uno degli elettori aventi diritto. Hanno avuto la preoccupazione di non farcela ma era un risultato che si sarebbe ottenuto facilmente.
Ma a parere di tanti, il rimedio è stato peggiore del male.
E’ stato scelto candidato a sindaco di questa lista chiamata di Solidarietà Peppe Romeo che certamente non è l’ultimo arrivato.
Elemento giovane proveniente dalla vecchia Democrazia Cristiana, pare sia iscritto all’U.D.C. di Casini, ha diverse amicizie politiche di alto livello e di lui nulla di male si può dire.
Grande lavoratore, ha affrontato con estrema dignità tutte le gioie i dolori che la vita gli ha presentato. Fervente cattolico ha avuto con la famiglia la possibilità di incontrare anche il Papa.
Se gli elettori di centrodestra, così come si sente mormorare nel paese, lo voteranno in blocco, per la coalizione di sinistra potrebbero essere dolori.
Il sindaco uscente, Carmelo Panetta, ha sostanzialmente confermato gli elementi componenti l’attuale Amministrazione.
Ha fatto bene, intanto perché squadra vincente non si cambia e poi perché ha alcuni elementi abbastanza capaci quali per esempio l’assessore Panetta che effettivamente è abbastanza brava.
Come sindaco è stato bravo, ha fatto quel che poteva fare compreso qualche errore notevole. Ma parafrasando quanto disse Gesù Cristo, chi non ha mai sbagliato scagli la prima pietra.
Dicono che sia stato il più positivo tra i sindaci della sinistra.
Forse è vero.
Auguri a tutti e due i candidati e chiunque vinca lo faccia per gli interessi dell’intera collettività.

Ing. Nicola Sollazzo
del Consiglio Nazionale Nuovo PSI

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(5.5.11) LA TROMBA HA COMMESSO UN GROSSO ERRORE (Carmelo Romeo) - Sono fermamente convinto che l'essere perfetto è colui che non fa mai nulla, ecco il motivo per il quale mi trovo pienamente d'accordo con l'ing. Sollazzo, quando cita la famosa frase, sussurrata da Gesù "chi è senza peccato scagli la prima pietra".
Oggi, più che mai, a Galatro stiamo assistendo ad uno scenario politico che non ha precedenti. Da quanto abbiamo potuto apprendere dalle voci di popolo (e come si suol dire "voce di popolo, voce di Dio") per mancanza di coraggio o di fiducia la parte che si doveva confrontare ed affrontare la lista "Tromba" non ha presentato una lista per mancanza di un candidato a Sindaco; a differenza del 2001 quando, opposte alla Tromba, vi erano ben tre liste provenienti tutte dalla stessa area politica (da buoni italiani andiamo da un eccesso all'altro).
Io sono convinto che i detti ed i proverbi vanno sempre presi alla lettera, in quanto i nostri antenati prima di scriverli li sperimentavano. Mi riferisco a quel famoso proverbio che dice "tutti i mali non vengono per nuocere".
Sono del parere che la coalizione "Unità Popolare" rappresentata da una Tromba nel pugno, nel tentar di bypassare le regole elettorali, presentando una lista "civetta" e cercando d'imporsi con i cittadini a tutti i costi, ha commesso un grosso errore che le si potrebbe ripercuotere contro, in quanto i cittadini potrebbero avere un'alternativa a Carmelo Panetta ed inoltre ha dato una possibilità alle coalizioni opposte alla Tromba di organizzarsi e riorganizzarsi.
La lista Tromba sicuramente ha optato a presentare una lista civetta per evitare forse un commissariamento del Comune nel caso di mancato raggiungimento del cosidetto quorum, ma a questo punto mi pongo una domanda: nel caso in cui si dovesse verificare ("ca u ciucciu nchiana supa a ficara") che i galatresi per assurdo dovessero scegliere l'alternativa offerta dalla lista Tromba, il buon Carmelo Panetta e la coalizione della Tromba lascerebbero amministrare Peppe Romeo, oppure lo manderebbero a casa facendo commissariare il Comune?
Io ci terrei veramente a scoprire cosa farebbe Carmelo Panetta e tutta la sua coalizione, voi no?

