MAPPA METEO RECAPITI UTILI MERCATINO FOTO CODICE FISCALE PAGINE RADIO GALATRO IERI E OGGI FIRME
Archivi Generali  
< 2005 Cultura 2006 2007 >

8.1.06 - Atmosfere da favola nei presepi di Trimboli

6.2.06 - Interessante mostra di emeroteca

21.5.06 - La Rai intervista Salvatore Romeo

26.5.06 - Incontro con l'autore di "Aspromontando"

6.6.06 - Galatro mia culla

13.6.06 - Un convegno sull'artrite idiopatica giovanile

11.8.06 - Milano
di Giuseppe Macrì

28.8.06 - Barlaam e la polemica sul primato del Papa

31.8.06 - Maria di Nazareth

2.9.06 - Paese nel cuore
di Biagio Cirillo

12.10.06 - Galatro sulla rivista "Focus"

24.12.06 - Natale 2006... scoprire di essere attesi
di Michele Scozzarra





(8.1.06) ATMOSFERE DA FAVOLA NEI PRESEPI DI TRIMBOLI - Anche per il Natale 2005 il sacrista della Parrocchia di Galatro, Peppino Trimboli, ha realizzato una serie di presepi che esprimono una creatività fuori dal comune ed una capacità di rendere percepibili delle atmosfere intensamente suggestive, legate all'evento della Natività.
Nel corso degli anni il suo linguaggio si è evoluto e, tramite un sempre più sapiente uso dei materiali, è giunto alla creazione di mirabili contrasti di colori e luci che danno una inconfondibile impronta ai suoi paesaggi.

La Natività ai piedi dell'altare del CarmineDi indiscutibile valore artistico la "Natività" realizzata ai piedi dell'altare della chiesa della Madonna del Carmine, dove un attento uso di materiale ligneo, paglia e fronde verdi, unito ad una distribuzione delle luci che mette in evidenza i toni di colore delle figure, crea un equilibrio che rende quest'opera davvero ammirevole.
Nel presepe a San Nicola, Trimboli ha curato in modo particolare il paesaggio, incastonando la grotta in una varietà di situazioni di vita fervente in cui sono presenti greggi, steccati, paesi in lontananza, ruscelli in movimento.Steccato, case e pastori nel presepe a S. Nicola
La grotta del presepe a S. NicolaLa grotta della Natività sembra sbucare dalla roccia, in un paesaggio aspro, dai toni umidi e acquosi, ricco di figure in attività, nel quale i personaggi sacri appaiono armonicamente inseriti.
La posa circolare dei materiali collinari-montagnosi ricchi di vita pastorale, crea un immediato centro d'attenzione sulla zona pianeggiante in sabbia chiara che, lasciata libera da scene di vita, rimanda immediatamente lo sguardo dell'osservatore alla grotta della Natività.Zona centrale in sabbia chiara del presepe a S. Nicola
Grotta ai piedi dell'altare della MontagnaSemplice, ma significativa, anche la realizzazione ai piedi dell'altare della chiesa della Madonna della Montagna, dove un intreccio di rami e fronde crea un clima cromatico dai toni freddi ma equilibrati.
Interessante anche la soluzione adottata per il presepio alla Biblioteca Comunale, dove un utilizzo di materiali semplici a base di pietriccio ha creato anche in questo caso un'atmosfera apprezzabile.Il presepe alla Biblioteca Comunale
Il sacrista Peppino Trimboli accanto al presepe nella chiesa di S. NicolaUn grazie dunque a Peppino Trimboli per le sue realizzazioni che uniscono alla sapienza artistica, una capacità di trasmettere il messaggio di fondo della Natività non riscontrabile in molte situazioni.


Torna ai titoli


(6.2.06) INTERESSANTE MOSTRA DI EMEROTECA - Nicola Pettinato, collaboratore della Mediateca Comunale, ci trasmette il seguente comunicato, relativo ad una interessante iniziativa che contempla l'organizzazione di una mostra itinerante di emeroteca ad opera della Biblioteca Comunale in collaborazione col Comune di Galatro:

COMUNE DI GALATRO
Biblioteca Comunale

La Biblioteca Comunale, con lo scopo prioritario di contribuire ad educare alla conoscenza del passato, organizza ed ospita:

LA MOSTRA ITINERANTE DI EMEROTECA
dal significativo titolo
“LA PRIMA PAGINA RACCONTA”

Le PRIME PAGINE di GIORNALI ORIGINALI, selezionate dalla Collezione Privata del Dott. Diego Demaio e dallo stesso concesse gratuitamente, consentiranno ai giovani di apprendere, ed ai meno giovani di rivivere, avvenimenti e fatti rilevanti (anche sportivi) verificatisi dagli anni sessanta ad oggi.
La lettura degli articoli, offrirà l’occasione soprattutto agli studenti, di verificare come anche il linguaggio, attraverso i continui neologismi ed i termini caduti in disuso, si evolva nel tempo.
L’esposizione sarà inaugurata dal Sindaco, Ins. Giovanni Papa,
SABATO 11 FEBBRAIO 2006 alle ore 9,30
nei locali della Biblioteca Comunale siti in Via Padre Pio.

