(5.1.12) COSENTINO: L'INCHIESTA E' NOIR* (Angelo Cannatà) - “Era un giorno di primavera come tanti altri quel 28 aprile del 1974.” Comincia così il noir di Rocco Cosentino, Sostituto Procuratore presso la Procura della Repubblica di Reggio Calabria. Che significa? Perché il Pubblico Ministero di una città “discussa”, scrive un romanzo?
Apro il “Quotidiano”: “Richiesta di scioglimento del comune di Reggio per presunte infiltrazioni mafiose”; “Due arresti per tentato omicidio di un romeno”; “Talpe presso il Palazzo di giustizia”; “Consigliere comunale reggino arrestato per concorso esterno”. E’ un bollettino di guerra. In questo “clima”, è in libreria “Niente di cui pentirsi” (Luigi Pellegrini Editore): il contesto stimola la lettura del testo. Ma c’è di più. Cosentino è scrupoloso, analitico, documentato, attento ai dettagli. Scrive bene. Racconta di una città devastata da una serie di terribili delitti. Hanno qualcosa in comune? C’è un filo che li lega? Si indaga: l’obiettivo è fare giustizia. Impresa ardua. Non solo perché il concetto di giustizia si complica nel districarsi della trama, ma anche perché il Pubblico Ministero e il giovane Commissario debbono lottare contro la burocrazia e la diffidenza dei superiori.
C’è qualcosa di autobiografico in questa parte del racconto? Non conosciamo il punto di vista dell’autore. Ma la letteratura, la storia e la cronaca dicono di queste difficoltà. Il “noir” è un genere che da Edgar Allan Poe a Carlo Lucarelli descrive la complessità del reale. Anche la complessità della macchina della giustizia e dello Stato, che lascia soli, non tutela, talvolta ostacola i suoi servitori. Questa complessità, ben raccontata da Cosentino, è descritta – con lucido realismo – anche dai grandi giornalisti. Penso a Giorgio Bocca che va a Palermo per intervistare Carlo Alberto Dalla Chiesa: “…ma generale, lei chiede i pieni poteri sui prefetti, sui questori; lei vuole coordinare la lotta alla mafia, controllare le banche, entrare nel commercio della droga. Ma generale non lo vede che questa grande città vive della droga? Non lo sa che i mafiosi sono nel palazzo? (...) La verità è che Dalla Chiesa, il generale di ferro, è stato mandato a Palermo allo sbaraglio” (Giorgio Bocca, Il generale nel suo labirinto, la Repubblica, 4 settembre 1982). Ecco. L’impressione è che i personaggi di Cosentino – anche loro – debbano lottare contro burocrazia, diffidenze e resistenze, e in certi momenti sembrano soli. Come Dalla Chiesa.
I temi che affrontano - il giovane Commissario Di Francesco e l’Ispettore Caruso, con la direzione di Catanzariti -, sono scottanti: “Due omicidi, in poco meno di una settimana (…) Gli venne in mente che quella era una responsabilità che doveva dividere con il comandante della locale compagnia dei carabinieri. (…) Squilla il telefono. – Pronto, dottore, le porto alcune novità sull’avvocato Guido Merlin (…) La nascita del suo impero economico, creato dal nulla, è coincisa proprio col suo ingresso in politica.” (pp. 323-324).
Interessi, crimini, politica. Siamo dentro la piena attualità. Quella con cui l’autore ha quotidianamente a che fare nella Procura di Reggio. Il tutto, naturalmente, visto attraverso gli occhi (e la trasfigurazione) dell’arte: non mancano le pagine ironiche, i flash-bach, l’intreccio tra inchiesta e vita dei personaggi, lo scavo psicologico.
Il risultato complessivo è - dal punto di vista letterario - positivo. “Niente di cui pentirsi”, con analisi e descrizioni minuziose, un registro stilistico tecnico (ma comprensibile), ci fa entrare dentro la macchina della giustizia. Come lettori, ne usciamo soddisfatti. Sappiamo qualcosa di più dell’universo giudiziario: dei pregi e dei limiti. Ha coraggio Rocco Cosentino. Non teme di parlare (anche) degli abusi di qualche componente delle forze dell’ordine. Intervistato su questo tema, risponde con ironia: “Se tra le pagine del mio romanzo qualcuno dovesse scorgere casi estremi di corruzione e illegalità varie, e mi dovesse accusare di aver infangato il buon nome della Giustizia, lo posso rassicurare dicendo che questa è stata la parte del mio romanzo in cui la fantasia ha avuto minor spazio…”. Cosentino racconta la realtà - delle procure, delle inchieste, del mondo della giustizia -, così com’è. Con le luci e le ombre.
Restano le domande che riguardano la struttura narrativa, ma anche - a ben vedere - la filosofia dell’autore: “la verità alla fine sembra trionfare… ma sarà davvero così? Giustizia sarà fatta… ma da chi? Le vittime potranno risposare in pace… ma quali vittime?” Domande. Dove, con tutta evidenza, entrano in gioco i concetti di Verità, Necessità e Destino. Ma non vogliamo addentrarci nei meandri dell’interpretazione filosofica. Ci interessa di più l’aspetto politico. Il testo si chiude con queste battute: “Vedendomi lacrimare mi chiese: ‘Che cosa hai fatto di tanto grave?’ - Risposi: ‘Niente di cui pentirsi’.” Quanti, oggi - sulla scena pubblica - potrebbero pronunciare queste parole? Insomma: visti i titoli richiamati all’inizio, anche la politica - in Calabria - non ha nulla di cui pentirsi?
* Articolo apparso sul Quotidiano della Calabria del 3.1.2012
Nelle foto: in alto a sinistra Angelo Cannatà, a destra il magistrato Rocco Cosentino.
SS. Nome di Gesù , che aveva come divisa dei sacchi verdi ed era stata visitata nel 1586 da Mons. Del Tufo, vescovo di Mileto. Tale confraternita però non esisteva più nel 1929.
SS. Sacramento - S. Maria della Valle che era stata fondata il 1° Dicembre 1626, aveva ottenuto il Regio Assenso il 18 gennaio 1778 e l'Approvazione ecclesiastica di Mons. E. Minutolo il 26 Settembre 1798. Il riconoscimento governativo era avvenuto col decreto reale del 27 Giugno 1935. Contava, fra gli anni 1930-43, 60 confratelli e 21 consorelle.
SS. Rosario che era stata fondata nel 1774. Non esisteva più nel 1929.
Maria della Montagna che aveva ottenuto il Regio Assenso l'11 Settembre 1868 e il riconoscimento governativo il 27 Giugno 1935. Contava, fra gli anni 1930-43, 61 confratelli e 52 consorelle.
Ecco il testo parziale di una lettera del vescovo Mons. Antonio Maria De Lorenzo (Reggio Cal. 1835-Roma 1903) nella quale compare il famoso stemma con la dicitura "Galatri Baro". Lo stemma è quello originale mentre la lettera, che risale al periodo di vescovato di De Lorenzo (1889-99), per comodità dei lettori è stata riportata in caratteri di stampa moderni. Nella lettera, indirizzata ai Vicarii e Delegati Foranei della Diocesi di Mileto, il vescovo lamenta il "nefasto spirito terreno" che frustra il pio scopo delle Confraternite.
ANTONIO M.A DE LORENZO
PER GRAZIA DI DIO E DELLA SANTA SEDE APOSTOLICA
VESCOVO DELLA DIOCESI DI MILETO
ALLA STESSA S. SEDE IMMEDIATAMENTE SOGGETTA
BARONE DI GALATRO ECC.
Ai MM. RR. Sigg. Vicarii e Delegati Foranei della Diocesi di Mileto.
NOTIFICAZIONE PER LE CONFRATERNITE
Lo Spirito di Religione e di Carità che ravvivò un tempo i Sodalizii, eretti all'ombra della Chiesa di Gesù Cristo, si vede oggi pur troppo dileguare, e sottentrare in suo luogo uno spirito tutto terreno, fonte nefasta di gare, che frustrano il pio scopo delle Confraternite, e ledono la mutua carità che dovrebbe animare i Congregati. - Dalle frequenti relazioni locali, dalle contese portate in Curia, dalle Nostre personali ispezioni durante la S. Visita, abbiamo potuto ben riconoscere l'allargarsi di tanta piaga, e l'urgente bisogno di efficaci rimedii. È perciò che oggi, fidenti nel divino
favore, alziamo la voce per richiamare al primitivo spirito queste pie istituzioni, ed impartire, sotto il duplice aspetto della disciplina e del culto, qualche provvedimento che, mentre tuteli il buono spirito di pietà, l'ordine e la pace tra i confratelli, torni per riflesso di edificazione a tutti i fedeli.
