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4.10.11 - Preferirei le denunce
Paola Distilo

5.10.11 - Una partita a scacchi
Angelo Cannatà

5.10.11 - Brevi note sulle leggi ad personam
Francesca Cordiani

9.10.11 - Il viaggio del Papa, e Gesù nel tempio
Angelo Cannatà

13.10.11 - Benvenuto Benedetto... benvenuto in Calabria
Michele Scozzarra

23.10.11 - Riflessioni sulla protesta degli indignati
Maria Francesca Cordiani

4.11.11 - Terme, liste civette, spazzatura, rotonde, tetti, pedoni, lampioni...
Arianna Sigillò

8.11.11 - Surrealtà
Domenico Distilo

13.11.11 - E la storia si ripete…
Maria Francesca Cordiani

21.11.11 - La caduta di Berlusconi e il futuro della destra
Domenico Distilo

24.11.11 - La sostanza, al di là dello stile
Angelo Cannatà

7.12.11 - Elogio del debito
Domenico Distilo

9.12.11 - Sono di sinistra, comunista e marxista
Arianna Sigillò

17.12.11 - Il dolore e la malattia forgiano il fisico e l'animo
Michele Scozzarra

24.12.11 - Natale 2011: oltre la coltre di nebbia... la luce!
Michele Scozzarra

26.12.11 - Tanto paga sempre lui
Daniele Fenoli





(4.10.11) PREFERIREI LE DENUNCE (Paola Distilo) - E' molto triste e sconfortante l'attuale situazione a Galatro per via dei rapporti Terme/Comune e le allusioni ad illeciti gravi dietro la gestione termale.
Non si può parlare senza sentire parole grosse seguite dal nulla operativo; i cartelloni non contano niente, ed è una cattiva abitudine da ambo le parti discutere per cartelloni.
Se qualcuno avesse carte in mano farebbe denunce, se le ha e non le fa (una denuncia deve essere supportata da qualcosa, altrimenti non ti prendono in considerazione) è colpa sua e mantiene il sistema corrotto; invece si sentono sempre più litigi e farciti di parole sempre più volgari, mentre la Caserma dei Carabinieri aspetta invano in Via Regina Margherita che qualcuno la vada a trovare in orario d'ufficio armato di carta d'identità e pronto a firmare una denuncia scritta.
Il bisogno di certezze non è un capriccio della mente: è il solo modo di vivere sano; ed io non sopporto più né l'ambiguità né quella tanto diffusa imitazione del coraggio che c'è qui da noi che è la denuncia a tutti tranne che ai carabinieri.
Voglio chiarezza a livello personale come dipendente delle Terme.
Chi la certezza ce l'ha, poiché la ostenta a parole, faccia l'unica cosa legalmente rilevante. Il resto è teatro.

Nella foto: Terme di Galatro, ristorante.

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(5.10.11) UNA PARTITA A SCACCHI* (Angelo Cannatà) - Partito di lotta e di governo, dunque, il Pdl in Calabria. Governa la regione e manifesta in piazza. Non accade spesso. Non succede nelle realtà politicamente (e civilmente) più evolute. Che sia un sintomo – uno tra i tanti – dell’anomalia della nostra regione? Di più: che sia la conferma della tesi di Bismarck? “La politica non è una scienza esatta”. Può accadere di tutto, anche che il partito di governo occupi spazi tradizionalmente riservati all’opposizione.
La Calabria ha molti primati: è sempre nelle posizioni alte di classifica, quando si misurano valori negativi. E’ ultima, quando entrano in gioco la qualità della vita, l’occupazione, il rispetto del territorio. Eccetera. Adesso ci stiamo attrezzando per conquistare anche il primato di prima regione con “Presidente ubiquo” (la definizione è di Matteo Cosenza), che occupa il Palazzo e manifesta in piazza.
E’ una situazione assurda. Evidenzia l’impotenza della sinistra calabrese, l’inconsistenza di un’opposizione in crisi profonda che non incide e non mobilita. Non solo: dimostra – è la mia convinzione – che sono saltate le regole e i principi basilari di un sistema democratico, che assegna ruoli e compiti - precisi e distinti - alla maggioranza e all’opposizione.
In un certo senso si tratta (anche) di una crisi etica. Si dirà: non si fa politica con la morale. E’ vero. Ma nemmeno senza. C’è qualcuno disposto a negare che conquistare il potere e lottare per mantenerlo; produrre consenso su consenso; tenere calde le masse; mobilitarle con il solo scopo di evidenziarne il controllo; qualcuno è disposto a negare che tutto ciò – vissuto come fine, e non come mezzo per fare il bene comune -, sia qualcosa di immorale?
Non ce l’ho con Scopelliti. Ragiono. E deduco che in Calabria ( dove “tutti gli indici economici sono negativi e la crisi del lavoro è allarmante”), questo comportamento diventa - sempre più - intollerabile. Weber contestando Kant proponeva di sostituire “l’etica dell’intenzione” con “l’etica della responsabilità”. Tradotto significa che il nostro Presidente non va giudicato per quanto dice in piazza (le buone intenzioni), ma per quel che produce amministrando (etica della responsabilità). Contano i risultati. Questo è il punto. Doloroso.
Insomma: se i giovani scappano dalla Calabria, se la crisi occupazionale raggiunge livelli angoscianti, se, da più parti, si evidenzia quanto sia difficile vivere nella nostra regione, significa una sola cosa – Signor Presidente Scopelliti – che non è il momento di manifestare in piazza, ma di governare. Attendiamo risultati. Fatti. Numeri. Statistiche che indichino la crescita e lo sviluppo della regione. Non proclami. La campagna elettorale è finita. Utilizzi gli strumenti che la legge le fornisce e dia una svolta, se ne è capace, alla corsa verso l’abisso in cui la Calabria precipita. Etica della responsabilità.
Qualcosa bisogna dire anche sulla maggioranza silenziosa che assiste inebetita allo strapotere del centro-destra. Si tratta soprattutto di gente per bene (viene in mente Croce: “Dio ci guardi dalla gente per bene”), che sta alla finestra, si dichiara neutrale, non si occupa di politica. E’ un grave errore: non occuparsi di politica significa servire il partito al potere. Servire questa classe dirigente che non dirige; questa classe di governo che non governa (ma manifesta); questi politici potenti, sempre col sorriso sulle labbra, che ignorano il dolore, la fame, il bisogno della gente.
Di cosa ridono? Verrebbe voglia di scriverla una fenomenologia del politico calabrese sorridente. Pensateci: amministrano un territorio in gran parte fuori dal controllo dello Stato; un ambiente devastato dall’ecomafia; un’economia fatiscente; amministrano una sanità fuori controllo e fuori di ogni grazia di Dio – si scappa dalla Calabria, per farsi curare altrove. Di casa ridono? Ecco: dovremmo gridarlo dai tetti: di-co-sa-ri-de-te? Etica della responsabilità.
Abbiamo bisogno di amministratori che governino. Questa è la verità. E di cittadini che controllino. Giudichino. La politica è un partita a scacchi - è bene ricordarlo - in cui (spesso) si dà scacco matto al popolo. E’ quello che sta accadendo in Calabria. Quanto tempo passerà prima che l’opposizione rinasca e si riposizioni – in modo decente – dentro la scacchiera?

* Articolo apparso sul Quotidiano della Calabria del 3.10.2011


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(5.10.11) BREVI NOTE SULLE LEGGI AD PERSONAM (Francesca Cordiani) - Ho preso spunto dall’interessante articolo intitolato “30 cose che non si capiscono” del Prof. Domenico Distilo, pubblicato dal vostro giornale, per scrivere delle brevi considerazioni sulla nota disputa tra il Presidente del Consiglio dei Ministri e la sua coalizione nei confronti della Magistratura, nonché sulla agognata riforma costituzionale della giustizia.
Ebbene, le dichiarazioni del Premier sulla presunta attività persecutoria posta in essere della Procura di Milano nei suoi confronti, sono a mio avviso anche il frutto delle determinazioni assunte dalla Corte Costituzionale in riferimento alle varie leggi ad personam, che sono state emanate durante il Suo governo, a seguito dei dubbi sulla loro conformità alla Costituzione sollevati proprio dal Tribunale di Milano.
Mi riferisco anzitutto ai vari “lodi” ed alla legge sul legittimo impedimento, che altro non erano se non degli escamotage per ritardare le varie fasi del processo penale.
Tali disposizioni legislative, infatti, prevedevano delle modifiche al codice di procedura penale, che avrebbero comportato l’iniquità del sistema, garantendo determinati privilegi ai componenti della “casta” contrari ai principi dettati dalla nostra Carta Costituzionale, primo fra tutti quello di pari dignità sociale ed uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge.
Quello che, perciò, deve destare una grande preoccupazione è che vengono continuamente messi in dubbio i principi e gli istituti fondamentali della organizzazione dello Stato italiano.
Ciò si evince altresì dal recente disegno di legge sulla riforma costituzionale della giustizia, che ha messo in discussione il principio della separazione dei poteri prevedendo, tra l’altro, la sottoposizione dell’esercizio dell’azione penale ai criteri previsti dalla legge, che priverebbe in realtà i Pubblici Ministeri della loro indipendenza ed imparzialità, atteso che il processo diverrebbe luogo di attuazione delle scelte del Parlamento e del Governo.
Il disegno di legge, inoltre, vorrebbe garantire una maggiore terzietà del giudice, con la separazione delle carriere tra magistrati giudicanti e requirenti.
Questo è però un déjà-vu nel nostro processo penale.
La presenza di un giudice terzo, indipendente ed imparziale e la parità tra accusa e difesa infatti sono già previste dal modello accusatorio su cui esso è basato, come si evince innanzitutto dall’art. 111 della nostra Carta Costituzionale, dalla legge sulle indagini difensive e da quella sul giusto processo.
Con la speranza che i principi di legalità e di uguaglianza trionfino sempre, porgo i miei più cordiali saluti alla Redazione ed a tutti i lettori del giornale.

Nell'immagine: la bilancia della giustizia.

