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6.9.15 - Dietro gli slogan: l'ideologia del pensiero unico
Domenico Distilo

23.9.15 - Prof. Cannatà, non sarà lei coi suoi articoli a decretare la fine della Chiesa
Don Gildo Albanese

27.9.15 - Risposta a Don Gildo: se un giorno d'autunno i ricordi...
Angelo Cannatà

4.10.15 - Carissimo Angelo, la tua risposta mi ha commosso enormemente...
Don Gildo Albanese

30.10.15 - Licio Gelli: Renzi e Boschi meritano il mio plauso
Angelo Cannatà

28.11.15 - Scenario preelettorale

11.12.15 - Eugenio Scalfari e la fatica della mediazione
Angelo Cannatà

26.12.15 - I saluti del Direttore uscente e del nuovo Direttore di testata
Marialetizia Bonanno / Rosaria Marrella





(6.9.15) DIETRO GLI SLOGAN: L'IDEOLOGIA DEL PENSIERO UNICO (Domenico Distilo) - L’ideologia del pensiero unico (che come ogni ideologia è, secondo la definizione di Marx, “falsa coscienza”, cioè mistificazione della realtà) non chiama le cose con il loro nome, ma ricorre a frasi edulcorate per rendercele presentabili, anzi addirittura accattivanti ed attraenti. Coglierne il nocciolo brutale dietro il travestimento ad usum delphini non è poi così difficile. Ecco una prima lista di contrasti tra rappresentazione e realtà:

Ognuno diventi imprenditore di se stesso (Ci si rassegni al precariato a vita);

Alternanza scuola-lavoro (Sfruttamento legalizzato del lavoro minorile);

Autonomia scolastica 1 ( La scuola al servizio del mercato);

Autonomia scolastica 2 (La scuola al servizio del capitale);

Sostenibilità del sistema pensionistico (Futuro senza pensioni);

Flessibilità del lavoro 1 (Licenziamenti a gatto selvaggio);

Flessibilità del lavoro 2 (Orari e turni massacranti);

Globalizzazione 1 (Il mercato è tutto. Tutto è il mercato);

Globalizzazione 2 (La politica non conta più nulla);

Globalizzazione 3 ( Dumping sociale);

Globalizzazione 4 (Delocalizzazione delle aziende);

Globalizzazione 5 (Dominio mondiale della finanza);

Globalizzazione 6 (Bolle finanziarie in sequenza);

Globalizzazione 7 (Debiti “sovrani” come arma di ricatto sui debitori);

Globalizzazione 8 (Concentrazione della ricchezza);

Riforma del Welfare (Abolizione del Welfare);

Democrazia del pubblico (Manipolazione mediatica);

Riforme nel segno del mercato (Riduzione dei diritti di lavoratori e cittadini);

Sinistra socialdemocratica e /o riformista (C’era una volta la sinistra);

Riforma elettorale nel segno della “stabilità” (Una minoranza si trasforma ope legis in maggioranza);

Premio alla lista vincente (Perpetuazione del Parlamento dei nominati);

Elezione indiretta del Senato 1 (Sottrazione di un diritto ai cittadini -elettori);

Elezione indiretta del Senato 2 (Abolizione del suffragio universale diretto);

Riforma del Parlamento (De profundis per la democrazia parlamentare);

L’Europa Unita (Deutschland Uber Alles);

La moneta unica (Drastica riduzione del potere d’acquisto);

La riforma renziana della scuola 1 (Tutto il potere ai presidi);

La riforma renziana della scuola 2 (Fine della libertà d’insegnamento);

La riforma renziana della scuola 3 (Dov’è più la scuola?);

Jobs Act (Abolizione dello Statuto dei lavoratori);

Puntare sull’inglese come prima lingua (L’italiano sarà solo un dialetto: l’inglese, del resto, è la lingua del pensiero unico).


