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2.1.19 - Le maggiori fake news degli ultimi 50 anni
Domenico Distilo

23.1.19 - Il paese di Andreotti e quello di Gian Carlo Caselli
Angelo Cannatà

25.1.19 - Il vizio del gioco a Galatro
Francesco Orlando Distilo

31.1.19 - L'odio verso gli omosessuali: Feltri dovrebbe chiedere scusa
Angelo Cannatà

3.2.19 - Futuro delle terme avvolto nella nebbia

17.3.19 - Società "in house" per le terme: una presa in giro?
Francesco Orlando Distilo

24.3.19 - Basta fake news sulle terme!
Carmelo Panetta

25.3.19 - Quattro domande al Sindaco
Francesco Orlando Distilo

17.4.19 - «La società creata per gestire le Terme in house è illegale»
Nicola Marazzita

18.4.19 - «Nasce la società Terme di Galatro srl: la minoranza ha fatto solo una sceneggiata»
Carmelo Panetta

23.4.19 - Dubbi sulla società in house "Terme di Galatro srl"
Maria Francesca Cordiani

28.4.19 - Il busillis delle terme
Domenico Distilo

1.5.19 - Le Terme e l'uovo di colibrì giamaicano
Francesco Orlando Distilo

9.5.19 - Salvini straparla e intanto la camorra colpisce
Angelo Cannatà

17.5.19 - La votazione è chiusa! Anzi, no
Domenico Distilo

19.5.19 - Diga sul Metramo: lavori urgenti
Maria Francesca Cordiani

12.6.19 - Su convocazione Consiglio e Società in house
Francesco Orlando Distilo





(2.1.19) LE MAGGIORI FAKE NEWS DEGLI ULTIMI 50 ANNI (Domenico Distilo) -

1) Non è vero che l’uomo è andato sulla luna: l’impresa dell’Apollo 11 è stata una messa in scena degli USA, qualcosa di simile alla radiocronaca dello sbarco sulla terra dei marziani di Orson Welles;

2) John Kennedy non è morto a Dallas ma è sopravvissuto, sia pure con una vita da vegetale, fino al 1990;

3) Una principessa Romanov è sopravvissuta al massacro della famiglia reale ad Ekaterinburg;

4) Giovanni XXIII e Paolo VI, i due papi del Concilio, in realtà agivano per conto della massoneria e di una centrale internazionale ebraica;

5) Giovanni Paolo I è stato avvelenato con la complicità delle suore-cameriere che avevano accesso al suo appartamento in Vaticano;

6) Il cadavere di Hitler è stato ritrovato da soldati sovietici e portato in Russia;

7) Quello di John Lennon è stato un finto omicidio: il cantante dei Beatles è ancora in vita, nascosto non si sa dove;

8) Andreotti è stato per anni il capo di Cosa Nostra;

9) Le camere a gas sono un’invenzione della propaganda giudaica;

10) La Germania ha perso due guerre mondiali perché tradita dal cosiddetto “fronte interno”;

11) Il celebre gol di Turone al Comunale di Torino, nel maggio 1981, era assolutamente regolare;

12) Vincemmo i mondiali dell’82 perché ce li comprammo dal Cancelliere tedesco;

13) L’ebraismo mondiale persegue ancora, con i Protocolli dei savi di Sion debitamente aggiornati, il dominio mondiale;

14) La distruzione delle Torri gemelle non è da imputare ad Alqaeda ma ad un tentativo (sventato) di colpo di Stato negli USA;

15) I vaccini sono la causa dell’autismo;

16) Il rapimento e l’assassinio di Aldo Moro sono imputabili a un complotto perpetrato dagli stessi capi della Democrazia Cristiana;

17) Rubi era effettivamente la "nipote" di Mubarak;

18) Lo scudetto dell’Inter del 2006 non era di cartone;

19) Moratti e Facchetti in tutti quegli anni non telefonarono mai ai designatori degli arbitri;

20) Il tentativo di colpo di Stato di De Lorenzo nel 1964 non fece cadere il primo governo Moro, che inciampò sulla questione dei finanziamenti alla scuola privata;

21) Van Gogh era solo il prestanome di un artista misterioso che non voleva apparire;

22) Le agenzie di rating assieme a tutte le centrali della finanza internazionale complottano contro il governo Lega-5 Stelle;

23) Lo spread è un’invenzione della propaganda antitaliana;

24) Nel 2011 Berlusconi cadde per un complotto internazionale eterodiretto dai suoi nemici italiani, in primis dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano;

25) La Prima repubblica cadde per cause in toto italiane, indipendenti dal riassetto dei poteri internazionali che seguì alla fine della Guerra fredda;

26) Il fallo di Ronaldo su Iuliano nel match-scudetto del 1998 fu in realtà di Iuliano su Ronaldo. Iuliano, infatti, riuscì a fare fallo sul “fenomeno” rimanendo fermo in attesa di essere travolto;

27) Nixon non fu costretto a dimettersi per lo scandalo Watergate, ma da certe rivelazioni che stavano per essere fatte sulla guerra nel Vietnam;

28) Nell’attentato a Giovanni Paolo II del Maggio 1981 i servizi segreti bulgari non ebbero parte alcuna;

29) Il tentato golpe di Junio Valerio Borghese nel dicembre 1970 fu una cosa assolutamente seria e mise a rischio le istituzioni repubblicane;

30) Una Spectre guida la storia del mondo verso la realizzazione dei suoi scopi, versione novecentesca dell’hegeliana “Astuzia della Ragione”.


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(23.1.19) IL PAESE DI ANDREOTTI E QUELLO DI GIAN CARLO CASELLI (Angelo Cannatà) - Se scrivi di Robespierre puoi esaltarne alcune qualità, ma non puoi non evidenziare che mandò molti alla ghigliottina e finì egli stesso ghigliottinato. Non puoi. Se lo fai costruisci un falso storico.

Ecco, un falso di questo tipo è stato costruito nel centenario della nascita di Giulio Andreotti. Le celebrazioni – con schiere di politici, giornalisti, artisti, nani e ballerine – hanno esaltato lo “statista” e oscurato, come fatto marginale, le accuse e il processo per mafia finito con la prescrizione dei fatti precedenti al 1980. Una vergogna.

Ampiamente prevista da Gian Carlo Caselli, giusto e valoroso magistrato in pensione. Ha parlato di “masochismo istituzionale di chi celebra Andreotti” col solenne patrocinio del Senato. È così. È calato il velo sull’esito del processo al “Divo Giulio” dopo il “verdetto di provata colpevolezza”, per aver commesso (commesso!) il delitto di associazione a delinquere con Cosa nostra”. Per essere più chiari: nell’ultimo grado di giudizio del processo, la II sezione penale della Corte di Cassazione ha stabilito la “concreta collaborazione di Andreotti con esponenti di spicco di Cosa Nostra fino alla primavera del 1980”. Collaborazione e responsabilità. Il reato commesso non era però perseguibile per sopravvenuta prescrizione e quindi si è dichiarato il “non luogo a procedere” nei confronti dell’imputato. Si è salvato per le lungaggini e i tecnicismi del processo gestiti ad arte dai suoi avvocati.

Chiedo: può una persona, imputata e prescritta per associazione mafiosa da un tribunale dello Stato, essere, al tempo stesso, celebrata dal Senato e dunque dallo Stato? Secondo logica, no. Ma il nostro è un Paese in cui l’etica, la giustizia e la logica faticano a trovare asilo. È la terra degli impuniti. Dei violenti. Dei collusi. Dei “padrini fondatori”. Della trattativa Stato-mafia. Dei giornalisti leccaculo che riempiono i talk show. A Gian Carlo Caselli, invincibile e coraggioso amico della verità, la mia grande stima e quella di tutti gli uomini onesti del nostro martoriato Paese.

* * *

Articolo apparso su
ilfattoquotidiano.it sabato 19 gennaio 2019

Nella foto: a sinistra Giulio Andreotti, a destra Gian Carlo Caselli.

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(25.1.19) IL VIZIO DEL GIOCO A GALATRO (Francesco Orlando Distilo) - Secondo l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli a Galatro, nell’anno 2017, è stato speso, per tutti i giochi gestiti dallo Stato e alle slot, un importo complessivo di Euro 616.086,10 per un importo pro capite di Euro 368,00.

La parte del leone, nelle giocate dei galatresi, sono stati gli apparecchi e congegni con vincita in denaro (New Slot) ai sensi dell'art. 110 comma 6 del T.U.L.P.S., nei quali sono stati spesi complessivamente 402 Mila Euro. In questa speciale classifica troviamo poi le “lotterie istantanee” con 102 Mila Euro, il Lotto con 92 Mila ed il Superenalotto con 16 Mila Euro. Per tutti gli altri giochi, invece, non si supera il migliaio di Euro.

C’è da dire che rispetto al 2016 le giocate con le slot sono aumentate dell’8,36% passando da 371 Mila Euro a 402 Mila Euro. Da contrappeso però c’è la diminuzione della popolazione che è passata, sempre secondo i dati dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, da 1.703 abitanti con un reddito pro-capite pari a 11.232 Euro nel 2016 a 1.671 abitanti con un reddito pro-capite pari a 11.535 Euro nel 2017.

Nel periodo considerato Galatro ha perso quasi il 2% di abitanti ma è aumentato il reddito pro-capite di circa il 3%. Appare quindi evidente che le 32 persone che hanno abbandonato Galatro erano con un reddito pro capite vicino allo zero.


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(31.1.19) L'ODIO VERSO GLI OMOSESSUALI: FELTRI DOVREBBE CHIEDERE SCUSA (Angelo Cannatà) - Vittorio Feltri non è uno stupido. Ha alle spalle una storia giornalistica rispettabile, dirige un quotidiano nazionale, è un abile polemista, scrive bene. Si può non essere d’accordo con lui su molte cose – a me accade spesso – ma è innegabile che sia un giornalista di razza con una forte personalità.

Si fa fatica quindi a capire a quale urgenza risponda l’attacco ai gay messo in atto da Libero il 23 gennaio: “Calano fatturato e Pil ma aumentano i gay”. Occhiello: “C’è poco da stare allegri”. E’ un titolo brutto. Volgare. Stupido. Una frase che non fa onore all’intelligenza di Feltri poiché avalla l’idea che l’omosessualità sia sporca e negativa, un’infamia.

Intendiamoci, si potrebbe commentare Libero con ironia (vedi l’ottimo Michele Serra del 24 gennaio) se non fosse un problema tremendamente serio. L’omofobia fa danni: nutrendosi di certe argomentazioni molti aggrediscono, picchiano. L’ho già raccontato: insegno filosofia e un giorno, anni fa, ricevetti molte mail; fu come se i miei alunni, anche quelli laureati da un decennio, si fossero dati appuntamento per scrivere, tutti nelle stesse ore, al loro prof. Fu il tema - sono certo - a creare il cortocircuito emotivo. Una mail in particolare mi colpì.

“Buongiorno professore, ho letto il suo testo su Repubblica e dovevo farmi vivo.” In effetti c’era sul giornale Fruttero e Lucentini per capire l’omofobia: “Torna in mente il libro di Fruttero e Lucentini - ‘La prevalenza del cretino’ - di fronte al giovane gay reggino picchiato in strada e umiliato in ospedale. Sembra che un infermiere gli abbia detto: ‘Ti consiglio uno psicologo. Con una cura di ormoni puoi guarire’. È quest’idea, che l’omosessualità sia una malattia, a generare violenza. Ma dice qualcosa di diverso Giovanardi in Parlamento quando arringa contro l’omosessualità? Le certezze ‘ideologico-religiose’ veicolano anatemi, ostracismi. La Chiesa cattolica dimentica i suoi principi: ‘Ama il prossimo tuo come te stesso’. Si può stare con Gesù e negare il diritto al Sacramento agli omosessuali? E allora: se da più parti arrivano messaggi sbagliati, possiamo prendercela con i giovani balordi che a Reggio, Roma, Milano, insultano e picchiano un gay? Molti non lo sanno ma è figlia della sensibilità gay gran parte della cultura mondiale: Foucault, Gide, Pasolini, Proust, Rimbaud, Shakespeare, Tasso, Platone, Garcìa Lorca, Wilde, Visconti, Verlaine... mi fermo qui. Bisogna ricordarlo ogni tanto. Con la speranza che anche la politica e la Chiesa escano dal medioevo.”

Ecco, la speranza è che anche Feltri esca dalla rozza superficialità in cui il titolo di Libero lo colloca. Un invito: la prossima volta rilegga questo elenco di nomi, molto incompleto, prima di titolare sui gay con disprezzo. Se poi, pensando agli indifesi ragazzi delle nostre periferie, pestati da balordi omofobi, volesse chiedere scusa sarebbe il segnale forte di un’intelligenza che sa riconoscere i propri errori.