LA MOSTRA RESTERÀ APERTA AL PUBBLICO ANCHE NEL POMERIGGIO DELLA STESSA GIORNATA

LA CITTADINANZA È INVITATA AD INTERVENIRE

IL SINDACO
(Ins. Giovanni Papa)


Torna ai titoli


(21.5.06) LA RAI INTERVISTA SALVATORE ROMEO - Il giovane ingegnere informatico galatrese Salvatore Romeo, che ha conseguito qualche tempo fa la laurea triennale presso l'Università degli Studi di Perugia, sarà protagonista della prossima puntata della trasmissione "Nea Polis" che andrà in onda lunedì 22 maggio alle ore 15,00 su RaiTre.
Salvatore Romeo, in un'intervista curata da Carlo Carione, uno dei redattori della trasmissione, illustrerà un nuovo dispositivo, da lui ideato in seguito ad uno studio confluito nella sua tesi di laurea, che consente di avere a disposizione sul proprio telefono cellulare riviste, articoli, interi libri o altri documenti elettronici da poter visualizzare in qualsiasi momento.
"La mia applicazione per dispositivi mobili, in particolare telefoni cellulari - spiega Salvatore - permette la lettura di documenti elettronici, testo ed immagini, di qualsiasi natura e lunghezza. In particolare si pensi ad articoli, intere riviste, dispense universitarie, libri di testo, nonché formulari, libretti di orari e dizionari. Quante volte capita di dover attendere i mezzi pubblici o guardare annoiati le macchine passare, mentre il tempo scorre lentamente senza fare nulla? Capita spesso! L'idea nasce proprio da qui. Non è presente sul mercato un prodotto che permetta di impegnare questi momenti in maniera utile e costruttiva, ovvero un lettore di libri, di riviste, di articoli o di qualsiasi altro documento elettronico, utilizzabile per dispositivi portatili, in particolare per la telefonia mobile. Sicuramente un libro è comodo da leggere, ma un cellulare, invece, è più pratico da portare (entra in un taschino!!) ed è, ormai, un compagno fedele dei nostri spostamenti. Ogni volta che si è in attesa (dal medico, dal dentista e così via) si potrebbe sempre prendere il cellulare e leggere. Anche gli e-book (versione elettronico-digitale di un libro), sempre più diffusi, possono essere adattati a questa tipologia di apparecchio. Non solo ciò è possibile per gli e-book, ma per qualsiasi testo di un sito web. Leggendo un testo spesso sono presenti riferimenti a figure; anche la possibilità di visualizzare le figure è stata implementata. Un'ultima applicazione sviluppata è una sorta di plug-in, come si chiama in gergo informatico, cioè una funzionalità che viene aggiunta ad un particolare programma. Nel nostro caso il plug-in si adatta bene a qualsiasi tipo di editor di testo e permette di modificare il testo in modo da gestire il colore dei caratteri, il tipo di caratteri (grassetto, corsivo) e i link secondo il protocollo degli m-book (m-Book sta per mobile book ed è con questo termine che ci si riferisce ai documenti generati per poter essere visualizzati su dispositivi portatili)".
Per saperne di più sulle attività del giovane ingegnere galatrese si può consultare il suo sito web:
www.romeosa.com.
A lui ed ai suoi familiari vanno i migliori complimenti di Galatro Terme News.

Torna ai titoli


(26.5.06) INCONTRO CON L'AUTORE DI "ASPROMONTANDO" - Giovedì 1° giugno alle ore 18,00, presso la sede della scuola primaria di via Regina Margherita, nell'ambito del progetto "Un libro per amico" dell'Istituto Comprensivo "Rocco Distilo", è previsto un incontro con Diego Demaio, autore del libro "Aspromontando. In bici, a cavallo e a piedi tra storia e natura" (Ed. Barbaro, 191 pag., € 15,00).
Diego Demaio, dirigente della biblioteca comunale di Taurianova, ha già dato un fondamentale contributo per la realizzazione della
mostra di emeroteca dello scorso 11 febbraio.
Sono previsti anche gli interventi del dirigente scolastico Francesco Puntillo, della responsabile della biblioteca comunale Silvia Lucia e dell'operatore della mediateca comunale Nicola Pettinato.
Gli alunni della scuola primaria presenteranno una mostra di disegni, realizzati dai gruppi di lavoro, dal titolo "Parole e immagini".
Nell'androne dello stesso plesso scolastico di via Regina Margherita sarà inoltre allestito uno stand con le novità editoriali del momento.