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(23.9.15) PROF. CANNATA', NON SARA' LEI COI SUOI ARTICOLI A DECRETARE LA FINE DELLA CHIESA (Don Gildo Albanese) - In merito all’articolo del Prof. Angelo Cannatà: “I Casamonica e le colpe della Chiesa”, mi permetto di fare rispettosamente qualche osservazione.
Rispetto l’opinione del Prof. Angelo Cannatà ma non la condivido assolutamente perché è l’opinione di chi vede la realtà ecclesiale dall’esterno, vista con l’ottica massonica-anticlericale, di chi non conosce la realtà ecclesiale perché non la vive e la giudica con parametri mondani.
Si può dire di tutto della Chiesa, la si può giudicare come la si vuole, la si può combattere con tutte le armi, quelle del pensiero e quelle politiche e militari, ma la Chiesa “è”. Essa è mistero che sfugge ad ogni logica umana. “Distruggete l’infame” diceva quel famoso filosofo illuminista che il prof. Cannatà ben conosce, l’infame (la Chiesa secondo lui) c’è, lui dov’è?
L’altro filosofo che il Prof. Cannatà conosce ha decretato la "morte di Dio", quel Dio annunziato, celebrato e lodato dalla Chiesa, e che essa ancora oggi loda, celebra, adora, annunzia, lui purtroppo non ha saputo fare altro che suicidarsi! La lista di questi esempi è lunga.
Caro Prof. Cannatà una lettura dei fatti obiettiva ha bisogno di onestà intellettuale che dobbiamo tutti quanti possedere, credenti e non credenti, altrimenti nonostante la nostra filosofia rischiamo di cadere troppo in basso e imbrattarci nella melma. C’è una frase del suo articolo che mi sembra dia il senso a tutto il suo scritto: “La fredda ragione non si nutre di speranza”. La fredda ragione celebrata ed innalzata a divinità dall'Illuminismo non sa cosa sia la speranza perché è un valore spirituale che lo si può cogliere e vivere solamente col “cuore”. Di un uomo o di una filosofica solo razionale e senza “cuore" la società non sa che farsene.
Penso sarebbe stato, a proposito del fatto da lei commentato, più onesto e corretto ripensare alle bassezze umane con spirito formativo ed educativo senza acredine. La Chiesa è formata non da angeli ma da uomini peccatori che vivono al di dentro ma, per chi crede, è animata dallo Spirito santo e questo è lo stupore, bello per alcuni, rabbioso per altri, che non la scalfisce da 2000 anni e certo non sarà lei con i suoi articoli a decretarne la fine.

Nella foto: François-Marie Arouet (1694-1778), detto Voltaire.

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(27.9.15) RISPOSTA A DON GILDO: SE UN GIORNO D'AUTUNNO I RICORDI... (Angelo Cannatà) - L’anno scorso nel mio Liceo è arrivato il nuovo prof di religione. Assomiglia in modo impressionante al prete della mia adolescenza. Cerco la vecchia foto, dove l’avrò messa. Prima o poi devo decidermi a sistemare i cassetti. Sono convinto che il mio sia un disordine molto ordinato. Non è vero. Non trovo mai niente. Eccola. La foto è ingiallita, la guardo, la giro tra le mani: è bella. E’ incredibile la somiglianza col collega di religione. E’ passato un numero infinito di stagioni, ero giovanissimo e arrivò a Galatro Don Gildo.

Facevo parte del gruppo parrocchiale, naturalmente - Maria, Stella, Franca, Montagna, Rina, Maria Carmela, Iole, Michele, Marianna… - aspettavo anch’io “il nuovo prete”. Fu una rivoluzione nel mio piccolo, chiuso, mondo d’adolescente. Non capivo niente di religione, di teologia, di metafisica e di mille altre cose. Ma amavo il calcio; e Gildo giocava, correva, con noi ragazzi nel campetto “dietro la Chiesa”.

E’ un ricordo nitido: emerge dalla memoria e si ferma, qui, adesso, davanti ai miei occhi mentre osservo la foto: tirava di sinistro come Dio comanda, Gildo. E voleva vincere tutte le partite soprattutto quelle delle idee.