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(9.10.11) IL VIAGGIO DEL PAPA, E GESU' NEL TEMPIO* (Angelo Cannatà) - C’è molta attesa per l’arrivo del Papa in Calabria. Attesa e speranza. Giusto. I fedeli hanno le loro esigenze e l’evento (che ha - inevitabilmente - un grande valore mediatico) va preparato con cura. Il palco. La scena. La scenografia. Si mobilitano tutti: manovalanza, tecnici, artigiani e artisti; la politica – destra, sinistra, centro; la Chiesa nazionale (con i suoi inviati) e quella locale: la Calabria non può sfigurare. E’ tutto molto bello, armonioso e unitario. Verrebbe voglia di dire: ecumenico.
Tuttavia bisogna anche chiedersi (“mestiere crudele il giornalismo”), chi sia veramente questa figura simbolica così attesa e preziosa, con accento tedesco, sguardo mite, convinzioni rigide, che ha alle spalle una tradizione (Santa Romana Chiesa) con duemila anni di storia.
Ebbene, Ratzinger non è – per usare un’espressione diffusa – un “Papa pastore”, ma un “Papa teologo”. Non è solo un problema di termini, di linguaggio. Cambia la sostanza del messaggio e l’atteggiamento e il modo di porsi. Cambia, soprattutto, la priorità dei temi: l’importanza che viene attribuita, inevitabilmente, ad alcuni argomenti piuttosto che altri.
Spesso, gli appuntamenti nazionali e internazionali di Papa Ratzinger sono stati l’occasione per ribadire le posizioni più dure e oscurantiste del suo pontificato: un no – netto e radicale – all’aborto; no all’eutanasia; no alla procreazione in vitro; no agli anticoncezionali (incredibile l’infelice uscita in Camerun, 2009: “l'AIDS? Gli anticoncezionali ne aumentano l'incidenza”); no alla modernità, figlia dell’illuminismo e del relativismo; no alla revisione critica di posizioni che cancellano le aperture del Concilio Vaticano II. Di più, e con grave scandalo, pesano su Ratzinger i silenzi del passato su “Chiesa e pedofilia”.
Bastano questi rapidi accenni per comprendere che il viaggio in Calabria, al di là delle legittime attese dei fedeli, rischia di essere solo l’ennesimo teatro di vecchi discorsi di un “papa inquisitore” (così è stato definito) che ha bloccato – o comunque fortemente rallentato – il cammino intrapreso dal “Papa buono”.
E’ il pessimismo della ragione che induce a queste considerazioni. L’ottimismo della volontà - a cui vogliamo abbandonarci - parla invece un altro linguaggio: dice che vorremmo dal Pontefice, in questo viaggio, un discorso forte sulla piaga purulenta che ammorba la Calabria: la mafia: che corrompe “giovani vite” e le distrugge; incute timore, terrorizza, uccide; che traffica con la droga, gli appalti, la prostituzione; che si ramifica nei partiti e nella politica, penetrando ai livelli alti delle istituzioni. Ecco cosa ci aspettiamo da Lei – Santo Padre – un discorso come quello storico di Wojtyla in Sicilia: duro e determinato (come Gesù che con sublime “violenza” urlò contro i mercanti del Tempio).
E’ possibile? E’ nei piani di Santa Romana Chiesa? E’ opportuno? C’è la volontà di spezzare in Calabria un silenzio che ha coperto - nella migliore delle ipotesi non ha ostacolato - una politica nazionale collusa (Previti-Dell’Utri-Mangano-Berlusconi)? La speranza induce a dire sì. Vogliamo crederci. Il viaggio in Calabria – tra scenografie, visite ai conventi e opportune preghiere – avrà questo stupefacente significato: Papa Ratzinger coglierà l’occasione, in terra di ndrangheta, per sferrare un attacco a tutte le collusioni, locali e nazionali, con il crimine. Una svolta. Un aiuto concreto e autorevole alla battaglia che tanti movimenti - e il nostro giornale - ogni giorno combattono contro la Piovra mafiosa.
Questo vorremmo. Questo attende l’opinione pubblica, la società civile onesta e democratica. Ascolti la nostra preghiera – Santità –, una preghiera laica. Lasci da parte, per una volta, gli anatemi contro il relativismo. Scenda dal cielo teologico e si guardi intorno. Molti capi mafia hanno nei rifugi i santini e l’immagine di Gesù. Dica che non sono degni. Che le loro azioni contraddicono il messaggio d’amore di Cristo; che non possono vivere in quest’orrenda ipocrisia; che non possono nominare Dio e uccidere con atroce freddezza; che devono smetterla di portare in processione i santi - accade ancora - e rinnegarli con azioni infami. Non è concesso. Lo dica anche a qualche prete tiepido con la mafia. Spieghi che “il miglior modo di onorare i santi è imitarli” (Erasmo). Se questo accadrà, il viaggio in Calabria avrà un significato storico. La mafia frena lo sviluppo. Questo è il punto. E non c’è discorso sulla disoccupazione giovanile in Calabria, che possa prescindere dalla lotta al crimine organizzato. In un’Enciclica leggiamo che “l’imprenditoria deve mettere al centro la persona e non il profitto”. Vero. Ma questo vale per il nord, Santo Padre. Nel profondo sud, bisogna aggiungere che l’imprenditoria mafiosa è “il” male: nel suo universo la persona non perde soltanto la centralità: non esiste. Questo è il tema. Questo il difficile (impossibile?) cancro da estirpare. Non ho il dono della fede, Santità . Sotto certi aspetti invidio chi riesce a dire “Credo perché assurdo”. Ma sono molto attento al ruolo sociale della Chiesa. Posso solo sperare che il Suo Dio – e la fede che La guida e che rispetto – illumini le Sue parole.

* Articolo apparso su "Il Quotidiano della Calabria" dell'8.10.2011


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(13.10.11) BENVENUTO BENEDETTO... BENVENUTO IN CALABRIA (Michele Scozzarra) - Benvenuto Benedetto, benvenuto caro Papa, benvenuto Santità, benvenuto professor Ratzinger… benvenuto nella nostra terra di Calabria, una terra di sofferenza: sono state queste le parole che hanno salutato, domenica 9 ottobre, l’arrivo del Papa in Calabria, una delle regioni d’Italia più colpita dalla violenza!
Mentre il Papa è in volo verso Lamezia, si registrano le parole di Mons. Antonio Cantafora che parla di un “Viaggio in un pezzo d'Italia che non si rassegna ad essere la regione con il più basso reddito e il più alto livello di disoccupazione tra i giovani, e soprattutto non si rassegna a vedere il suo nome associato alla criminalità e alla 'ndrangheta. La Calabria vuole vivere e vivere con dignità e spera che attraverso l'impegno, possa essere messa da parte l'illegalità e la mafiosità che tante volte impera in certi ambienti".
Non si può non notare, con sconcerto, anche tante critiche apparse sulla stampa alla vigilia di questo viaggio del Papa in Calabria, ma il vecchio e fragile Ratzinger sa benissimo cosa vuol dire essere Papa, essere il successore di Pietro e, in più occasioni non ha avuto esitazione nell’affermare che “Il Magistero ecclesiale protegge la fede dei semplici; di coloro che non scrivono libri, che non parlano in televisione e non possono scrivere editoriali nei giornali... Esso deve dare voce a quelli che non hanno voce. Non sono i dotti a determinare ciò che è vero della fede battesimale, bensì è la fede battesimale che determina ciò che c’è di valido nelle interpretazioni dotte. Non sono gli intellettuali a misurare i semplici, bensì i semplici misurano gli intellettuali. Non sono le spiegazioni intellettuali la misura della professione di fede battesimale, bensì la professione di fede battesimale, nella sua ingenua letteralità, è la misura di tutta la teologia. Il battezzato, colui che sta nella fede del battesimo non ha bisogno di essere ammaestrato. Egli ha ricevuto la verità decisiva e la porta con sé con la fede stessa...”.
La visita del Papa è stata un’occasione storica per la nostra Regione, un segno di speranza che ci ha fatto riassaporare il valore e la potenza di parole come giustizia, emergenza, silenzio, fiducia, speranza, certezza. Benedetto XVI è venuto a portare nella terra di Calabria una parola “seria” sul destino della nostra Regione, perché si presenta al di sopra di ogni ideologia e si rivolge all’uomo in quanto tale, che è lo stesso in ogni angolo del mondo e con lo stesso bisogno di verità.
La parola del Papa, anche in Calabria, supera ogni tentativo di strumentalizzazione ed è segno di una verità che supera le nostre umane disperazioni: “Cari fratelli e sorelle! Sono venuto per condividere con voi gioie e speranze, fatiche e impegni, ideali e aspirazioni di questa comunità diocesana… So che anche a Lamezia Terme, come in tutta la Calabria, non mancano difficoltà, problemi e preoccupazioni. Se osserviamo questa bella regione, riconosciamo in essa una terra sismica non solo dal punto di vista geologico, ma anche da un punto di vista strutturale, comportamentale e sociale; una terra, cioè, dove i problemi si presentano in forme acute e destabilizzanti; una terra dove la disoccupazione è preoccupante, dove una criminalità spesso efferata, ferisce il tessuto sociale, una terra in cui si ha la continua sensazione di essere in emergenza. All’emergenza, voi calabresi avete saputo rispondere con una prontezza e una disponibilità sorprendenti, con una straordinaria capacità di adattamento al disagio. Sono certo che saprete superare le difficoltà di oggi per preparare un futuro migliore. Non cedete mai alla tentazione del pessimismo e del ripiegamento su voi stessi. Fate appello alle risorse della vostra fede e delle vostre capacità umane; sforzatevi di crescere nella capacità di collaborare, di prendersi cura dell’altro e di ogni bene pubblico, custodite l’abito nuziale dell’amore; perseverate nella testimonianza dei valori umani e cristiani così profondamente radicati nella fede e nella storia di questo territorio e della sua popolazione”.
Il Papa ha invocato la pace, ha pregato per la Calabria… strascicando il suo accento tedesco ha seminato parole di bontà, di amore, di concordia e giustizia, anche se sa benissimo che molti paesi della Calabria vivono nel terrore e che, forse, in quello stesso attimo, non molto lontano da Lui c’è gente che spara, muore, soffre e bestemmia. Ma, nonostante tutto questo, parla, ammonisce, sprona, avvince, prega… e la gente di Calabria che gli sta intorno, applaude, sventola bandiere, gli chiedono una parola di speranza, capace di infrangere le barriere dell’umana solitudine.
Nel pomeriggio il Papa si è recato nella Certosa di Serra San Bruno dove ha presieduto la celebrazione dei Vespri con i monaci, e nell’omelia ha voluto sottolineare l’importanza dei certosini: “La Chiesa ha bisogno di voi … Il vostro posto non è marginale: nessuna vocazione è marginale nel Popolo di Dio: siamo un unico corpo, in cui ogni membro è importante e ha la medesima dignità, ed è inseparabile dal tutto… Anche voi, che vivete in un volontario isolamento, siete in realtà nel cuore della Chiesa, e fate scorrere nelle sue vene il sangue puro della contemplazione e dell’amore di Dio… Vorrei che questo nostro incontro mettesse in risalto un legame profondo che esiste tra Pietro e Bruno, tra il servizio pastorale all’unità della Chiesa e la vocazione contemplativa nella Chiesa. I Monasteri hanno nel mondo una funzione molto preziosa, direi indispensabile. Se nel medioevo essi sono stati centri di bonifica dei territori paludosi, oggi servono a “bonificare” l’ambiente in un altro senso: a volte, infatti, il clima che si respira nelle nostre società non è salubre, è inquinato da una mentalità che non è cristiana, e nemmeno umana, perché dominata dagli interessi economici, preoccupata soltanto delle cose terrene e carente di una dimensione spirituale. In questo clima non solo si emargina Dio, ma anche il prossimo, e non ci si impegna per il bene comune. Il monastero invece è modello di una società che pone al centro Dio e la relazione fraterna. Ne abbiamo tanto bisogno anche nel nostro tempo. Cari amici di Serra San Bruno, il privilegio di avere vicina la Certosa è per voi anche una responsabilità: fate tesoro della grande tradizione spirituale di questo luogo e cercate di metterla in pratica nella vita quotidiana”.
Ecco anche adesso, nel riascoltare le parole del Papa non possiamo non riassaporare lo stesso stupore e gratitudine che ha provato la gente che aveva davanti… non dobbiamo dubitare (come fanno gli snob ed i sofisti), che il desiderio più grande del Papa è che ogni singolo uomo trovi il senso della propria vita e della realtà, e che in tutto quello che gli può capitare, non abbia paura di essere solo, perché Cristo e la Chiesa sono con lui, quindi non bisogna avere paura di affrontare le sfide che “il maligno” mette sulla nostra strada.
Per noi, nel seguire Benedetto XVI, è tutto da imparare… per loro (incerti, sofisti e snob) è proprio una bella sfida…