Pertanto, in ordine alla Disciplina, prescriviamo, in virtù della Nostra Ordinaria autorità, quanto segue:
A) Poiché è scritto nei Libri Divini che la Santa Milizia di Dio non abbia a dissiparsi in cure terrene, e poiché Milizia del Signore a ragione possono anche chiamarsi le Confraternite, in quanto tali, destinate cioè alla coltura spirituale de' Congregati, all'incremento del culto, al lustro del buon esempio pei conterranei, - sarà buona regola di disciplina:
(1°) Che tali Sodalizii non diventino campo di fazioni comunali, e che nessuno abusi della sacra associazione in servizio de' partiti, che sventuratamente scindono fra noi fino le più umili borgate; dove per ordinario non è lotta di principii, ma di private ambizioni ed interessi. Ogni piccolo fermento, che si frammischia tra i Confratelli, finisce tosto o tardi col corrompere la massa intera, spezza il freno della regola, distrugge l'armonia, disgrega i vincoli di quella santa unione, che scaturisce dal mutuo amore.
Su tale riguardo richiamiamo pertanto l'oculata attività dei Direttori Spirituali dei Sodalizii, perché ne spieghino la capitale importanza, e, invocando al bisogno i lumi e l'autorità de' Curati e de' Vicari foranei, rendano docili i Confratelli al Nostro paterno ammonimento.
B) Un altro sconcio gravissimo di disciplina riflette le annuali elezioni degli Ufficiali, ed il conteggio, che (secondo gli statuti delle singole corporazioni) annualmente in una od in altra forma [...]
(Fonti bibliografiche: Imperio Assisi, Storia religiosa della Calabria, 2 voll., 1°, Pellegrini, Cosenza, 1992)
(4.2.12) IL SERVIZIO DI RAITRE SU GALATRO - Il servizio su Galatro, trasmesso di recente da RaiTre regionale (7 Gennaio 2012) all'interno della rubrica "Il Settimanale", è ora possibile rivederlo, estrapolato dal contesto della trasmissione, sul nostro canale YouTube. La sua durata è di circa sette minuti e mezzo.
Buona visione.
(22.2.12) RICORDANDO PIERINO OCELLO - A undici anni dalla morte le Amministrazioni Comunali di Galatro e di Bagnara Calabra ricordano Pierino Ocello, intellettuale e politico galatrese, in occasione dell'uscita del libro Diario di prigionia, scritto durante la Seconda guerra mondiale e da noi presentato riprendendo un articolo di Umberto Distilo. Pierino Ocello è stato uomo dai molteplici interessi e attività: oltreché uomo di cultura - docente di filosofia e pedagogia, successivamente preside nella Capitale nonché collaboratore di vari giornali e riviste -, politico e organizzatore di eventi e istituzioni culturali - si ricordano, in particolare, la promozione del monumento ai caduti eretto in un angolo della villa comunale nel lontano 1948 e la fondazione e direzione, fino alla morte, del Centro Italiano di Pedagogia Sociale.
Ha partecipato, da giovane, alla vita politica galatrese candidandosi a sindaco con la Democrazia Cristiana alle elezioni del 1946 e del 1952, in queste ultime venendo eletto consigliere di minoranza. Trasferitosi per un breve periodo da Galatro a Bagnara Calabra, paese della moglie, prima di approdare definitivamente a Roma, anche lì ha avuto significative esperienze politiche sempre nelle file della Democrazia Cristiana.
Ingente è la sua produzione letteraria: articoli, poesie, saggi e la cura del volume Di la furca a lu palu con le poesie in vernacolo ed in lingua dell'abate Martino.
L'iniziativa dell'Amministrazione comunale è quantomai opportuna per far conoscere ai galatresi, soprattutto ai giovani che non ne hanno avuto l'opportunità, una figura di grande spessore morale, il cui insegnamento, nel solco dei più importanti autori della filosofia e pedagogia cattoliche, presenta indubbi e stringenti aspetti d'attualità.
In basso la locandina dell'evento, in programma per Sabato 25 Febbraio alle ore 17.00 presso la chiesa di San Nicola in Galatro, con il quadro completo degli interventi delle numerose personalità di cui è prevista la partecipazione.
(27.2.12) BARLAAM CALABRO: UNA VOCAZIONE UNIONISTA (Michele Scozzarra) - Una testimonianza concreta e avvincente, da quel capitale prezioso quanto inesplorato, che si chiama “medioevo” che, oggi più che mai, domanda di essere ri-conosciuto per poter ri-scoprire, nei giorni nostri, una unità di valori, una comunione di intenzioni e di identità, ci viene oggi presentata con la pubblicazione del libro di Domenico Mandaglio, “Barlaam calabro: una vocazione unionista”. Il libro si presenta come un’opera di sintesi delle copiose ricerche che l’Autore ha condotto su Bernardo Massari, meglio noto come Barlaam di Seminara, e come una introduzione appassionante a tutta l’epoca medievale.
Il libro ha un preciso taglio: è centrato sulle tensioni spirituali e intellettuali, in un preciso periodo circoscritto al secolo XII, soprattutto quando “Barlaam di Seminara, conosciuto come primo vescovo di Gerace e maestro di greco di Petrarca e Boccaccio, ha legato il suo nome alla appassionata campagna unionista portata avanti per anni, con l’obiettivo di giungere alla unificazione della Chiesa di Oriente a quella d’Occidente”.
Non a torto si possono intravvedere, nella lettura del libro di Mimmo Mandaglio, dei punti essenziali sui quali l’Autore si è particolarmente soffermato che consentono una comprensione storicamente più “realistica” dell’intera vicenda culturale del Medioevo, di cui il secolo in cui ha vissuto Barlaam rappresenta il “cuore” per andare al fondo della questione: con questo libro l’Autore ha dimostrato la capacità di ri-tornare (o di ri-dire, tanto per andare ad una citazione a lui cara!) al “cuore” del pensiero di Barlaam, libero da preoccupazioni apologetiche, da nostalgie strumentali o da imposizioni di mode culturali che vogliono vedere il Medioevo solo con l’etichetta ormai stereotipata di “secoli bui”, ed ha contribuito a portare un approfondimento antropologico e ontologico di vitale importanza per l’uomo dei nostri giorni, che ancora ha il coraggio di interrogare a fondo la realtà della storia quotidiana che vive.
C’è un complesso di ragioni che mi fa apprezzare l’importante opera del Mandaglio su Barlaam, dove oltre alla conoscenza di un monaco famoso per le sue conoscenze in tutti i rami del sapere, al quale non a caso fu affidata una cattedra all’Università di Costantinopoli, l’Autore dimostra una approfondita conoscenza del pensiero medievale, dei suoi valori e di tutto un contributo e un apporto spirituale e culturale che si presenta, nel Medioevo così come ai nostri giorni, come una testimonianza concreta ed avvincente che ha saputo dare un incremento notevole alla civiltà nella quale viviamo.
Una cosa che mi ha particolarmente affascinato, durante la lettura del libro, è l’indagine che partendo dal monachesimo va ad approfondire altri aspetti della civiltà medievale, alla ricerca di dati obiettivi che si contrappongono a tutti quei luoghi comuni stereotipati che presentano il Medioevo come “il tempo dei secoli bui”. Sotto questo profilo, l’Autore svolge un accurato, quanto appassionato, studio che contribuisce a far mutare radicalmente il concetto che in tanti, talvolta in maniera inconsapevole, sostengono che “Medioevo” è sinonimo di epoca di ignoranza, di abbrutimento, di sottosviluppo.
Nelle pagine del libro si vede, anzi si tocca con mano, la cultura monastica nella quale si è formato Barlaam, in esso è raccontata proprio una visione del monachesimo improntata all’amore della cultura e al desiderio di Dio: questa è l’essenza della cultura monastica assimilata, e poi trasmessa, da Barlaam nel suo peregrinare nei tanti monasteri e conventi che ha avuto modo di frequentare nella sua vita, compreso il Convento di sant’Elia di Galatro, dove ha compiuto i suoi studi presbiterali con i monaci greco-bizantini.
Attraverso lo studio, il lavoro e la cultura di monaci come Barlaam, dal Medioevo chi è stato tramandato un grande patrimonio di civiltà e anche delle grandi testimonianze di fede: si è sempre sostenuto, infatti, che i monaci, anche se non parlavano, predicavano, perché offrivano l’esempio di una vita in pace con Dio, di fronte a momenti di grandi turbamenti, di guerre, di contrasti, di cui pure il medioevo fu pieno.
Parlando con Mimmo Mandaglio, ho voluto porre delle domande, per capire meglio questo suo impegno che lo ha portato alla pubblicazione di questo bel volume su Barlaam.