Torna ai titoli


(6.6.06) GALATRO MIA CULLA
Galatro, mia culla

Di poggi e colli nell’aerea chiostra
di ulivi argentei quando il cielo imbruna,
Galatro, a valle, la sua faccia mostra
color di perla, rorida di luna.

Mormora il fiume e la villa storme,
quasi un idillio d’acque con le fronde,
in un lucor d’immagini e di forme
d’ali, di fiori in verdi e azzurre sponde.

E come nave Galatro mi appare,
che lenta salpa tra biancori d’alba,
nave di sogno! O nave di mia culla,

che l’onda eleva, abbassa e poi dispare
in una luce che si fa più scialba,
a te il mio canto, d’altro non ho nulla.

Rocco Distilo, Di sentiero in sentiero,
Ed. Le Petit Moineau, Roma, 1967


Galatro
  Galatro mia

Non una donna, ispiratrice bella,
disciolti al vento i tuoi capelli, e gli occhi,
ancor più belli, ma la terra sei,
Galatro mia, più che vecchia antica,
d’acque armoniose e di poeti vanto.
A valle posi, lungo le fiorite
sponde d’un fiume d’aranceti, e i colli,
folti d’ulivi e di castagni e vigne,
fanno corona alle tue case, agli orti,
già tante volte devastati e tante
rifatti ancora contro il fiume infido,
dolce ricordo che lasciaro i padri
ai figli, forse, più del fiume infidi.
Non senti il verso di Conia e Martino,
e l’ombre bianche salmodiare piano,
de’ Basiliani per le vie deserte,
o tra le fronde, nel silenzio pieno
delle tue notti, quando sola vegli,
al raggio argenteo di falcata luna,
lieta alle gioie o su’ dolori in pianto?
E Sant’Elia dal suo monte opìmo,
dove tra il bruno delle querce e d’elci,
l’Eremo un giorno (oh degli eventi istoria
cui solo è guida dissepolti muri)
faro brillava di sapere ai Bruzii,
ampie le braccia come il Crocefisso,
parla d’amore e della tua gran luce
d’arte e di fede ch’è pur sempre spenta.
Or se’ mutata ché così ti volle
l’ira del fiume, ma divisa sempre
da Montebello e dal Magenta sei,
Galatro mia. E se la fiaba parla
di chioccia d’oro e delle Fate ai boschi,
e di tesori che di sangue han sete,
tacito impera alla tua gloria oblìo.

Rocco Distilo, Prime luci nella valle,
Ed. Convivio Letterario, Milano, 1958


Torna ai titoli


Associazione Malattie Reumatiche Infantili (13.6.06) UN CONVEGNO SULL'ARTRITE IDIOPATICA GIOVANILE - L'idea di Romualdo Lucà, lanciata tramite Galatro Terme News nello scorso dicembre, diventa una realizzazione concreta: infatti l'A.M.R.I. (Associazione per le malattie reumatiche infantili) e l'A.D.O.S. (Associazione donne organizzate socialmente), con il patrocinio del Comune di Galatro, hanno organizzato per Sabato 17 Giugno, con inizio alle ore 15.30, presso il Karadros Thermae Hotel, alle Terme di Galatro, un convegno sul tema "L'artrite idiopatica giovanile".
Oltre all'intervento introduttivo dello stesso Romualdo Lucà (Componente Consiglio Direttivo AMRI), sono previsti i saluti dell'on. Doris Lo Moro (Assessore alla Sanità Regione Calabria), del dott. Giuseppe Putortì (Direttore Generale ASL n. 10 Palmi), del rag. Carmelo Panetta (Sindaco di Galatro) e della dott.ssa Stella Primerano (Componente ADOS).
Seguiranno le relazioni del dott. Angelo Ravelli (Istituto G. Gaslini - Genova) su "Patologie reumatiche infantili: progressi nella cura e nella ricerca"; della dott.ssa Sonia Zara (Psicologa - Componente Consiglio Direttivo AMRI) su "L'impatto della malattia cronica sulle famiglie e sui bambini"; del dott. Salvatore Bove (Biologo - Componente Consiglio Direttivo AMRI) su "Il ruolo dell'Associazione AMRI".
Poi il dibattito. A moderare gli interventi è preposto il dott. Domenico Minasi (Primario U.O. Pediatria Ospedale di Polistena ASL n. 10 Palmi).

Torna ai titoli


(11.8.06) MILANO (di Giuseppe Macrì)
Viaggi notturni
nella città del metrò:
Milano,
che bello vederti
di notte tra vetrine adornate
e qualche locale
per bere un bicchiere di rum.
Ecco che passa il mendìco
con un sorriso triste e silenzioso,
ora si è fermato e dal suo zaino
trae un vecchio libro,
lo apre ed esprime un canto.
Milano,
da tanti anni che non ci sono
e sento un frastuono
con un volo di colombe
in piazza Duomo.
Brav’uomo,
dov’è la strada che porta all’università?
Segui la via del tuo istinto,
cuore e cammino,
fai un bel canto,
la troverai se la saprai amare,
e continuerai a studiare la gente
che vive nei suoi cortili
e sorride.