Nelle foto, dall'alto in basso: Benedetto XVI saluta i fedeli; un momento della celebrazione; il papa si intrattiene col priore della certosa di Serra San Bruno.


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(23.10.11) RIFLESSIONI SULLA PROTESTA DEGLI INDIGNATI (Maria Francesca Cordiani) - In questi giorni l’attenzione mediatica si è incentrata sull’assalto alla capitale cagionato dai cosiddetti black bloc, il giorno 15 Ottobre. durante la manifestazione organizzata dagli “indignati”.
Non altrettanta risonanza è stata, invece, attribuita alle ragioni, che hanno dato origine ad una protesta, che, com’è noto, ha coinvolto molti Paesi del mondo ed il cui filo conduttore è rappresentato dal malcontento di molti individui causato dalla perdita di una effettiva sovranità popolare, dall’inefficienza e dall’iniquità del sistema economico e soprattutto dalla lesione di diritti fondamentali della persona.
In tale ambito si pone la rivolta degli “indignati” italiani, segno del declino sociale ed economico in cui versa l’Italia, i quali si oppongono agli interventi di politica economica previsti dalla maggioranza e dalle grandi potenze finanziarie.
Essi in particolare manifestano il loro dissenso sia contro la politica fiscale restrittiva adottata dal Governo, che ha comportato una riduzione della spesa pubblica per servizi pubblici essenziali, quali ad esempio l’istruzione, la sanità e la previdenza, sia contro la politica monetaria restrittiva fissata dalla Banca Centrale Europea e dai governatori delle banche nazionali dei paesi appartenenti all’Unione Economica e Monetaria Europea, tra cui vi è, appunto, quello della Banca d’Italia, la quale ha provocato una diminuzione degli investimenti e della produzione.
Tali misure dovrebbero contribuire a far rientrare l’Italia nei parametri stabiliti nel trattato di Maastricht, successivamente richiamati nel Patto di stabilità e crescita, cui si aggiunge la necessità di far risalire il nostro Paese dal declassamento deciso dalle tre principali agenzie di rating internazionale, ovvero, Standard & Poor’s, Moody’s e Fitch.
In realtà, però, non solo la disuguaglianza nella distribuzione del reddito è ancora sempre più evidente, ma sono stati danneggiati diritti fondamentali costituzionalmente garantiti, ovvero, quello alla salute, all’istruzione ed al lavoro.
Inaccettabili sono gli atti vandalici compiuti persino contro la statua della Madonna, sintomo di una fede vacillante ed inaudita è la violenza contro le forze dell’ordine, gli istituti di credito e i privati cittadini, ma i motivi della contestazione sono da condividere, poiché, in sostanza è stato sminuito il valore della persona tutelato dall’articolo 2 della Costituzione, secondo cui “la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”.
Gli interessi economici e politici, infatti, stanno prevalendo su quelli individuali.
Alla luce di quanto sopra mi chiedo quali saranno le prospettive per il futuro.

Nella foto: uno striscione degli "indignati".


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(4.11.11) TERME, LISTE CIVETTE, SPAZZATURA, ROTONDE, TETTI, PEDONI, LAMPIONI... (Arianna Sigillò) - Visti i nuovi accadimenti "recenti" impossibile non commentare.
La "nuova amministrazione" il cui motto preelettorale di quest'anno profferiva: "abbiamo fatto bene, aiutateci a fare meglio", non solo non ha fatto "bene" in precedenza, ma addirittura continua a fare anche peggio. Mi riferisco principalmente alla
situazione "terme", o meglio alla nuova "saga a puntate" che vede come protagonista il nostro sindaco, alias Carmelo Panetta, giocare al "gatto col topo" con il nuovo responsabile delle terme, in un "botta e risposta" a suon di manifesti affissi un po' per tutto il paese, a dimostrazione (suppongo) dell'"ottima" competenza dell'assessore alle terme nel gestire tale situazione, nonchè dell'efficacia e l'efficienza della quale ha tanto "precantato" il sindaco durante i comizi preelettorali, sostenendo di possedere entrambe le qualità ("m'avantu m'avant'io, bellu giuvani chi su io", come si dice dalle nostre parti).
In realtà c'è ben poco da commentare, il tutto si commenta già bene da sè. Certo è che poichè nei cinque anni precedenti hanno fatto "sittanto bene" rimane tutt'oggi un mistero la presentazione della cosidetta "lista civetta". Probabilmente, anzi molto probabilmente, durante tutto il mandato così tanto bene non l'hanno poi fatto allora!
Partendo dal presupposto che, nonostante il mandato abbia durata quinquennale, non ci si debba aspettare miracoli da chicchessia e dalla compagine "di turno", è pur vero che i mezzi, le risorse e i capitali a disposizione debbano essere impiegati e calcolati nel miglior modo possibile, ossia, tra i vari interventi da fare nell'intero paese prendere in considerazione e mettere in atto quelli che hanno un certo tipo di priorità.
Nello specifico, sono stati fatti degli ottimi lavori nella strada che porta al cimitero con annesse passerelle per rendere più comodo il "transito" dei pedoni nell'attraversare il fiume, sono state rifatte le illuminazioni alla "villa dei cigni" e alle "giostrette", anche lì ottima cosa, ma non era più urgente mettere in sicurezza il tetto della scuola dell'infanzia frequentata da bambini?
Hanno messo i lampioni a risparmio energetico che ahimè non funzionano. Prima di spendere bei soldini (pubblici) "a gogò" non era il caso che chi di competenza si fosse informato per tempo sui pro e i contro di tali "accessori"? Perciò proprio in merito all'"efficienza" ed "efficacia" del sindaco avrei da ridire.
Facendo un passo indietro come non ricordare il nostro sindaco durante uno dei sui comizi preelettorali, durante il quale si attribuiva una gran parte del merito circa l'ottimo funzionamento del servizio raccolta-smaltimento rifiuti, portando a confronto la situazione attuale di paesi come Taurianova, Rizziconi e via discorrendo letteralmente ricoperti dall'immondizia; o, come diceva il primo cittadino, "oasi ecologiche di spazzatura". Per chi non lo sapesse, è un paragone che non ha né capo né coda, come si suol dire, poichè se a Galatro non esiste il "problema rifiuti" è solo e soltanto perchè, visto l'esiguo numero di abitanti, la quantità di rifiuti da smaltire è gestibile, in quanto il camion che trasporta i rifiuti alla discarica per riempirsi completamente con i rifiuti di Galatro impiega due giorni e, dato che alla discarica si scarica ogni due giorni, ecco spiegato il perchè Galatro si "mantiene pulito".
Il primo cittadino ha altresì parlato di lavori rimasti incompiuti per "esaurimento dei fondi" a disposizione, a causa di ulteriori "riparazioni" non previste sorte durante i lavori. Beh, "l'efficacia" e "l'efficienza" di un soggetto, stanno anche nella capacità di preventivare per tempo che tali condizioni, essendo il nostro paese "trascurato" da un pò, possano verificarsi, per potersi quindi trovare preparati ad affrontarle.
Sempre restando in tema di "immondizia" dice bene Carmelo Panetta quando, riferendosi a chi lascia "allo sbaraglio" i sacchetti della spazzatura, afferma che basterebbe fare qualche metro in più per gettarli nei cassonetti; ma dove sarebbero i cassonetti? Fatta eccezione di quelli per la differenziata plastica, vetro e cartone non ne ho visti d'altro tipo in giro!
Poi sempre rimanendo in tema di "efficacia ed efficienza" del nostro primo cittadino, una dimostrazione di quanto queste caratteristiche non gli appartengano me l'ha data proprio stamane quando, soffermatami a chiedere "quando uno dei tecnici comunali fosse potuto andare a montare la nuova rete alla scuola dell'infanzia", mi sento rispondere: "io non ne sapevo niente, non ero a conoscenza del fatto che ci fosse il problema della rete inagibile alla scuola dell'infanzia".
Allora, giacchè a me non piace fare le "piazzate" poichè l'ho interrotto mentre discuteva con altre persone in villa, approfitto del sito di Galatro per comunicare col sindaco, dato che, nonostante le continue richieste da parte dei genitori e dei rappresentanti dei genitori della scuola dell'infanzia fatte più volte presso il comune verbalmente, e molto spesso per iscritto e protocollate, una persona dotata di "efficacia ed efficienza" dovrebbe essere a conoscenza di tutto ciò che riguarda le sue competenze. E' vero che ci sono i "delegati", quali gli assessori e dipendenti vari, ciascuno con il suo compito, ma il primo cittadino, in quanto tale, ha il dovere di informarsi giornalmente su tutto ciò che riguarda l'amministrazione.
Concludo esortando il sindaco ad essere più vigile, ma in toto, non solo per ciò che riguarda riunioni "straordinarie", convegni e quant'altro. Si parte dalle piccole cose, perchè goccia dopo goccia nasce un fiume, e se si fallisce anche in questo...
Per cui non basta abbellire il viale alberato che porta al cimitero, non è sufficiente trasformare l'ex zampillo in una bella "rotonda" con tanto di panchine, né costruire un nuovo ponte ad hoc molto più agibile a mezzi e pedoni, né creare un ufficio informazioni alla villa mai utilizzato per quel fine nè per altri, tantomeno "issare" assurde inferriate alle terme vecchie lasciando l'intera struttura alla mercé degli "sciacalli". Figuriamoci poi a cosa serve riprendere l'ospizio per poi "mollarlo" di continuo, quando sappiamo già com'è la situazione "anziani" nel nostro paese. Ma sopratutto non basteranno le belle serate di festa in piazza in estate per far trascorrere qualche ora di svago ai vacanzieri a far "risorgere" Galatro.
Spero che la situazione nel nostro tanto caro e bel paesino un giorno possa cambiare e migliorare, anche se attualmente siamo proprio "fuori dai binari". D'altronde, come diceva Aristotele, "le persone oneste e intelligenti difficilmente fanno una rivoluzione, perchè sono sempre in minoranza"; motivo per il quale non è stato permesso (ai tempi) a Franco Galluzzo di poter amministrare come meglio credeva, motivo per il quale il Dottor Oliva ha deciso di mollare, e sopratutto perchè un altro Bruno Marazzita deve ancora nascere (emuli compresi).