Perché hai voluto impegnarti in un libro proprio su Barlaam? Ho letto tanto su Barlaam, ma ti posso assicurare che non ho mai trovato un libro completo, organico, sistematico in grado di fare luce e spiegare bene chi era questo grande figlio della nostra terra. Per questo mi sono messo al lavoro, raccogliendo articoli, accenni, conferenze fatti da persone che, nel corso degli anni passati, avevano cercato di trattare la figura di Barlaam. Ho raccolto tanto materiale e, dopo averlo approfondito con ulteriori e più attenti studi, ho capito che potevo mettermi all’opera per far conoscere, in un lavoro sistematico e completo, una fisionomia sconosciuta di Barlaam. Ho cercato di esplorare tutti gli aspetti dalla sua grande cultura, a cominciare dall’ambiente monastico nel quale ha vissuto, e mi sono potuto rendere conto che l'ambiente monastico di fine Medioevo in Calabria era degno dei più grandi centri culturali d'Italia. Noi siamo abituati di ripetere quello che ci hanno insegnato, canonicamente, a scuola, cioè che le città toscane o umbre sono state la culla di tutta una civiltà che attraverso l’impegno e cultura dei monaci ha lasciato un forte segno all’ambiente. Ecco, io penso che, per quanto ci riguarda, anche se si è approfondito poco questo periodo, e la Calabria è stata vista solo come punto di passaggio per la Sicilia o il Nord d'Italia, secondo me, invece, la nostra terra era un posto saturo di sapienza sia sotto l’aspetto linguistico (lo studio del greco innanzitutto), sia per i numerosissimi monasteri basiliani che erano punti di divulgazione di grande cultura. Ecco, nel mio libro, mi sono adoperato a rappresentare questo'ambiente sociale, storico, politico e culturale, perché ritengo che la Calabria abbia rappresentato per tante persone un punto di passaggio, ma per i greci fu un punto di arrivo.
Il nome di Barlaam è legato soprattutto al suo impegno per l’unione della Chiesa orientale con quella occidentale:
Barlaam, a mio avviso, è stato grande per la sua oculatezza ad impegnarsi per l'unione della Chiesa di Oriente a quella d’Occidente, tanto da dedicare la sua vita a questo importante compito, cercando di percorrere tutte le strade diplomatiche, in vista della fondamentale importanza dell'Unione dei cristiani. Tutto questo per vari motivi: per motivi politici, religiosi, capaci di dirimere le discordie tra cristiani, dovute più a inezie che a motivi realmente seri. Da buon calabrese cocciuto, Vere calaber, lottò fino alla fine con l'arma della sapienza e dell’intelligenza ma, soprattutto, con l’arma del buon senso, mettendo a tacere orgoglio e superbia pur di raggiungere il vero scopo a cui tendeva il suo impegno. Ho voluto esporre nel libro le sue opere che servirono per le lezioni all'università in Grecia, le sue invettive che erano più di difesa o di giustificazione e, infine, ho esposto i suoi interventi di fronte al Papa, finalizzati a convincerlo ad andare in aiuto ai fratelli greci. Su questi temi Barlaam intervenne dicendo cose grandi dal punto di vista teologico ma, soprattutto, ha preveduto con molto acume quello che poteva succedere in Oriente, cioè una catastrofe culturale, religiosa e politica con enormi martiri... Così come successe, in seguito, con le invasioni turche.
Un bel libro su un grande calabrese… come mai pubblicato a Ravenna? Ho voluto fare un glossario per esprimere al meglio il linguaggio usato, cosa che per me è molto importante. Il professore Enrico Morini dell'Università di Bologna, che è uno dei più grandi esperti di storia romea, è stato entusiasta del mio lavoro, così anche Mario Agostinelli professore di filosofia a Ravenna. Il libro l'ha voluto pubblicare Claudio Nanni di Ravenna perché Ravenna fu la culla della cultura bizantina in Italia. Queste tre queste persone che ho appena citato, sono di una sensibilità culturale veramente molto grande, con una umanità enorme, ed io li voglio ringraziare veramente tanto. Questi sono i veri motivi per cui ho scritto questo libro, cioè il volere dedicare la mia attenzione su qualcosa di cui vale la pena scrivere, evitando di andare dietro alle pubblicazioni che oggi vanno di moda o che portano soldi. A me, sinceramente, interessa la cultura, non i soldi.
Complimenti Mimmo per il bel libro… in mezzo a tanta crisi di valori, il compito degli studiosi seri è quello di riuscire, nel buio della crisi che ci pervade da più parti, a fare continuare a splendere una luce, magari una piccola luce come quella di un accendino, ma sicuramente diversa dall’oscurità che cerca di avvolgerci. E la tua opera contribuisce a portare una piccola luce già sperimentata, esattamente come quella che brillava nei monasteri, dove uomini normali mostrarono possibile la stabilità di un mondo travolto da irrefrenabili migrazioni, mostrarono la fraternità in mezzo alla violenza, la costruttività alternativa al crollo di tutto.
E, ti assicuro che poco importa se i professionisti della politica diranno che è un’illusione e gli intellettuali che è un’ingenuità. Resta il fatto che quei monaci hanno costruito, senza neppure pensarci, una civiltà.
E a te, con il tuo libro, va il merito di continuare a rendere quella luce ancora viva nei nostri giorni…
Nelle foto, dall'alto in basso: Michele Scozzarra, autore dell'articolo; la copertina del volume su Barlaam; l'autore Domenico Mandaglio e la Cattolica di Stilo; porticato nel convento di Sant'Elia in Galatro.
(3.3.12) CASAIDEA 2012: VA IN SCENA L'HABITAT (Massimo Distilo) - Alla Nuova Fiera di Roma, a partire da Sabato 10 Marzo, va in scena quello che può essere ormai definito un vero e proprio colossal dedicato all'abitare, alle sue forme più consuete e a quelle meno usuali. Quando entriamo per la prima volta in una casa, di amici o conoscenti, incontriamo spesso qualche particolare dell'arredo che ci sorprende e verso il quale proviamo un'immediata e fatale attrazione o, a volte, una viscerale ripulsa.
Se visitiamo Casaidea questo genere di sorprese e sensazioni viene moltiplicato per cento.
La rassegna, giunta ormai alla sua trentottesima edizione, è senza dubbio la più importante in Italia fra quelle che hanno come principale target di riferimento l'utenza finale.
A Casaidea il visitatore può incontrare di tutto in relazione alle soluzioni per l'arredamento del suo salotto, della sua cucina, del suo bagno e degli altri vani della casa: da quelle più classiche e tranquillizzanti, a quelle più ardite, quasi geniali, fino alle più inquietanti. Niente è risparmiato.
Forse è anche per questo che Casaidea convoglia ogni anno verso i suoi padiglioni oltre centomila visitatori che, una volta compiuto il percorso, non saranno più quelli di prima: la loro mente, bombardata dalla vasta gamma di proposte, si è definitivamente aperta verso i nuovi e accattivanti orizzonti del design abitativo. Ma Casaidea non dimentica nulla e, fra le sue proposte, somministra al visitatore anche quelle che maggiormente possono risvegliare il suo spirito critico, con ciò avvalorando la corrente visione secondo cui l'arte - e il design - hanno, in barba ad ogni concezione manichea, una inevitabile componente di equilibrio.
Ma Casaidea non si esaurisce nella sola "sezione espositiva" delle 750 case produttrici, anche l'aspetto umano è adeguatamente messo in risalto grazie agli "Incontri" organizzati fra i visitatori e i professionisti dell'abitare, esperti nelle varie discipline, che offrono gratuitamente al pubblico informazioni, suggerimenti e soluzioni.
Ma perchè rimanere in casa? Spostiamoci anche fuori. Ed ecco "Spazioverde", la sezione di Casaidea relativa agli ambienti esterni, con l’architettura del verde e gli ultimi ritrovati per recinzioni, gazebi, strutture per terrazzi e giardini, barbecues, vasi, contenitori, illuminazione, coperture, verande e chi più ne ha più ne metta.
Molto importante anche la sezione "Eventi" che ha come mission quella di suggerire al grande pubblico “modi di abitare” complementari o alternativi a quelli proposti dalla grande industria.
Una novità di quest’anno è “MAT’12, 1a Rassegna dei materiali e dei prodotti innovativi per architettura e design”, promossa dall’Ordine degli Architetti PPC di Roma e Provincia e abbinata al convegno “Le materioteche e i materiali di ultima generazione”.
C'è poi la 4a Mostra-Concorso “80 Voglia di Casa” organizzata in collaborazione con l’Ordine degli Architetti di Roma e Provincia, la Casa dell’Architettura e Casa&Design, il network di La Repubblica. Tema di quest’anno è: la casa a colori.
Altra novità è la Rassegna “Oggetti d’uso in Travertino Romano”. Proposta inedita di architetti e designer, realizzate da aziende aderenti al “Consorzio per la Valorizzazione del Travertino Romano.
“Officina delle Arti”, giunta alla 17a edizione, costituisce il momento per valorizzare l’artigianato di design. Una trentina di artigiani, in collaborazione con altrettanti progettisti, presentano nuove idee sul tema “Il Servetto: carrelli, tavolini e piccoli mobili di servizio”.
Sicuramente destinata a stupire è: “Extra Large / Mobili e oggetti fuori dall’ordinario” - curata dall’arch. Patrizia Di Costanzo. I mobili e gli oggetti in Mostra hanno dimensioni esagerate, quasi fuori luogo, ma attraggono empaticamente proprio per la loro deformità e possono dar luogo a nuovi significati funzionali.