Nella foto: Carmelo Romeo, fratello del candidato a sindaco Peppe Romeo.

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(14.5.11) 50 DEFINIZIONI DEL BERLUSCONISMO (Domenico Distilo) - Il Berlusconismo è:

1. Disastro antropologico
2. Genocidio culturale di una nazione
3. Devastazione delle intelligenze
4. Distruzione della politica
5. Distruzione della ragione
6. Distruzione della morale
7. Corruzione dei costumi
8. Sberleffo della natura
9. Lobby affaristico-criminale
10.Oppio del popolo
11.Fiera dell’imbonimento
12.Parco dell’assopimento
13.Aggressione al buonsenso
14.Paradiso degli stupidi
15.Apoteosi della menzogna
16.Trionfo dello slogan
17.Politica della semplificazione
18.Politica dell’ossessione
19.Esasperazione della ripetizione
20.Degenerazione populistica
21.Deriva plebiscitaria
22.Cesarismo mediatico
23.Plutocrazia autocratica
24.Autocrazia plutocratica
25.Governo delle barzellette
26.Governo delle canzonette
27.Politica degli annunci
28.Eversione della democrazia
29.Eversione della Costituzione
30.Presa in giro della religione
31.Affettazione generalizzata ed esasperata
32.Simulazione permanente
33.Dissimulazione permanente
34.Distruzione della memoria
35.Distruzione della storia
36.Fiera delle promesse mancate
37.Mortificazione del Parlamento
38.Distruzione della giustizia
39.Sfida permanente al senso del ridicolo
40.Distruzione dell’ironia
41.Mignottocrazia
42.Democrazia plebiscitaria
43.Democrazia carismatica
44.Esibizione del peggio di sé
45.Avvelenamento dei pozzi
46.Regime dell’antipolitica
47.Governo dell’affarismo
48.Perpetuazione del conflitto d’interessi
49.Psicologia da bar
50.Taroccamento permanente dell’immagine (cerone e capelli finti)

Chi vuole può trovare altre definizioni. Ma riuscirà a trovarne di positive? Difficile, molto difficile.

Nella foto: Berlusconi.