Nella foto: Arianna Sigillò, autrice dell'intervento.

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(8.11.11) SURREALTA' (Domenico Distilo) - Non può che apparire surreale! La credibilità del Paese è a pezzi. Il debito pubblico lievita ogni giorno di più per i rendimenti che l’Italia è costretta ad offrire per piazzarne i titoli. C’è un governo che ormai ha smesso anche di fingere di governare (cosa che invero non ha mai fatto), con un premier e un ministro dell’economia separati in casa.
Una disoccupazione giovanile che raggiunge punte altissime (abbiamo superato la Grecia e la Spagna). Una competitività sui mercati dei prodotti italiani al minimo storico. Uno straccio di progetto per la crescita di cui non si vede neppure l’ombra. E altro, molto altro, si potrebbe aggiungere.
Eppure quella dei berlusconiani non è una specie completamente estinta. E’ un fatto che essi sono, a dispetto di tutto, ancora in circolazione. Li senti declamare contro l’opposizione, l’odiata sinistra, e non sai se ci sono o ci fanno, se sono seri o bluffano, in perfetta salute o da ricovero. Anche quando, malvolentieri, ammettono che il loro idolo non è stato proprio il massimo, si peritano di aggiungere: “va bene, ma non ci sono alternative! Quali sarebbero le alternative?”.
Avete capito bene: non ci sono alternative! Visti i risultati dell’azione governativa, si tratterebbe di alternative al nulla, al peggiore governo della storia d’Italia, a chi ci ha reso ridicoli agli occhi del mondo. Però per loro, beati loro, “non ci sono alternative!”. Di fronte a così dura cervice non resta che alzare bandiera bianca, rinunciare a capire, prendere atto che c’è un pezzo d’Italia disposta a farsi ammazzare pur di non piegarsi ai fatti, un pezzo d’Italia che mette l’idolo, la costruzione fantastica del personaggio, davanti a tutto e a tutti.
E questo capita in pieno XXI secolo, quando dovremmo essere una democrazia consapevole e matura, fatta di gente che guarda soprattutto ai fatti e non alla loro deformazione propagandistica, faziosa, cialtronesca. E poi ci lamentiamo perché all’estero ridono di noi. Suvvia, che dovrebbero fare? Che dovrebbero dire di gente che si fa rappresentare da un buffone convinta che sia un ineguagliabile statista?


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(13.11.11) E LA STORIA SI RIPETE (Maria Francesca Cordiani) - In Italia da anni si assiste a catastrofi naturali simili a quella verificatasi qualche giorno fa in Liguria ed in Toscana che, come un fulmine a ciel sereno, oltre a provocare gravi danni a beni immobili e mobili, sono la causa della morte di tanti malcapitati.
Lo scenario è sempre identico: automobili schiantate una contro l’altra, case distrutte dalla furia delle acque e purtroppo numerose vittime estrapolate dalle macerie da volontari, Vigili del Fuoco e personale della Protezione Civile.
Sacrifici talvolta di una vita, che in un attimo si volatilizzano.
Ma qual è la causa di tale effetto? La natura che improvvisamente si ribella o l’incuria e la negligenza degli uomini?
Solo i periti ovviamente sono in grado di dare una risposta a tale domanda.
Quel che è certo è che spesso si tratta di tragedie che potevano essere evitate, atteso che si ripetono nel tempo negli stessi luoghi.
Il nostro piccolo borgo ne è un esempio, dal momento che diverse volte è stato travolto e devastato dal Metramo.
In ogni caso è inammissibile che ogni anno il maltempo causi sempre numerose vittime, le quali spesso vengono dimenticate o ricordate solamente con cerimonie in loro memoria.
Ingenti sono sicuramente gli aiuti economici raccolti per le popolazioni colpite, oltre a quelli stanziati dal Governo in seguito alla dichiarazione di emergenza.
La ricostruzione delle aree distrutte, però, non farà mai dimenticare a nessuno l’incubo di quei giorni e quelle scene apocalittiche diramate dai media.
Di fronte a tali tragedie, tuttavia, colpisce pure la solidarietà concreta espressa ai cittadini colpiti dall’alluvione da uomini e donne di tutte le età armati di stivali e pale, per ripulire le città devastate dal fango e dai detriti. Esempi di carità da emulare.
Anche questa è l’Italia, un Paese popolato da individui altruisti e caritatevoli.
Mi auguro, comunque, che tali tragedie non si verifichino più in nessuna parte del mondo, ma guardando il Metramo vivo con l’angoscia che la storia si ripeta.
I suoi argini, che in alcuni punti sono danneggiati, difatti, non sono ancora stati messi in sicurezza ed il suo alveo a monte del ponte “calatella” è ancora invaso da alberi e canneti, visto che solo il Comune ha provveduto a ripulire parte di esso.
A mio avviso, pertanto, qualora tale stato di fatto non muti al più presto, si rende necessario sottoporre la questione al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.
Ciò affinché a Galatro, non si verifichi l’ennesima sciagura preannunziata.

Nella foto: un momento della recente alluvione di Genova.


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(21.11.11) LA CADUTA DI BERLUSCONI E IL FUTURO DELLA DESTRA (Domenico Distilo) - Berlusconi è caduto e questo è un bene per l’Italia, che con lui aveva davvero toccato il fondo del fondo. I problemi però rimangono, in primo luogo la mancanza di una destra costituzionale e liberale, auspicabilmente lontana anni luce da quella populista ed eversiva che per quasi due decenni ha messo a dura prova la tenuta delle istituzioni e dello stesso Paese.
Una cosa va detta: la destra italiana non l’ha inventata Berlusconi; piuttosto egli l’ha rievocata, richiamandola dalle catacombe nelle quali era rimasta per tutto il lungo dopoguerra. A renderne possibile la ri-evocazione sono stati i fatti successi tra gli anni Ottanta e i Novanta, ma a dare la spinta decisiva c’è voluta la nascita, con i referendum elettorali, del bipolarismo. Il bipolarismo ha risvelato l’eterna destra italiana ridandole agibilità politico-elettorale. Ed è probabile che se non ci fosse stato Berlusconi essa avrebbe trovato un mentore della stessa natura, della sua stessa natura, perché l’occasione che le offriva il sistema elettorale era unica ed irripetibile.
Questa destra, ad onta delle speranze che alcuni dicono di nutrire, non cambierà mai le proprie caratteristiche in quelle di una normale destra europea e, se si dovesse restare dentro il sistema bipolare, il rischio che riprenda a guidare il gioco o, nel migliore dei casi, ad esercitare su tutto il sistema politico una pressione generatrice di tensioni alla lunga insostenibili sarebbe molto alto e molto concreto. Che cosa sono stati, del resto, se non anni di tensione al limite della rottura – politica, sociale, economica, culturale, generazionale - gli anni del berlusconismo?
E’ perciò inutile girarci intorno: la campana sta già suonando per i moderati del PDL, chiamati a rompere gli indugi, ad abbandonare al loro destino Berlusconi e i suoi pasdaran e raggiungere quello che si prefigura come il vero partito dei moderati, il terzo polo di Fini, Casini e Rutelli.
L’uscita terzopolista dei veri moderati del PDL è l’esito inscritto nell’ordine delle cose, nella logica fredda, geometrica, della politica. Quanto prima il Banana e i suoi resteranno confinati in una ridotta minoritaria – contigua e affine, nei toni e nella sostanza, a quella leghista - tanto meglio sarà per l’Italia, non foss’altro perché si sarà tornati alla civiltà e urbanità degli atteggiamenti e delle azioni, lontano dalle spaccature verticali e dal non proprio remoto rischio di guerra civile di cui sono sempre portatori i populismi.
E’ così il Centro che torna, inglobando la destra moderata e alleandosi con la sinistra moderata, secondo le migliori tradizioni del riformismo italico, da Giolitti a Moro a Ciampi e Prodi. Lasciando alle estreme un mero diritto di tribuna in un sistema (vecchio-nuovo) fondato su una duplice conventio ad excludendum, verso la sinistra movimentista e massimalista e verso la destra populista ed eversiva.
Conosco già il rosario delle obiezioni: così non avremo mai una democrazia compiuta. Così non ci sarà l’alternanza delle classi dirigenti al governo. Il sistema potrà – ancora una volta - degenerare nella corruzione. Obiezioni sacrosante! Col torto però di nascere tutte dalla predilezione per ciò che deve essere ma non è, non ha la forza di diventare essere, realtà realissima e concreta.
Il realismo della politica impone invece di leggere nel cattivo, cattivissimo esito del bipolarismo italiano una incapacità antropologica di adattarsi ad esso. E di tornare all’usato sicuro del centro, secondo il paradigma del bene (pratico e concreto) nemico del meglio (teorico ed astratto).