Un settore in crescita è quello della decorazione della tavola, elemento centrale in ogni casa. Casaidea se ne occupa con la rassegna "Design in tavola", che offre un panorama delle ultime novità in questo specifico settore.
Insomma ce n'è per tutti i gusti alla Nuova Fiera di Roma dal 10 al 18 Marzo.
Orari: feriali 15,00 - 21,00; sabato e festivi 10,30 – 21,00 dal lunedì al venerdì: ingresso gratuito
Sede: Nuova Fiera di Roma – Ingresso Nord
Product manager: Angelo Varploegen
Sound engineer: Chris Wedda
Prodotto da: Challenge Records International www.challenge.nl
Registrato ad Osnabruck (Germania) il 2 e 3 Febbraio 2012
Studio: www.fattoria-musica.com
CONCERTI DI MARZO
4 Marzo
Nicola Sergio Piano solo - house concert
Paris, Ille de Fr, FRANCE
8 Marzo
OPA - Adrien Néel Group
Paris, Ille de Fr, FRANCE
10 Marzo
Nicola Sergio Piano solo
Teatro "Borgatti" di di Cento (Ferrara) ITALY
18 Marzo
Nicola Sergio Trio
Galatro, RC, ITALY
26 Marzo
Nicola Sergio trio
Murphy's law jazz club - Den Haag, Amsterdam, NETHERLANDS
Nelle foto, dall'alto in basso: Nicola Sergio al piano nello studio di registrazione; la locandina del concerto a Cento (Ferrara); il Nicola Sergio Trio con l'ingegnere del suono Chris Wedda (seduto); Nicola Sergio.
Chi fosse impossibilitato a seguire il programma in tempo reale, può consultare il sito di Michelangelo, alla sezione "Interviste in TV", a partire da Giovedì 15 Marzo:
Nelle foto: in alto, Michelangelo Penticorbo all'interno dell'osservatorio astronomico di Basilea in una fase della registrazione dell'intervista; a sinistra Michelangelo, di spalle, mentre guarda nel telescopio dell'osservatorio astronomico; in basso varie fasi dell'intervista e il conduttore Roberto Giacobbo durante una puntata di Voyager.
(18.3.12) IN "CONQUISTADORES DEL... NULLA"... UN PADRE EDUCA I FIGLI ALLA FEDE (Michele Scozzarra) - In un mondo come il nostro, dove tutto è visto in funzione del potere, della carriera, degli interessi e la “normalità” della vita, anche nei rapporti dei genitori con i propri figli, è giocata tutta nell’essere presi dalle preoccupazioni sulla carriera e dall’apparire, in una società sempre più attenta alla forma che alla sostanza, al punto da portare un genitore a non accorgersi neanche che i propri figli crescono… ecco, in un mondo così fatto, la pubblicazione di un libro come quello di Pasquale Cannatà che racconta una bella storia di ricordi familiari, e soprattutto di come un padre ha cercato di vivere e trasmettere ai propri figli, importanti valori umani e religiosi… può sembrare pura follia!
Infatti, tra le pagine del libro, si può scorgere quasi come in un evidente contrasto, il problema gravissimo di oggi; cioè che ci troviamo davanti ad un dramma epocale che non riguarda soltanto le nostre città o soltanto l’Italia… un dramma non secondario nella storia dell’umanità, quello di una generazione di adulti in grave difficoltà davanti ai propri figli.
La lettura del libro “Conquistadores… del nulla” di Pasquale Cannatà ritengo che rappresenti un vero “antidoto” rispetto a certe realtà, oggi sempre più frequenti, di genitori spaventati e sulla difensiva rispetto all’educazione dei figli e alla realtà familiare che, insieme con loro, vivono: questo libro testimonia, in maniera eloquente, la realtà positiva che l’autore ha vissuto nella sua famiglia, raccontando la bellezza degli insegnamenti appresi e maturati, soprattutto nel rapporto con il padre, nell’avere avuto davanti un modello di riferimento, veramente solido che era rappresentato dal papà innanzitutto, ma anche dalla mamma, dai fratelli, dalla comunità ecclesiale e dai tanti punti di riferimento sportivi o culturali che il paese, nella sua realtà di allora, offriva.
La famiglia nel libro è descritta quasi come una grande orchestra, dove ogni suo componente ha un suo strumento e si esprime con le sue note, nella diversità delle sue caratteristiche rispetto a quelle degli altri fratelli: interessi professionali, culturali, politiche, religiose diverse, con un punto di unità che il tempo non ha cancellato e, anche se in ogni famiglia si parla di tutto, di politica, di sport, di problemi economici e familiari… nel lungo periodo si dimentica tutto ciò che ha poco interesse e breve durata e resta solo ciò che vale cioè l’essenziale.
E questo essenziale, che nel libro di Cannatà trabocca in ogni pagina, è da individuare negli insegnamenti del padre che non perde occasione per richiamare l’attenzione della famiglia su qualcosa di importante in cui credere e per cui vale la pena vivere, non evitando di indicare ad ognuno dei suoi figli il proprio compito, pur nel rispetto della individualità di ciascuno.
Nel libro sono facilmente individuabili in don Vincenzo (il padre, che oltre al lavoro e alla famiglia non aveva altri interessi e il poco tempo libero lo dedicava alla lettura e alla riflessione), donna Francischina (la moglie e madre), Salvatore (che stava completando i suoi studi di ingegneria) Roberto (che era a metà del corso di studi in scienze biologiche), Fortunato (che aveva da poco iniziato a studiare filosofia), Grazietta, Nazareno e Maria Oliveria, tutti i componenti della famiglia di Pasquale Cannatà; mentre l’unica persona che nel libro è indicata con il suo vero nome è don Bruno (Scoleri), del quale si ricordano le lunghe prediche.
In “Conquistadores… del nulla” c’è il racconto di una generazione che, a differenza di quella di oggi, non era confusa nel rapporto con i figli.
Le generazioni dei nostri padri, e dei nostri nonni, hanno sicuramente fatto più fatica di quelle di oggi: le guerre, la fame… hanno fatto infinitamente più fatica dal lato delle fatiche materiali; eppure, nonostante tutti i problemi, c’è un qualcosa che quegli uomini non hanno mai fatto venire meno; mi riferisco alla testimonianza lasciata ai propri figli di un bene possibile per il quale valeva la pena sacrificarsi, fare, lavorare. E, in questa testimonianza, all’interno della famiglia era chiaro che ognuno voleva diventare come il suo papà… ognuno ascoltava il proprio padre e lo sentiva come il re dell’universo! Perché quelle erano persone che, nella loro assoluta semplicità, magari non avendo fatto neanche le elementari, sapevano le cose che nella vita bisogna sapere. Forse non sapevano di matematica, o di finanza o di soldi, però sapevano della vita e della morte, della gioia e del dolore, del bene e del male, del vero e del falso, del bello e del brutto…
La bellezza del libro del Cannatà risiede anche nel fatto che oggi, nella stragrande maggioranza dei casi, il rapporto genitori figli non è più così! E qua sta la grandezza dei ricordi espressi nel libro, perché quando si ha davanti un padre così, e si ha la possibilità di guardare dove mette i piedi lui, si può sapere con certezza che andando dietro a lui si può affrontare tranquillamente la strada della vita (con tutte le sue insidie che mette nel suo cammino), fino in fondo e senza paura.
Con grande intelligenza l’autore ha messo alla base del suo libro (che poi altro non è se non la sua storia personale e familiare, almeno fino a quando non ha lasciato la sua famiglia di origine) gli stimoli maturati e vissuti nel rapporto con suo padre, che hanno avuto la capacità di ingrandire, di dilatare e maturare quell’essenziale (“ciò che abbiamo di più caro” come diceva Solov’ev) a cui suo padre si richiamava e che la Bibbia chiama “cuore”. Il “cuore” che viene richiamato nel libro dice, a Salvatore-Pasquale e ai suoi fratelli, attraverso le parole del loro padre, che essi sono stati fatti per cose grandi, e che solo il riconoscimento di questo può portare alla loro vita le note della felicità che ogni uomo cerca. Perché è proprio a partire da questo che “uno incomincia a toccarsi alla mattina le spalle e sentire il proprio corpo più consistente, e a guardarsi nello specchio e sentire il proprio volto più consistente, sentire il proprio io più consistente e il proprio cammino tra la gente più consistente, non dipendere dagli sguardi altrui, ma libero, non dipendente dalle reazioni altrui, ma libero, non vittima della logica di potere altrui, ma libero”.
Perché alla fine, l’immagine che viene fuori dal libro è la storia di un padre che guardava un “qualcosa” più grande di lui, e invitava i suoi figli ad andargli dietro in questo cammino, convinto che le vere forze che muovono la storia, sono le stesse che rendono felice il cuore dell’uomo.