Suonavano le campane e arrivavano le pie donne, la sera, all’imbrunire. Mancavano cinque minuti alla fine della partita e all’inizio della messa. Scatto veloce sulla sinistra, fuori un avversario, tiro in porta, rete. Ma bisognava interrompere: “Riprenderemo domani, devo prepararmi…”. Si asciugava in fretta ed entrava in Chiesa, sudato, Gildo.

Lo guardavo dalla sagrestia. Antonio serviva messa. “In nome del Padre, del Figlio…”. Ha vinto per un rigore che non c’era - pensavo - conclusa la funzione glielo dico. Ma non aprivo bocca. Silenzio. Come facevo? Ero innamorato pazzo di quel prete che rompeva gli schemi: “Basta rivalità tra parrocchie - disse - siamo una Comunità…”. “Abbiamo le nostre consuetudini…”, rispondevamo. Aveva ragione lui, ovviamente. Eravamo chiusi in un guscio. In quel microcosmo angusto e desolato – a guardarlo oggi – riuscivamo a dividerci (e nasconderci) in nicchie sempre più piccole. Assurdo. Gildo ci sprovincializzò.

"In nome del Padre, del Figlio…”. Durante una messa parlò di Dio con accenti mistici che mi piacquero: aveva passione e sapeva con-vincere: oggi glielo dico, pensai. Ma non pronunciai parola. Qualcosa intuì, forse. Qualcosa percepì. Così mi parve l’ultima volta che frequentai la Chiesa, prima che la filosofia mi rapisse.

Aveva un sinistro potente, Gildo, e giocava a calcio come Dio comanda. Penso che molti lo ricordino ancora. Fu una rivoluzione. Stilistica. Religiosa. Culturale. Capii col tempo – quando mi accorsi che i libri sono fatti (anche) per essere letti – che aveva portato a Galatro lo spirito del Concilio Vaticano II.

Una foto. La giro tra le mani e scattano i ricordi: le gite parrocchiali, la Comunità, la via crucis nella dura salita del Calvario, gli insegnamenti di un parroco che - dopo il calcio - parlava con estrema competenza (e dolcezza) di Cristo. E non dribblava più. Andava dritto al cuore del cristianesimo.

Il dribbling inatteso - imperdonabile? - forse glielo feci io “perdendo” la fede.

Eugenio Scalfari mi dice - da posizioni atee - che dialogando col Papa sente un fascino incontenibile per l’uomo Francesco. Ecco, credo di poter dire che qualcosa, davvero, m’attraeva, qualcosa d’indefinito e tuttavia reale, in quel giovane prete di Cittanova: parlava di un suo coetaneo - spirito sublime - morto secoli prima, a 33 anni. Era figlio di Dio. Diceva. E noi credevamo. Poi arrivarono i dubbi, le domande, nuove letture, la Camera del Lavoro, e due Signore: la Politica e la Filosofia. La vita è fatta così, si prendono strade diverse. Cosa resta di quel mondo? Di quelle parole antiche, di quelle partite perse con l’aldilà? Resta il fascino per l’uomo Gesù: predicava giustizia, eguaglianza, solidarietà. E’ morto crocifisso. Dicono sia anche risorto. Non lo so. Ma, messa tra parentesi la trascendenza, è una guida morale, ancora oggi, per tutti, laici compresi. Questo mi parve di capire nelle parole - anni Settanta - di quel giovane prete. Un grande insegnamento. Tirava di sinistro come Dio comanda. Andava a segno. Anche con le anime.

Post scriptum

Del tuo articolo, caro Gildo, non dico nulla. Si tratta di un radicale fraintendimento del mio testo. “Lei è ateo signor Ernest Bloch?” Risposta: “Sono ateo per amor di Dio.” La mia è una posizione filosofica, e non odio la Chiesa. Sono preoccupato per Francesco (come Gratteri), è un Papa meraviglioso: sta lottando contro gli “apparati torbidi” interni al Vaticano. Gli stessi che ho contestato io nel mio articolo. Sono caduto in basso? Nella melma? Sono senza cuore? Con i miei testi voglio decretare la fine della Chiesa? Su, via, Gildo, queste frasi te le potevi risparmiare. Uso il “tu” perché è meno freddo: un omaggio alla mia adolescenza, alla tua giovinezza, alla nostra amicizia. Ciao, Buon Pastore.