Giuseppe Macrì


Torna ai titoli


Il monaco calabrese Bernardo da Seminara, detto Barlaam. (28.8.06) BARLAAM E LA POLEMICA SUL PRIMATO DEL PAPA - Bernardo da Seminara, detto Barlaam (il vero nome era Bernardo Massari), era un monaco basiliano calabrese vissuto in epoca medievale (nato non si sa bene se a Seminara o a Galatro intorno al 1290 e morto verso il 1350). Di sicuro dimorò per diversi anni, e vi fu ordinato sacerdote, nel monastero basiliano di S. Elia in Galatro, a quell'epoca fulgido centro di vita religiosa.
Barlaam, che fu vescovo di Gerace-Locri (dunque lontano predecessore di Bregantini), era uno degli uomini di cultura più prestigiosi della sua epoca, tanto da essere stato, fra l'altro, il maestro di greco di Francesco Petrarca.
Un corridoio del vecchio convento S. Elia di Galatro, dove Barlaam risiedette per diverso tempo. Barlaam all'incirca verso il 1326 si trasferì in Oriente, a Bisanzio, e salì ben presto alla ribalta della Storia. Infatti nel 1333, l'imperatore d'Oriente Andronico III aveva scelto lui per condurre il dialogo teologico con i rappresentanti papali, i vescovi Riccardo d'Inghilterra e Francesco da Camerino, frati domenicani missionari in Crimea, ai quali si aggiunse il vescovo missionario di Pechino, Nicola. Barlaam accettò con grande impegno questo incarico e, anche se i colloqui non portarono ad alcun avvicinamento tra le Chiese d'oriente e d'occidente, gli diedero comunque l'occasione di comporre le sue opere contro le dottrine latine del primato del papa, che gli procurarono un ruolo di protagonista che non abbandonò più.
Barlaam fu il primo ad inserire il tema del primato papale nei testi di polemica antilatina, facendone l'oggetto di uno specifico trattato teologico. Vi fu probabilmente spinto dall'atteggiamento dei teologi latini che spesso, quando si trovavano in difficoltà di fronte alle sue dimostrazioni, interrompevano la discussione invocando l'infallibilità della Sede romana. Le argomentazioni usate da Barlaam furono talmente efficaci che i suoi trattati vennero sfruttati abbondantemente dai Greci anche dopo la condanna del calabrese da parte della loro autorità ecclesiastica nel 1341.
La sua argomentazione partiva con la constatazione di una diversità quasi psicologica dei "Latini": il bisogno assoluto di avere qualcuno che garantisse la verità cristiana, un guardiano della fede. Per i Greci, invece, dato che l'autorità del magistero ecclesiastico consisteva nel fatto che esso insegnava e faceva rispettare regole e dogmi già stabiliti, del tutto inutile appariva la principale giustificazione funzionale della monarchia papale: quella di essere lo strumento sicuro dell'individuazione degli errori di fede. Infatti, essendo la fede cristiana già stata esplicitata, chiunque poteva rilevare l'eresia, individuandola direttamente nelle modifiche, nelle aggiunte e nelle sottrazioni operate nei confronti di quella stessa fede. Per Barlaam la promessa di eternità per la Chiesa fatta da Cristo: "Le porte dell'inferno non prevarranno", si riferiva al fatto che ci sarebbe sempre stata una Comunità cristiana (grande o piccola che fosse) che sarebbe rimasta attaccata indefettibilmente alla verità, piuttosto che ad una infallibilità della Comunità stessa.
L'argomentazione del monaco calabrese, poi, evidenziando la confusione che si faceva tra la figura dell'apostolo e quella del vescovo, riprendeva un tema caratteristico della più antica patristica e rimasto vivo in Oriente: la differenza tra gli apostoli ed i vescovi consisteva nel fatto che i primi erano stati designati pastori e maestri del mondo intero ed avevano avuto il potere di nominare il proprio successore; i secondi, invece, erano i custodi di un gregge particolare e ad essi non era stato concesso di designare il proprio erede nella carica. In questo senso, non vi era stata alcuna successione apostolica e perciò, anche se vi fosse stato un apostolo più grande degli altri, come affermavano i Romani, il suo carisma personale non avrebbe avuto continuazione e successione. D'altro canto, invece, l'episcopato nel suo insieme era l'erede in altre forme del carisma apostolico ed ogni vescovo era successore di Pietro e di tutti gli apostoli, fra loro uguali per natura, cioè dell'intero e indivisibile collegio apostolico.
Barlaam, basandosi sulla testimonianza di Dionigi l'Areopagita, evidenziava come la tradizione apostolica che si era concretizzata nei libri liturgici di tutte le Chiese, compresi quindi anche i sacramentari dell'antica Chiesa romana, non conosceva un'ordinazione ministeriale superiore al vescovo; la gerarchia sacerdotale in senso ascendente era sempre questa: diacono, prete, vescovo. Non era mai esistito un sacramento per la consacrazione del papa e dunque il papa non esisteva per diritto divino, così come non esistevano i patriarchi, i metropoliti, e tutti gli altri titoli e funzioni assenti nell'originaria gerarchia della Chiesa. Essi non derivavano dal Vangelo, né dalla tradizione apostolica: erano aggiunte umane, storiche che, consapevoli di essere prive di una sanzione carismatica e sacramentale, avevano cercato di creare cerimonie parasacramentali come incoronazioni, intronizzazioni, eccetera. A corollario di questo argomento, Barlaam aggiungeva che il vescovo di Roma non poteva godere di un carisma superiore agli altri vescovi, visto che necessariamente proprio da essi doveva ricevere la consacrazione.
Riportiamo testualmente alcuni passi delle argomentazioni di Barlaam che mettono in discussione il primato papale:

L'universalità del titolo di "papa": Dal momento che già era una consuetudine diffusa usare la parola "papa" nei titoli, questo nome non è indicativo di alcuna precedenza o rango: e infatti si è presa l'abitudine di chiamare papa anche il vescovo di Alessandria, e presso di noi ogni prete è chiamato papa. Papa, infatti, significa padre, e ciascun vescovo, se non di nome ma certo di fatto, è un "papa" a motivo che egli è il pastore dei suoi fedeli. [...]
Ora, voi dite che dal momento che S. Pietro ricevette le chiavi del regno dei cieli da Cristo Signore, e divenne il primo, principe degli apostoli e pastore universale, il papa quindi, in quanto suo successore, necessariamente ha lo stesso potere in tutte le cose ed è onorato come il più eminente fra tutti. Riguardo all'autorità del principe Pietro, io non mi opporrò categoricamente a chi sostiene che avesse la direzione dei Dodici come di tutti. Non voglio contestare chi, esaltando l'estensione del suo potere, lo distingue dagli altri apostoli; tuttavia, io non ammetto che il papa abbia ricevuto il primato sugli altri dal divino Pietro. Per adesso riconosco al papa due titoli: di essere il vescovo di Roma e di essere il primo tra i vescovi. L'episcopato di Roma gli viene trasmesso dal divino Pietro, ma l'onore di essere il primo rispetto agli altri, gli venne attribuito molti anni dopo dai piissimi imperatori Costantino e Giustiniano e dai divini Concili. Mentre molti divennero vescovi in diverse città per mano di S. Pietro, uno solo divenne quello di Roma, non per comandare sugli altri vescovi, ma per essere pastore e maestro dei Romani. [...]
In conclusione, io ho dimostrato che al papa di Roma, come agli altri vescovi delle altre città, dagli apostoli gli viene trasmesso solo il titolo di vescovo, mentre il primato sugli altri lo riceve dagli imperatori e dai Concili. Appare perciò chiaro che egli non è l'unico successore dell'apostolo Pietro e vicario di Cristo Signore, ma che tutti i vescovi ordinati da Pietro e dagli altri apostoli sono di pari grado, vicari di Cristo Signore e successori di tutti gli apostoli, partecipi della stessa dignità e autorità. Questo perché il grado di vescovo è superiore a quello di prete ma, secondo la tradizione apostolica, tutti i vescovi sono uguali tra loro, senza alcuna differenza; così, se uno di loro, sia il papa sia chiunque altro, non segue la retta dottrina, la Chiesa non scompare necessariamente come tu dici, perché essa si preserva nei vescovi rimasti fedeli. Che il papa, dunque, non si esalti della sua carica, e non consideri ortodossa una cosa per il semplice fatto che rappresenta la sua opinione; sappia, invece, che fino a quando egli ritiene suo dovere mantenere inalterati i dogmi dei santi Padri, egli sarà il primo fra tutti; in caso contrario, nel momento in cui egli li viola, verrà di conseguenza fatto decadere dalla sua primazia senza che ciò comporti alcun danno per la Chiesa di Dio, che rimarrà unita sotto la guida degli altri vescovi. (Barlaam - Del Primato del Papa)


Successivamente Barlaam, dopo il 1339, si convertì al cattolicesimo, arrivando anche ad essere consacrato, grazie all'appoggio del Petrarca, vescovo di Gerace-Locri da papa Clemente VI il 2 Ottobre 1342. Dopo la conversione, Barlaam dovette certamente confrontarsi con quello che lui stesso aveva scritto contro la dottrina cattolica. Fu un fatto certamente penoso per uno spirito compreso del suo valore com'era lui. Esplicitamente non condannò mai le sue opere precedenti; le sue nuove idee preferì affidarle ad una corrispondenza epistolare con degli amici greci in cui li esortava ad unirsi alla Chiesa romana con delle lunghe missive.