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(23.5.11) VIVA LE ELEZIONI! (Antonio Sibio) - Alla fine o quasi (manca il ballottaggio per l’elezione del Presidente della Provincia) di questa tornata elettorale, sorgono doverose alcune considerazioni. Partiamo dalle Amministrative. Qualcuno potrebbe definirle “anomale”, considerando la composizione delle forze in campo. Io preferisco definirle deprimenti (senza in alcun modo voler accostare questo termine ad una sola delle persone candidate), perché è l’aggettivo che rispecchia meglio, nel campo politico, quel decadimento facilmente riscontrabile in tutti i campi della vita galatrese, da quello economico a quello culturale.
Un paese come Galatro, dove in passato ci sono spesso stati accesi scontri politici ed elettorali, si è ritrovato adesso a dover “scegliere” tra due liste dove la prima era espressione della sinistra (e su questo punto mi piacerebbe che qualcuno mi spiegasse quali sono OGGI i valori della sinistra a Galatro) mentre la seconda era “figlia” della prima, in pratica una lista civetta o fantoccio se preferite. Certo, se è vero com’è vero che gli assenti hanno sempre torto, allora vien da sé che sul centrodestra galatrese (se esiste…) ricadono la maggior parte delle colpe di tale situazione. Non esser riusciti in 5 anni a costruire un progetto politico e a stringersi intorno ad un candidato capace di riportare dopo decenni il centrodestra a governare palazzo San Nicola, è sintomo di una situazione che definire grave è poco.
Tutto questo è il risultato, sia a destra sia a sinistra, dell’apatia in cui è caduta la nostra cittadina, soprattutto nei confronti della politica. Sembra che la scelta delle persone che ci dovranno governare non ci riguardi, non c’interessi. Siamo lì in attesa del primo che passa a chiederci il voto (!) per sapere a chi darlo. Ma è possibile che non si riesca a scegliere in maniera autonoma il candidato che poi ci dovrà rappresentare?
Faccio un esempio pratico di quanto sia sbagliato e spesso deleterio questo modo di pensare. Elezioni per il Consiglio Regionale dello scorso anno. Qualche mese prima delle elezioni avevo pubblicato un articolo, sempre su Galatro Terme News, dove cercavo di stimolare gli elettori a non farsi manipolare nella scelta delle preferenze, in quanto in due dei tre schieramenti c’era più di un candidato in odor di ‘ndrangheta. In quelle elezioni il più votato nelle preferenze a Galatro è risultato Santi Zappalà, con 124 voti, PDL. Il secondo più votato, sempre del PDL, è risultato Luigi Fedele, con 98 preferenze. Il primo è stato arrestato il 21 dicembre scorso, con l’accusa di corruzione elettorale e concorso esterno in associazione mafiosa ed è ancora in carcere, dopo nemmeno un anno dall’elezione. I giudici del Tribunale del Riesame accolsero parzialmente il ricorso dei legali di Zappalà. Cadde l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa e restò la corruzione elettorale. Ma su questa sentenza pesano le intercettazioni dei R.O.S., nelle quali “emergono in maniera netta almeno quattro figure coinvolte in un disegno concepito per agevolare Santi Zappalà nella sua vicenda giudiziaria”. La richiesta avanzata dal PM nei suoi confronti è di 4 anni di carcere.
Luigi Fedele, invece, è un personaggio che in passato, quando era Presidente del Consiglio Regionale sotto la giunta Chiaravalloti (centrodestra), fece assumere nei ranghi della Regione la propria moglie, il proprio fratello Giovanni, già sindaco di Sant’Eufemia d’Aspromonte, ed il proprio cognato Antonio Luppino, grazie al famoso“concorsone”. Nel 2001 TUTTI i consiglieri regionali calabresi (di destra, centro, sinistra, sopra, sotto…) vararono a notte fonda una leggina, la numero 25, con la quale stabilirono le regole, appunto, per un “concorsone”. In pratica riservarono solo a coloro che già godevano di un rapporto di lavoro con i gruppi consiliari, e quindi ai figli, ai portaborse ed ai parenti degli stessi consiglieri regionali, la possibilità di partecipare a tale “selezione”. Intervistato su tale scandalo dalla trasmissione “Le Iene”, Fedele si giustificò: «Ora mio fratello, che poverino non ha potuto studiare, può tutelare i miei interessi in Regione…». E, quasi irritato dall’insistenza dell’intervistatore, rispondeva in maniera piccata dicendo «ma secondo lei è giusto che una persona debba essere penalizzata solo perché parente di un politico?».
Che nesso ci sia tra ciò che ho appena scritto e le ultime elezioni provinciali è presto detto. Guardando oggi i risultati che ne sono scaturiti, credo che anche in questo caso sia stato usato lo stesso metro di giudizio nel dare le preferenze, cioè non pensare quale candidato Presidente sarebbe stato il migliore per amministrare la nostra provincia, ma dando il proprio voto all’amico di turno che per sé, o per altri, ha bussato alla nostra porta per primo. Così alla fine, in un paese da decenni governato dalla sinistra, il partito più votato è risultato A Testa Alta, seguito dalla lista Scopelliti Presidente e con il PD, primo partito di sinistra, al terzo posto, con soli 7 voti in più dei Popolari Liberali.
Ora, non mi si venga a dire che la lista (o movimento o partito) A Testa Alta sia di sinistra, perché puoi metterci dentro tutti gli ex PD che vuoi, ma se poi come candidato alla presidenza c’è un personaggio come Pietro Fuda, allora il gioco non regge.
In definitiva il concetto che vorrei esprimere, chiudendo il cerchio aperto con le Amministrative, è che senza un ritorno alla politica vera, quella del confronto di idee, quella della passione e dell’impegno, quella della gente che ci mette la faccia e si prende le proprie responsabilità, senza tutto questo allora è inutile parlare di futuro, a Galatro come nel resto d’Italia, perché una comunità per vivere e potersi sviluppare ha bisogno di pensare (e vivere) liberamente, senza nessun tipo di condizionamento, sia esso mediatico, mafioso o clientelare.