* * *

Articolo apparso su
ilfattoquotidiano.it giovedì 24 gennaio 2019

Nella foto: il giornalista Vittorio Feltri.

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(3.2.19) FUTURO DELLE TERME AVVOLTO NELLA NEBBIA - La stagione termale 2018 si è chiusa agli inizi di dicembre ma una nebbia molto fitta, degna della Valpadana di una volta, avvolge il futuro (e il presente) di quella che ci ostiniamo a definire la speranza di Galatro.

L’Amministrazione Comunale, vinta la partita con l’ex gestore, ha dapprima puntato sulla fondazione (come da programma elettorale), poi ha virato sulla società a socio unico, nel frattempo gestendo la struttura in economia grazie all’utilizzo massiccio dei lavoratori ex LSU-LPU.

Allo stato attuale delle cose, se la società a socio unico è in alto mare per difficoltà di ordine giuridico che appaiono insormontabili, anche su quella in economia si addenserebbero ombre consistenti derivanti da un nuovo contratto regionale che limita la possibilità del ricorso ai lavoratori di pubblica utilità (definizione invero pleonastica se non tautologica dal momento che ogni lavoro o è di utilità pubblica o, semplicemente, non è un lavoro).

Tutto lascia supporre che l’idea prevalente nell’Amministrazione sia di proseguire indefinitamente con la gestione in economia. Ma, a parte la questione dei lavoratori di pubblica utilità, la gestione in economia è stata finora limitata al servizio termale erogato al minimo, cioè senza altri servizi complementari e di supporto (medicina specialistica, fisioterapia, ecc.). Situazione evidentemente considerata normale dal momento che nessuno parla più di ricezione e ristorazione, come se si trattasse di meri accessori, mentre è conclamato che rappresentano componenti fondamentali della struttura, soggette al deterioramento da non uso.

Si capiscono le controindicazioni implicate da qualsiasi ipotesi di soluzione, plausibile e non, ma c’è da invocare uno scatto di fantasia, una mossa del cavallo capace di portare le Terme di Galatro fuori dello stallo, da un tirare a campare che potrebbe rivelarsi peggiore del tirare le cuoia.

Nella foto: nebbia alle terme di Galatro.


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(17.3.19) SOCIETA' "IN HOUSE" PER LE TERME: UNA PRESA IN GIRO? (Francesco Orlando Distilo)- Basta. Smettetela. Finitela di prendere in giro Galatro ed i suoi abitanti, perché non lo meritano. Sapete benissimo che la società in house non si può fare, a meno che non commettiate violazioni alle norme dedicate a dette società. In caso di violazioni dovreste essere, comunque, consapevoli che dovrete pagare le eventuali conseguenze politiche con le dimissioni, ed amministrative per eventuali danni erariali che verrebbero accertati dalla Corte dei Conti.

Affinché l’Amministrazione Comunale possa gestire direttamente le Terme c’è un solo modo, ma non è quello prospettato dalla Delibera di Giunta nr. 12 del 05/03/2019. Siccome questo mio intervento non è diretto all’Amministrazione Comunale di Galatro ma ai suoi cittadini, con particolare attenzione a chi dalle Terme spera in una opportunità di lavoro (indipendentemente dal colore politico), vorrei ricordare loro perché, da quando il Comune ha riacquisito il possesso delle Terme, l’opera di questa Amministrazione è un continuo fallimento. Chi ha avuto la “pazienza” e la “sfortuna” di leggere quanto, dal maggio/giugno 2016 in poi, ho avuto modo di dire e di scrivere, ricorderà che avevo già anticipato la non fattibilità della fondazione. A “certificare” le mie previsioni arrivarono, nell’ordine, una sentenza della Suprema Corte di Cassazione e la Riforma del Terzo Settore. A quel punto, le gambe di qualche uomo di legge barcollarono perché, con gli interventi giurisprudenziali e normativi, vide crollare il castello da lui stesso progettato.

Successivamente hanno realizzato una delibera consiliare, la nr. 15 del 27/04/2017, sulla quale ho manifestato all’allora Segretario Comunale l’illegittimità di quanto approvato, proponendo, nel contempo, il suo annullamento in autotutela. La dottoressa Tripodi, chiamata in causa quale Segretario del Comune e responsabile per la prevenzione della corruzione e della trasparenza, nell’occasione, si è dimostrata insensibile alla segnalazione, rendendosi responsabile alla pari della Giunta Comunale dell’illegittimità del deliberato. La stessa delibera è stata oggetto dell’analisi, in sede provinciale, del TAR e sulla sua sentenza ho dimostrato, in altra occasione, l’incoerenza normativa della decisione assunta.

Dopo quasi due anni dalla decisione del Consiglio Comunale e alle porte della terza stagione termale, per nascondere la propria inconcludenza sulle terme, rifilano una delibera di Giunta per vendere fumo alla comunità galatrese, con la consapevolezza (se non fossero consapevoli, andrebbero cacciati da Palazzo San Nicola a pedate) che il proposito è irrealizzabile. La convinzione dell’irrealizzabilità di quanto proposto è supportato dagli studi da autodidatta (per non infastidire qualche uomo di legge) di cui vi renderò partecipi.

Partiamo, dunque, dalla delibera di Giunta nr. 12 del 05/03/2019. In tale atto si rileva che il fondamento della scelta di costituire una società in house sta nell’intervento giurisprudenziale che ha sottoposto al vaglio della Corte Costituzionale l’articolo 192 del codice dei contratti nella parte in cui prevede che le stazioni appaltanti diano conto della motivazione del provvedimento di affidamento in house e delle ragioni del mancato ricorso al mercato e, dall’altro, ha proposto una questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ovvero se il diritto dell’Unione Europea osti a una normativa nazionale (come quella dell’articolo 192, comma 2, del Codice dei contratti pubblici, decreto legislativo n. 50 del 2016) il quale colloca gli affidamenti in house su un piano subordinato ed eccezionale rispetto agli affidamenti tramite gara di appalto:
1) consentendo tali affidamenti soltanto in caso di dimostrato fallimento del mercato rilevante;
2) imponendo comunque all’amministrazione che intenda operare un affidamento in regime di delegazione interorganica di fornire una specifica motivazione circa i benefici per la collettività connessi a tale forma di affidamento
.

Sintetizzando, la delibera di Giunta si basa sull’assunto che c’è un ricorso alla Corte Costituzionale per verificare la costituzionalità di una parte dell’art. 192 del D.Lgs 50/2016 e un quesito alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, praticamente sulle stesse motivazioni del ricorso alla Corte Costituzionale.

Considerato che, al momento, sull’argomento non si sono pronunciati né la Corte Costituzionale né la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la Giunta Comunale di Galatro si dovrebbe attenere alle norme tutt’ora in vigore. Il problema, quindi, non è solo l’art. 192 ma anche l’art. 5 del D.Lgs 50/2016.

L’istituto dell’in house providing viene per la prima volta delineato dalla Corte di Giustizia UE nella sentenza del 18 novembre 1999, causa C-107/98, relativa al caso Teckal: si sostiene, infatti, che l'avvio di una procedura ad evidenza pubblica per la scelta del contraente non fosse necessario ogni qualvolta, da una parte, l'Ente pubblico aggiudicatore esercitasse sull'aggiudicatario quello che viene definito come un "controllo analogo" a quello esercitato sui propri servizi e, dall'altra, contestualmente l'aggiudicatario svolgesse la parte più importante della propria attività a favore dell'Ente locale che lo controlla. Relativamente alla nozione di "controllo analogo” i giudici comunitari hanno dapprima sostenuto che, affinché sussistesse tale controllo, fosse sufficiente una partecipazione totalitaria dell'Amministrazione di riferimento,1 salvo integrare in un secondo momento tale principio affermando la necessità che l'Amministrazione, socio al 100%, avesse l'effettiva possibilità di influenzarne sia le decisioni importanti sia, di conseguenza, gli obiettivi strategici della società controllata.2 Con riferimento al requisito dello svolgimento dell'attività della società prevalentemente a favore dell'Ente pubblico controllante i giudici di Strasburgo hanno invece chiarito che con il concetto di attività prevalente o più importante si debba far riferimento alla necessità che le prestazioni della società siano destinate in via principale all'Amministrazione e che, viceversa, ogni altra attività di impresa abbia solo un mero carattere marginale, promuovendo così una valutazione in concreto di tutte le circostanze, sia qualitative che quantitative.

Il legislatore italiano recependo, quindi, le Direttive n. 2014/23/UE, n. 2014/24/UE e n. 2014/25/UE, disciplina nel D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, tra l’altro, anche l'istituto dell'in house providing. Conseguentemente, in conformità con gli artt. 12 e 13 della Dir. 2014/24/UE, art. 28 della Dir. 2015/25/UE e art. 17 della Dir. 2015/23/UE è stato incluso, nell’ordinamento italiano, l’art. 5 del D.Lgs 50/2016. In tale articolo sono previsti una serie di “criteri” che escludono alcuni contratti dall’ambito di applicazione del Codice degli Appalti. In sostanza, l’art. 5 stabilisce le condizioni perché si possa dare luogo all’in house. Tale articolo pretende la simultanea ricorrenza di tre condizioni:
1) l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore esercita sulla persona giuridica di cui trattasi un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi;
2) oltre l’80% delle attività della persona giuridica controllata è effettuata nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall’amministrazione aggiudicatrice controllante;
3) nella persona giuridica controllata non vi è alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati le quali non comportano controllo o potere di veto previste dalla legislazione nazionale, in conformità dei trattati, che non esercitano un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata.

Per quanto riguarda il 1° e 3° dei requisiti previsti dall’art. 5 del D.Lgs 50/2016, non appaiono elementi contrastanti al dettato normativo. A parer mio, in ciò confortato anche dalla V Sezione del Consiglio di Stato con la Sentenza (ud. 15-06-2017) 18-08-2017, n. 4030, viene meno il secondo requisito Teckal. L’attività prevalente di attività che la società deve esercitare a favore dell’ente pubblico di controllo (Comune di Galatro) dev’essere dell’80%. In base alla giurisprudenza della Corte di Giustizia, qualsiasi attività dell'ente affidatario che sia rivolta a persone diverse da quelle che lo controllano (a persone che non hanno alcuna relazione di controllo con tale ente), va considerata come svolta in favore di terzi.

L’art. 192 del D.Lgs 50/2016 diventa, a questo punto, subordinato all’art. 5 del medesimo decreto. In parole spicciole, se sussistono i requisiti previsti dall’art. 5 (e nel caso de quo, non sussisterebbero) l’Ente pubblico deve ottemperare a quanto previsto dal richiamato art. 192 rubricato come “Regime speciale degli affidamenti in house. L’art. 192 disciplina il regime degli affidamenti in house, in attuazione di quanto disposto dall’art. 5, che ad esso esplicitamente fa rinvio.

La norma costituisce quindi una fonte speciale, derogatoria anche rispetto ai principi dettati dall’art. 4, in materia di contratti esclusi, per gli affidamenti di contratti o concessioni aggiudicati da un’amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore a una persona giuridica di diritto pubblico o di diritto privato secondo il modello dell’in house providing.

La prima caratteristica dello speciale regime previsto dall’art. 192 per gli affidamenti in house è rappresentato dalla necessità che, al fine di poter effettuare tali affidamenti, le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori s’iscrivano in un apposito elenco, istituito presso l’ANAC. L’iscrizione all’elenco avviene su domanda delle amministrazioni stesse e costituisce il presupposto di legittimità degli affidamenti. Ai fini dell’iscrizione, ANAC ha pubblicato le “Linee Guida (nr. 7) per l’iscrizione nell’Elenco delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori che operano mediante affidamenti diretti nei confronti di proprie società in house previsto dall’art. 192 del d.lgs. 50/2016”. In esse è previsto, oltre a dettagli sul procedimento di iscrizione, che l’elenco contenga, fra le altre informazioni, la clausola statutaria che impone che più dell’80% del fatturato sia svolto in favore dell’ente pubblico o degli enti pubblici soci e che la produzione ulteriore rispetto a detto limite sia consentita solo se assicura economie di scala o altri recuperi di efficienza sul complesso dell’attività principale dell’organismo in house. I procedimenti per l’iscrizione nell’Elenco sono avviati secondo l’ordine di ricezione della domanda entro 30 giorni dalla data di presentazione e si devono concludere entro 90 giorni; questo termine è sospeso nel caso di approfondimenti istruttori o richieste di integrazione documentale. In ogni caso il procedimento istruttorio deve concludersi entro 180 giorni dalla data di avvio dello stesso. Le linee guida precisano che già la domanda d’iscrizione, prima che sia disposta l’iscrizione stessa, consente alle amministrazioni aggiudicatrici e agli enti aggiudicatori di effettuare affidamenti diretti dei contratti all’organismo in house, ma ciò avviene sotto la responsabilità delle amministrazioni stesse.