Nelle foto: in alto Michele Scozzarra, al centro la copertina del libro "Conquistadores del... nulla", in basso l'autore Pasquale Cannatà.
(20.3.12) IMPORTANTE LAVORO FILOLOGICO DI NUALA DISTILO - Galatro, si sa, è terra di cultori di discipline umanistiche fin dai tempi di Barlaam di Seminara, del quale si dovrebbe dire di Galatro, visto che non era nato a Seminara ed è nel nostro convento dei padri basiliani che sono avvenuti i fatti più importanti della sua formazione religiosa e culturale.
Questa tradizione, invero mai appassita, ha ricevuto nuova linfa alcuni giorni fa con la pubblicazione della grecista Nuala Distilo, in forza all’università di Padova presso la quale ha conseguito il dottorato di ricerca, di un Commento critico-testuale all’Elettra di Euripide per i tipi di S.A.R.G.O.N. Editrice e Libreria, due volumi per complessive 700 pagine.
Nuala – che per chi non lo sapesse o non lo ricordasse è figlia di Alfredo, tecnico comunale in quiescenza e di Rinuccia Cannatà - che ha già al suo attivo vari lavori su riviste specialistiche, si è cimentata in un’impresa che non può non ritenersi notevole se si pensa alle complesse questioni filologiche poste dal testo di Euripide in relazione ai due codici di riferimento (in gergo filologico Codice L e Codice P) e alla nutrita letteratura critica.
Ne è venuto fuori un commento verso per verso volto alla riconsiderazione dei numerosi problemi testuali che definisce il nuovo “stato dell’arte” nell’ambito della critica di questa tragedia euripidea, fissando nell’ultima parte un nuovo testo del dramma frutto delle soluzioni proposte.
Insomma, un testo di alto livello specialistico, fondamentalmente per addetti ai lavori, ma sicuramente consultabile da quanti, pur non specialisti, si troveranno a leggere, o a rileggere, uno dei capolavori della letteratura mondiale.
Nella foto: la copertina del volume di Nuala Distilo.
Il sacerdote-poeta che “ama, lacrima e canta” DON ROCCO DISTÌLO, IL PASCOLI GALATRESE
Il sacerdote-poeta Don Rocco Distìlo si innesta ad una tradizione poetica antica, che a Galatro è impreziosita dai nomi illustri di Conìa e Martino.
Per inquadrare nella sua giusta luce la figura artistica del poeta Don Rocco Distìlo è necessario conoscere Galatro, il suo habitat, all’epoca non ancora turbato dalla tecnologia, un mondo per tanti versi chiuso in se stesso, attorniato com’è dalla cinta delle sue colline.
A Galatro, dove il tempo scorre lento come in molti altri paesi della Calabria, c’è posto per la malinconia, l’apatia, il pessimismo. E c’è poco spazio per la speranza.
Rocco Distìlo ha dimostrato che in un ambiente simile c’è spazio anche per la poesia; ha dimostrato che è possibile aprirsi alla vita e scrollare di dosso l’atavica sonnolenza che grava sugli alberi, sulle cose, sulle strade ed avviluppa le persone.
Per Distìlo ogni giorno è stata un’avventura nuova.
La sua opera poetica, pagina dopo pagina, è un diario, è il resoconto di una vita vissuta nella sua pienezza.
Nasce a Galatro l’11.11.1908. L’infanzia e l’adolescenza le trascorre nel paese natale e coincidono coi tempi in cui la martoriata Calabria viene provata da grandi tragedie: dopo il terremoto del 1908, la fame e la povertà e, quindi, la guerra mondiale.
Il fanciullo sente la sua vita come una vocazione all’amore ed alla donazione. Sceglie la via del sacerdozio ed entra nel seminario vescovile di Mileto. La sua vocazione poetica è già in germe, come anche l’indole propensa alla speranza ed all’accettazione della sofferenza come mezzo di elevazione spirituale.
Dopo gli studi liceali compiuti a Catanzaro e quelli teologici a Firenze, ritorna nella sua terra dove riceve, dal vescovo Paolo Albèra, la consacrazione sacerdotale (1.8.1937).
Comincia allora la sua attività di pastore di anime dove nella semplicità o nella mansuetudine ha modo di realizzare la sua personalità.
Parroco per diciotto anni a Feroleto della Chiesa (1937-1955), per sei a Monsoreto di Dinami (1955-1961), per dodici - gli ultimi della sua vita - a Galatro (1961 - 1973).
Sono queste le linee essenziali della sua biografia.
Lo storico potrà arricchirle di particolari per rendere più manifesta la figura adamantina di questo sacerdote - poeta.
Verranno fuori le sue prime giovanili prove poetiche, ospitate da riviste letterarie, la lunga sfilza di onorificenze, segnalazioni, premi letterari, le sua passione per la musica e le composizioni di inni sacri e canti liturgici. Verrà fuori il particolare del servizio militare: la divisa militare (che fu costretto ad indossare nel 1929, ancor studente liceale) gli ritardò gli studi di qualche anno. Di quel periodo della sua vita, il Poeta ricorda:
“... in marchigiana terra.
.... a scribacchiare carte,
e nella lunga tristezza e nel ricordo
d’una perfidia umana…”.
L’allora studente Distìlo, infatti, per la “perfidia” di alcune persone dovette interrompere gli studi per adempiere agli obblighi militari. (Ad Ascoli Piceno faceva lo scrivano nell’ufficio del comandante del Distretto Ten. Col. F. Pascazio). Sulla triste esperienza della forzata interruzione degli studi di teologia per andare a compiere il servizio militare, il Poeta aveva espresso l’intenzione di scrivere una memoria, un romanzo per il quale aveva anche scelto il titolo: Martino, che è il suo secondo nome di battesimo. Ma la sua biografia è, dicevamo, raccolta nei suoi tre volumi di poesie. Tre sillogi che a saperle leggere, sono i diari del suo animo sensibile sempre aperto alla bellezza del Creato.
“Prime luci nella valle” (Milano 1958) esce in occasione del primo ventennio sacerdotale (1937-1957). Nella dedica sono indicati i grandi valori che furono alimento della sua vita e che danno fecondità perenne ai versi: “La poesia e la preghiera, la bellezza e l’amore”. I brani di vari autori, i pensieri o i versetti biblici intercalati con le liriche fanno del libro una vera aiuola di fiori rari. La liriche sono preghiere, riflessioni, soliloqui.
C’è una pregnanza nei versi, un desiderio traboccante di amore e di pace.
La giovinezza dello spirito crea miracoli: il paesino calabro, immoto e sonnolento, si anima di una luce nuova, tutto parla di Dio: le stelle “occhi lucenti nella notte”, la “garrula fonte” che “di cielo favella”, l’ulivo che “a pace invita / perduta pace dopo tanta guerra”; l’ape “piccola goccia di sole”, l’allodoletta “che sale in alto dalla terra al sole / ebbra di gioia”.
Insomma, “tutta, tutta la natura canta”.
Emerge evidente la natura della nostra tradizione lirica. Riemerge, illuminato dalla luce della fede, il poeta fanciullino.
Dal punto di vista estetico è evidente il sodalizio spirituale col poeta della “piccozza”, Giovanni Pascoli.
La poesia anche per Rocco Distìlo, non è soltanto “arte per l’arte”. E’ di più. E’ il viatico del viandante
“che trita
notturno piangendo nel cuore
la pallida via della vita”;
è
“la povera lampada c’arde soave
nell’ore più meste e più tarde...”.
Non mancano voli d’aquila come la lirica “Pioggia di maggio” dove i versi conclusivi
nel vasto piano la capanna fuma
e su quel mar di verde par si muova
nave in cammino, verso ignoti lidi
ci trasportano nella più ispirata atmosfera georgica virgiliana.
Solo che alla grave malinconia delle ombre vespertine che, agli occhi del poeta pagano, invadono e raffreddano la terra, in Distìlo si sostituisce l’arcana inquietudine del movimento, che richiama il senso itinerante della vita, e cede allo stupore davanti al mistero, sentimento squisitamente pascoliano (cfr. Il ponte: “Il fiume va con lucidi sussulti / al mare ignoto dall’ignoto monte”).
Il poeta “fanciullo” è anche ingenuo e non ha ancora imparato a diffidare dei luoghi comuni dalla retorica fascista. Lo studente universitario che torna cieco dalla guerra (protagonista del componimento Luce bella addio!) si dona alla Patria come all’ideale supremo e, per nulla conscio di essere vittima di strumentalizzazione, prova slanci sovrumani: “a te questi occhi, terra mia gentile!”
Il secondo volume, “Uno è l’amore” (Parma 1963) mostra una ormai matura coscienza di uomo e di poeta. Allo slancio giovanile, non ancora peraltro sopito, subentrano le prime gravi meditazioni della maturità.
Il Poeta ha ormai uno stile suo personale, inconfondibile, affrancato da influenze di scuola.
L’onda dei ricordi è la linfa più vitale.