Nella foto in alto: voto alle elezioni.

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(16.6.11) HO PAURA DEL MOVIMENTISMO (Domenico Distilo) - La storia italiana ha conosciuto nel secolo scorso tre fasi “movimentiste”. La prima, a cavallo della Prima Guerra Mondiale, è sfociata nel fascismo; la seconda, tra i Sessanta e i Settanta, è esitata nel terrorismo; l’ultima, all’inizio degli anni Novanta, ha trovato l’elemento catalizzatore nel berlusconismo.
Ora che, incrociamo le dita, il Banana sembra avviato sul viale del tramonto, non vorrei che una nuova fase movimentista generasse un’ennesima espressione, poco importa se tragica o farsesca o tutt’e due insieme, dell’italica iattura.
Alla base di quelle che la politologia chiama anomalie italiane, vale a dire deviazioni tipicamente italiane da ciò che dovrebbe essere normale, è possibile ci sia la storica propensione alla retorica moralistico-patriottica che, magari dopo aver preso le mosse da plausibili (ancorché quasi sempre astratte) ragioni di critica al cosiddetto sistema, ben presto si converte nell’ammirazione delle presunte qualità dell’Eroe, dell’Unto del Signore, lasciandogli combinare disastri prima di approdare al disincanto e scoprire, per effetto di quegli stessi disastri, la prevalenza nell’Eroe del lato macchiettistico, la ridicola teatralità delle sue messe in scena.
E’ quanto sta avvenendo col Banana. Molta gente finalmente si accorge di essere vissuta per anni dentro una bolla di stupidaggini, in un inganno che si autoalimentava e gli volta le spalle indignata e arrabbiata.
La rabbia e l’indignazione non aiutano però a capire. Anzi, possono indurre a ripetere in forme nuove – mutatis mutandis - lo stesso errore.
D’accordo, non ci sarà chi potrà disporre del controllo del medium più influente (com’è capitato al Banana con la televisione): la rete e i social network, che i giovani prediligono, sono per loro natura orizzontali e democratici, con l’interazione quale caratteristica principale; la stessa televisione, con la diffusione del digitale, sta cambiando natura: la fruibilità attraverso il web dei programmi e l’uso dei decoder tecnologicamente più avanzati stanno spingendo a un rapido tramonto il rapporto rituale con la vecchia scatola magica e cresce sempre più il numero di coloro per i quali non è più vero quanto diceva Frassica ai tempi di Indietro tutta: “Ogni sera alle otto tta, il telegiornale”.
Se tutto questo è vero è anche vero, però, che lo stare dentro la rete, con le emozioni della condivisione sempre a portata di mano, può rendere i SN terreno di caccia di ogni populismo e avventurismo. La dinamica del formarsi dei fenomeni di massa indica del resto con chiarezza da dove può venire il pericolo: quando la partecipazione (fatto di per sé auspicabile e meritorio) avviene sull’onda esclusiva dell’emozione, quando l’emozione non si trasforma in razionalità o le due cose non riescono a contemperarsi, allora è possibile che spunti un nuovo Unto del Signore e che si affaccino proposte e si facciano tentativi – esattamente come è successo col banana-leghismo - di eversione costituzionale e di trasformazione della democrazia in senso autoritario e illiberale.
Per prevenire tutto questo è allora necessario dotarsi di opportuni anticorpi, che possono anche consistere in clausole di salvaguardia costituzionale, nella previsione di una limitazione eventuale della sovranità popolare nei casi conclamati di deragliamento dai binari della democrazia liberale.
Storicamente la democrazia (con l’avvento del suffragio universale) ha rappresentato il completamento del liberalismo, nel senso che a un certo punto l’evoluzione storica, con la crescita dell’opinione pubblica, ha portato ordinamenti costituzionali già liberali a diventare democratici, facendo nascere le liberaldemocrazie. Tutte le grandi (liberal)democrazie dell’Occidente sono il risultato di quest’evoluzione, per cui contengono, a partire dal bilanciamento dei poteri e dalla regolazione preventiva dei conflitti d’interessi, tutti gli anticorpi per impedire il cumularsi di potere politico ed economico, tanto più in un settore nevralgico quale quello dei media che influenza direttamente il formarsi delle opinioni e degli orientamenti elettorali.
In Italia il percorso dal regime liberale alla liberaldemocrazia è stato bloccato dalla prima guerra mondiale e dal fascismo. Ripreso con la Costituzione repubblicana, non si è compiuto del tutto a causa di tare storiche che hanno infine reso possibile il delinearsi di una democrazia plebiscitaria (cioè dell’esatto contrario di una liberaldemocrazia).
Adesso però che la parabola del berlusconismo sembra avviata a conclusione occorre ripensarci. Un nuovo Banana non deve più nascere o, se venisse ancora una volta concepito dalla dialettica politica e sociale (fortemente segnate, giova ripeterlo, dalle tare storiche del Paese), debbono scattare meccanismi preventivi idonei a “stroncarlo sul nascere”, non consentendogli di fare danni né con la tragedia né con la farsa, che, si sa, sono due facce della stessa medaglia.