Sempre per semplificare, occorre che il Consiglio Comunale approvi la delibera per la costituzione della società in house e quindi costituire la società "TERME DI GALATRO S.R.L.”. Chiedere, quindi, l’iscrizione all’Elenco dell’ANAC che, se tutto filasse liscio, potrebbe (ma non sarà) essere iscritta nel termine di 30 giorni ma che potrebbero diventare 90 o, addirittura, 180 giorni. Al di là della previa iscrizione all’elenco previsto dal comma 2 dell’art. 192, costituisce, inoltre, presupposto necessario per l’affidamento il preventivo svolgimento di una valutazione sulla congruità economica dell’offerta proposta dai soggetti in house. Tale valutazione deve considerare l’oggetto e il valore della prestazione. Nella motivazione del provvedimento di affidamento delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche.

Come già dichiarato in precedenza, il riferimento di questo mio intervento non è l’Amministrazione Comunale ma i cittadini di Galatro. Mi preme, quindi, informarli di un’altra criticità. Il reclutamento del personale da parte di società controllate dalla PA (pubblica amministrazione) deve avvenire - in forza dell’espresso rimando all’art. 35, comma 3, D.Lgs. n. 165/2001, operato dall’art. 19, comma 2, D.Lgs. n. 175/2016 - mediante procedure selettive a evidenza pubblica; non ugualmente precettivo, però, è lo svolgimento di un concorso pubblico di cui all’art. 97, comma 3, Cost., in quanto riservato come modalità di accesso agli impieghi nei ranghi dei soli Enti pubblici. Si tratta, infatti, di procedure a evidenza pubblica stabilite dalla stessa società in controllo pubblico secondo il principio di autodeterminazione, e declinate in appositi regolamenti che comunque debbono essere conformi alle citate previsioni dell’art. 35, D.Lgs. n. 165/2001 e la cui adozione è obbligatoria, a pena di nullità delle assunzioni stesse; in caso di inottemperanza e, quindi, di mancata adozione di appositi regolamenti interni, trovano tuttavia applicazione diretta i principi contenuti nel medesimo art. 35. Ciò significa, tra l’altro, che l’obbligo di esperire selezioni a evidenza pubblica permane indipendentemente dal ricorso, o meno, a strumenti di autoregolamentazione aziendale.

È previsto, inoltre, un regime vincolistico di tipo economico, che potrebbe astrattamente incidere sulla capacità assunzionale delle società in controllo pubblico ma non su quella delle “semplici” partecipate: sulla loro gestione, infatti, i soci pubblici possono incidere, vincolando gli amministratori, solo facendo ricorso allo strumento appena descritto attraverso apposite previsioni statutarie o contrattuali. L’Ente pubblico socio deve infatti obbligatoriamente, come più volte ribadito dalla Corte dei Conti,3 fissare con propri provvedimenti degli “specifici” obiettivi annuali e pluriennali per il contenimento dei costi di funzionamento, dizione di natura civilistica che ricomprende la spesa di personale ma anche i costi per servizi, gli oneri diversi di gestione e più in generale i c.d. costi della produzione.

Per concludere, vorrei approfittare per aggiungere che qualora la proposta di delibera consiliare dovesse approdare in Consiglio, cosa di cui dubito fortemente, suggerisco (poi ognuno è libero di fare ciò che crede) ai consiglieri di minoranza e ai diversi consiglieri di maggioranza di cui ho stima, di astenersi dal presenziare a detto Consiglio Comunale, come gesto politico nei confronti di un Sindaco che sembra somigliare al personaggio del romanzo di Émile Zola “Sua Eccellenza Eugène Rougon”.

NOTE
1 Corte di Giustizia UE, 11 gennaio 2005, C-26/03, caso Stadt Halle.
2 Corte di Giustizia UE, 13 ottobre 2005, C-458/03, caso Parking Brixen.
3 Sezione regionale di controllo per la Liguria, Deliberazione n. 80/2017 e Sezione regionale di controllo per la Lombardia, Deliberazione n. 199/2018.

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Nelle foto: due momenti dell'inaugurazione della scorsa stagione termale alle Terme di Galatro.

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(24.3.19) BASTA FAKE NEWS SULLE TERME! (Carmelo Panetta) - Nei giorni scorsi è apparso sul giornale Galatro Terme News un articolo in cui un abituale “Commentatore” dei fatti galatresi, pur premettendo di essere solo un autodidatta, ci accusa di prendere in giro i cittadini perché, a suo dire, la società in house a cui intendiamo affidare la gestione delle Terme non si potrebbe fare, a meno di non commettere violazioni delle norme dedicate a dette società e, soprattutto, ci avverte che, semmai andassimo ugualmente avanti, saremmo tenuti pagarne le eventuali conseguenze politiche (con le dimissioni) ed amministrative (per gli eventuali danni erariali).

Fin qui nulla di nuovo, perché questo “dotto” intervento si inserisce in una lunga sequenza di “avvisi” che abbiamo ricevuto in questi anni da “insigni giuristi” che, di volta in volta, ci hanno fatto sapere che il contratto con l’ex gestore non si poteva sciogliere, che il Comune non poteva gestire direttamente le Terme, che l’ordinanza di sgombero sarebbe stata annullata dal TAR con condanna al pagamento di un risarcimento di milioni di euro, e così via.

E se non fosse stato per l’inaccettabile invito ai consiglieri a disertare la seduta del Consiglio Comunale in cui si discuterà dell’argomento, avremmo dedicato alle elucubrazioni del “Commentatore” l’importanza che meritano: meno di zero.

Ma visto che questo “intervento a gamba tesa” appare chiaramente finalizzato ad interferire sul sereno e regolare svolgimento del Consiglio Comunale che sarà chiamato a pronunciarsi sulla proposta di costituzione della società in house, facendo presagire ai consiglieri che un eventuale voto favorevole potrebbe essere causa di notevoli fastidi (verosimilmente per effetto della tempesta di esposti - anonimi e non - che, come sempre accaduto in questi anni, si scatenerà subito dopo l’approvazione dell’atto deliberativo) riteniamo necessario sgomberare il campo dall’ennesima fake news diffusa ad arte sulla vicenda delle Terme.

Ebbene, chiunque abbia avuto la pazienza di leggere l’articolata proposta di delibera che si trova pubblicata sul sito web del Comune, non avrà fatto fatica a individuare la parte dedicata alla sussistenza dei presupposti per l’affidamento in house della gestione delle Terme alla costituenda società a totale partecipazione pubblica.

In particolare, nella delibera si dà atto della “conformità della proposta di statuto alle prescrizioni del codice civile e ai requisiti previsti dall'ordinamento comunitario e nazionale in materia di affidamento diretto dei servizi pubblici locali a rilevanza economica, come recentemente positivizzati con le Direttive Appalti 2014/24/UEe 2014/25/UE ed ulteriormente sistematizzati nel corpo normativo del D.Lgs. n. 175/2016, come di seguito sinteticamente riportati:

1) Possesso dell'intero capitale sociale da parte del Comune di Galatro, unico soggetto pubblico socio;

2) Sussistenza del cosiddetto "controllo analogo" così come delineato dalla giurisprudenza comunitaria (es. Corte C.E., sentenza 11.05.2006, causa C-340/04 - sentenza Carbotermo s.p.a.) e interna (es. Cons, Stato, sez. VI, n.168/2005; sez. V, n. 7345/2005) (Art. 1, 4 e 28 della proposta di statuto);

3) Previsione statutaria, in via certa e permanente, della incedibilità a privati, in tutto o in parte, della partecipazione totalitaria detenuta dal Comune di Galatro quale ente pubblico unico socio della società (es. Corte C.E., sentenza 11.05.2006, causa C-340/04 - sentenza Carbotermos.p.a.; Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 03.03.2008, n. I) (Art. 8 della proposta di statuto);

4) Quasi esclusività, quantitativa e qualitativa, delle attività svolte dalla società partecipata nei confronti dell'ente controllante (sentenza Teckal C-I07/98; sentenza Carbotermo s.p.a. C340/04) e realizzazione da parte della società "in house", sul piano sostanziale, della parte più importante della propria attività nei confronti ovvero per conto dell'ente controllante (sentenza Teckal C-I07/98), nel senso che ogni altra attività abbia solo un carattere marginale (Corte Giust. CE. Sez. II, 17.07.2008, causa C-371/05) ovvero venga realizzata a favore di soggetti diversi dall'ente controllante in misura quantitativamente irrisoria e qualitativamente irrilevante sulle strategie aziendali e, in ogni caso, non fuori dalla competenza territoriale del socio pubblico che detiene il controllo societario; con ciò precisando, che alla luce delle citate Direttive Appalti 2014/24/UE e 2014/251UE nonché degli artt. 4, comma 4, e 16, comma 3, del D.Lgs. n. 175/2016, detta condizione di "marginalità" è da ritenersi soddisfatta ove oltre l'80% dell'attività del soggetto affidatario in house sia effettuata nello svolgimento dei compiti ad esso affidati dal soggetto controllante o da altre persone giuridiche controllate dall'Amministrazione affidante (Art. 4 della proposta di statuto)”.


Il “Commentatore” sostiene, invece, che la società comunale non sarebbe in linea con le norme comunitarie e nazionali perché mancherebbe il requisito dell’esercizio dell’80% della propria attività in favore dell’ente pubblico controllante che, secondo la sua personale interpretazione, sarebbe previsto dall’art. 5 del D. Lgs. 50/2016 (Codice dei Contratti Pubblici).

Tuttavia il giureconsulto autodidatta, pur avendolo citato, dimostra di non aver compreso il significato dell’art. 5 del Codice Contratti, perché in caso contrario avrebbe avuto chiaro che quando la norma prevede che “oltre l’80 per cento delle attività della persona giuridica controllata” deve essere “effettuata nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall’amministrazione aggiudicatrice controllante” intende dire che l’attività prevalentemente esercitata dalla società deve essere quella oggetto dell’affidamento da parte dall’ente controllante e non che tale attività deve essere obbligatoriamente effettuata in favore di quest’ultimo.

In altre parole, per essere in linea con l’art. 5 sarà necessario che la nuova società in house realizzi almeno l’80% del proprio fatturato attraverso l’espletamento delle attività che le verranno affidate dal Comune, che nel nostro caso si identificano con la gestione delle Terme. Di contro, risulta del tutto irrilevante che il servizio sia destinato ad utenti finali di natura privata, purché ciò avvenga nell’ambito delle attività oggetto dell’affidamento.

E chi avrà il tempo di consultare il business plan pubblicato sul sito web del comune potrà facilmente verificare che la gestione delle terme rappresenterà non l’80% ma addirittura il 100% dell’attività della costituenda società.

Ora, non sappiamo né ci interessa sapere se, in questo caso, il Commentatore abbia scritto quelle sciocchezze solo per ignoranza oppure per realizzare suoi obiettivi reconditi, visto che si è già pubblicamente proposto come intermediario per l’affidamento delle Terme ad imprenditori di sua conoscenza pur sapendo che la sua richiesta è non solo giuridicamente (perché quel tipo di concessione può essere assegnata a privati solo previa gara pubblica di evidenza europea) ma anche politicamente irricevibile (perché la nostra scelta per la gestione pubblica non è in discussione).

Di sicuro possiamo tranquillizzare i cittadini ed i consiglieri comunali che lo slittamento dei tempi originariamente previsti per il varo della società in house è stato causato esclusivamente dalla nostra volontà di approfondire con il massimo scrupolo tutti i profili amministrativi e contabili del procedimento, in maniera da giungere in Consiglio Comunale con una proposta seria, credibile e legittima sotto tutti i punti di vista. E le doti di onestà, competenza e preparazione professionale dei funzionari e dei consulenti che ci stanno aiutando nella fase di costituzione della società ne sono la migliore garanzia.

La storia recente dimostra che, sulle Terme, non abbiamo mai fatto passi avventati e che tutte le nostre scelte hanno trovato il pieno avallo della magistratura penale, civile ed amministrativa. Adesso il nostro unico obiettivo è quello di creare una entità solida e affidabile che, sotto il costante controllo dell’Amministrazione Comunale, possa garantire il rilancio della struttura termale e dell’economia galatrese.

E non consentiremo a nessuno di mettere i propri biechi interessi davanti a quelli dei nostri concittadini.