Nella foto: divieto di svolta a destra.


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(24.11.11) LA SOSTANZA, AL DI LA' DELLO STILE* (Angelo Cannatà) - E’ tempo di sondaggi. Si misurano attese, aspettative, consensi degli italiani al nuovo governo. Uno in particolare mi colpisce: “Otto su dieci promuovono Monti.” Sono, al tempo stesso, contento e preoccupato: c’è molto ottimismo, penso, e questo è un bene. Ma sembrano davvero troppi questi consensi. Sono tra i pochi che non hanno capito nulla? Poi leggo le domande, come vengono poste (il “come”, influenza la risposta), e i conti tornano.
Alcuni sondaggi sono molto benevoli. Bisogna spingere il nuovo Premier. E giù lunghe tirate sulla classe e lo stile: lo stile Bocconi, lo stile del grande professore, lo stile sobrio, lo stile british. Eccetera.
Non saranno eccessivi questi discorsi sullo stile? “Gli uomini non sono sempre ciò che sembrano” (Lessing). Capisco la fiducia a un governo nato per uscire dalla crisi, per rimettere i conti in ordine, per liberarci dalle macerie del berlusconismo. Giusto. Ma è possibile porre domande, o, avendo criticato Berlusconi, dobbiamo accettare “tutto” del professore Monti?
E allora, andiamo alla sostanza: cosa dicono - al di là dello stile - le prime mosse del neo Presidente? Il suo governo chiude per davvero col berlusconismo, o ne rappresenta la continuità in settori chiave e nell’impianto generale?
La scuola. Insegno filosofia e ho vissuto da vicino, a Roma, le contestazioni studentesche al ministro Gelmini, il rifiuto di una politica che ha spostato denaro (troppo denaro) verso le scuole private, deprimendo le pubbliche di ogni ordine e grado. Cambia qualcosa col nuovo ministro? Non cambia assolutamente nulla. Risulta che Mario Monti abbia sostenuto la Gelmini e il ministro Profumo sia legato alla Cei e al Cardinal Bagnasco. C’è piena continuità. Non va bene.
Di più: come neoministro della difesa abbiamo un ammiraglio, Giampaolo Di Paola, da tempo ai piani alti della Nato. Cosa possiamo aspettarci? Autonomia e indipendenza rispetto alla decisioni di Washington? Direi proprio di no. D’altronde, Monti non pensa a riduzioni delle spese militari: per ridurre il debito, si prepara a colpire il ceto medio. Dobbiamo stare allegri?
E ancora: avevamo proprio bisogno - dopo Berlusconi - del nuovo conflitto d’interesse di Corrado Passera? Il neoministro dovrebbe tutelare l’interesse generale, contro la speculazione dei poteri forti e delle banche: è l’uomo giusto, avendo guidato per anni Banca Intesa? Anche qui, molti dubbi e una certezza: si poteva fare meglio, se non altro per confutare il vecchio adagio: “chi tiene stretta la borsa, ha il potere”.
Potremmo dire, dettagliatamente, di altri ministri – in gran parte di area cattolica – e discutere delle inevitabili ingerenze del Vaticano nella vita politica italiana; o dell’ex prefetto, Anna Maria Cancellieri, nominato ministro dell’interno (l’uso politico dei prefetti preoccupa: le proteste, gli scioperi, le manifestazioni di piazza - nonostante i Black Bloc - rappresentano il sale di una democrazia: “i giovani protestanti inventano le idee - diceva qualcuno -, quando le hanno esaurite, il conservatore le fa sue.”)
Ma al di là di questo, è l’indirizzo generale del governo che preoccupa. Siamo in presenza di professori che credono – ciecamente – nelle virtù salvifiche del mercato (“quelli che Marchionne ha sempre ragione” e chi se ne frega dei disoccupati di Termini Imerese; quelli che il capitalismo – nonostante la crisi epocale – non si tocca). Tema delicato. E’ bene essere chiari. Da più parti si cita Karl Marx. C’è da alcuni anni una ripresa degli studi sul filosofo tedesco. Anche sulle pagine di questo giornale, molto opportunamente, è stato chiamato in causa l’autore dei “Grundrisse”. Cosa significa? Per quanto mi riguarda le tesi sulla futura società comunista sono pura archeologia. Utopia. Roba vecchia. E’ innegabile tuttavia che il Marx critico del capitalismo sia fortemente attuale. Nei “Manoscritti economico-filosofici” del 1844 evidenzia i limiti dell’economia borghese, l’incapacità di leggere in termini dialettici il sistema capitalistico. Non bisogna “eternizzare” - dice - il sistema capitalistico, ma leggerlo come “un” sistema economico (fra i tanti della storia). Ecco: aldilà della soluzione utopistica di Marx, il problema è ancora lo stesso: creare un modo di produzione e di distribuzione della ricchezza “diverso”. Un modo più giusto. E’ quello che chiedono, in tutto il mondo, i “No Global”.
Ma né Monti, né i suoi ministri pensano in questa direzione: il capitalismo non si tocca, l’obiettivo è la crescita, a qualunque costo. Si cerca di evitare il “default” con gli stessi strumenti che l’hanno determinato. E’ un errore. Passeranno alcuni mesi e il dissenso crescerà. Le masse protesteranno. Il governo dei banchieri sarà sfiduciato. Ma rischia di essere tardi. Vauro l’ha detto con lucida e amara ironia: “E la democrazia?”, scrive. Risposta: “Ce l’hanno pignorata le banche!”

* Articolo apparso sul Quotidiano della Calabria del 20.11.2011


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(7.12.11) ELOGIO DEL DEBITO (Domenico Distilo) - Uscire dalla crisi non è possibile se non si capisce che non serve varare ad ogni piè sospinto misure d’austerità nello sforzo (inane) di ridurre il debito. I sacrifici imposti rischiano infatti di rivelarsi inutili se non si abbandonano le formule e le politiche neoliberiste, divenute senso comune ma causa prima delle ambasce in cui ci troviamo.
Chiediamoci: qual è il nocciolo della crisi? La risposta è: nel rapporto tra il debito pubblico e lo stallo dell’economia reale, che rende impossibile il rifinanziamento del debito. Per cui non ci sarebbe altra strada che la riduzione, appunto, del debito.
Già! Ma si dimentica che finora è stato il debito (privato e pubblico) a sostenere l’economia reale. Senza debito niente consumi! La dogmatica neoliberista che ha imperversato per trent’anni ha però fatto finta di non vedere che, a partire dagli anni Trenta del secolo scorso, il primum movens del sistema è proprio il debito. Perciò ha riaggiustato a sua immagine tutti gli altri fattori, determinando un formidabile spostamento di ricchezza dai molti ai pochi. Con l’inevitabile corollario della contrazione dell’economia reale e il tentativo di compensarla con l’ingegneria finanziaria.
La compensazione attraverso l’ingegneria finanziaria si è però rivelata essere quel che era e che si dice volgarmente imbroglio, consistente nel pagare i debiti con altri debiti, nell’illusione che spostando il limite indefinitamente più avanti i nodi non sarebbero mai venuti al pettine. I titoli del debito, privati e pubblici, degradati a spazzatura dalle agenzie di rating sono la scopertura di quest’imbroglio che non si vuole riconoscere come tale, per cui si tende a non far emergere le domande più impertinenti, che sono (sarebbero) tre: 1) chi ha causato il danno? 2) chi lo rifonderà? 3) chi ci rimetterà?
Il danno lo ha causato chi ha pensato che l’economia potesse funzionare comprimendo il debito. Il rifiuto ostinato della Merkel di monetizzarlo, autorizzando la BCE a stampare euro, è in fondo il prodotto di questa ossessione ideologica che ha instillato in molti la nostalgia del paleocapitalismo, con lo stato ridotto a “guardiano notturno” di un’economia che gira da sola, magari col supporto della smithiana mano invisibile.
Quanto a chi e come rifonderà il debito la risposta è semplice: pensare che possa essere realmente ripianato, anche solo in parte, è pura follia. Del resto mai nella storia gli stati hanno davvero pagato i propri debiti. Per cui continuare a star dietro ai mercati perché altrimenti si rischia il default è una sciocchezza sesquipedale. Terzo, è evidente che ci rimetterà chi ha investito nel debito, ma non essendo l’investitore un’entità astratta ma un soggetto reale, avrà già trovato il modo di lucrare dai titoli il minimo di utilità marginale, per di più non essendo escluso che possa trarre vantaggi dalla riorganizzazione finanziaria. Se solo ci fossero volontà politiche convergenti il gioco potrebbe perciò diventare a somma zero, o quasi. E dalla crisi potremmo già stare per uscire.
Il fatto è, però, che non ci sono volontà convergenti, anzi, c’è una totale crisi di fiducia e di autostima della politica, mai come ora genuflessa di fronte ai diktat di altri soggetti. Questo è il vero nodo della crisi, il punto più problematico e difficile.
Finora si è pensato soprattutto a rifinanziare le banche nella convinzione che esse poi avrebbero indotto liquidità nel sistema. Le riforme nel segno del mercato hanno però impedito l’effetto cascata, determinando un drenaggio di ricchezza verso i ceti abbienti. E’ la scoperta dell’acqua calda quella che i sistemi del Welfare, previdenza, assistenza, sanità sono in rosso. Se non vengono finanziati va da sé che siano in rosso, ma sostenere che dovrebbero trovare un loro equilibrio autonomo e spontaneo è mera disonestà intellettuale. Senza la fiscalità generale, senza lo spostamento di risorse e ricchezza il sistema non potrà reggere a lungo : bisognerà prima o poi scegliere tra Welfare e ortodossia neoliberista, le due cose essendo divenute ormai inconciliabili.
Il riconoscimento della imprescindibilità e centralità del debito pubblico – l’equivalente della stessa funzione pubblica - nelle economie moderne è il primo passo per rimettere le cose a posto e la sua giusta collocazione – non solo verso le banche - la seconda. Per intenderci: il debito ristrutturato, ripensato, riorganizzato potrà far ripartire l’economia. Immaginare, invece, che si debba ridurre o azzerare il debito è la ricetta più efficace per l’indigenza di massa nel giro di qualche anno.
Insomma il benessere dell’Occidente e il suo futuro si giocano sul cambiamento di prospettiva rispetto al debito, su un cambiamento di paradigma che punti non alla libertà del mercato e nel mercato ma sull’inaccettabilità etica e civile del ritorno alla povertà per grandi masse, com’era, cioè, prima del Welfare. A meno di non voler scegliere tra la dittatura di destra e la rivoluzione delle moltitudini, come nello schema disegnato alcuni anni fa da Toni Negri e Peter Hardt in “Impero”.

