Galatro, mia culla
Di poggi e colli nell’aerea chiostra
di ulivi argentei quando il cielo imbruna,
Galatro, a valle, la sua faccia mostra
color di perla, rorida di luna.
Mormora il fiume e la villa storme,
quasi un idillio d’acque con le fronde,
in un lucor d’immagini e di forme
d’ali, di fiori in verdi e azzurre sponde.
E come nave Galatro mi appare,
che lenta salpa tra biancori d’alba,
nave di sogno! O nave di mia culla,
che l’onda eleva, abbassa e poi dispare
in una luce che si fa più scialba,
a te il mio canto, d’altro non ho nulla.
Rocco Distilo, Di sentiero in sentiero,
Ed. Le Petit Moineau, Roma, 1967
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Galatro mia
Non una donna, ispiratrice bella,
disciolti al vento i tuoi capelli, e gli occhi,
ancor più belli, ma la terra sei,
Galatro mia, più che vecchia antica,
d’acque armoniose e di poeti vanto.
A valle posi, lungo le fiorite
sponde d’un fiume d’aranceti, e i colli,
folti d’ulivi e di castagni e vigne,
fanno corona alle tue case, agli orti,
già tante volte devastati e tante
rifatti ancora contro il fiume infido,
dolce ricordo che lasciaro i padri
ai figli, forse, più del fiume infidi.
Non senti il verso di Conia e Martino,
e l’ombre bianche salmodiare piano,
de’ Basiliani per le vie deserte,
o tra le fronde, nel silenzio pieno
delle tue notti, quando sola vegli,
al raggio argenteo di falcata luna,
lieta alle gioie o su’ dolori in pianto?
E Sant’Elia dal suo monte opìmo,
dove tra il bruno delle querce e d’elci,
l’Eremo un giorno (oh degli eventi istoria
cui solo è guida dissepolti muri)
faro brillava di sapere ai Bruzii,
ampie le braccia come il Crocefisso,
parla d’amore e della tua gran luce
d’arte e di fede ch’è pur sempre spenta.
Or se’ mutata ché così ti volle
l’ira del fiume, ma divisa sempre
da Montebello e dal Magenta sei,
Galatro mia. E se la fiaba parla
di chioccia d’oro e delle Fate ai boschi,
e di tesori che di sangue han sete,
tacito impera alla tua gloria oblìo.
Rocco Distilo, Prime luci nella valle,
Ed. Convivio Letterario, Milano, 1958
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