P.S. La stoica tolleranza che abbiamo sino ad oggi dimostrato nei confronti del “Commentatore” per gli insulti e le diffamazioni di cui ci fa continuamente oggetto su Facebook ha raggiunto il suo limite. Di conseguenza, sappia che, d’ora in poi, sarà chiamato anche lui a risponderne nelle opportune sedi.

Galatro, lì 24.03.2019.

Per l’Amministrazione Comunale – Carmelo Panetta

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17.03.2019 - Società "in house" per le terme: una presa in giro?

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(25.3.19) QUATTRO DOMANDE AL SINDACO (Francesco Orlando Distilo) - Egregio Signor Sindaco,

capisco che, come uomo politico, per Lei, a dirla con le parole del Procuratore Capo della Procura di Catanzaro, dott. Nicola Gratteri "è importante l'apparire, l'esternazione del potere, il farsi vedere come modello vincente, e quindi è sensibile a quello che 'esce' sulla carta stampata e sul web."1 Capisco anche che, in questo preciso momento storico, Lei e la sua amministrazione non godiate dello stesso consenso popolare che vi ha fatto vincere le ultime elezioni amministrative. E, per questo, capisco che Lei vorrebbe abolire l’art. 21 della Costituzione.

A tal proposito ripropongo
uno stralcio di un mio intervento su Galatro Terme news sull’argomento, tanto per rinfrescarle la memoria su alcuni diritti fondamentali previsti dalla nostra Carta Costituzionale e non solo da essa.

L’art. 21 dice: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”. La libertà di pensiero implica il diritto di poter manifestare liberamente le proprie idee attraverso i mezzi di diffusione: da quelli tradizionali (televisione, radio, stampa, spettacoli) a quelli più moderni come internet.
Il diritto di critica consiste in una valutazione diretta ad esprimere un giudizio od a manifestare un’opinione su fatti e/o condotte di terzi. Questo in linea teorica, ma la giurisprudenza come delimita il diritto di critica? I limiti cui la critica politica è ammissibile, ha sottolineato la Corte europea dei diritti dell’uomo, sono più ampi di quelli della semplice critica, e perciò in tale ambito la critica può essere esercitata con modalità più nette e vibranti, senza rituali ed ipocriti omaggi a stili e forme espressive. “La critica si sostanzia nell’espressione di giudizi o, più genericamente, di opinioni e che in quanto tale non può pretendersi rigorosamente obiettiva, posto che la critica, per sua natura, non può che essere fondata su un’interpretazione, necessariamente soggettiva, di fatti e di comportamenti (Cass., Sez. V, 27 Giugno 2000, N. 7499)”.
Dall’Europa giunge un importante punto di riferimento per la giurisprudenza laddove si afferma che l’uomo politico “agisce come personaggio pubblico, esponendosi inevitabilmente e coscientemente ad un controllo approfondito da parte dei giornalisti e dei cittadini”; per cui “i politici devono dimostrare grande tolleranza, soprattutto quando rendono dichiarazioni pubbliche che possono suscitare critiche” in quanto “il loro diritto alla protezione della reputazione va bilanciato con l’interesse alla libera discussione delle questioni politiche” (Corte Europea dei Diritti dell’Uomo).
In tema di diffamazione a mezzo stampa, sussiste l'esimente del diritto di critica, quando le espressioni utilizzate, pur se veicolate nella forma scherzosa e ironica propria della satira, consistano in un'argomentazione che esplicita le ragioni di un giudizio negativo collegato agli specifici fatti riferiti e non si risolve in un'aggressione gratuita alla sfera morale altrui (Sez. 1, Sentenza n. 5695 del 05/11/2014).


Detto questo, mi spieghi signor Sindaco, per quale recondito motivo io non potrei invitare i consiglieri a disertare il Consiglio Comunale chiamato a pronunciarsi sulla proposta di costituzione della società in house? Per quale motivo non avrei diritto a dire ciò che penso? Le vorrei ricordare che, al di là del Consiglio Comunale, né io né Lei siamo dei Giudici. La sua resta sempre e comunque un’opinione personale della quale bisogna dare conto all’ANAC e sarà questo Ente a verificare l’aderenza, in concreto, dei presupposti per l’affidamento in house. L’ANAC, con comunicato del Presidente del 03/08/2016 (pubblicato il 07/09/2016), ha precisato che l’adozione dell’atto predetto da parte dell’Autorità richiede la previa analisi dell’incidenza delle disposizioni del Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica sulla disciplina dei requisiti identificativi dell’istituto dell’in house providing.

Ribadisco che la giurisprudenza della Corte di Giustizia sul cd. requisito della «attività prevalente» ha indicato quale elemento necessario per la sussistenza della relazione in house che l’ente controllato «realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o con gli enti locali che la controllano» (sentenza Teckal,18 novembre 1999, in C-107/98, par. 50 ).2

Successivamente, il requisito in questione è stato oggetto di un ulteriore chiarimento da parte della Corte di Giustizia nella sentenza cd. Carbotermo, 11 maggio 2006, in C-340/04,3 che ha precisato che “si può ritenere che l'impresa in questione svolga la parte più importante della sua attività con l'ente locale che la detiene, ai sensi della menzionata sentenza Teckal, solo se l'attività di detta impresa è principalmente destinata all'ente in questione e ogni altra attività risulta avere solo un carattere marginale”. Per verificare se la situazione sia in questi termini il giudice competente deve prendere in considerazione tutte le circostanze del caso di specie, sia qualitative sia quantitative. Qualora non bastasse, si studi la recente sentenza, a dire il vero un tantino complessa, del Consiglio di Stato Sez. V, Sent., (ud. 27-09-2018) 16-11-2018, n. 6459.

Relativamente a quanto espresso nel suo intervento, nella parte in cui afferma che avrei obiettivi reconditi, visto che mi sarei pubblicamente proposto come intermediario per l’affidamento delle Terme ad imprenditori di mia conoscenza pur sapendo che la richiesta è giuridicamente irricevibile (perché quel tipo di concessione può essere assegnata a privati solo previa gara pubblica di evidenza europea), vorrei ricordarLe che, avendo a cuore le sorti delle Terme e dei Galatresi che si aspettano da queste una occupazione, e sapendo che le Terme di Antonimina hanno effettuato una manifestazione di interesse per la gestione delle Terme che, pare, sia andata deserta, e considerata la vostra incapacità, mi sono offerto per dare una possibilità all’Amministrazione da Lei guidata, per salvare il salvabile.

Non ho amici da sistemare, non ho interessi personali da tutelare, non sono un lobbysta. Per la cronaca, i miei amici imprenditori che, eventualmente, avrebbero manifestato un interesse in caso di gara pubblica ad evidenza europea, sono già nel settore termale e non hanno bisogno delle Terme di Galatro per aumentare i propri profitti. Lo avrebbero fatto conoscendo la mia integrità morale a garanzia di nessun condizionamento di tipo mafioso e di tipo politico. A conferma di questo ricorderà che le condizioni erano: nessuna tangente e la governance non galatrese, mentre tutti i dipendenti, previo possesso dei requisiti, sarebbero stati di Galatro. Non ritengo doverLe dedicare altro tempo, ma vorrei che Lei rispondesse ai seguenti quesiti:

- è vero che parte del soffitto della hall delle terme è crollato, che vi sono delle infiltrazioni di acqua e che nessuna manutenzione, ordinaria o straordinaria, è stata ancora avviata?

- è vero che aveva (ha) un accordo di massima con dei professionisti forestieri per avviare un progetto di ristrutturazione delle Terme?

- lei è a conoscenza che un Ente Locale che si avvale di consulenze esterne, pur avendo nel proprio organico il personale idoneo ad adempiere al tipo di consulenza richiesta, commette un danno erariale?

- lei è a conoscenza che inserire in bilancio dei crediti inesigibili costituisce un danno erariale?


Certo è che il suo intervento è il sintomo di una confusione politica-amministrativa e di un nervosismo senza pari che non promette niente di buono per le Terme e per i Galatresi.

NOTE
1 https://www.agi.it/cronaca/ndrangheta_gratteri_mafie_intervista-3830255/news/2018-04-29

2 A questo proposito, conformemente all'art. 1, lett. a), della direttiva 93/36, basta, in linea di principio, che il contratto sia stato stipulato, da una parte, da un ente locale e, dall'altra, da una persona giuridicamente distinta da quest'ultimo. Può avvenire diversamente solo nel caso in cui, nel contempo, l'ente locale eserciti sulla persona di cui trattasi un controllo analogo a quello da esso esercitato sui propri servizi e questa persona realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o con gli enti locali che la controllano (sentenza Teckal, 18 novembre 1999, in C-107/98, paragrafo 50).

3 In applicazione di detti principi, si può ritenere che l'impresa in questione svolga la parte più importante della sua attività con l'ente locale che la detiene, ai sensi della menzionata sentenza Teckal, solo se l'attività di detta impresa è principalmente destinata all'ente in questione e ogni altra attività risulta avere solo un carattere marginale (Carbotermo, 11 maggio 2006, in C-340/04, paragrafo 63).

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Articoli di riferimento precedenti
24.03.2019 - Basta fake news sulle terme!
17.03.2019 - Società "in house" per le terme: una presa in giro?

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(17.4.19) «LA SOCIETA' CREATA PER GESTIRE LE TERME IN HOUSE E' ILLEGALE» (Nicola Marazzita) - Ieri, martedì 16 aprile, si è tenuto il consiglio comunale per deliberare la costituzione della società di gestione delle Terme Comunali. È stato scelto il modello dell'in house providing. Secondo il gruppo di minoranza Galatro Viva, che ho l'onore di rappresentare, la delibera presenta evidenti profili di illegalità. Ne spieghiamo di seguito dettagliatamente i motivi.

OSSERVAZIONI / DICHIARAZIONI DI VOTO
SU PROPOSTA DI DELIBERAZIONE DEL CONSIGLIO COMUNALE
(SEDUTA DEL 16/04/2019)


RECANTE L’OGGETTO:
Costituzione della società a responsabilità limitata TERME DI GALATRO s.r.l. a totale partecipazione pubblica
e in house providing per la gestione del complesso termale ed alberghiero di proprietà del Comune di Galatro

Il presente documento ha lo scopo di chiarire al civico consesso ed alla cittadinanza tutta le motivazioni del gruppo consiliare Galatro Viva rispetto alla votazione di dissenso sulla proposta di deliberazione all’esame del Consiglio Comunale.

Si tratta di motivazioni unicamente orientate alla tutela dell’interesse pubblico e della comunità che le scelte dissennate da parte di questa amministrazione comunale metteranno a repentaglio in quanto contrastano con i principi e le regole fondamentali del diritto nella materia di che trattasi.

La questione merita la cautela e l’attenzione opportuna e necessaria, nell’interesse dell’Ente, della comunità, di tutti i lavoratori interessati e delle risorse coinvolte da questi processi, per garantire l’effettiva valorizzazione dei beni di proprietà comunali ed i servizi essenziali alla salute a cui la loro trasparente e razionale organizzazione e gestione deve tendere.

Abbiamo già manifestato in passato il nostro fermo convincimento sul metodo che deve supportare tali scelte che deve essere trasparente, di “buona amministrazione” e di estrema cautela, poiché sono in gioco risorse finanziarie pubbliche delle quali occorre rendere conto e per le quali ciascuno di noi amministratori risponde politicamente e sul piano delle responsabilità amministrative. In questo momento storico non ci può essere spazio per scelte sbagliate o errori amministrativi dai quali intendiamo rifuggire in quanto sarebbero forieri di danno economico per l’Ente e per i cittadini, oltre che di gravi responsabilità da parte di ciascuno di coloro che vi abbiano concorso.

Il nodo della questione, rimasto irrisolto alla luce della documentazione agli atti, è per l’appunto se sia tecnicamente possibile la “costituzione di una società di capitali a responsabilità limitata totalmente ed esclusivamente partecipata dal Comune di Galatro” per la gestione del complesso termale ed alberghiero di proprietà del Comune di Galatro, inclusa la gestione degli impianti e dei servizi ad essi connessi e funzionali (bar, piscina, ristorante, ecc.)”, correlati dunque ad un più ampio circuito di servizi sanitari di tipo assistenziale – specialistico – riabilitativo.

I profili che vengono in esame sono delimitati dalla materia degli Enti pubblici territoriali e dal Codice degli appalti che pongono limiti precisi nonché dalle discipline speciali del Servizio Sanitario nazionale e regionale che presuppongono, per l’erogazione dei servizi in oggetto, qualificazione ed accreditamento del soggetto preposto a tali attività. Sul punto della fattibilità tecnico giuridica, alla luce del Codice degli appalti e dunque del complesso di norme finalizzate alla prevenzione della corruzione, riepiloghiamo quanto già ampiamente a conoscenza di questo consesso.