Torna ai titoli


Locandina per la rappresentazione teatrale 'Maria di Nazareth'. (31.8.06) MARIA DI NAZARETH - In occasione dei festeggiamenti per il cinquantesimo anniversario dell'incoronazione di Maria Santissima della Montagna (1956-2006), uno degli appuntamenti più significativi è costituito dalla rappresentazione teatrale Maria di Nazareth, tratta da un'opera in due parti di Antonio Sapienza. L'opera va in scena Domenica 3 Settembre, alle ore 21.30, sul piazzale della Chiesa della Montagna.
La vicenda è ambientata su un palco, o abside di una chiesa, durante una rappresentazione sacra: dunque l'autore, per esprimersi, fa uso di una sorta di metalinguaggio non estraneo a molte opere del '900.
Il testo di Antonio Sapienza (prolifico autore teatrale di origini siracusane) è del 1986 e vede impegnati dei personaggi ad un tempo sacri e profani, che si muovono in un'ambientazione posta a metà strada tra un mitico passato ed un non facile presente, al centro dei quali si erge "colei che l'umana natura / nobilitò sì che il suo fattore / non disdegnò di farsi sua fattura" (Dante, Paradiso, canto XXXIII).
Tutto galatrese il cast di attori e collaboratori che vedrà impegnati: Cristina Casa (nei panni di Maria di Nazareth), Angelo Papasidero (Giuda Iscariota), Valentina Lucà (Maria Maddalena), Maria Lamanna (madre del soldato), Manuela Currò (madre del condannato a morte), Margherita Cirillo (madre del drogato), Nicola Pettinato (regista), Fabrizio Cirillo (potere e capitale); l'organizzazione è a cura di Mariuccia Impusino e Carmela Carè; le
musiche sono state composte ed eseguite da Massimo Distilo.
A destra è visibile la locandina ufficiale dell'evento.

Torna ai titoli


(2.9.06) PAESE NEL CUORE (di Biagio Cirillo)
Quant’era bellu 'u me' paisi,
cu tutti quanti i galatrisi.
'A sira assettàti avanti a' porta,
cu' 'a dicìa dritta, cu' 'a dicìa storta.
Tanti figghioli, pecuri e crapi
li vidìvi ntra tutti li strati.
Si ghiocava sira e matina,
a pizzicacùlu e a cavadhina.
Nu pezzu di pani e nu pumadoru,
mangiava 'a mamma e puru 'u figghiolu.
Tutti ntra facci avemu 'u sorrisu,
parìa ca eramu o' paradisu.
Gridava forti 'u bandituri:
"vindi 'u vinu cumpari Turi".
Passavano 'i lapi cu pipi e banani,
cu pumadora e melangiani.
Ndindi futtemu girandu pe' strati
cu cazi sciancati e dinocchia scorciati.
Mo stu paisi è assulicatu
comu nu cani vastunighiatu.
E pe' fortuna i galatrisi emigranti
l’hannu ntro cori tutti quanti.
E cu' restau, cu tanta pacenza,
a cu' arriva nci duna accoglienza.
Ghio vi dicu: oh Galatrisi
no vi ndi ghiti 'i stu paisi!
Armenu vui non aviti a penzari:
"u prossimu annu pozzu tornari?"

Finalmente ho scoperto il vostro sito, adesso posso in qualche modo sfogare la nostalgia che porto con me dal giorno della mia partenza per il Nord, dal distacco dai miei familiari, dai veri amici e da quella terra che un vero calabrese non può dimenticare.
Complimenti alla Redazione che riesce ad unire i Galatresi e farli sentire sempre vicini alla propria terra.
Biagio Cirillo - Bolzano


Torna ai titoli


(12.10.06) GALATRO SULLA RIVISTA "FOCUS" - Sul numero di Novembre 2006 della rivista Focus, in edicola già dal 10 ottobre (e dunque acquistabile sin da ora in tutte le edicole al prezzo di 3 €), alle pagine 166-167, c'è un servizio su Galatro dal titolo "Dopo il diluvio, le Terme", con due foto che presentano uno scorcio del nostro paese com'era nel 1906 e come si presenta invece (lo stesso scorcio) oggi, un secolo dopo, nel 2006.
Vengono individuati diversi edifici che (visto che c'è stata in mezzo l'alluvione del 1935) sono scomparsi, diverse case che hanno cambiato parzialmente il loro aspetto architettonico ed altre abitazioni che sono rimaste quasi intatte. Il servizio è sicuramente interessante e consigliamo ai nostri lettori di leggerlo.