Nella foto: Don Gildo Albanese negli anni '70 coi ragazzi della parrocchia della Montagna di Galatro

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(4.10.15) CARISSIMO ANGELO, LA TUA RISPOSTA MI HA COMMOSSO ENORMEMENTE... (Don Gildo Albanese) - «Il dribbling inatteso - imperdonabile? - forse glielo feci io “perdendo” la fede.»

Carissimo Angelo,
ho fatto passare qualche giorno per risponderti perché ho voluto interiorizzare
quanto da te scrittomi. La tua risposta mi ha commosso enormemente e te ne ringrazio perché in certi momenti c’è bisogno di questi stimoli per scendere… dalla cattedra e farci ricuperare la nostra vera e genuina umanità fatta di rapporti fraterni e amichevoli.
La nostra è una storia, che tu hai voluto ricordare sapientemente, fatta di eventi che toccano il cuore e che, nonostante siano passati tanti anni, non si cancella mai. È quanto mi hai voluto comunicare narrando piccoli fatti appartenenti alla tua adolescenza e alla mia giovinezza sacerdotale; piccoli fatti che ci appartengono e con i quali le nostre due persone, anche se da anni non erano in comunicazione, sono state sempre in comunione; piccoli fatti che ci hanno segnato (per questo li ricordi molto bene anche nei particolari) e che manifestano un mistero di vita non facilmente decifrabile umanamente, che non si possono spiegare casualmente o facendo riferimento al destino. In questo nostro incontro di 40 anni fa, io, da credente, leggo e capisco oggi che c’era una forte Presenza e che stavamo costruendo una storia nella quale Lui era il protagonista principale.
Nella tua meravigliosa comunicazione parli di fatti come se fossero successi di recente, fatti con dei particolari apparentemente insignificanti ma che tu ricordi lucidamente, perché? forse perché sono talmente impressi dentro di te che per tanto tempo hai tenuto dentro e che ora manifesti forse con una certa nostalgia per il tuo… dribbling col quale... non hai chiuso la porta alla fede, ma l’hai socchiusa. È possibile aprirla, anzi spalancarla? La mia lunga esperienza sacerdotale non mi fa meravigliare di niente perché Dio è strano! Costruisce con degli schemi che rompono la monotonia umana e la sua logicità. Dio scrive dritto su linee storte.
Ricordando questi piccoli fatti mi sembra di leggere qualcosa di grande dentro il tuo cuore. Ti ricordi di quel meraviglioso incontro che il Manzoni descrive nel cap. XXIII dei Promessi Sposi? Te lo accenno, poi se hai voglia lo leggerai tu con serenità: ”Dio! Dio! Dio! Se lo vedessi! Se lo sentissi! Dov’è questo Dio?”.
Forse mi sbaglio ma penso che parodiando Enzo Tortora che riprende la famosa trasmissione televisiva “Portobello" dopo le tristi vicende giudiziarie con le parole: “Dov’eravamo arrivati?” tu possa dire: “Dov’ero arrivato nel mio rapporto con Dio?” e riprenderlo.
Ti abbraccio di vero cuore, Gildo, come simpaticamentre mi hai chiamato.

Gli articoli precedenti sull'argomento:
Angelo Cannatà Risposta a Don Gildo: se un giorno d'autunno i ricordi... (27.9.15)
Don Gildo Albanese Prof. Cannatà, non sarà lei coi suoi articoli a decretare la fine della Chiesa (23.9.15)
Angelo Cannatà I casamonica e le colpe della Chiesa (25.8.15)