Anche noi abbiamo a cuore gli interessi pubblici della comunità e le prospettive occupazionali che una scelta politica ed imprenditoriale trasparente e sapiente potrebbe avere e, dall’opposizione, coltiviamo tale ipotesi. La società in house non si può fare nei termini delineati dall’amministrazione, a meno che non si contrasti consapevolmente con le norme specifiche che comportano responsabilità amministrative e politiche inevitabili.

Affinché l’Amministrazione Comunale possa gestire direttamente le Terme c’è un solo modo, ma non è quello prospettato dalla Delibera di Giunta nr. 12 del 05/03/2019.

In tale atto si rileva che il fondamento della scelta di costituire una società “in house” sta nell’intervento giurisprudenziale che ha sottoposto al vaglio della Corte Costituzionale l’articolo 192 del codice dei contratti, nella parte in cui prevede che le stazioni appaltanti diano conto, nella motivazione del provvedimento di affidamento in house, delle ragioni del mancato ricorso al mercato e dall’altro ha proposto una questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ovvero se il diritto dell’Unione Europea osti a una normativa nazionale (come quella dell’articolo 192, comma 2, del Codice dei contratti pubblici, decreto legislativo n. 50 del 2016) il quale colloca gli affidamenti in house su un piano subordinato ed eccezionale rispetto agli affidamenti tramite gara di appalto, consentendo tali affidamenti soltanto in caso di dimostrato fallimento del mercato rilevante, nonché imponendo comunque all’amministrazione che intenda operare un affidamento in regime di delegazione interorganica di fornire una specifica motivazione circa i benefici per la collettività connessi a tale forma di affidamento.

Sintetizzando, la delibera di Giunta si basa sull’assunto che c’è un ricorso alla Corte Costituzionale per verificare la costituzionalità di una parte dell’art. 192 del D.Lgs 50/2016 e un quesito alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, praticamente sulle stesse motivazioni del ricorso alla Corte Costituzionale. Considerato che, al momento, sull’argomento, non si sono pronunciati né la Corte Costituzionale né la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la Giunta Comunale di Galatro si dovrebbe attenere alle norme tutt’ora in vigore. Il problema, quindi, non è solo l’art. 192 ma anche l’art. 5 del D.Lgs 50/2016. L’istituto dell’in house providing viene per la prima volta delineato dalla Corte di Giustizia UE nella sentenza del 18 novembre 1999, causa C-107/98, relativa al caso Teckal: si sostiene, infatti, che l'avvio di una procedura ad evidenza pubblica per la scelta del contraente non fosse necessario ogni qualvolta, da una parte, l'Ente pubblico aggiudicatore esercitasse sull'aggiudicatario quello che viene definito come un "controllo analogo" a quello esercitato sui propri servizi e, dall'altra, contestualmente l'aggiudicatario svolgesse la parte più importante della propria attività a favore dell'Ente locale che lo controlla. Relativamente alla nozione di "controllo analogo”, i giudici comunitari hanno dapprima sostenuto che, affinché sussistesse tale controllo, fosse sufficiente una partecipazione totalitaria dell'Amministrazione di riferimento, salvo integrare in un secondo momento tale principio affermando la necessità che l'Amministrazione, socio al 100%, avesse l'effettiva possibilità di influenzarne sia le decisioni importanti sia, di conseguenza, gli obiettivi strategici della società controllata . Con riferimento al requisito dello svolgimento dell'attività della società prevalentemente a favore dell'Ente pubblico controllante i giudici di Strasburgo hanno invece chiarito che con il concetto di attività prevalente o più importante si debba far riferimento alla necessità che le prestazioni della società siano destinate in via principale all'Amministrazione e che, viceversa, ogni altra attività di impresa abbia solo un mero carattere marginale, promuovendo così una valutazione in concreto di tutte le circostanze, sia qualitative che quantitative. Il legislatore italiano recependo, quindi, le Direttive n. 2014/23/UE, n. 2014/24/UE e n. 2014/25/UE, disciplina nel D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, tra l’altro, anche l'istituto dell'in house providing. Conseguentemente, in conformità con gli artt. 12 e 13 della Dir. 2014/24/UE, art. 28 della Dir. 2015/25/UE e art. 17 della Dir. 2015/23/UE è stato incluso, nell’ordinamento italiano, l’art. 5 del D.Lgs 50/2016. In tale articolo sono previsti una serie di “criteri” che escludono alcuni contratti dall’ambito di applicazione del Codice degli Appalti. In sostanza, l’art. 5 stabilisce le condizioni perché si possa dare luogo all’in house. Tale articolo pretende la simultanea ricorrenza di tre condizioni:

1) l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore esercita sulla persona giuridica di cui trattasi un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi;

2) oltre l’80% delle attività della persona giuridica controllata è effettuata nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall’amministrazione aggiudicatrice controllante;

3) nella persona giuridica controllata non vi è alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati le quali non comportano controllo o potere di veto previste dalla legislazione nazionale, in conformità dei trattati, che non esercitano un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata.

Per quanto riguarda il 1° e 3° dei requisiti previsti dall’art. 5 del D.Lgs 50/2016, non appaiono elementi contrastanti al dettato normativo. In ciò confortati anche dalla V Sezione del Consiglio di Stato con la Sentenza (ud. 15-06-2017) 18-08-2017, n. 4030, viene meno il secondo requisito Teckal. L’attività prevalente di attività che la società deve esercitare a favore dell’ente pubblico di controllo (Comune di Galatro) dev’essere dell’80%. In base alla giurisprudenza della Corte di Giustizia, qualsiasi attività dell'ente affidatario che sia rivolta a persone diverse da quelle che lo controllano (a persone che non hanno alcuna relazione di controllo con tale ente), va considerata come svolta in favore di terzi.

Orbene, qui viene all’attenzione la natura specifica dei servizi che la Società si propone di erogare afferenti all’area prevalente della cura e del benessere della persona, indirizzati ad un pubblico di terzi soggetti, esponenti un bisogno di salute fondamentale; non si tratta dunque solo di servizi recettizi ed alberghieri fini a sé stessi ma di servizi che si qualificano ulteriormente in quanto funzionali ad un corridoio sanitario da qualificarsi ed accreditarsi con il Servizio Sanitario nazionale e regionale.

La fattibilità della Società va verificata nei suoi presupposti oggettivi giuridici in relazione al verificarsi degli altri presupposti a cui il servizio è subordinato; la sostenibilità dell’operazione necessita dunque di una programmazione previsionale e di una rendicontazione economico finanziaria che non espongano l’avvio delle attività ad un default. Il business plan è completamente carente di tale premessa ed analisi di contesto esterno ed interno, risulta, pertanto, fuorviante nelle conclusioni a cui perviene.

La costituzione della Società confligge, sul piano delle regole generali con l’art. 192 del D.Lgs 50/2016 oltre che con l’art. 5 del medesimo decreto. In parole spicciole, se sussistono i requisiti previsti dall’art. 5 (e nel caso de quo, non sussisterebbero) l’Ente pubblico deve ottemperare a quanto previsto dal richiamato art. 192 rubricato come “Regime speciale degli affidamenti in house”. L’art. 192 disciplina il regime degli affidamenti in house, in attuazione di quanto disposto dall’art. 5, che ad esso esplicitamente fa rinvio.

La norma costituisce quindi una fonte speciale, derogatoria anche rispetto ai principi dettati dall’art. 4, in materia di contratti esclusi, per gli affidamenti di contratti o concessioni aggiudicati da un’amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore a una persona giuridica di diritto pubblico o di diritto privato secondo il modello dell’in house providing.

La prima caratteristica dello speciale regime previsto dall’art. 192 per gli affidamenti in house è rappresentato dalla necessità che, al fine di poter effettuare tali affidamenti, le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori s’iscrivano in un apposito elenco, istituito presso l’ANAC. L’iscrizione all’elenco avviene su domanda delle amministrazioni stesse e consiste il presupposto di legittimità degli affidamenti. Ai fini dell’iscrizione, ANAC ha pubblicato le “Linee Guida (nr. 7) per l’iscrizione nell’Elenco delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori che operano mediante affidamenti diretti nei confronti di proprie società in house previsto dall’art. 192 del d.lgs. 50/2016”.

In esse è previsto, oltre a dettagli sul procedimento di iscrizione, che l’elenco contenga, fra le altre informazioni, la clausola statutaria che impone che più dell’80% del fatturato sia svolto in favore dell’ente pubblico o degli enti pubblici soci e che la produzione ulteriore rispetto a detto limite sia consentita solo se assicura economie di scala o altri recuperi di efficienza sul complesso dell’attività principale dell’organismo in house. I procedimenti per l’iscrizione nell’Elenco sono avviati secondo l’ordine di ricezione della domanda entro 30 giorni dalla data di presentazione e si devono concludere entro 90 giorni; questo termine è sospeso nel caso di approfondimenti istruttori o richieste di integrazione documentale. In ogni caso il procedimento istruttorio deve concludersi entro 180 giorni dalla data di avvio dello stesso. Le linee guida precisano che già la domanda d’iscrizione, prima che sia disposta l’iscrizione stessa, consente alle amministrazioni aggiudicatrici e agli enti aggiudicatori di effettuare affidamenti diretti dei contratti all’organismo in house, ma ciò avviene sotto la responsabilità delle amministrazioni stesse.

La previa iscrizione all’elenco previsto dal comma 2 dell’art. 192, costituisce presupposto necessario per l’affidamento, inoltre, sul piano tecnico – sostanziale, occorre una preventiva valutazione sulla congruità economica dell’offerta proposta dai soggetti in house. Tale valutazione deve considerare l’oggetto e il valore della prestazione.

Nella motivazione del provvedimento di affidamento oltre alle ragioni del mancato ricorso al mercato, occorre specificare i benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche.

Emergono delle evidenti ipotesi di violazioni delle norme in materia di reclutamento del personale da parte di società controllate dalla PA che deve avvenire - in forza dell’espresso rimando all’art. 35, comma 3, D.Lgs. n. 165/2001, operato dall’art. 19, comma 2, D.Lgs. n. 175/2016 - mediante procedure selettive a evidenza pubblica; non ugualmente precettivo, però, è lo svolgimento di un concorso pubblico di cui all’art. 97, comma 3, Cost., in quanto riservato come modalità di accesso agli impieghi nei ranghi dei soli Enti pubblici. Si tratta, infatti, di procedure a evidenza pubblica stabilite dalla stessa società in controllo pubblico secondo il principio di autodeterminazione, e declinate in appositi regolamenti che comunque debbono essere conformi alle citate previsioni dell’art. 35, D.Lgs. n. 165/2001 e la cui adozione è obbligatoria, a pena di nullità delle assunzioni stesse; in caso di inottemperanza e, quindi, di mancata adozione di appositi regolamenti interni, trovano tuttavia applicazione diretta i principi contenuti nel medesimo art. 35. Ciò significa, tra l’altro, che l’obbligo di esperire selezioni a evidenza pubblica permane indipendentemente dal ricorso, o meno, a strumenti di autoregolamentazione aziendale.

È previsto, inoltre, un regime vincolistico di tipo economico, che potrebbe astrattamente incidere sulla capacità assunzionale delle società in controllo pubblico ma non su quella delle “semplici” partecipate: sulla loro gestione, infatti, i soci pubblici possono incidere, vincolando gli amministratori, solo facendo ricorso allo strumento appena descritto attraverso apposite previsioni statutarie o contrattuali. L’Ente pubblico socio deve infatti obbligatoriamente, come più volte ribadito dalla Corte dei Conti , fissare con propri provvedimenti degli “specifici” obiettivi annuali e pluriennali per il contenimento dei costi di funzionamento, dizione di natura civilistica che ricomprende la spesa di personale ma anche i costi per servizi, gli oneri diversi di gestione e più in generale i c.d. costi della produzione.

Tale normativa e prescrizioni di carattere generale si sommano a quelle esistenti nell’ambito del Servizio sanitario Nazionale ed ancora di più a quelle a cui è sottoposta la Regione Calabria in atto commissariata nel settore della Sanità ed in piano di rientro.

La fantasiosa progettualità che sta esponendo l’Amministrazione comunale ad evidenti responsabilità manca di un piano concreto di fattibilità giuridica ed economico finanziaria, che tenga conto delle specificità dei servizi affidati all’in house, della loro natura oggettiva e funzionale rispetto a servizi sanitari ed assistenzialistico di tipo principale che competono ad altre Autorità sottoposte ad altri vincoli e prescrizioni (di budget, di personale, di qualificazione ed accreditamento della loro rete di erogazione etc..).