Torna ai titoli


(24.12.06) NATALE 2006... SCOPRIRE DI ESSERE ATTESI (di Michele Scozzarra) - Anche questo Natale, sicuramente, passerà con le antiche parole: “Venne tra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto”. Infatti, come non riconoscere che, ormai da troppo tempo, il Natale sembra, sempre più, una faccenda lontana, anzi lontanissima dalla vita di tutti i giorni... una festa che scivola via come le altre e dalla quale, ormai, non si attende più nulla... Più di una volta ho provato a domandarmi: "Ma che cos'è il Santo Natale per la gente?". E, volutamente, ho cercato di lasciare da parte le varie "caricature" commerciali e consumistiche che lo "avvolgono", soprattutto in questo periodo. E poi, non c'è buon parroco, nei nostri paesi sempre più secolarizzati, che non si senta in dovere di denunciarne la superficialità e la vuotezza. A stare davanti alla televisione, in queste sere, rimbalza in tutta evidenza come oggi ci troviamo in pieno paganesimo, con una concezione dello stesso Natale che ci porta agli antipodi del cristianesimo. Ed i non credenti, non si avvicineranno al Mistero del Natale, per qualche noioso sermone anticonsumista. Anzi, se vogliamo essere proprio franchi, i sermoni non li ascolta più nessuno, quindi inutile insistere più di tanto.
Il Natale è la festa dell’attesa e l’attesa non è uguale per tutti. Questo sembra voler dire Dino Buzzati nel passo che mi piace riportare come personale riflessione natalizia: “In qualche lontana città che non conosci e dove forse non ti accadrà di andare mai, c’è uno che ti aspetta... là dove si nascondono gli ultimi segreti della vita, giorno e notte resta aperta per te la porta del suo palazzo favoloso... Tu stenti qui la vita, vai vestito di grigio, perdi già i capelli, i conti alla metà del mese sono penosi. Sei uno dei tanti. Di anno in anno ambizioni e speranze si rattrappiscono. Quando incontri le belle donne, non hai più neanche il coraggio di fissarle. Ma laggiù, nella città di cui ignori il nome, un potente signore ti aspetta per toglierti ogni pena: per liberarti dalla fatica, dall’odio, dagli spaventi della notte... In qualche lontana terra, ma potrebbe darsi invece che sia molto più vicino. Forse il signore potente ti aspetta in una delle nostre città che tu conosci. Ma forse potrebbe essere più vicino ancora, a non più di cento chilometri, in una cittadina di provincia. Ci sono qui delle piazzette fuori mano dove i camion non passano: e ai lati sorgono certe anziane case piene di dignità con festoni di rampicanti...
Ma può essere anche molto più vicino, veramente a due passi, tra le mura della tua stessa casa. Sulla scala, al terzo piano, hai mai notato, a destra del pianerottolo, quella porta senza campanello né etichetta? Qui forse, per agevolarti al massimo, ti attende colui che vorrebbe renderti felice: ma non ti può avvertire. Perciò prova, la prossima volta che ci passi davanti, prova a spingere l’uscio senza nome. Vedrai come cede. Dolcemente ruoterà sui cardini, un impulso irragionevole ti indurrà ad entrare, resterai sbalordito... Ma tu non provi ad aprire, indifferente ci passi davanti, su e giù per le scale mattina e sera, estate ed inverno, quest’anno e l’anno prossimo, trascurando l’occasione... Tra le mura della tua stessa casa. Ma come escludere che sia ancora più vicino colui che ti vuole bene? Mentre tu leggi queste righe egli forse è di là dalla porta, bada, nella stanza accanto; se ne sta quieto ad aspettarti, non parla, non tossisce, non si muove, non fa nulla per richiamare l’attenzione. A te scoprirlo. Ma tu, uomo, non ti alzi nemmeno, non apri la porta, non accendi la luce, non guardi. Oppure, se vai, non lo vedi. Egli siede in un angolo, tenendo nella destra un piccolo scettro di cristallo, e ti sorride. Però tu non lo vedi. Deluso, spegni, sbatti la porta, torni di là, scuoti il capo infastidito da queste nostre assurde insinuazioni: fra poco avrai dimenticato tutto. E così sprechi la vita”.