Il clima più confacente al suo stato d’animo è l’autunno, la stagione carica di frutti, simbolo della maturità e presentimento dell’inverno freddo. Così il Poeta-sacerdote scrive parole velate di una delicata e pensosa nostalgia:
Bianco capello, così tardi arrivi
degli anni a dirmi, o giovinezza, addio?
Amo l’ottobre da’ pregnanti clivi
d’uve e di pomi: non invoco oblio”.
Il tema è sempre lo stesso: l’ordine e la bellezza del cosmo con le sue cose grandi e con le piccole, tutte oggetto di stupita ispirazione da parte del poeta, tutte creature di Dio, turbate a tratti della cattiveria degli uomini (che emerge dal componimento Non uccidere le rondini).
Alla luce di questa sua produzione poetica Don Rocco Distìlo può essere definito il Pascoli della nostra letteratura; il Pascoli con in più la fede ed il sacerdozio. Il Pascoli galatrese di cui tutti noi dobbiamo essere fieri.
In “Uno è l’Amore” i momenti di più intenso lirismo sono le ricordanze dell’infanzia (si veda, in proposito: La mia vecchia maestra) e della giovinezza (come chiaramente si evince dalla poesia Ritorno al mio vecchio seminario).
Alle soglie delle vecchiaia tutto gli parla di approdo: le barche ancorate, i cipressi solitari, il melo caduto, simbolo delle vita che trapassa.
Davanti al melo caduto non c’è rimpianto dei “saporiti pomi”, del verde, della prestanza che non è più; c’è il senso di gioia che proviene della donazione di sé, dal sacrificio per gli altri: “bello è cadere carico, non vuoto”.
Il terzo volume, “Di sentiero in sentiero” (Roma, 1967) s’innesta ad un’esperienza lirica ormai matura e si apre a nuovi spunti, peraltro non sempre felici. Penetrano, infatti, qualche volta preoccupazioni e riflessioni di carattere sociale che turbano l’atmosfera trasognante e sofferta del poeta che “ama, lacrima e canta”.
Lo spunto sociale, che per Domenico Defelice, prefatore del volume, è una conquista, appare, invece, in qualche momento del contesto generale dell’opera poetica, una stonatura (come in Spazzini) anche se, in altri casi, è proprio lo spunto sociale a suggerire e dettare versi altamente ispirati. (Come in 4 novembre).
Ma la linfa del vecchio poeta non si è esaurita ( o, peggio, spenta).
Quando riaffiorano i motivi antichi, il verso si fa sublime. Anche la realtà più scialba è illuminata dal bagliore della fede e nella pagina si trasfigura.
La lirica Quando la notte è alta è piena di richiami leopardiani: il colloquio notturno con la luna, il pastore errante, le greggia umana che dorme immemore. Ma il poeta recupera presto le sua identità e ritorna nel suo mondo. La lirica Lasciatemi tornare è il prodotto dei momenti di maggiore aderenza a se stesso:
Lasciatemi tornare alla mia pace
. . . . Là tutto mi somiglia
chè avido di spazi e d’orizzonti
interminati,
in essi immergermi e mutarmi.
Postumo, otto anni dopo la sua morte, è stato pubblicato il poemetto “Giornate di sole”. A chi ha avuto l’opportunità di conoscere in vita il Poeta, i versi di questo volume appaiono scontati. Leggendoli si ha l’impressione di sentire parlare Don Rocco. In quei versi si ritrovano le sue espressioni; si ritrova la sua enfasi oratoria, il suo invito sincero a guardare avanti, verso il sole… verso la luce. C’è l’invito a vivere la propria giovinezza perché
“è una gioia la vita che
Bisogna saper vivere con un sorriso
Nel cuore e negli occhi quando le labbra
Son mute; e per questo hai bisogno di sole.
Non fermarti annoiato, vinto quasi,
in un angolo oscuro. Mettiti in cammino!
Tu ami, lo so, e basta l’amore
Perché il sole risplenda e le stelle brillino”.
Insomma Rocco Distìlo è un poeta romantico e nello stesso tempo un poeta nuovo. Si discosta da tutti i suoi contemporanei amanti delle mode e delle innovazioni. Non appartiene alla folta schiera degli inquieti, dei figli del decadentismo, i torturatori di versi, poeti psicopatici e immelanconiti.
Rocco Distìlo è un poeta che canta. E’ un poeta che ha parole di speranza e di pace:
Se vieni, tristezza, e mi vuoi
non sfiorarmi l’ala tua nera.
Non sento più il tuo querulo pianto.
Io sono in quel mare, in quel cielo,
nel sole: felice io canto”.
Il cammino del Poeta ha coinciso con l’itinerario esistenziale dell’uomo. Fin da quando sentì accendersi le “prime luci” nella valle, la poesia fu per lui il manifestarsi di una tensione sempre più grande, che di sentiero in sentiero, lo porta verso Dio.
Galatro, domenica 18 marzo 2012, chiesa San Nicola
Nella foto in alto: Umberto Di Stilo in un momento della conferenza.
(23.3.12) IL VIDEO DELL'INTERVISTA A RAI2 DI MICHELANGELO PENTICORBO - Abbiamo realizzato un estratto video relativo all'intervento dell'astronomo galatrese Michelangelo Penticorbo durante la trasmissione di Rai2 Voyager andata in onda lo scorso Lunedì 12 Marzo alle ore 21.00.
L'intervista si è svolta presso l'osservatorio astronomico di Basilea (Svizzera) ed il tema è stato quello degli universi paralleli che si muovono in uno spazio multidimensionale.
Si tratta di un concetto complesso che trova fondamento nelle ricerche condotte dai maggiori fisici e matematici e che apre le porte ad una realtà che va oltre quella quotidiana, creando un collegamento, sia pur teorico, tra universi paralleli e vite parallele.
Il video dura circa 7 minuti e mezzo. Buona visione.
L'astronomo galatrese Michelangelo Penticorbo intervistato su Rai2 a Voyager
(24.3.12) GALATRO NEL CUORE (Pasquale Cannatà) - Grazie! Grazie a tutti!
Ho letto l’articolo di Michele che prende spunto dal mio libro per parlare del difficile rapporto tra genitori e figli nella società di oggi che è imbevuta di materialismo a tutti i livelli: mi sono commosso al pensiero che a distanza di tanti mesi dalla mia ultima venuta a Galatro, quando ho messo a disposizione alcune copie del mio libro per quelli che hanno voluto entrarne in possesso, a lui (e spero anche a qualcun altro) sia rimasto impresso qualcosa del suo contenuto.
Ero rimasto contento quando Domenico, nel settembre dello scorso anno, ne aveva pubblicato una bellissima recensione cogliendo, da bravo professore quale egli è, l’aspetto filosofico-teologico-esistenziale dei vari racconti: egli rileva che ho adottato “uno stile da dilettante che ne rende la lettura agevole anche a chi non ne mastica granché.” Era proprio questo il mio intento: sbriciolare alcuni concetti che potevano essere di difficile comprensione, per renderli accessibili a tutti. Purtroppo non ci sono riuscito, se mio cugino Vittorio, che non è un ‘povero ignorante’, ma professore di matematica, lo ha trovato difficile da leggere: a proposito di Vittorio Cannatà, che ha scritto per questo sito alcuni articoli sui “modelli matematici nel gioco del calcio”, vorrei informare i lettori che il giorno 29 Marzo 2012 terrà una conferenza sul tema suddetto presso la villa Contarini di Piazzola sul Brenta, con il patrocinio di quel Comune, della provincia di Padova e della regione Veneto.
Sono stato felice quando sulla “Gazzetta del sud” del 12 Gennaio scorso a pag. 17 è stato pubblicato un articolo di Umberto sul mio libro: da ottimo maestro-educatore, lui aveva messo l’accento sull’aspetto didattico-educativo nel rapporto genitori-figli all’interno della famiglia protagonista delle piccole riflessioni oggetto del volume.
Michele ricalca lo schema di Umberto ed approfondisce la questione dell’essere, dell’avere e del voler apparire che preoccupa in maniera spropositata i giovani di oggi, tanto da far loro perdere ogni contatto con i valori indispensabili per poter vivere una vita veramente degna di essere vissuta: non sto qui a ripeterli, perché Michele li ha descritti in modo veramente illuminante. Mi piace solo ricordare, come dice lui, che i nostri genitori “sapevano le cose che nella vita bisogna sapere. Forse non sapevano di matematica, o di finanza o di soldi, però sapevano della vita e della morte, della gioia e del dolore, del bene e del male, del vero e del falso, del bello e del brutto…”
Grazie ancora per l’attenzione che mi avete dedicato, e ricordo che sono a disposizione, per chi volesse leggere il libro suddetto, due copie che ho donato alla biblioteca comunale ed una copia alla biblioteca scolastica.