Sul piano sostanziale, inoltre, non è ipotizzabile che la costituzione di una Società destinata ad operare in un ambito così specifico e qualificato non preveda obblighi di responsabilità sociale ai sensi del decreto legislativo 231/2001 e di prevenzione della corruzione in base alla legge 190/2012 ed alle linee guida dell’Anac anche per l’area ed il settore specifico di intervento. Di tale relazione funzionale, necessaria e qualificata, nella proposta di Statuto non vi è traccia.

Per questi motivi i Consiglieri del gruppo Galatro Viva presenti abbandonano l’aula e non prendono parte alla votazione sul punto.

La presente dichiarazione di voto, che si chiede di acquisire al verbale dei lavori, è stata preventivamente sottoscritta dai consiglieri:

Biagio Nicola Marazzita
Fortunato Lucia
Francesco Migali


Galatro li 16/04/2019
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Nella foto in alto: Nicola Marazzita, capogruppo di Opposizione nel Consiglio comunale di Galatro.

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(18.4.19) «NASCE LA SOCIETA' TERME DI GALATRO SRL: LA MINORANZA HA FATTO SOLO UNA SCENEGGIATA» (Carmelo Panetta) -



UN CONCRETO PASSO VERSO IL FUTURO:
NASCE LA SOCIETA’ TERME DI GALATRO S.R.L

La costituzione della società “Terme di Galatro s.r.l.”, deliberata dal Consiglio Comunale nella seduta del 16 aprile, rappresenta un momento storico per la nostra comunità, perché pone concretamente le basi per il tanto atteso rilancio della più importante risorsa economica del nostro territorio. Le ragioni per cui l’Amministrazione Comunale ha deciso di compiere questa scelta sono note: le rigide limitazioni alle assunzioni di nuovo personale imposte dalle norme sulla finanza locale fanno sì che la gestione diretta del servizio da parte dell’Ente non possa garantire la piena valorizzazione delle potenzialità della struttura termale e, soprattutto di quella alberghiera.

Partendo da questa constatazione, e ferma restando la volontà di mantenere la proprietà e il potere di indirizzo e controllo sulla gestione delle Terme in mano al Comune, si è individuata nella società a totale partecipazione pubblica la soluzione più idonea per realizzare gli obiettivi di sviluppo economico e sociale che ci siamo prefissati di ottenere attraverso l’ottimale utilizzazione della nostra straordinaria risorsa. E questo, soprattutto, in considerazione del fatto che – grazie alle modifiche recentemente apportate al Testo Unico sulle Società Partecipate (c.d. Decreto Madia) – a tale particolare forma organizzativa non si applicano i divieti ed i vincoli di spesa che, invece, valgono per tutte le restante ipotesi di gestione pubblica (in economia ovvero tramite azienda speciale, fondazione o istituzione).

Come è stato ampiamente chiarito nel corso del Consiglio Comunale, la delibera con la quale – previa verifica della sussistenza dei presupposti di legge – il Sindaco è stato autorizzato a recarsi presso un notaio per costituire la società Terme di Galatro s.r.l. (le cui caratteristiche giuridiche sono definite dallo Statuto contestualmente approvato), è solo la prima tappa di un complesso procedimento che prevede ulteriori adempimenti presso varie amministrazioni (Camera di Commercio, Agenzia delle Entrate, Autorità Nazionale Anti Corruzione, Corte dei Conti, Regione Calabria), ultimati i quali si potrà, quindi, pervenire all’effettivo affidamento del servizio, che verrà disposto con apposita deliberazione consiliare a cui faranno da corona una serie di atti e provvedimenti collegati (contratto di servizio, piano degli obiettivi, indirizzo sulle modalità di reclutamento del personale, regolamento sul controllo analogo, ecc.).

Sulla carta, il nostro Comune non avrebbe un’organizzazione burocratica numericamente adeguata a condurre in porto un iter così tortuoso e irto di difficoltà. Invece, grazie alle eccezionali capacità, all’abnegazione e al senso del dovere dei Responsabili dei Servizi Arch. Michele Politanò, Dott. Rocco Ocello e sig. Franco Crea, nonché all’illuminante supporto giuridico dei Segretari Comunali Dott. Carlo Milardi, prima, e Dott.ssa Caterina Romanò, dopo, si è riusciti a mettere in campo un team capace tradurre in legittima ed efficace azione amministrativa gli indirizzi di carattere politico e strategico provenienti dal Sindaco, dalla Giunta e dal Consiglio Comunale. Grazie a questo gioco di squadra, rafforzato dalle preziose indicazioni dei consulenti di rilievo nazionale messi gratuitamente a disposizione dalla società che cura la formazione del nostro personale, siamo riusciti a superare tutte le asperità e le insidie proprie di una materia in continua evoluzione, sia dal punto normativo che giurisprudenziale. E l’altissima qualità del lavoro svolto fino ad oggi ci tranquillizza anche in vista dei successivi passaggi amministrativi, che si concluderanno con il concreto subentro della società in house nella gestione delle Terme.

Consapevoli del fatto che eventuali errori o sottovalutazioni nella fase iniziale avrebbero potuto pregiudicare il buon esito dell’operazione, frustrando le aspettative della cittadinanza e mettendo a rischio la futura operatività della struttura termale, abbiamo ritenuto doveroso esaminare con estrema attenzione ed accuratezza tutti i possibili profili di criticità della scelta che ci accingevamo a compiere e, attraverso un sereno e proficuo confronto con tutti i protagonisti del procedimento, siamo riusciti a trovare le migliori soluzioni tecniche e giuridiche per giungere ad un atto deliberativo che l’Organo di Revisione Contabile nominato dalla Prefettura ha certificato essere perfettamente conforme alla normativa che regola la materia.

Proprio per questo motivo, la patetica sceneggiata messa in atto dal gruppo consiliare di minoranza che, dopo aver consegnato al segretario un
documento (immediatamente trasmesso alla stampa) in cui si sostiene che la delibera sarebbe addirittura illegale, ha teatralmente abbandonato l’aula prima della votazione sulla costituzione della società, certifica solo il fallimento politico del Movimento Galatro Viva che, sin dal momento della sua nascita, ha sempre osteggiato le scelte dell’Amministrazione Comunale a favore della gestione pubblica delle Terme.

Perché non si può dimenticare il manifesto del gennaio 2017, con il quale l’attuale opposizione sosteneva che il Comune non poteva gestire le Terme perché, a suo dire (ma soprattutto a dire dell’avvocato della società ex concessionaria, che ci ha costruito sopra un ricorso al TAR), “le leggi e la stessa Regione Calabria indicano strade diverse che portano dritto all’individuazione del gestore attraverso una procedura ad evidenza pubblica, obbligo peraltro sancito “dai principi discendenti dall’art. 81 del trattato UE e dalle direttive comunitarie in materia di appalti, quali quelli della loro necessaria attribuzione mediante procedure concorsuali, trasparenti, non discriminatorie, nonché tali da assicurare la parità di trattamento ai partecipanti”. E poi abbiamo visto tutti com’è andata.

Allo stesso modo, non si può scordare la lettera dell’ottobre 2017, sempre diffusa a mezzo stampa, con la quale il gruppo di minoranza si è “dissociato” dalle modalità di gestione diretta della Terme.

Ma ciò che fa più sorridere è la constatazione del fatto che i consiglieri di Galatro Viva, sempre lesti a criticare le nostre decisioni, da anni vanno ripetendo che ci sarebbero altre forme di gestione comunale delle Terme migliori di quelle da noi proposte, ma si sono sempre guardati bene dal rivelarle. Tanto da farci sorgere il dubbio che considerino queste informazioni il Quarto Segreto di Fatima.

A parte l’ironia, quanto accaduto dimostra in cosa consista la differenza tra noi e loro: l’Amministrazione Comunale ha sempre avuto le idee chiare sul futuro delle Terme, assumendosi ogni volta che è stato necessario la responsabilità delle decisioni più utili per il bene della collettività, anche se spesso non si trattava di quelle più semplici o comode. E per questo, pur avendo sempre operato nella più adamantina legalità, ha subito attacchi feroci, contumelie, denunce ed esposti, provenienti anche da soggetti che si definiscono avversari politici, avendo però l’impagabile soddisfazione di vedere le proprie scelte sistematicamente confermate ed approvate dalle varie autorità giudiziarie che si sono pronunciate.

La minoranza, invece, si è sempre nascosta, vivacchiando nelle ambiguità, dicendo a parole di essere a favore della gestione pubblica ma poi, nei fatti, schierandosi sempre dalla parte del gestore privato, attaccando l’amministrazione comunale per le sue scelte, ma non indicando mai quale avrebbe dovuto essere la soluzione diversa.

E questo stesso atteggiamento ha caratterizzato il comportamento dell’opposizione nella vicenda della società in house. Infatti, se avessero avuto realmente a cuore le sorti delle Terme e l’individuazione della migliore forma di gestione pubblica, dopo aver ricevuto in anteprima tutti gli atti relativi alla costituzione della società nel corso di un’apposita riunione tenutasi nella stanza del Sindaco oltre un mese fa, ci avrebbero fatto pervenire le loro proposte di modifica e, perché no, ci avrebbero chiarito a cosa fanno riferimento nel documento consegnato al segretario prima di abbandonare il Consiglio Comunale quando testualmente scrivono: “Affinché l’Amministrazione Comunale possa gestire direttamente le Terme c’è un solo modo, ma non è quello prospettato dalla Delibera di Giunta nr. 12 del 05/03/2019.” Ma poi, pensandoci, ci siamo resi conto che, visto che si trattava del Quarto Segreto di Fatima, era troppo pretendere che lo rivelassero nel corso di un banale Consiglio Comunale. Invece, come al solito, hanno scelto la fuga, lasciando la sala del consiglio dopo la presentazione del “documento bomba”, come qualcuno lo ha definito.

Ma se sono scappati lo hanno fatto a ragion veduta, perché sapevano che il loro grossolano bluff, escogitato per poter abbandonare il campo senza prendersi la responsabilità politica di votare a favore o contro la società, non poteva reggere ad una discussione con il gruppo di maggioranza. Sapevano bene, difatti, che quel documento contiene solo aria fritta, un’accozzaglia di argomentazioni, messe insieme alla rinfusa, che tutto provano tranne che la delibera approvata dal Consiglio in loro assenza sia illegale.

Perché la sussistenza dei requisiti previsti dalla legge per l’istituzione della società in house è analiticamente dimostrata nel corpo del provvedimento ed è attestata non solo dai responsabili dei servizi, ma anche dal lungo e articolato parere favorevole del Revisore dei Conti, che ovviamente non è stato smentito dal “documento bomba”, né si vede come avrebbe potuto esserlo.

Quindi, nessuna sorpresa. C’è chi si assume le proprie responsabilità per tentare di offrire un futuro migliore ai galatresi e chi, invece, scappa. Noi non scappiamo.


Galatro, 17 aprile 2019.

Per l’Amministrazione Comunale – Carmelo Panetta - Sindaco


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(23.4.19) DUBBI SULLA SOCIETA' IN HOUSE "TERME DI GALATRO SRL" (Maria Francesca Cordiani) - Con queste brevi riflessioni intendo innanzitutto esprimere il mio plauso all’Amministrazione comunale per il tenace e persistente impegno con cui sta tentando di dar nuova vita alle Terme galatresi. Una struttura che indubbiamente costituisce il fiore all’occhiello per lo sviluppo turistico, economico e sociale del nostro territorio.

Tuttavia pur condividendo le ragioni che sono alla base della scelta organizzativa effettuata dall’Ente, senza voler entrare nel merito della diatriba tra maggioranza e opposizione e con il rammarico di non aver esternato prima le seguenti mie considerazioni, in qualità di cittadina galatrese, voglio manifestare alcuni dubbi sull’opportunità della strada intrapresa per la gestione del complesso termale, ciò al solo scopo di contribuire sia pur tardivamente alla tutela del sopraindicato bene pubblico.

Innanzitutto la prima perplessità sorge dal fatto che, com’è noto, le società a partecipazione pubblica possono essere costituite dagli enti locali solo per il perseguimento di determinate finalità, prima fra tutte la realizzazione di servizi di interesse generale ovvero “attività che non sarebbero svolte dal mercato senza un intervento pubblico, o sarebbero svolte a condizioni differenti in termini di: accessibilità fisica ed conomica, qualità, continuità, sicurezza, non discriminazione e assunte come necessarie per la soddisfazione dei bisogni della collettività di riferimento così da garantire l’omogeneità dello sviluppo e la coesione sociale”.