Non si può dimenticare tutto, non si può sprecare la vita e non si può ridurre il Natale soltanto all’attesa di qualche regalo in più, qualche serata a giocare a carte, tombola, ecc.: “Ogni tanto mi capitava di ascoltare una conversazione. 'Ci tocca anche quest'anno - diceva una signora amareggiata sul volto -, giuro che è l'ultima volta, l'anno prossimo partiamo il 23 e tanti saluti a tutti'. Sembrava che invece di una festa si stesse per abbattere una catastrofe naturale! Si 'devono' comprare i regali per quella noiosa della suocera, per quel nipotino che si conosce appena, per la cognata che si vede sempre e non si sopporta; invece di esserci gioia c'è un grande senso di costrizione. La festa del Natale, insomma, avendo perduto per i più il senso religioso, si è trasformata in una specie di piccolo inferno, una guerriglia di malumori familiari che si trascina ben più in là dell'Epifania".
Con queste parole, terribili ma profondamente vere, qualche anno addietro, Susanna Tamaro raccontava l'umore di fondo che pervade questo periodo natalizio. Tutti sono scontenti di tutto... ci si lamenta del Natale e lamentandosi si corre a fare i regali, si comprano in fretta oggetti per lo più inutili e a volte anche costosi, oggetti che molto probabilmente diranno a chi li riceverà, soltanto questo: che la convenzione è stata docilmente rispettata. E sotto questa luce, la rispettata convenzione ha il sapore di una limitazione della libertà: infatti oggi viviamo in un tempo in cui sembra che nessuna "affermazione di libertà" sia possibile: per secoli la vita degli uomini è stata avvolta da filosofie e da letture ideologiche che hanno avuto proprio come esito tragico l'impossibilità di pensare all'esistenza come "avventura di libertà". Non a caso, il termine "libertà" è uno di quelli su cui regna la massima confusione. Invece che libertà, intesa come energia originaria per aderire meglio alla realtà che ci sta attorno, si contrabbanda un'idea di libertà concepita, nel migliore dei casi, come "sogno" o come utopia che si realizza solo in modo tanto effimero da lasciare in bocca un terribile sapore amaro. Infatti pur se il termine libertà è sulla bocca di tutti, nel viso di pochi si nota qualcosa che non sia espressione del risentimento e della tristezza. Nelle aule di scuole sconosciute o nel caos di luoghi dove non si smette di lavorare neanche nel giorno di Natale, l'annuncio di libertà accade perché Dio, nel suo Mistero, mostra di non avere niente di più caro da dare agli uomini, se non quella libertà che fa capire "alla ragione che è possibile che accada qualcosa che neanche la ragione immagina".
C’è bisogno della certezza che quel fatto accaduto 2000 anni fa, continua ancora oggi ad accadere, per questo, come ho avuto modo di leggere, nei giorni scorsi, su un noto quotidiano, c’è bisogno di “allungare la vista sui paesaggi dell’anima”: “Caro direttore, due uomini, entrambi gravemente ammalati, occupavano la stessa stanza d’Ospedale. Uno dei due doveva sedersi sul letto un’ora al giorno per respirare meglio. Il suo letto si trovava di fianco all’unica finestra nella stanza. I due compagni si parlavano per ore. Parlavano delle loro famiglie, descrivendo le loro case, il loro lavoro, le loro esperienze.
Ed ogni pomeriggio, quando l’uomo nel letto vicino alla finestra si poteva sedere, questi passava il tempo a descrivere al suo compagno di stanza tutto quello che vedeva fuori. L’uomo cominciò a vivere nient’altro che per questi periodi di un’ora durante i quali il suo mondo si apriva ai colori della vita. Dalla camera, la vista dava su di un parco con un bel lago; le anatre e i cigni giocavano nell’acqua, mentre i bambini facevano navigare i propri battelli in miniatura; i fiori erano coloratissimi e gli alberi stupendi. Mentre l’uomo alla finestra descriveva tutti questi dettagli, l’altro chiudeva gli occhi e si immaginava le scene pittoresche. I giorni e le settimane passarono.
Una mattina, all’ora del bagno, l’infermiera trovò il corpo esamine dell’uomo vicino alla finestra, morto nel sonno. Per qualche giorno quel letto rimase vuoto, finché l’altro uomo volle, molto rattristato per la morte dell’amico, essere trasferito vicino alla finestra. Finalmente avrebbe avuto la gioia di vedere lui stesso quanto il suo amico gli aveva descritto. Si allungò per girarsi lentamente verso la finestra vicina al letto... e tutto ciò che vide fu un muro! L’uomo domandò all’infermiera perché il suo compagno di stanza gli avesse descritto tutt’altro. L’infermiera rispose che quell’uomo era cieco e che non poteva nemmeno vedere il muro! “Forse ha solamente voluto incoraggiarvi”, commentò. Vi è una felicità straordinaria nel rendere felici gli altri, a discapito delle nostre proprie sofferenze. La pena condivisa riduce a metà il dolore, ma la felicità, una volta condivisa, si ritrova raddoppiata. L’oggi è un regalo, ed è per questo che lo si chiama presente.
Questa storia diffondila ad altre persone e... grazie!”.

Penso che il Natale non viene solo per mangiare il panettone, per giocare a carte o per esaurirci alla ricerca di regali inutili per chi li fa, tanto per chi li riceve. Il Natale “riaccade”, sempre allo stesso modo da più di duemila anni, per darci una scossa, a non sprecare la nostra vita, a non dimenticarci, soprattutto, di tutte quelle piccole cose che rendono la vita bella e degna di essere vissuta, e per permetterci di aprire gli occhi e avere la possibilità di godere della bellezza che abbiamo intorno.
Buon Natale.


Torna ai titoli

INDIETRO

Copyright @ Associazione Culturale del Metramo 1999 -