Per i Galatresi che come me sono lontani dal paese e quindi impediti a recarsi presso le suddette biblioteche, ma volessero comunque leggerlo, anticipo una notizia che avrei voluto tenere in sospeso ancora per qualche tempo, ma che l’emozione di oggi mi spinge ad anticipare: ho firmato un contratto con una società editrice di eBook che sta trasformando il mio libro nei formati adatti per la vendita in rete ed entro qualche mese lo consegnerà ai maggiori store per la distribuzione. Probabilmente potrà essere disponibile anche nel “mercatino” di questo sito: vi terremo aggiornati.
Per gentile concessione di Umberto e di Domenico ho utilizzato parte dei loro articoli come presentazione del libro che ho già spedito all’editore e che sarà utilizzata per la pubblicità in rete.
Per chi volesse leggerla la si può visualizzare dal link in basso.
Longa - Grande estensione di terreno coltivato a bosco e di proprietà, per la maggior parte, del Comune di Galatro che dall'amministrazione di questi boschi trae un certo reddito.
Angialedhi (detta anche Angeli) - Il nome deriva dalla creta bianca che là si estrae per fare gli angeli. E' una contrada che si trova nei pressi della centrale elettrica, sulla sponda destra del fiume Metramo.
Sannaì - Contrada dalle caratteristiche territoriali alquanto montuose. Il nome deriverebbe, da quanto si racconta, da un episodio riguardante un galatrese che, ammalato di malaria, si trasferì in tale località per guarire. In effetti sanò e ritornato in paese disse: "Sanài".
Petra di' fati (detta anche Mascia)- E' un terreno boscoso. Il nome deriva da una leggendaria pietra gigantesca, che è presente in questo territorio (ma oggi non raggiungibile), la quale formava delle grotte in cui secondo la leggenda abitavano le fate.
Jarnicòla - Il nome significa "vecchio Nicola" ed il suo territorio è in prevalenza coltivato a bosco e seminativo.
Marasà - Si tratta di un terreno boschivo. Il mome Marasà, che significa "finocchietto", deriva dall'antica coltivazione dei finocchi praticata in questo territorio.
V - Continua...
Nella foto: panorama di Galatro visto da una delle sue numerose contrade.
(6.4.12) IL NUOVO DISCO DEI KARADROS (Massimo Distilo) - Dopo i tanti successi ottenuti nelle diverse piazze nella nostra regione, e non solo, il gruppo dei Karadros, di cui ci siamo già occupati in precedenza, si è dedicato alla preparazione del primo lavoro discografico dal titolo La nostra Storia, distribuzione ElcaSound. Il CD racchiude una serie di brani ricchi di raffinate elaborazioni melodiche ed armoniche basate su suoni e ritmi all'avanguardia, che testimoniano un vero e proprio lavoro di riscoperta in chiave personale di canti del nostro folklore, con l'utilizzo dei classici strumenti della tradizione.
I Karadros in questo nuovo e significativo progetto hanno inoltre voluto rendere omaggio al noto poeta galatrese Antonio Martino, incidendo un brano il cui testo è basato su una poesia del nostro poeta.
Il disco sarà presentato Sabato 28 Aprile 2012 presso il teatro degli studi televisivi di RTV con la trasmissione in diretta.
Un disco da non perdere dunque, nel quale le capacità musicali di tutti i componenti del gruppo dei Karadros, guidati da Mario Correale, sono espresse appieno, e riescono a coinvolgere l'ascoltatore dalla prima all'ultima nota.
Una nuova e piacevole espressione della musica galatrese.
Ecco i componenti del gruppo: Mario Correale – voce e chitarra battente; Ramona De Maio – voce; Salvatore Cirillo – organetto, fisarmonica, lira calabrese; Marco Soriano – chitarra classica; Ferdinando Mandaglio – basso elettrico; Michele Franzè – percussioni, tamburello; Carlo Ardizzone – pipita, zumpettara calabrese, armonica a bocca, flauti, etc.
Nelle foto: il gruppo musicale galatrese dei Karadros.
(12.4.12) UN NUOVO PROGETTO PER MERCEDES BENZ DA ONSCREEN COMMUNICATION - La società OnScreen Communication, della quale il galatrese Saverio Ceravolo è Creative Technology Director, ha sviluppato un nuovo progetto in Realtà Aumentata per Mercedes-Benz. Si tratta di un’applicazione web dedicata alla Nuova Gamma Classe E. L’applicazione rappresenta un’innovazione dal punto di vista della tecnologia, permettendo all’utente di interagire con contenuti multimediali attraverso il semplice movimento delle mani.
La Nuova Gamma Classe E si mostra così in una nuova prospettiva in cui l’utente è protagonista. Lanciata l’applicazione dal sito della casa automobilistica, appassionati e curiosi del prestigioso marchio rivedono sullo schermo la propria immagine immersa in uno scenario navigabile, caratterizzato dalla presenza di tasti virtuali. Posizionata la mano in loro corrispondenza, si attivano una serie di contenuti multimediali e interattivi, che introducono in modo originale le qualità dell’auto.
Per vivere l’esperienza in Realtà Aumentata basta collegarsi alla pagina dedicata e scaricare l’applicazione. Mostrata alla webcam l’inserzione pubblicitaria inserita su testate specializzate o stampata attraverso il sito, l’utente visualizza lo spot per poi trovarsi al centro di un contesto abitato dalla vettura. Le scene successive portano l’utente all’interno dell’auto e delle sue tecnologie.
Per la realizzazione del progetto, a fianco di Mercedes-Benz, c'è dunque OnScreen Communication, in collaborazione con The Unknown Creation.
Ecco il link per entrare nell’affascinante mondo della Nuova Gamma Classe E:
Al nostro concittadino Saverio Ceravolo e alla OnScreen Communication, di cui ci eravamo già occupati in precedenza per la collaborazione col cantante Luciano Ligabue, vanno dunque le nostre migliori congratulazioni per gli eccellenti risultati in campo tecnologico che tengono alto il vessillo di Galatro.
Ecco il video che mostra il funzionamento dell'applicazione:
La Grande Cagata è ciò che hai scritto.
Aggiungendo la citazione "...bisogna avere in sé ancora il caos per partorire una stella danzante" - Nietzsche/Zarathustra.
Io ho risposto:
Tu hai per caso trovato il libro interessante, pedagogico, istruttivo, o anche avvincente, emozionante o non so cosa?
Potresti illuminarci con un tuo commento, tuo, non ripreso dai soliti intellettuali che si citano a vicenda? Il caos che si ha dentro di se' ti fa partorire mille stelle meravigliose, ma se il caos è fuori non è altro che disordine e spazzatura.
Lui ha replicato: Io non ci ho trovato le cose che citi! Pedagogico? Istruttivo? Emozionte? Ma di che stiamo parlando? Del libro Cuore? o stiamo parlando di un libro di Susanna Tamaro? Tu credi che Joyce abbia bisogno di un mio "commentino" per difendere la sua Grandezza? In ogni caso se dovessi scrivere un commento non avrei certo bisogno di rifarmi a qualche critico (le opere le so leggere per conto mio); e nemmeno, come fai tu, di riprendere alcuni giudizi di una "lettrice" (sia pure una grande lettrice quale la Woolf) per inzozzare provocatoriamente una delle più grandi opere della letteratura mondiale; che lo faccia un comico come Villaggio passi pure...
Con ciò detto, non vorrei dare l'impressione che uno non possa dire questa opera non m'è piaciuta, non è nelle mie corde, non mi dice nulla; ok, non c'è nulla di male: i gusti sono gusti... ma definire un'opera, che ha segnato il punto più alto della parabola narrativa occidentale, una "cagata" a me fa fremere di rabbia. E' una questione di rispetto: non che non si possa dire (ci mancherebbe!), ma poi non bisogna lamentarsi se qualcuno commenta ciò che hai scritto come una vera "cagata"! Come dire? Una stronzata tira l'altra. Quanto al caos, dentro o fuori che sia (chi stabilisce i confini? il Padreterno?), è certo lontano, molto lontano dall'odor di sacrestia che i tuoi post emanano.
Io ho concluso:
Come volevasi dimostrare, non hai fatto un commento, ne' dato un giudizio al quale ti avevo invitato con il mio "o non so cosa": ma quel che mi dispiace è che non hai colto nell'urlo liberatorio di Fantozzi (e Villaggio è una persona molto colta!) e nel successivo scatenarsi della ribellione da parte degli altri spettatori, un rifiuto della succube ed oppressiva atmosfera pseudo intellettualistica quasi imposta dall'intellighentia dominante. Forse le mie idee emanano odor di sacrestia, ma sono mie e sono libere da condizionamenti: per quanto riguarda i confini del caos, la tua stessa citazione li colloca "in se".
Un altro lettore ha scritto: Ebbene sì lo confesso...non sono mai riuscito a leggerlo! Nutrivo un pò di rimorso... come il senso di perdere qualcosa, ma, finalmente, questo commento mi tranquillizza e mi conforta: grazie!