Sul punto, difatti, la giurisprudenza ha così statuito: “La valutazione di stretta necessità da compiersi caso per caso, comporta il raffronto tra l’attività che costituisce l’oggetto sociale e le attività di competenza dell’Ente, quali derivanti dall’attuale assetto istituzionale, che vede i Comuni e le Province titolari di funzioni proprie e di funzioni conferite – secondo i noti criteri di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza -, con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze” (delibera n. 5 del 2009 della Corte dei Conti del Veneto).

Orbene, la gestione delle acque termali, anche se connessa con l’espletamento di servizi sanitari con finalità terapeutiche, non appare rientrare tra le suddette funzioni.

Un ulteriore dubbio, inoltre, nasce dalla presa d’atto che “l’affidamento di concessioni amministrative aventi ad oggetto l’uso di beni pubblici (siano essi del demanio ovvero del patrimonio indisponibile dello Stato, delle Regioni o dei Comuni) resta assoggettato al generale obbligo delle Amministrazioni - derivante dai fondamentali principi di diritto comunitario rinvenibili direttamente nel Trattato CE (libertà di stabilimento, di libera prestazione dei servizi, nonché principi di par condicio, imparzialità e trasparenza) - di esperire procedure ad evidenza pubblica ai fini della individuazione del soggetto contraente (Consiglio di Stato 25 settembre 2009 n. 5765).

In particolare è stato precisato che «alle concessioni di beni pubblici di rilevanza economica (…), poiché idonee a fornire una situazione di guadagno a soggetti operanti nel libero mercato, devono applicarsi i principi discendenti dall’art. 81 del Trattato UE e dalle direttive comunitarie in materia di appalti, quali quelli della loro necessaria attribuzione mediante procedure concorsuali, trasparenti, non discriminatorie, nonché tali da assicurare la parità di trattamento ai partecipanti (TAR Campania, Napoli, VII, 9 luglio 2009, n.3828; in termini, ex multis, Consiglio di Stato, 17 maggio 2011, n. 3250; Consiglio di Stato, sez. VI, 22 marzo 2011, n. 1747; Consiglio di Stato, sez. V, 13 febbraio 2013, n. 873; TAR Lombardia Milano sez. IV 26 settembre 2014 n. 2401)” (Autorità Nazionale Anticorruzione delibera 219 del 2 marzo 2016).

Al riguardo, secondo quanto riportato in un rapporto del Ministero Economia e Finanze, la Calabria con normativa regionale ha stabilito che la concessione per lo sfruttamento delle acque minerali e termali deve avvenire a mezzo di procedura ad evidenza pubblica.

Ulteriori titubanze nascono anche dalla necessità di effettuare una ricognizione ed una eliminazione delle società non indispensabili per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali imposta, com’è risaputo, agli enti locali dalla legge di stabilità del 2015 ed ancora dall’obbligo della redazione di un bilancio consolidato, che potrebbe comportare, in caso di eventuali disavanzi della società, gravi conseguenze sul bilancio comunale; elementi che, a parere della scrivente, collidono con la scelta operata.

Orbene, alla luce di quanto sopra, sarebbe più opportuno procedere all’esperimento di una procedura ad evidenza pubblica per l’affidamento delle terme, ciò in armonia con i fondamentali principi di buon andamento, efficienza, economicità cui è sottoposta la Pubblica Amministrazione.

Auspico comunque che la soluzione scelta permetta di sfruttare al meglio la nostra imparagonabile struttura termale e che in futuro non sopraggiungano eventuali spiacevoli sorprese.

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(28.4.19) IL BUSILLIS DELLE TERME (Domenico Distilo) - La tenzone tra minoranza e maggioranza sulla fattibilità della società in house providing (come si dice nell’orrido inglese economico-giuridico) a cui, a costituzione avvenuta e, soprattutto, ultimata, dovrà essere affidata la gestione delle Terme di Galatro, merita una riflessione al di sopra degli steccati “ideologici” dentro i quali gli estensori dei due documenti sembra abbiano voluto rinchiudersi (invero molto più per il tono che per la sostanza delle argomentazioni addotte).

Ferma restando la divergenza sull’esito finale, su un punto i due testi concordano, quello della maggioranza probabilmente per una sorta di lapsus freudiano. La strada scelta è sicuramente impervia, disseminata di ostacoli (leggi: adempimenti burocratici e di altra varia natura) e, pour cause, con tempi di percorrenza inevitabilmente lunghi, come il
documento dell’Amministrazione ammette quasi esplicitamente: “È solo la prima tappa di un complesso procedimento che prevede ulteriori adempimenti presso varie amministrazioni (Camera di Commercio, Agenzia delle Entrate, Autorità Nazionale Anti Corruzione, Corte dei Conti, Regione Calabria), ultimati i quali si potrà, quindi, pervenire all’effettivo affidamento del servizio, che verrà disposto con apposita deliberazione consiliare a cui faranno da corona una serie di atti e provvedimenti collegati (contratto di servizio, piano degli obiettivi, indirizzo sulle modalità di reclutamento del personale, regolamento sul controllo analogo, ecc.“. Si tratta, tuttavia, di un’ammissione generica, che non solo non azzarda nessuna previsione sui tempi, ma omette, oltreché l’approfondimento, la semplice citazione di due rilevanti implicazioni di quanto sopra: l’inevitabilità di una nuova stagione in economia, esattamente com’era avvenuto per le due precedenti; le incognite che gravano su tale tipo di gestione derivanti dalla riduzione del personale comunale in ragione dei numerosi pensionamenti e del nuovo contratto regionale dei lavoratori ex LSU-LPU.

Quanto alle motivazioni della scelta del tipo di società, appare chiaro che si tratta di un ripiego. L’in house è un escamotage per sfuggire ai mille inconvenienti della gestione diretta comunale. È, per dirla tutta, una gestione diretta diversamente denominata, avendone tutti i pregi, e, ahinoi, tutti i difetti. I pregi si riassumono nel far restare proprietà e gestione in capo al Comune, cioè ai cittadini di Galatro. I difetti però sono macroscopici, a partire dalla capitalizzazione della società, che dovrà avvenire con capitali comunali, con la conseguenza che eventuali perdite dovrebbero essere ripianate attingendo al bilancio comunale. Se, facendo i debiti scongiuri, capitasse il default della società in house, esso si trascinerebbe dietro, con un grado di probabilità elevatissimo, il default del bilancio comunale. A meno che non si tratti di un bilancio con un attivo tale da rendere la frazione di esso da impegnare dapprima nella capitalizzazione e successivamente nel ripianamento delle perdite della società Terme di Galatro un’entità del tutto trascurabile. Quand’anche ci fossero la “sostenibilità dell’operazione”, la “programmazione previsionale” e la “rendicontazione economico finanziaria” non è assolutamente detto che non avvenga il default, per una ragione attinente allo statuto epistemologico dell’economia, che è una scienza empirica e, come tutte le scienze empiriche, è esposta alla confutazione dei fatti, cioè al non verificarsi delle previsioni. Su questo punto la maggioranza glissa, ma è chiaro che si tratta del punto cruciale della questione, più della stessa fattibilità legislativa messa in risalto dal documento della minoranza, perché riguarda un aspetto sostanziale e non meramente giuridico-formale.

Aspetto, il giuridico-formale, relativamente al quale il documento della maggioranza evita di entrare nel merito, in particolare riguardo alla questione dell’ottanta per cento delle attività della società aggiudicataria che dovrebbe essere riservato all’ente aggiudicante. Che ne dovrebbe fruire in proprio e non per terzi quali sarebbero gli utenti delle terme. Così come non entra nel merito dei rilievi circa la conformità della società in house alla legislazione vigente più che a un del tutto opinabile ed astratto fumus boni iuris deducibile da quesiti posti alla Corte Costituzionale e alla Corte di Giustizia europea sul Codice degli appalti.

Ma se il documento della maggioranza elude rilevanti aspetti tecnico-giuridici, quello della minoranza non è da meno nello sfuggire al nodo politico della questione. Se l’in house non è fattibile, qual è la proposta della minoranza per le terme? Par di capire, ma non lo si dice espressamente, che non si veda altra strada che il “ricorso al mercato”, alla gara di evidenza pubblica per riportare le terme sotto una gestione privata. Ma è davvero una strada raccomandabile e percorribile nell’attuale contesto locale e nazionale e dopo il triste finale della vicenda Terme Service? (A proposito: è di pochi giorni fa la notizia del fallimento, certificato dal tribunale di Vibo Valentia). Se si facesse la gara di evidenza pubblica ci ritroveremmo, con altissima probabilità, ad avere un operatore locale con caratteristiche simili alla defunta Terme Service, con serie prospettive di replicarne la vicenda.

Ed è raccomandabile e percorribile la strada del coinvolgimento nella proprietà e/o nella gestione di altri enti territoriali, a partire dalla sgarrupata Città Metropolitana? Perché mai dovremmo mettere in comune una risorsa che è nostra?

Non resta, a nostro avviso, che tentare la mossa del cavallo. Se la legislazione attuale è limitante o impossibilitante, ci si provi a farla cambiare. Facendo, con altre terme e con la guida dei sindacati delle aziende termali, Federterme, Assoterme ecc., un lavoro di pressione, di lobbyng, su governo e Parlamento. Vivaddio, non saranno soltanto le Terme di Galatro a soffrire di una legislazione che è stata costruita, non soltanto nel settore termale, per penalizzare il pubblico, considerandolo sentina di tutti i mali. Mentre ci sono casi e contingenze nei quali non c’è alternativa al fallimento che l’intervento e la gestione pubblici, per l’interesse, appunto, pubblico.

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Nella foto in alto: scorcio alle Terme di Galatro.

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(1.5.19) LE TERME E L'UOVO DI COLIBRI' GIAMAICANO (Francesco Orlando Distilo) - Se qualcuno mi avesse detto che un giorno avrei scritto sul Primo Maggio, verosimilmente mi sarei fatto una grassa risata, non perché sminuisca questa giornata ma perché è stata sempre "strumentalizzata" da una certa parte politica. A scanso di facili equivoci e soprattutto di facili strumentalizzazioni, vorrei ricordare il significato di questa giornata. Il 1° Maggio nasce come momento di lotta internazionale di tutti i lavoratori, senza barriere geografiche, né tanto meno sociali, per affermare i propri diritti e per migliorare la propria condizione di lavoratore. "Otto ore di lavoro, otto di svago, otto per dormire" fu la parola d'ordine, coniata in Australia nel 1855, e condivisa da gran parte del movimento sindacale organizzato del primo Novecento.

Si aprì così la strada a rivendicazioni generali e alla ricerca di un giorno, il primo Maggio, appunto, in cui tutti i lavoratori potessero incontrarsi per esercitare una forma di lotta e per affermare la propria autonomia e indipendenza. "Lavoratori - si legge in un volantino diffuso a Napoli il 20 aprile 1890 - ricordatevi il 1° maggio di far festa. In quel giorno gli operai di tutto il mondo, coscienti dei loro diritti, lasceranno il lavoro per provare ai padroni che, malgrado la distanza e la differenza di nazionalità, di razza e di linguaggio, i proletari sono tutti concordi nel voler migliorare la propria sorte e conquistare di fronte agli oziosi il posto che è dovuto a chi lavora."

Quei sindacati che oggi si dimenticano di quelle lotte e che permettono lo sfruttamento dei migranti nella Piana di Gioia Tauro, nella Piana di Lamezia Terme, nell'Agro-Pontino, in Puglia e nel resto della Penisola, tra fonderie, edilizia e agricoltura, sfruttando la loro disperazione per 14 ore di lavoro al giorno per 3 euro netti all'ora con forme di caporalato, grazie al finto buonismo di questa sinistra che, come afferma il filosofo Diego Fusaro, "la chiamano integrazione, la chiamano accoglienza. In realtà, è deportazione di esseri umani dall’Africa: deportazione il cui obiettivo è avere schiavi da sfruttare a basso costo (caporalato) e braccia supersfruttate con cui abbassare le condizioni della classe lavoratrice". In sostanza, secondo Diego Fusaro, "l’obiettivo del mondialismo e dei suoi agenti non è integrare i migranti, ma disintegrare i cittadini. Non è rendere i migranti come noi, ma noi come i migranti: senza diritti, sradicati, con salari da fame. È questa la funzione dell’immigrazione di massa".

Non sono, però, i migranti il motivo per cui ho deciso di redigere il presente intervento, per i quali si sono scatenate le polemiche che tutti conosciamo, ma per quelle famiglie e quei giovani che di recente hanno lasciato Galatro per trasferirsi in altre Regioni o, addirittura, all'Estero e per tutti coloro che prossimamente si apprestano ad "abbandonare" il nostro Comune. Certo, forse queste famiglie e questi giovani avrebbero potuto accedere al “Reddito di Cittadinanza”, ma di una cosa sono sicuro, che questi concittadini, al di là della possibilità di poter usufruire di un reddito, sono anche alla ricerca di una propria dignità. Quella dignità che Giovanni Paolo II richiama, nel discorso all'assemblea dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro, quando afferma che dietro ogni lavoro, fisico o intellettuale, “c'è sempre un soggetto vivente: la persona umana. È da ciò che il lavoro trae il suo valore e la sua dignità”. Se l'uomo si realizza e compie la propria vocazione nel lavoro, allora il lavoro serve l'uomo, risultando centrale per garantire il pieno sviluppo e il rispetto della dignità di ogni persona.