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(30.10.15) LICIO GELLI: RENZI E BOSCHI MERITANO IL MIO PLAUSO (Angelo Cannatà) - C’è voluto tempo, lo ammetto, ma il Piano di rinascita democratica, con l’accelerazione degli ultimi anni, è quasi realizzato. Forse i lettori non ricordano, è un progetto eversivo che di democratico, ovviamente, non ha nulla. Avevo le idee chiare quando lo stilai e – a onor del vero – dimostrano lucidità quanti, oggi, lo stanno realizzando. Altro che giovani inesperti! Sanno quel che vogliono (e coincide, alla perfezione, con ciò che volevo io), una svolta autoritaria, l’indebolimento dei sindacati, posizioni chiave nei partiti e nella stampa, uno stravolgimento della Costituzione.
Ero capo di una Loggia segreta, detta P2 – qualcuno forse ricorda – e mi muovevo nell’ombra; di certi progetti, all’epoca, non si poteva parlare apertamente (la sinistra, il Movimento, gli intellettuali, il clima di quegli anni non lo consentivano). Adesso è cambiato tutto: le mie tesi sono all’ordine del giorno e vengono tradotte in legge.
Questi giovani al governo meritano il mio plauso.
Stravolgono la Costituzione, come da indicazioni dettagliate: per ridurre il dibattito, mortificare il Parlamento, rafforzare l’esecutivo. È di questi giorni la completa attuazione del “Piano democratico”. Il Senato decide: da Napolitano a Verdini, i nuovi padri costituenti approvano. D’altronde, l’avevo previsto: se arriva al Governo l’uomo giusto, si velocizza tutto: “Qualora le circostanze permettessero di contare sull’ascesa al Governo di un uomo politico (o di un’equipe) già in sintonia con la ‘ripresa democratica’, è chiaro che i tempi dei procedimenti riceverebbero una forte accelerazione anche per la possibilità di attuare subito il programma di emergenza e quello a breve termine…”.
Nel programma c’è, naturalmente, la questione sindacale. Nel mio Piano agito “la bandiera della tutela del lavoro”, ma di fatto – basta leggere! – “sollecito la rottura, seguendo le linee già esistenti dei gruppi minoritari”. Vedo che lo scontro in atto va nella direzione giusta: Squinzi m’interpreta bene, Renzi appoggia, la Camusso protesta ma non incide. Va bene così. Il vero ruolo del sindacato? “Collaboratore del fenomeno produttivo”. Nient’altro. Solo la produzione conta. La vita dei lavoratori interessava a Marx. Tema obsoleto. Merce, produzione, profitto. Il resto vale zero: l’ipermoderno Renzi apprezza il mio “Piano” come nessun altro. E lo realizza: l’accanimento contro l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (ovvero: contro il reintegro giudiziario dei lavoratori licenziati senza giusta causa) è la dimostrazione della fedeltà assoluta alla causa; difesa, per giunta, dalla postazione di segretario del Pd. Un capolavoro.
In verità, il Premier merita l’approvazione anche su altri temi. La stampa e la TV, per esempio. C’è bisogno che spieghi cosa significhi “Dissolvere la RAI TV”? (rileggete il “Piano”, prego). Dalla cacciata di Biagi, Santoro e Luttazzi, ad opera dell’iscritto alla mia Loggia, alle recenti bordate di Renzi contro Ballarò eccetera, si procede con inesorabile determinazione. Inoltre: occorre che spieghi come il controllo della stampa, oggi, passi attraverso la legge bavaglio? Il mio grazie a Renzi, su questi punti, è davvero sincero; lo estendo ai giornalisti al seguito. Scrivevo: “Ai giornalisti acquisiti dovrà essere affidato il compito di ‘simpatizzare’ per gli esponenti politici funzionali al ‘Piano’”. Sento già l’obiezione: non tutti gli estimatori di Renzi sono piduisti. Vero. Si può essere utili anche ignorando la direzione verso cui si sta andando, talvolta viene meglio.
Infine. La magistratura. Ho inserito nel “Piano”, come punto qualificante, “La responsabilità civile dei magistrati”. Devo ammettere che non ci speravo molto, mi sembrava troppo bello condizionare – non solo psicologicamente – i giudici. Il Premier ha trasformato il mio desiderio in legge (e il suo governo pensa più alle intercettazioni che alla mafia): gli sono infinitamente grato. Un uomo di destra alla guida della sinistra. Poteva esserci soluzione migliore? Cosa aggiungere? Vedo che digiunava per la pace e oggi è pronto alla guerra. Un grande. Grazie di vero cuore, Matteo Renzi, e grazie Maria Elena Boschi, state realizzando il mio Piano di rinascita democratica alla perfezione. Sono orgoglioso del lavoro: dei contenuti, dei modi, della tempistica. Grazie. Il vostro Licio Gelli.