Un terzo lettore ha commentato: Per un buon lettore leggere un libro significa fare la conoscenza del carattere e del modo di pensare di uno "straniero", cercare di comprenderlo e se possibile farselo amico. Ecco tu ti sei fermato alla prima lettura e come fanno molti in Italia, hai affibbiato uno stereotipo allo "straniero", ovviamente è una metafora e tu non hai niente a che vedere con certi modi di fare leghisti, ad esempio. Nietzsche, che è stato a mio avviso il più grande lettore della storia dell'uomo, diceva che leggere non serve a niente, bisogna imparare a digerire. Leggere due, tre volte e meditare camminando, scriveva. Separando i veleni della digestione dal nutrimento delle sostanze energetiche. Per apprezzare il capolavoro di Joyce io ho dovuto fare prima tre letture di noti critici (se vuoi ti dò qualche riferimento), e poi allenato, ho fatto la mia corsa. Inoltre bisogna conoscere a menadito l'Odissea di Omero. Spero che almeno quella ti sia piaciuta, altrimenti, dammi retta, passa a leggere Faletti e la Tamaro e Moccia, vedrai, ti rilasserai di più.
Ma non puoi non aver notato , anche alla prima lettura, il continuo e geniale cambio di stile ad ogni capitolo.
Ogni sito di litweb come Neteditor è un insieme di stili e tecniche espressive proprio come l'Ulisse di Joyce.
Siamo tutti suoi figli, non te ne rendi conto?
Io ho risposto:
Condivido quanto hai scritto sul senso più profondo che ha per ognuno di noi la lettura di un libro, ma la tua affermazione che hai dovuto ricorrere alla lettura di tre critici prima di capire Ulisse, conferma che questo non è stato scritto "per la gente", come lo stesso Joyce afferma deve essere scritto un libro: lui l'ha scritto per i critici, ai quali ha fatto dire quello che ha voluto lui, lasciando i famosi schemi. Il continuo e da te ritenuto geniale cambio di stile ad ogni capitolo rientra poi nei trucchetti e nelle acrobazie fatte per stupire, culminanti nel finale senza punteggiatura e poco apprezzati anche dalla Wolf. Sono d’accordo con lei: questa è mancanza di rispetto per la letteratura.
Un lettore mi ha accusato di pubblicizzare il mio libro a scopo di lucro, al che ho risposto:
Scopo di lucro?! Credo che nessun lettore che scrive su questo sito abbia mai lucrato ne' lucrerà mai. Purtroppo pubblicano e vendono sempre i soliti noti: a noi resta il piacere di aver scritto e di essere letti!
Replica: Ué, Pasqual, ma che ci farai con tutti stì commenti? un altro post? Nel caso fammelo sapere che te ne scrivo uno lungo lungo, magari ti scrivo pure 'na recensione alla presentazione del tuo ebook. Lo sai che l'ho letta? è nu poca ingarbugliata, però qualcosa si capisce.
Chiusura mia:
E se invece di una recensione alla presentazione del mio libro tu facessi una recensione al contenuto dello stesso?
Vorrebbe dire che l'avresti comprato e magari anche letto: meglio evitare, mi faresti lucrare ben 80 centesimi! Con affetto, ciao.
Se si va su un sito di vendita di libri, il mio non compare automaticamente, ma solo digitando il mio nome o il titolo. Quindi potrebbe comprarlo solo chi mi conosce.
Se il 10% della popolazione di Galatro si collega al nostro sito, potremmo valutare in circa 180 i lettori delle news: aggiungendo il gran numero di galatresi che vivono all’estero e che ci seguono e sommandoli a chi mi legge su facebook (praticamente gli stessi di cui sopra) e su neteditor, potrei contare al massimo su un migliaio di lettori!
Forse il 10% di questi è abituato a comprare eBook, e la metà di essi potrebbe essere interessata al mio libro: in questo caso avrei la possibilità di venderne 50 copie da qui a Natale, che con un guadagno di 80 cent. a copia farebbe la favolosa cifra di 40 € in 8 mesi.
Escluso quindi lo scopo di lucro ipotizzato dall’ultimo commentatore che ho citato, e la possibilità di diventare ricco con la vendita del libro, non mi sento in colpa se approfitto di questa occasione per informare i nostri lettori che al salone del libro di Torino 2012 si è parlato del mio eBook "conquistadores del nulla" allo stand della casa editrice ePubblica. Se ne può vedere uno stralcio su google plus all'indirizzo: www.youtube.com/watch?v=g1NKCJHxxR4&feature=g-upl
Il libro si trova sul sito della casa editrice e sui maggiori store (amazon, feltrinelli, ecc.) digitando il mio nome o il titolo.
E' stato inserito anche nel Mercatino di Galatro Terme News.
(15.6.12) SUCCESSO DI ROBERTO RASCHELLA' ALLA CASA DEL DISCO DI COMO - In occasione della Parada par tucc che ha travolto le vie di Como con i suoi vivaci colori e i vibranti suoni lo scorso Sabato 9 Giugno, il fotografo galatrese Roberto Raschellà, ha presentato presso la Casa del Disco una serie di fotografie scattate in un bella giornata soleggiata di maggio che ritraevano l'artista di strada in fase di allenamento, dove "concentrazione" è la parola d'ordine. Per dare allo spettatore il massimo durante lo spettacolo ci sono molte ore di preparazione e allenamento. L'improvvisazione non e' creata, ma voluta. Giocolando è stato il titolo della mostra che ha catturato l'interesse del pubblico.
Chi è stato in giro per Como durante quella giornata ha anche avuto modo di osservare Roberto che faceva qualche scatto durante la parata.
L'altra mostra di Raschellà, Celebrity 2.0, invece, viene estesa per tutto il mese di giugno, presso "L'ultimo caffe'" in via Giulini a Como. Un'altra possibilità dunque per ammirare gli scatti dell'impareggiabile Roberto!
(22.6.12) IL RESOCONTO DEL CONGRESSO DI LUCERNA SULLE PROFEZIE MAYA - Lo scorso 29 Aprile a Lucerna, in Svizzera, si è svolto un interessante congresso internazionale organizzato dalla Federazione UNITRE Svizzera, l'università popolare diretta dall'astronomo galatrese Michelangelo Penticorbo.
I sei relatori, provenienti da diverse città svizzere e italiane, hanno esposto il loro punto di vista sul tanto discusso calendario Maya, che il 21 Dicembre di quest'anno termina il suo lungo ciclo di un'era durata 5.156 anni. Motivo per cui diversi movimenti catastrofisti hanno approfittato per diffondere il panico, la confusione e la disinformazione.
L'obiettivo del congresso era mirato a differenziare le profezie nella loro visione mitica e nel loro significato più profondo, e distinguerle dalle teorie catastrofiste che persistentemente vengono proposte dai mezzi di comunicazione. Un'interessante occasione dunque per fare chiarezza su un tema balzato agli onori delle cronache negli ultimi tempi e su cui c'è stata molta speculazione.
Tutti i relatori sono stati concordi sul fatto che l’antico popolo Maya non ha fatto mai alcun riferimento alla fine del mondo, ma solo alla fine di un’epoca e all’inizio di una nuova, ovvero ad un passaggio sacro del calendario Maya in cui si celebrava l’ingresso in una nuova epoca possibilmente prosperosa. Esattamente come auspichiamo anche noi, ogni anno, al termine del nostro calendario.
Nessuna catastrofe e nessuna apocalisse quindi spazzeranno via la Terra. Non vi saranno cataclismi di proporzioni planetarie capaci di distruggere il mondo in cui viviamo. Le teorie, di cui spesso sentiamo parlare, sono senza fondamento scientifico e sono state tutte smentite dalla comunità geofisica e astronomica, come ha illustrato dettagliatamente Michelangelo Penticorbo.
Il congresso è stato seguito con molto interesse dagli oltre 300 partecipanti provenienti da undici città della Svizzera in cui opera con successo l'UNITRE, l'Università delle Tre Età. All'evento hanno presenziato il Console Generale d'Italia in Zurigo, Min. Plen. Mario Fridegotto, e i rappresentanti dell'UNITRE Italia.
Un congresso riuscito e curato nei minimi dettagli da un efficiente staff, che ha lavorato senza sosta con grande entusiasmo e che si è concluso con un ricco ed apprezzatto bouffet di aperitivi messo a disposizione dai generosissimi volontari.
Si è trattato di un evento culturale senza precedenti nella storia della migrazione italiana in Svizzera, voluto e diretto dalla Federazione UNITRE Svizzera, che anche quest'anno é riuscita nell'intento di promuovere le proprie attività a livello nazionale. E' stato un importante momento di coesione, di interscambi culturali e sociali ricchi di emozioni che hanno coinvolto tutti i partecipanti della grande famiglia UNITRE.
Nelle foto, dall'alto in basso: un momento dell'intervento al congresso di Michelangelo Penticorbo; una panoramica della sala; il tavolo dei relatori; foto di gruppo dei relatori con tutto lo staff del congresso.