Nella foto: Domenico Distilo.


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(25.6.11) CORPUS DOMINI: MANETTE APERTE SULL'ALTARE (Michele Scozzarra) - “Sento ancora il profumo che emanava dai tappeti di fiori; appartengono a questi ricordi anche gli ornamenti in tutte le case, le bandiere, i canti. Sento ancora gli strumenti a fiato della banda locale, che in questo giorno osavano talvolta più di quanto potessero; e lo scoppio dei mortaretti con cui i ragazzi esprimevano la loro prorompente gioia di vivere”: così viene ricordata la processione del Corpus Domini nei ricordi infantili di Joseph Ratzinger.
Anche nei nostri paesi, in questi giorni, le processioni del Corpus Domini si snodano nelle nostre vie: nell’avanzare lento del Santissimo sotto un baldacchino, tra i canti sacri, in mezzo alle case della gente, c’è un senso antico e poderoso.
In una sua meditazione Benedetto XVI spiegava come il Concilio di Trento avesse affermato che nel Corpus Domini si celebra “la vittoria di Cristo sulla morte”: ecco cos’era dunque, se pure inconsciamente, la gioia delle processioni dei nostri padri. Nel fondo della coscienza popolare, era il giorno della vittoria sulla morte. Sulla antica nemica. Simile a una marcia di vincitore l’incolonnarsi dei fedeli dietro al prete che tiene alta l’Ostia consacrata.
Poi, scrisse ancora il cardinale Ratzinger, sopraggiunse una “allarmata resistenza a tutto ciò che aveva sapore di trionfalismo, che non sembrava conciliabile con la coscienza cristiana del peccato, e con la tragica situazione del mondo. La celebrazione del Corpus Domini divenne imbarazzante”: rassegnati, siamo diventati educati nichilisti. Nulla in cui credere, e nulla da aspettare, anche se la “certezza” del Corpus Domini è il contrario del nulla, perché il “Corpus Domini” è la festa della luce. Se, smemorati, o distratti, o collusi col nulla, dubitiamo, l’esultanza di quelle processioni ci è incomprensibile.
Talvolta però succede che le processioni del Corpus Domini si trovano a percorrere delle strade che normalmente non sono frequentate da tante persone, anzi sono evitate dai più: sono le strade del dolore, della sofferenza, anche se nascosta… per questo, soprattutto in queste strade, si leva a gran voce l'antico canto: “Per i miseri implora perdono, per i deboli implora pietà”.
Penso che proprio con questo canto nel cuore, obbediente alla settima opera di misericordia corporale (visitare i carcerati), mons. GianCarlo Bregantini, qualche anno addietro, ha voluto che la processione del Corpus Domini avesse come percorso, e tappa di sosta, il carcere di Locri, a testimonianza che il Risorto è il Liberatore che spacca l'opacità del nostro niente… anche se si sta dietro le sbarre.
Nel racconto di Mons. Bregantini si percepisce l’importanza di una Presenza che fa diversa la nostra vita, anche di chi sta in carcere: “Abbiamo variato l’itinerario della processione del Corpus Domini, quest’anno a Locri. Un pò di perplessità iniziale, come sempre, quando si modificano tradizioni decennali. Ma quando passammo davanti al carcere, prima mai visitato da questo momento solenne, i cuori di tutti si aprirono allo stupore. Era stato, infatti, preparato un altarino grazioso, rifinito nei particolari, con dei segni ben scelti, volutamente provocatori: le porte spalancate del carcere, un paio di manette ben aperte sulla bianca tovaglia dell’altare e un grappolo di detenuti semiliberi, che attorniavano l’altare, primizia di tutti gli altri detenuti, lì ristretti ... Quelle porte spalancate e quelle manette aperte stavano lì a dirci che una comunità cristiana crede sempre nel futuro, guarda al domani in termini nuovi. Non si rassegna. Non resta inchiodata al passato...