Nella foto: Le banconote dell'euro.


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(9.12.11) SONO DI SINISTRA, COMUNISTA E MARXISTA (Arianna Sigillò) - Sia pur in ritardo, vorrei rispondere all'intervento di Paola Distilo pubblicato in "Le Lettere" circa la situazione alle terme, dicendole che ha parecchio frainteso il mio intento.
Se mi sono permessa di dirle che "le suggerivo" di scrivere e far protocollare ciò che sosteneva, non intendevo fare "l'intelligentona" di turno che si prodiga ad elargire consigli a mò di "guru", ma solo ed esclusivamente perchè mi sono ritrovata molto spesso a dover agire tramite "carta scritta" anche per inezie, proprio perchè "verba volant". E molto spesso ho creduto di aver a che fare con persone adulte commettendo un errore madornale.
Per quanto riguarda il tuo appunto circa la politica, il mio contestare ciò che secondo me è sbagliato non ha nulla a che fare con la politica, tantomeno con la mia ideologia politica, il motivo per cui scrivo è puramente da cittadina attenta e che ci tiene, quale sono.
Un piccolo appunto mi permetto di farlo anche alla redazione proprio per la questione politica, poichè mi sono accorta del fatto che ci "giocate" molto su "sta storia" dell'aver fatto parte del Centro Popolare Galatrese.
Perciò mi va di mettervi a conoscenza del fatto che la mia ideologia politica, il mio credo, sta prettamente a sinistra, il mio pensiero è propriamente comunista o, come mi piace definirmi, prettamente marxista.
Non per questo però è detto che io mi debba necessariamente ritrovare nel modo di fare e di amministrare della nostra sinistra galatrese.

Nella foto: Arianna Sigillò.

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(17.12.11) IL DOLORE E LA MALATTIA FORGIANO IL FISICO E L'ANIMO (Michele Scozzarra) - E’ già passato più di un anno da quella terribile serata in cui l’amico Umberto Di Stilo è caduto dal tetto della sua casa, dove era salito per cercare di spegnere un principio d’incendio della canna fumaria. Ricordo che in quell’occasione avevo scritto che non c’è articolo più bello e più importante, che poter augurare all’amico Umberto che ritorni presto a casa, che si riprenda e che della sofferenza di quei momenti resti soltanto il brutto ricordo…
Proprio sul dolore e sulla sofferenza che Umberto Di Stilo ha vissuto in questo ultimo anno e sulle domande fondamentali, che accompagnano una persona che, improvvisamente, si sente venire meno in tutto, abbiamo tanto parlato: abbiamo provato a cercare di dare un senso a questa dura prova, a cercare di capire come la drammaticità di quei momenti possano costituire il fondamento di una speranza, anche nel nostro quotidiano soffrire, nella dura prova alla quale il Signore, talvolta, ci sottopone.
Nel raccontare di sè Umberto Di Stilo è riuscito a parlare con chiarezza di una vicenda molto difficile e sofferta, non evitando a cercare di dare anche ragione alle ragioni della fede; infatti, più volte ha affermato si sentirsi non “fortunato” ma “miracolato” e di poter ben affermare, come un famoso filosofo francese “Dio esiste, io l’ho incontrato”.
Nella nostra lunga conversazione abbiamo avuto la possibilità di scoprire, e toccare con mano, come la stoffa del nostro vivere è tutta racchiusa nella domanda, nella ricerca, nel desiderio di scoprire, anche attraverso la malattia, il bisogno di salute e di salvezza che c’è in ognuno di noi.