Articolo apparso sul "Quotidiano della Calabria" il 15 ottobre 2015 e su "
Micromega on line" il 16 ottobre 2015

Nella foto: Angelo Cannatà, autore dell'articolo.

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(28.11.15) SCENARIO PREELETTORALE - Le elezioni amministrative comunali sono ancora lontane. Ci si attende, infatti, che vengano fissate per il 12 giugno 2016. La novità è che, contrariamente a quanto successo nelle due ultime edizioni del 2006 e del 2011, il quadro delle forze in campo appare già da ora sufficientemente delineato. A meno di sempre possibili –ancorché, allo stato degli atti, poco probabili - sorprese, a contendersi Palazzo San Nicola saranno due schieramenti che, per la prima volta, non saranno definibili come di centrodestra e di centrosinistra.
A rimescolare le carte – per sé e, pour cause, per i potenziali avversari - è l’associazione civico-politica "Galatro viva", che nasce senza radici e senza affinità con le tradizioni politico-ideologiche della storia locale. Non a caso si è presentata con dei convegni programmatici, per mettere in chiaro che sta tentando di dar corpo ad un’identità che si vuole declinare soltanto al futuro. Se terrà la barra dritta e non si perderà per strada, cedendo alle forze inerziali della conservazione e dell’antipolitica, l’esperimento potrebbe rivelarsi interessante.
Sul fronte opposto calma piatta. L’unico partito organizzato a Galatro, il PD, è ben lungi dall’assumere una qualsiasi iniziativa, tantomeno un’iniziativa dirompente. Tra qualche mese si ricostituirà, come è sempre accaduto a pochi mesi dalle elezioni, il "Coordinamento Tromba", non per parlare di politica ma per dare l’ultimo ritocco alla lista e organizzare la campagna elettorale. All’insegna della tradizione e della consuetudine. E, per quanti rimpiangono il tempo andato della politica, della nostalgia.

Nelle foto: i probabili simboli delle due liste.