I tre momenti di tempo, scriveva il Papa, sono tutti nelle mani dell’uomo: un passato che può diventare risorsa e non zavorra; un presente da affrontare con coraggio e un futuro da progettare in termini di speranza. Credo che non a caso sia stato collocato questo segno nella grande pagina introduttiva del giubileo, là nella sinagoga di Nazaret, in quel brano di Isaia, letto così solennemente da Gesù, all’inizio del suo ministero: “Lo Spirito del Signore è su di me, per proclamare ai prigionieri la liberazione... per rimettere in libertà gli oppressi”. E del resto, come faccio a chiedere l’indulgenza, se poi mi ritrovo, nei giudizi o nelle scelte, a non concedere l’indulgenza a chi ha sbagliato? E’ vero, resta la pena, il peso del male da altri compiuto. Ma qui, proprio qui, scatta una delle inedite interpretazioni dell’indulgenza, che ha mandato definitivamente in soffitta tante interpretazioni soffuse di vecchiume, ogni volta che, nei libri di storia, si parlava di Martin Lutero. Dice, infatti, la bolla di indizione del giubileo: “S'instaura così tra i fedeli un meraviglioso scambio di beni spirituali, in forza del quale la santità dell’uno giova agli altri ben al di là del danno che il peccato dell’uno ha potuto causare agli altri. Esistono persone che lasciano dietro di sè come un sovrappiù di amore, di sofferenza sopportata, di purezza e di verità, che coinvolge e sostiene gli altri”. E’ come se dicessimo che siamo tutti “collegati in rete”, nel bene e nel male. Io sono collegato a chi è in carcere. Ma anche lui è collegato al mio destino. E se riesco a scalare la montagna, me lo porto dietro, pur se sembra rallentare il mio cammino. Ma sulla cima non ci arriverò da solo, bensì con lui, per goderci insieme quel panorama di bellezza che Dio ha pensato per tutti!”
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Sono sicuro che quella sera, al passare del Santissimo, nel carcere di Locri le luci erano tutte accese e tutti si sono fatti il segno della croce e, ognuno nel proprio cuore, ha ricordato qualche preghiera, forse, da tanto tempo dimenticata: il Corpus Domini si è fermato davanti a quell'altarino preparato davanti alla porta del carcere, come un re vincitore e misericordioso che viene a portare a tutti la riconciliazione ed il perdono.
Senza bisogno di alcuna parola, senza nessun monito, senza nessun giudizio di condanna o di assoluzione, solo attraverso quel semplice gesto un segno di speranza veniva trasmesso ai carcerati: “Il nostro Dio è più forte di ogni vostro peccato e il suo sguardo e la sua compagnia non abbandonano mai nessuno dei suoi figli... soprattutto di quelli che hanno sbagliato!”.

Nelle due foto: in alto altarino per il Cospus Domini, in basso carcere.


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