- Allora, tanto per iniziare questa nostra conversazione, partiamo da un dato di fatto scontato, cioè sicuramente questo Natale, per voi, è diverso dal Natale dell’anno scorso…
- Si… diverso certamente, intanto perché non sono più sulla sedia a rotelle e poi perché rispetto allo scorso anno mi trovo sulle spalle un consistente bagaglio di esperienze ospedaliere…
- Possiamo dire un anno in cui, per la prima volta in vita vostra, avete visto la sofferenza proprio da vicino, questa volta non l’avete vista o scritta per gli altri ma l’avete passata proprio sulle vostre spalle…
- La mia lunga permanenza in ospedale mi è servita a maturare sotto diversi aspetti. Intanto ho conosciuto veramente e direttamente sulla mia pelle, che cosa è il dolore e l’ho conosciuto soprattutto guardando le sofferenze degli altri. Guardando le sofferenze degli altri mi sono reso conto che le mie erano molto lievi. Ho avuto modo di vedere che ce n’erano molto più grandi, quindi ho capito veramente cos’è il dolore: dolore fisico perché ci sono traumi che lasciano i segni per mesi e mesi… dolori a livello psicologico, tipo la depressione, che ti colpisce allorché prendi consapevolezza che, improvvisamente, in un attimo ti crolla il mondo o, meglio, ti sembra che il mondo ti sia improvvisamente e irrimediabilmente crollato…. Allora entri in un tunnel buio, te ne rendi conto ma non hai la forza di cercare la luce… Io sono caduto dal tetto e quando mi sono reso conto di tutto quello che era successo, in un attimo, in una frazione di secondo, ho pensato che era finito tutto (o poteva finire tutto in un attimo)… In pratica ho preso coscienza della caducità della vita, se vuoi, e quindi mi sono reso conto, veramente, che la vita è niente… è un alito, un soffio di vento. Il rischio concreto della depressione incombente è stato allontanato dall’affetto dei miei cari e dalla costante presenza morale e fisica di mia moglie che è rimasta ininterrottamente al mio fianco nei primi mesi di ospedale.
- A partire da questa ultima considerazione, che la vita è un alito di vento, è cambiato qualcosa in voi, nella vostra vita, nel vostro scrivere, nella vostra molteplice attività culturale…
- L’esperienza della sofferenza mi ha portato, intanto, ad apprezzare di più e il valore della famiglia. Sapevo che la mia famiglia, cioè le mie quattro donne, la moglie e le figlie, sono state sempre con me, però in questa circostanza le ho viste ancora più vicine, più attaccate; ho scoperto veramente il valore degli affetti. E poi ho scoperto anche il valore dell’amicizia: mi sono visto contattare da tanti, tantissimi amici… Quando l’anno scorso sono venuto a Galatro nei due giorni di “permesso” in concomitanza con il Natale, con grande piacere ho visto arrivare a casa mia tutti gli amici, tutti i conoscenti e anche persone che non mi sarei mai sognato di vedere. Tutti erano in apprensione per la mia salute, per la mia condizione fisica, per la mia vita. Ho scoperto anche questi aspetti umani, che prima conoscevo, ma forse non apprezzavo al punto giusto… questa è la realtà. Ho capito che, anche quando magari ci si saluta in modo superficiale poi, in fondo in fondo, in ognuno di noi c’è sempre un fondo di bontà e di umanità; un po’ di amore, un po’ di affetto, un po’ di stima. Nei miei confronti credo che ci sia stata una dimostrazione di stima, da parte di amici e di conoscenti, forse anche un po’ immeritata e che, comunque, non mi sarei aspettato e che mi ha commosso. Questa è stata la grande scoperta dei valori umani, sul piano della conoscenza, che mi ha sicuramente migliorato. Se prima i rapporti con tanti paesani e conoscenti erano di un certo livello, magari solo formali, da un anno a questa parte, sono diversi: c’è la stima, c’è l’amicizia cristianamente sentita e in ogni persona che vedo riesco a vedere un fratello; quindi ogni persona, non è più “l’altro”, ma è qualcosa di mio, mi appartiene, poco, ma mi appartiene, e questo credo che sia un valore aggiunto, un valore cristiano che prima forse non valutavo pienamente. Quando poi sono stato dimesso dall’ospedale mi sono visto avvicinare da persone che non mi sarei aspettato. Tra queste c’è stata anche una persona con la quale non ci salutavamo, per motivi stupidi, per incomprensioni di vita, anzi per incomprensioni politiche, per divergenze ideologiche. Ti devo dire che ho apprezzato molto che un giorno, mentre mi trovavo a fare qualche passo lungo la strada aiutandomi con la stampella e reggendomi da mia figlia, questa persona passava in macchina si è fermata e mi ha detto: “Posso salutarvi?” Le ho risposto: “Con piacere!”. Ho tanto apprezzato il suo gesto, e ritengo di aver praticamente operato in modo profondamente cristiano. Ti assicuro che la sofferenza ti matura anche in questo; può darsi pure che la sofferenza ti faccia perdere completamente la Fede. Ma non è il mio caso.
- Diciamo che, a un certo punto della vostra vita vi siete trovato fermo, impossibilitato a muovervi… Cosa si prova in quei momenti, non solo per quanto riguarda la vostra famiglia… ma anche nei confronti del vostro lavoro giornalistico e di scrittore, che ha sempre rappresentato una pagina molto importante della vostra vita…
- Inizialmente mi sembrava insuperabile, perché il fatto di non poter guidare, di non potermi muovere, distrugge… Poi, mi è venuta incontro l’informatica: mi collegavo con tutto il mondo tramite internet; ricevevo comunicati stampa e notizie varie… la sera potevo vedere e parlare con la famiglia collegandomi con Skipe…. insomma, i moderni mezzi di comunicazione mi hanno consentito di essere costantemente a contatto con la famiglia e con gli amici, a cominciare da te che spesso hai voluto sentirmi, per cui psicologicamente era come se fossi fuori, libero, a Galatro…. nonostante fisicamente fossi in una stanza d’ospedale e non potessi muovermi.
- Da quello che state dicendo, è innegabile che ci sia stato un malessere che ha bloccato, sia psicologicamente che fisicamente, la vostra normale attività di vita. Mentre eravate all’ospedale, quali pensieri vi passavano per la testa pensando al vostro lavoro fermo sulla vostra scrivania…
- No guarda… rispetto al valore della vita che tu riscopri, stando nelle condizioni in cui mi sono trovato io, non c’è articolo, non c’è libro che tenga. Io ringraziavo il Padreterno, e non mi stancherò mai di ringraziarlo, perché mi ha lasciato continuare a vivere. Poi sai, un libro in più o uno in meno, un articolo in più o uno in meno non cambia niente, tant’è che, come vedi, ho molto rallentato le collaborazioni di cronaca privilegiando solo articoli per la pagina culturale della Gazzetta… Per occuparsi di cronaca bisogna muoversi… essere in grado di andare a trovare la notizia. Ed io – spero ancora per poco – non sono in grado di farlo.
- Una volta tornato a casa, c’è stata anche una selezione, nello scrivere, nel senso di dare più peso a cose che prima non ne avevano
- Si, lo scrivere per me è un piacere; è una vita che lo faccio: è dall’età di 14 anni che pubblico; per me scrivere non è solo comunicare e dare la notizia. Scrivere è anche una questione vitale, io credo che sia come dare un segno di vita. Ecco perché ho ripreso a scrivere ed ho pubblicato il libro sulla Madonna del Carmine, nato da una spinta emotiva che l’ultima domenica di giugno mi ha trasmesso il nostro parroco don Cosimo annunciando che dopo tanti anni sarebbe stata ripristinata la festa del Carmine. Quella stessa mattina ho deciso di scrivere qualcosa sulla chiesa della Madonna del Carmine, sulla nostra chesiola.
Ovviamente le notizie, i documenti storici li avevo già da anni in casa, ma chi legge bene il libro trova qualcosa che va oltre la storia raccontata perché quelle pagine non rappresentano solo il piacere di fare il resoconto di una chiesa di Galatro ma, a guardare bene, c’è qualcosa di più: c’è la radicata devozione verso la Madonna del Carmine; c’è qualcosa di personale… Non so se sono riuscito a rendere anche questo aspetto interiore, però nell’intenzione c’era il desiderio di evidenziare qualcosa di mio, perché sono nato e cresciuto all’ombra del campanile di quella chiesa e sin da piccolo i miei genitori mi hanno trasmesso la devozione verso la nostra monaceja. C’è qualcosa di personale perché alla fin fine, c’è sempre qualcosa di autobiografico in tutti gli scritti!
- Avete detto che è dall’età di 14 anni che scrivete e pubblicate: quale è stata la molla che vi ha spinto ad una così grande e bella produzione letteraria?
- Mi chiedi perché scrivo. Intanto per dare sfogo a una necessità interiore, perché scrivendo si soddisfa qualcosa di personale, di intimo. Certo si scrive anche per comunicare agli altri quelli che sono i propri sentimenti, quelle che sono le proprie conoscenze, le proprie idee e le proprie convinzioni. Per questo scrivo e continuerò a scrivere finché avrò vita. Non so con quali risultati, ma continuerò a scrivere. Ho tanti progetti, che non so se riuscirò a realizzare. Quale molla mi ha spinto. Sinceramente non so. Sono passati tanti anni… posso solo dirti che il comunicare, lo scrivere in forma piana e semplice, mi è sempre piaciuto… sin dai tempi del ginnasio, vale a dire sin da quando ho cominciato a scrivere brevi cronache per il Messaggero. Dicevi poco fa, che ci sono tante carte e documenti sul mio tavolo e mi chiedevi se ho qualcosa di pronto per la stampa e se qualcosa sta nascendo adesso. Si c’è qualcosa di pronto e qualche altra alla quale sto lavorando, sia pure saltuariamente.
Certo, mentre prima dell’esperienza del 3 novembre, scrivevo con un certo distacco, adesso, c’è una maggiore consapevolezza. E’ la consapevolezza che la vita è un soffio, un alito. oggi c’è domani non si sa. C’è una maggiore maturazione se vuoi, un po’ dovuta agli anni, un po’ dovuta a questa esperienza negativa della vita; un’esperienza che mi è capitata improvvisamente quando meno me l’aspettavo…
- A volere fare una battuta, possiamo ben dire che non vi è caduta una tegola sulla testa…. siete caduto con la testa sulle tegole!
- Esatto: non mi è caduta una tegola, sono caduto sulle tegole! Hai ragione. Il problema è che è capitato quando meno me l’aspettavo…
stavo scrivendo, sono stato chiamato perché era scoppiato l’incendio che stava divorando la mansarda; istintivamente, mi sono precipitato sul tetto. Certo fino a un solo attimo prima non pensavo che potesse succedere proprio a me, però è successo e quindi quell’attimo (se pensi a come è successo e alle terribili conseguenze che poteva avere) quell’episodio, si voglia o no, ti matura dentro, ti fa diventare più riflessivo… perché quando vedi da vicino la morte non solo impari ad apprezzare e amare compiutamente la vita, ma vedi tutto ciò che ti circonda sotto una luce nuova…
- Diceva uno scrittore che “tutto è dove e va dove deve andare, perché è regolato da una sapienza che, grazie a Dio, non è la nostra”… pensate che questa caduta per voi possa essere vista come un segno per poter capire, attraverso la sofferenza, tante cose a cui prima si davo poco conto?
- Si, è probabile, anzi è probabilissimo che sia così, credo che a chi capita di vivere sulla propria pelle delle esperienze così negative, dopo apprezza di più tutto, sicuramente darà più importanza alle cose a cui prima non pensava, che non hai mai tenuto o preso in considerazione. Poi, volendo vedere il fatto anche alla luce della fede, mi ritengo, per usare il termine che ha usato il neurochirurgo che mi ha visitato, un “miracolato”. Questa vicenda mi ha fatto maturare ancora di più; mi ha fatto cambiare nei rapporti umani, nei rapporti con la famiglia, mi ha maturato sicuramente in modo positivo.
- Dalla stanza dell’Ospedale dove eravate “recluso”, tanti ricordi, tante immagini care, riaffioravano certamente in modo diverso di quando eravate a Galatro… quale immagine, o quali ricordi vi ritornavano frequentemente in testa, non solo come nostalgico ricordo, ma come un desiderio vibrante di volere ritornare ad “esserci”, qualcosa di cui si sentiva talmente la mancanza da non riuscire a pensare ad altro…
- Guarda, intanto ti dico una cosa: proprio qualche giorno fa mi è capitato fra le mani il block notes che mio fratello Camillo mi ha portato all’ospedale perché io facessi esercizi di scrittura, visto che non riuscivo a muovere la mano destra. Ho avuto una grande maestra, mia moglie, che con affetto e tanto amore, mi costringeva a scrivere. Abbiamo cominciato dalle vocali: pagine piene di “a”, di “e”; in pratica siamo tornati alla prima elementare. Poi, piano piano, ho cominciato a scrivere: sempre su consiglio affettuoso di mia moglie ho cominciato a fare la firma e dei semplici pensierini. Qualche giorno dopo, di mia iniziativa, ho cominciato a fare il mio diario quotidiano. Due o tre giorni fa mi è capitato di leggere alcune di quelle pagine scritte nel periodo natalizio. Ho trovato Galatro, la mia infanzia, le mie abitudini, la mia gioventù; ho trovato soprattutto l’essenza spirituale della mia novena di Natale. La clinica è attaccata al Santuario della Madonna della Catena e la mia stanza era molto vicina al campanile. La mattina alle cinque sentivo nitidamente le campane che chiamavano a raccolta i fedeli. Era la messa ante lucem, la messa dell’aurora che caratterizza la novena di Natale. Il sentire quel suono a tanta distanza da casa mia e nelle condizioni fisiche e psicologiche in cui mi trovavo, mi ha fatto rivivere la novena di Natale. Quel ripetuto suono di campane mi svegliava e mi spingeva a rievocare le messe dell’aurora non solo di quando ero giovanissimo e che ho ricostruito nelle pagine del libro “Il mio Natale”, ma anche quelle degli ultimi anni quando ogni mattina, cominciando dal 16 dicembre, saltavo dal letto, mi sciacquavo appena il viso e correvo in chiesa. Ho rivissuto quello che abitualmente ogni anno facevo a Galatro. Se poi aggiungi che mia figlia Nadya, conoscendo le mie vecchie abitudini, mi aveva portato una bottiglietta di succo di frutta piena di anice, il cerchio della mia tradizionale novena si chiude, perché tutte le mattine prima di iniziare la terapia, così come faccio in questo periodo sin da quando avevo i pantaloncini corti, potevo allungare con il profumato liquore il caffè che ritiravo dalla macchinetta distributrice che in ospedale trovavo ad ogni piano e in ogni reparto. E’ superfluo dire che le immagini che mi tornavano sempre in mente, che mi facevano compagnia e che mi davano la spinta a guardare con Fede e fiducia sempre avanti erano quelle dei familiari, della casa, del paese e degli amici.
- Mi par di capire che in quei giorni, in particolare, vi mancava il paese…
- Certo. Ti sembrerà strano ma mi mancava il rumore del Metramo che prima dell’alba e quando ancora il paese è ovattato dal silenzio, andando in chiesa per la messa mi è sempre sembrato musica delicata, quasi come una ninna-nanna al Bambino che sta per arrivare. Pensavo a Galatro anche nel tardo pomeriggio quando avevo la sensazione che la messa della novena che ascoltavo in ospedale mancasse dei poetici ed intimi contorni di quella che ho sempre devotamente ascoltato nella nostra chiesa quando il paese era ancora avvolto dai soffusi colori dell’aurora… Stare lontani dalle mura familiari, dagli affetti e dagli amici per diporto, per vacanza non produce abbattimento psicologico, ma stare lontani perché si è in ospedale… ne convieni che è diverso…. Si pensa al paese non solo come entità fisica, come agglomerato di case e insieme di familiari, conoscenti e amici, ma perché il ritorno al paese rappresenta l’ideale ed agognata conclusione di un periodo pieno di incubi, di timori e di preoccupazioni.
- Un pensiero fisso che non vi ha mai abbandonato, in tutto questo periodo che siete stato fuori casa a causa della caduta?
- Il pensiero fisso era quello della famiglia e il desiderio – legittimo mi pare - di tornare a casa, di tornare al più presto possibile all’attività quotidiana, a quello che facevo sempre, magari a stare seduto dietro il tavolo dello studio a scrivere, a cancellare, a fare il lavoro che ho sempre fatto; fare come Penelope, di giorno scrivo e di sera distruggo, strappo o, viceversa, di notte scrivo e poi di giorno cancello, distruggo. Questo era il mio pensiero, tornare alla vita comune, tornare agli affetti, tornare all’amicizia… Soprattutto tornare in famiglia!
- A volere tirare fuori l’essenziale di un “calvario” in cui il Signore vi ha messo, duramente, alla prova sotto tanti aspetti, cosa c’è da dire? Vi siete mai domandato il senso di tutta questa sofferenza? Oggi che, piano piano, state ritornando al vostro “lavoro usato” è tutto rimasto come prima…?
- Intanto, per come sono oggi, a livello fisico, ringrazio il Padreterno. Il solo fatto che non sono più sulla carrozzella è già tanto! Sicuramente non è tutto come prima perché queste esperienze di dolore, maturano e se sei credente maturi ancora di più. Quella sera dell’incidente ho avuto l’impressione - ma forse è solo un’illusione o forse me lo sono mentalmente costruito dopo… - ho avuto l’impressione, dicevo, che Qualcuno abbia messo le mani per trattenermi. A me è sembrato così. Si, ho avuto l’impressione che qualcosa abbia rallentato il mio volo. E questa impressione si è sempre più rafforzata dopo aver riflettuto su ciò che, dopo avermi fatto la “risonanza”, mi ha detto il neurochirurgo dei Riuniti di Reggio: “So chi è lei, ma non so se è credente, se è credente si ritenga “miracolato”, diversamente solo “fortunato”, perché altri che hanno avuto la sua stessa disavventura e gli stessi danni fisici che ha riportato lei sono rimasti stecchiti per terra; nella migliore delle ipotesi, sono rimasti paraplegici, quindi condannati a vita sulla sedia a rotelle. Lei no, lei ha riportato un’emiparesi destra che con pazienza e tanto lavoro recupererà. Non so dirle in quanto tempo e in che misura recupererà, ma recupererà”. Poi quando mi stavano mettendo sull’ambulanza, si è avvicinato, ha aperto lo sportello e mi ha detto: “E si ricordi una cosa: da oggi in poi cerchi di vedere il suo bicchiere sempre mezzo pieno”. L’ho ringraziato e da allora ho riflettuto molto e continuo ancora a riflettere sulla parola “Miracolato”. Quali particolari meriti avevo per meritare tanto? Il solo termine “miracolato” mi mette ansia, mi fa quasi paura. Certo, pensando a come sono andate le cose, “fortunato” o privilegiato credo di essere stato veramente. Poi, in ospedale, ho visto altre persone che con la mia stessa lesione sono rimaste sulla sedia a rotelle. Io grazie a Dio, sia pure aiutato dalla stampella e sopportando acuti dolori alle gambe, cammino. Il pensiero di essere stato fortunato (o, forse, miracolato), questo sì, mi fa credere che “lassù” Qualcuno mi ama.
- Abbiamo parlato tanto, sono emerse tante cose belle, dalla contentezza che, anche se con la stampella, state camminando, alla bellezza per avere scoperto la vicinanza di tante persone amiche… di fronte a tutta questa bella realtà che avete scoperto, cosa volete dire, per chiudere questa nostra bella conversazione?
- Alla luce dell’esperienza che ho vissuto in questo ultimo anno mi sento di poter augurare che, nell’avvicinarsi del Natale, ognuno possa essere vicino alle persone che ama e vivere quello che è il vero messaggio “cristiano” del Natale. Per me il Natale ha sempre rappresentato tanto e, visto alla luce di quello che mi è successo nell’ultimo anno, questo che sta per arrivare rappresenta ancora qualcosa di più intimo e di più bello. Se nel Natale, infatti, ricordiamo la venuta sulla terra di Gesù, io questa venuta l’ho vista veramente. Perché sia che sia stato fortunato sia che debba essere considerato miracolato, Dio esiste ed io l’ho incontrato. Faccio mia l’affermazione del filosofo Andrè Frossard (grande pensatore francese ateo che appena si è convertito ha scritto la sua bella e toccante testimonianza di Fede) perché, alla luce di ciò che è mi è successo sera del 3 novembre dell’anno scorso, molto timidamente anch’io ritengo di poter affermare “Dio esiste. Io l’ho incontrato”. E’ con questa certezza che mi sento di dover ringraziare prima di tutto il Padreterno e la Vergine Santissima e, poi, tutte le persone che nella mia triste avventura mi sono state vicine. A tutti voglio formulare gli auguri più sinceri, perché possano vivere nella salute, nella pace e nella serenità le prossime festività natalizie e, ancora: che tutti i giorni della loro vita siano fecondi di gioia.
Auguri e buon Natale a tutti e grazie per l’affetto che mi avete testimoniato.