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(11.12.15) EUGENIO SCALFARI E LA FATICA DELLA MEDIAZIONE (Angelo Cannatà) - “Quello che scrivi serve anche a me per entrare definitivamente dentro l’atmosfera di Repubblica.” Sono le parole dette da Calabresi a Scalfari per convincerlo - dopo i giorni dell’ira - a continuare a scrivere, ogni domenica, sul giornale che con Carlo Caracciolo fondò nel 1976. Bene. Eugenio Scalfari lo prenderà alla lettera - ha già cominciato (6-12-2015) - per fargli “sentire” che l’atmosfera/l’anima di Repubblica è impregnata di queste idee: libertà, eguaglianza, giustizia, democrazia, divisione dei poteri... ovvero: a) lotta al malaffare e alla corruzione; b) denuncia della partitocrazia e dei patti occulti col Caimano; c) difesa della magistratura; d) sacro rispetto della Costituzione; e) giustizia sociale: attenzione ai giovani; al lavoro; alla salute; ai diritti sindacali; ai problemi degli ultimi.
Repubblica non ha interessi da tutelare, tranne un’idea di Paese in cui vengano garantiti i diritti conquistati. Questo s’attendono i lettori aprendo le sue pagine; se trovano altro e gli articoli trasudano melassa filogovernativa, se il giornale non morde, perché comprarlo? Un giornale conservatore, espressione della borghesia lombarda, moderatamente critico e sostanzialmente allineato al potere, c’è già: il Corriere della Sera è inarrivabile in questo ruolo che implica - tra l’altro - una forte dose di cerchiobottismo.
Repubblica è un’altra cosa. Nasce con un imprinting diverso. Scalfari ha ricordato la linea del giornale “che ebbe fin dall’inizio una sorta di Dna”: i nomi vanno da Gobetti a Bobbio, da “Giustizia e Libertà” e il Partito d’Azione a Berlinguer. Per intenderci: è impensabile vederla schierata, oggi, al servizio di Renzi, nel referendum sulla “riforma-rottamazione” della Costituzione. A meno che non la si voglia trasformare in qualcosa di diverso da ciò che è stata. Tradimento delle origini. Non sarebbe la prima volta nella storia del giornalismo italiano: qualcuno può smentire che il Giornale di Montanelli trova la piena negazione nel Giornale di Sallusti? Antonio Padellaro ha indicato il pericolo: “la Repubblica del Corriere”: è quel che rischia di diventare il quotidiano di Largo Fochetti se Scalfari non lo riporta ai principi fondanti mostrandone - domenica dopo domenica (ha già cominciato) - l’anima al neo direttore. Non si tratta di dettare la linea, ma di tenere bene in vista un’idea di giornalismo, non prono al potere, e una certa idea di Paese.
Ci attendono grandi battaglie civili nei mesi a venire: i giornali liberi devono organizzare - è il loro compito - campagne d’informazione (e denuncia) su temi decisivi. Il Fatto Quotidiano ha posizioni chiare, da tempo; se Repubblica non ha, su tutto, le idee di Renzi (se non diverrà megafono del premier) l’incontro tra i due giornali sarà inevitabile. Sui fatti. E i principi.
Insomma: il rispetto per le procedure e le regole della democrazia; l’opposizione all’uomo solo al comando che vuole (anche) la Consulta a sua immagine e somiglianza; la difesa della Carta e della divisione dei poteri; la battaglia per la legalità e il diritto al lavoro… sono argomenti su cui è possibile condurre campagne giornalistiche comuni.
Un appiattimento del Fondatore sul renzismo di Calabresi è impensabile. Se avvenisse sarebbe la fine di Repubblica, come l’abbiamo conosciuta, e il declino malinconico di Scalfari. Sento che non accadrà.
“Continuerò a scrivere ogni domenica” - mi ha detto venerdì (4-12-15) in una conversazione telefonica - “senza rinunciare alle mie idee. Renzi non mi piace, l’ho scritto e continuerò a scriverlo.”
“Rischi di scontrarti col nuovo direttore, ha idee opposte alle tue.”
“Ha detto che mi leggerà per entrare definitivamente nell’atmosfera di Repubblica.”
“Che significa?”
“Le parole hanno un senso.”
Non ha aggiunto altro il Fondatore e non ho chiesto di più su questo tema. Abbiamo parlato di libri, della traduzione di alcuni suoi testi in Francia, della fortuna editoriale di Umberto Eco. E di altro ancora. Ma è a Calabresi - “deve entrare nell’atmosfera di Repubblica” - che continuo a pensare. Atmosfera è termine particolare: può essere un’idea su cui incontrarsi o un concetto sul quale rompere. Scalfari: ovvero, l’arte della mediazione. Riesce a tenere insieme Gramsci e i Papi. Ma fino a che punto, stavolta - con un direttore “non sgradito” al Caimano - mediare sarà davvero possibile?

Articolo pubblicato il 6 dicembre 2015 su www.ilfattoquotidiano.it
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Nella foto: Eugenio Scalfari, fondatore di "Repubblica".

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(26.12.15) I SALUTI DEL DIRETTORE USCENTE E DEL NUOVO DIRETTORE DI TESTATA (Marialetizia Bonanno / Rosaria Marrella) - Il Direttore uscente, Marialetizia Bonanno, ed il nuovo Direttore della nostra testata giornalistica, Rosaria Marrella, mandano un breve saluto ai lettori in occasione di questa staffetta espletatasi proprio a ridosso della festa di Natale e a pochi giorni dall'inizio del nuovo anno.