Nelle foto, dall'alto: Umberto Di Stilo e Michele Scozzarra, Umberto in azione con l'obiettivo e con la penna, chiesa di San Nicola vista di notte, fiume Metramo, Umberto premiato ad una festa dei giovani di tanti anni fa.


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(24.12.11) NATALE 2011: OLTRE LA COLTRE DI NEBBIA... LA LUCE! (Michele Scozzarra) - Quest’anno attendevamo sicuramente di celebrare il Natale in un contesto sociale più sereno, invece si avverte intorno a noi un clima di paura e di incertezza come non si viveva da tanto tempo. Nel dopoguerra mai il nostro Paese è sembrato a pezzi come in questo tempo di crisi generale, dove pare che non si veda con chiarezza una via d'uscita… che lo si voglia o no, la crisi esiste e sta cambiando le condizioni di vita di milioni di persone.
“Sembra che una coltre di oscurità sia scesa sul nostro tempo e non permetta di vedere con chiarezza la luce del giorno”, scrive il Papa nel suo messaggio per la giornata mondiale della pace. Ma da dove viene questa tenebra che produce ansia e insicurezza? Cosa esattamente sta accadendo e perché? Sembra che la speranza abbia raggiunto, in questi mesi, il massimo del suo impoverimento. Leggendo i giornali, guardando la televisione, sentendo i discorsi della gente si intuisce come un calare di una “coltre di oscurità” sulla speranza degli uomini. Una oscurità che in questo Natale del Signore dell'anno 2011, ci riempie il cuore di tristezza e di paura. È questa la ragione per cui ancora il Papa, pur riconoscendo il disagio e il disorientamento che spingono ciascuno a muoversi in maniera solitaria e a compiere scelte di vita sempre più fragili, non ha potuto evitare di lanciare un appello: «Cari giovani, non abbiate paura di affrontare queste sfide! Non perdete mai la speranza».
È un invito a guardare la crisi come opportunità: essa, infatti, costringe a rendersi conto del valore di cose a cui non si pensa finché non vengono meno…
In questo Natale, del quale si può ben dire, con le antiche parole, oggi più tragicamente vere: "venne tra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto", quel povero Bambino viene ancora una volta nei nostri paesi, nelle nostre case, nella nostra “miseria”per trovare chi Lo vuole accogliere come annuncio di salvezza che accende, ancora una volta, sulle “tenebre” del mondo la luce della speranza e della pace e, come dice il Papa: “Maria ci aiuti a vedere che c’è una luce al di là della coltre di nebbia che sembra avvolgere la realtà”.
Nonostante la paura della crisi e la coltre di oscurità che sembra non ci voglia dare alcuna via d’uscita, raccolti attorno al Presepio, anche a noi giunge la voce incoraggiante del profeta Isaia: “Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce, su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse”. Accogliamo, allora, con certezza quella Nascita accaduta più di duemila anni fa, che non smette mai, soprattutto in questi giorni di nebbia, di accadere. E riaccade anche oggi, nella piena crisi dell'anno 2011, nell’esortazione alla speranza di Leone Magno: "Il nostro Salvatore, carissimi, oggi è nato: rallegriamoci! Non c'è spazio per la tristezza nel giorno in cui nasce la vita, una vita che allontana la paura...”.
La notte di Natale, anche nel “buio” di questi giorni, ci chiama ad un’altra nuova aurora e, proprio per questo, anche se ci confermassero che nel dicembre del 2012 ci sarà veramente la fine del mondo, ciò non ci può impedire di avere figli nel novembre del 2012 e di scrivere poesie, e di piantare alberi, perché queste cose non si fanno solo per l’avvenire terreno, ma si fanno per partecipare alla vita eterna...
Buon Natale a tutti!

Nelle foto: in alto un magro Babbo Natale 2011, in basso grotta della Natività.


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(26.12.11) TANTO PAGA SEMPRE LUI (Daniele Fenoli) - Ogni volta che è necessario inventare una tassa da pagare, sotto qualsiasi forma e regola, per una manovra di bilancio statale o a causa di un periodo di profonda crisi economico-sociale, il pensiero di chi governa corre immediatamente a lui. «Lui» è sempre stato l'unico ed insostituibile risolutore di ogni necessità di denaro, di ogni debito da sanare o buco di bilancio da tappare. È sempre stato così.
Sono arrivati esimi statisti, professori di famose università, imprenditori di fama internazionale a prendere le redini del comando, ma tutti, senza eccezione alcuna, nel bisogno hanno sempre pensato esclusivamente a «lui». Non c'è bisogno di strategie particolari, di formule, manovre di comitati o commissioni economico-sociali per risolvere il bisogno di maggiori entrate per lo Stato. C'è «lui!». Il lavoratore dipendente o pensionato che si voglia. È lì fuori che aspetta solo di essere indottrinato per capire come dare ancora denaro.
Non si è mai tirato indietro, si è sempre sentito importante, pronto per dare il proprio contributo in qualsiasi situazione di emergenza, anche quando gli hanno cambiato decine di volte le regole e le leggi sotto i piedi, stravolgendogli il futuro. Senza «lui» non si va avanti, non se ne esce.
Eppure la ricerca di nomi e personaggi famosi che trovassero la soluzione ai problemi gravi di bilancio è sempre stata ardua e problematica. Ma dov'è il problema ? C'è «lui» lì che aspetta. Perché proprio ora dovrebbe deludere? È abituato, non si lamenta, è disponibile. È fedele.
Prima di pensare a qualsivoglia imposta o tassa bisognerebbe fare un elenco dei possibili costi da tagliare e farne la somma per capire a che punto ammonterebbe il risparmio così ottenuto. Soltanto dopo questa semplice operazione bisognerebbe capire se esiste ancora la necessità di pensare ad aumentare tasse e imposte ed in quale misura. Così sono abituate a fare in genere le famiglie quando devono decidere quali spese affrontare o tagliare per stare dentro il reddito che percepiscono.
Inoltre, chi governa dovrebbe, prima di chiedere sacrifici, elencare quelli propri: dimezzamento dei parlamentari, eliminazione dei doppi incarichi sociali e politici, eliminazione dei vitalizi, abolizione delle province, accorpamento dei comuni e via dicendo.
Purtroppo, ora «lui» ha preso coscienza ed è definitivamente stanco di pagare sempre e comunque per tutti.

Lui: l'italiano medio

Nell'immagine: paga Pantalone.


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