* * *

Gli eventi della vita tracciano solchi dentro i quali la nostra esistenza si sviluppa attraverso esperienze inattese eppure straordinarie.
Oggi, che impegni familiari mi invitano a nuove scelte dovendo lasciare la direzione di questa testata, ripenso ai momenti dell’inizio e, con una punta di orgoglio, al lavoro fatto finora grazie a un gruppo fantastico che ha saputo dare un’impronta originale e importante.
Perché la testata che lascio – tra l’altro, in ottime mani! – ha avuto un pregio sorprendente: quando ancora nessuno immaginava che lo sviluppo dell’informazione avrebbe assunto gli scenari attuali, noi abbiamo scommesso sul web; quando ancora nessuno immaginava quanto sviluppo avrebbe assunto la comunicazione attraverso internet, noi lo abbiamo fatto anticipando tempi e modalità di un modo nuovo di fare informazione.
Ed allora, questo saluto va oltre alle formalità di rito, va oltre i soliti passaggi che rappresentano il modo classico del salutarsi. Perché possiamo dirci soddisfatti della visione avuta in questi anni, soddisfatti delle scelte fatte e della strada imboccata.
Grazie! Grazie di cuore a tutti indistintamente - in particolare all'amico fraterno Massimo Distilo - per la fiducia che avete voluto accordarmi.
È stato bello, un’esperienza che, solo grazie a voi, potrò annoverare tra i miei momenti più belli, tra le esperienze professionali più importanti.
Buon lavoro.

Marialetizia Bonanno

* * *

"Proprio nel periodo dell'anno in cui si è chiamati a fare un consuntivo, mi trovo davanti una prospettiva diversa. Una nuova esperienza apre i miei orizzonti e, dirigere una testata giornalistica della portata di "Galatro Terme News", è decisamente un onere ed un onore. Intanto il mio saluto va al direttore uscente, Marialetizia Bonanno, per l'ottimo lavoro svolto.
La nuova "stagione" che si apre sotto la mia direzione vorrei che fosse nell'ottica della continuità ma con l'impegno di introdurre qualche interessante novità, per potenziare il servizio a beneficio della collettività.
Da cronista sono abituata a descrivere vari contesti e diverse situazioni, con la penna pronta a raccogliere testimonianze o racconti di vite che talvolta si consumano dietro reclami o diritti calpestati e che, sovente, si trascinano sotto il peso del disastro. Certamente non mancano momenti di gioia - anche collettiva - ma, soprattutto, quello che solitamente prevale è il senso di responsabilità che anima il cuore dei calabresi; perché dietro ogni diritto calpestato c'è la volontà di non arrendersi. La voglia di rinascita, in Calabria, è determinante, la medesima che alberga negli animi di quanti abbiano voglia di ricominciare perché la speranza che in loro alberga è una fiammella ardua da spegnere.
Tra qualche giorno inizia il nuovo anno, quello fatto di buoni propositi e in cui riporre nuove speranze; una nuova immacolata e candida pagina su cui scrivere. Certamente sta a noi decidere se annotarvi qualcosa di importante o limitarci a semplici scarabocchi perché è sempre più facile poi imputare le colpe al fato quando vengono disattese le aspettative, piuttosto che impegnarsi per ottenere l'agognato risultato. E, spesso, chi non ha la forza di battere i pugni sulle scrivanie, chi é consapevolmente "ostaggio" di qualche burocrate o, semplicemente chi ha bisogno di far sentire la propria voce ma non ce la fa, ha la necessità di fare attivare la "sentinella"; dunque, il giornalista deve essere pronto anche a denunciare eventuali abusi ed a segnalare eventuali disservizi.
In questa ottica è importante il contributo offerto dai media e la necessità di offrire la corretta informazione, strumento necessario per prendere contezza del contesto generale, al fine di imboccare la strada giusta nelle scelte da intraprendere.
Nell'adempiere fedelmente all'impegno deontologico, la mia linea guida sarà improntata, ribadisco, nell'ottica della continuità col precedente direttore e, soprattutto, nel pieno rispetto - che deve necessariamente essere aperto al confronto - dei collaboratori, determinanti nel successo di "Galatro Terme News". A questi ultimi va la mia piena disponibilità, pronta ad accogliere i loro suggerimenti. A loro, all'Editore, ai Redattori, al web master ed alle loro famiglie e, nondimeno ai Lettori, va il mio augurio di Buone feste, per un sereno e prospero 2016!"

Rosaria Marrella


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