Prima di entrare, però, nel vivo della questione è opportuno evidenziare che, secondo una rilevazione ANCI, dal 1971 al 2015, diversi comuni italiani hanno perso più della metà dei loro residenti. In alcuni casi la percentuale di spopolamento ha toccato l'81%. Quando un paese si svuota, si chiudono le scuole, scompaiono i servizi, si fermano le aziende. Così un paese muore. Come recentemente dichiarato dall’On. Luca De Carlo (FdI) nonché Sindaco di Alpago (BL) il futuro delle comunità, soprattutto quelle più fragili, si pianifica seriamente liberandosi da posizioni ideologiche. Posizioni ideologiche di cui, per quanto riguarda Galatro, l’attuale Amministrazione Comunale non si vuole liberare.

Per comprendere le posizioni di questa Amministrazione vorrei ripartire dalla
replica al mio intervento sulla società in house del 24 marzo 2019. Cito testualmente: […] “il Commentatore abbia scritto […] per realizzare suoi obiettivi reconditi, visto che si è già pubblicamente proposto come intermediario per l’affidamento delle Terme ad imprenditori di sua conoscenza pur sapendo che la sua richiesta è non solo giuridicamente (perché quel tipo di concessione può essere assegnata a privati solo previa gara pubblica di evidenza europea) ma anche politicamente irricevibile (perché la nostra scelta per la gestione pubblica non è in discussione)”. Tenete a mente la frase in parentesi ed evidenziata in grassetto ovvero “la gestione pubblica non è in discussione”.

Orbene, tutti ricorderete l’iter che questa Amministrazione ha seguito prima di arrivare alla decisione per la società in house. La storia comincia nel 2011 quando l’allora ed attuale Sindaco dichiara che le Terme sarebbero rientrate nella disponibilità comunale e che non avrebbe intrapreso alcuna azione giudiziaria sia per le lungaggini dei procedimenti e sia per risparmiare risorse finanziarie del Comune. Scelta, questa, a mio avviso condivisibile anche in virtù del fatto che per chiudere un processo civile occorrono circa 500 giorni in primo grado, 800 in secondo grado e 1200 in Cassazione. Dopo quattro anni e 10 mesi di silenzio, giusto giusto per le elezioni Amministrative 2016, ecco che la Giunta Comunale partorisce la bozza di Statuto della Fondazione che avrebbe dovuto gestire le Terme. Statuto dato alla luce, vorrei ricordare, senza consultare nessuna forza politica o culturale ovvero i singoli cittadini.

Ebbene secondo l’estensore della replica al mio intervento, la gestione pubblica non è in discussione. In merito a tale affermazione lo informo che nella delibera nr. 8 del 19.04.2016 con oggetto Costituzione fondazione “Terme di Galatro” e adempimenti consequenziali, a pagina 2 si rileva: “Il Sindaco espone il percorso compiuto per far ritornare le Terme alla gestione pubblica, tramite uno strumento giuridico che non è né la società per azioni né la società a responsabilità limitata ma una fondazione aperta, o meglio, una fondazione di partecipazione che consenta, dopo un certo periodo, l’apporto di altri soggetti istituzionali e di privati”. Nello statuto della Fondazione che accompagna la citata delibera, invece, per ben 7 volte si rilevano frasi in cui si prospettano collaborazioni con Enti pubblici e privati. Di grazia, signor Sindaco ci può indicare a quali Enti privati si riferiva sia Lei che l’estensore dello statuto?

E’ lapalissiano che, se fosse andata in porto la Fondazione, ci sarebbe stata l’intromissione dentro la Fondazione di Enti privati (società) non direttamente riconducibili ad Enti pubblici con la beffa che, mentre questi Enti privati (società) avrebbero avuto una fiscalità di vantaggio, i dipendenti e i fornitori sarebbero stati tassati secondo le regole ordinarie. Per fortuna dei Galatresi gli interventi della Corte di Cassazione e la Riforma del Terzo Settore ne hanno impedito la costituzione.

Sostanzialmente Galatro, dopo ben 6 anni, si ritrova con un pugno di mosche in mano e senza una pianificazione che tenda allo sviluppo economico e sociale della nostra comunità. A dire il vero ci sarebbero già i presupposti per abbandonare il campo ma la presunzione e l’arroganza di questa Amministrazione, per dimostrare la sua competenza, s’inventa la gestione in economia”. Tale gestione è stata, immediatamente, criticata dallo scrivente per mancanza dei presupposti giuridici. Per tale motivo con una nota, trasmessa alla Segretaria Comunale e responsabile della trasparenza e prevenzione della corruzione, D.ssa Elisabetta Tripodi, chiedevo alla stessa di farsi promotrice, presso il Consiglio Comunale, dell’annullamento in autotutela della delibera nr. 15 del 24/04/2017. Con propia nota nr. 2628 del 29/06/2017 la d.ssa Tripodi rispondeva che: “Con riferimento alla sua nota del 22.05.2017, di pari oggetto, si sottolinea come nessun potere di revoca in autotutela sia attribuito al Responsabile della prevenzione della corruzione rispetto ad un atto di un organo collegiale come il Consiglio comunale. Rispetto alla deliberazione in oggetto solo lo stesso organo consiliare potrebbe revocarla. Tuttavia nei confronti della stessa, qualora ritenuta illegittima, sono esperibili i rimedi giurisdizionali previsti dalla legge”.

Faccio notare che la d.ssa Tripodi, nella sua qualità di Segretario Comunale, ha dato alla delibera consiliare la forma dell’atto pubblico e che la medesima non ha messo in discussione le mie argomentazioni ma, come Pilato, se n’è lavata le mani, consigliandomi di rivolgermi al TAR, come se avessi un interesse legittimo da tutelare, pur sapendo che non avevo titolo per farlo.

Riguardo alla successiva sentenza del TAR, Sezione Staccata di Reggio Calabria, ho già argomentato in un apposito intervento (reperibile negli archivi di questa testata giornalistica) in cui ho dimostrato il macroscopico errore del Tribunale Amministrativo oltre al fatto che si è trattata di una sentenza copiata, adattata alla circostanza ed incollata dall’estensore. Mediante ciò, l’Amministrazione, guidata dal Rag. Carmelo Panetta, ha mal gestito le Terme per due stagioni e si appresta a gestirle per la terza. Questa nuova stagione in economia viene eseguita in forza di una variazione di bilancio della Giunta effettuata lo stesso giorno in cui il Consiglio Comunale si apprestava ad approvare una delibera con la quale si sarebbe decisa la costituzione di un’apposita società in house providing per la gestione delle Terme. Anche sulla società in house ho dimostrato l’illegittimità della sua costituzione (articolo reperibile negli archivi della testata).

A questo punto una domanda sorge spontanea: considerato che l’affidamento diretto alle società in house può essere effettuato, sotto la propria responsabilità, dalle amministrazioni aggiudicatrici e dagli enti aggiudicatori in presenza dei presupposti legittimanti definiti dall’art. 12 della direttiva 24/2014/UE e recepiti nei medesimi termini nell’art. 5 del d.lgs. n. 50 del 2016 e nel rispetto delle prescrizioni di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 192, a prescindere dall’inoltro della domanda di iscrizione, perchè questa Amministrazione non provvede a gestire le Terme mediante la società in house? Anche in questo caso aspettiamo un intervento del Sindaco che giustifichi la condotta della sua Amministrazione.

A questo punto, mi corre l’obbligo di riprendere l’intervento di Domenico Distilo dal titolo “Il busillis delle terme” ove l’autore pone la domanda alla minoranza di una eventuale controproposta. Che la minoranza abbia una soluzione per la gestione comunale delle Terme ne sono certo. Comprendo e giustifico anche le motivazioni per le quali, nel corso del Consiglio Comunale del 16 aprile 2019, la minoranza non abbia rilanciato con la sua proposta. Abbiamo visto come questa Amministrazione, nelle sue scelte riguardo le Terme non ha mai, dicasi mai, coinvolto nè la minoranza nè le varie associazioni presenti sul territorio, gestendo tutta la vicenda Terme con un proprio disegno.

Chiedo, quindi: per quale motivo la minoranza consiliare avrebbe dovuto esporre il proprio progetto? Credo che la minoranza, proprio per spirito di servizio, abbia fatto benissimo a non rilanciare con la propria proposta, per evidenziare i limiti di questa Amministrazione che ha tolto dignità e speranza a decine di persone con promesse che sono state puntualmente disattese.

Mi corre, altresì, l’obbligo di ricordare ai galatresi che il Sindaco, nel corso di una assemblea pubblica dove ha annunciato la costituzione della società in house, ha avuto la sfrontatezza di affermare che con la società in house ci sarebbero stati almeno 60 posti di lavoro. Evidentemente in quella occasione il Sindaco era sotto l’effetto dell’adrenalina e non si è reso conto di quello che stava dicendo. Se, in tale occasione, avesse fatto i conti della serva avrebbe capito della baggianata che stava dicendo.

Approfitto di questa occasione per evidenziare l’ennesima presa per i fondelli ai cittadini di Galatro da parte del Sindaco. Volando basso, per prudenza, evidenzio che un lavoratore alle Terme tra Irpef (come sostituto d’imposta), netto in busta paga, contributi previdenziali ed assistenziale verrebbe a costare almeno 1.800 Euro al mese che moltiplicato per 60 sarebbero 108.000 Euro al mese che, ancora moltiplicato per 8 mesi (da aprile a novembre), ci porta alla considerevole cifra di 864.000 Euro, solo di costo del lavoro. Nella mia esperienza professionale queste cifre le ho solamente viste in aziende che fatturano almeno 5 milioni di Euro all’anno e non credo che, con tutta la buona volontà, le Terme di Galatro abbiano la possibilità di fare determinati fatturati.

Sulle Terme, insomma, il Sindaco ha promesso un uovo di struzzo ma ha deposto solamente un uovo di colibrì giamaicano. Detto ciò, chiedo al Sindaco di restituire la dignità e la speranza ai galatresi che sono andati via e ai pochi che sono rimasti, rassegnando le proprie dimissioni per manifesta incapacità.

* * *

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(9.5.19) SALVINI STRAPARLA E INTANTO LA CAMORRA COLPISCE (Angelo Cannatà) - Salvini straparla e la camorra uccide. Potrebbe essere questa la sintesi di quanto accade nel nostro disgraziato Paese. L’inefficienza di un ministro demagogo, mentre la criminalità organizzata dilaga. Imperversa da giorni infatti il caso Siri, sottosegretario inquisito alla cui difesa Salvini dedica molte energie, mentre a Napoli la camorra uccide una bambina: non dovrebbe parlar meno e garantire più sicurezza il ministro dell’Interno?, comincia a chiedersi la gente.

La tensione è alta nel governo e siamo agli insulti: “Alla Lega chiediamo di tirare fuori le palle e far dimettere Siri” dicono i 5Stelle; “A chi mi attacca dico tappatevi la bocca, è l’ultimo avviso” replica Salvini. Parole dure. Ragioniamo, partendo dalla posizione dei protagonisti:

1. Il sottosegretario nega ogni accusa. Può anche ignorare Conte quando gli dice che non gode più della sua fiducia? Siri sta allungando un’agonia dall’esito inevitabile.

2. Il premier spiega la sua decisione: “i cittadini devono continuare a fidarsi della politica e delle istituzioni”; di chi ha tutelato l’interesse personale di un privato (e non l’interesse pubblico) non possono fidarsi. Semplice. Non c’entrano niente il garantismo e Cesare Beccaria sempre citato a sproposito.

3. La vicenda Siri si complica perché Salvini finge di non cogliere la distinzione tra “questione penale” e “questione etica”. E’ una mistificazione. Pensa che nessuno ricordi le sue richieste, in passato, di dimissioni di ministri? Che i suoi elettori non badino alle contraddizioni? Che non pagherà alcun prezzo per la difesa di un inquisito? Ancora: se vuol rompere coi 5Stelle, come qualcuno dice, è questo il terreno più giusto? Infine: Salvini non molla Siri per motivi indicibili? E’ l’aggrovigliarsi di queste domande a rendere la questione Siri “il” caso politico più scottante del governo.

4. Di Maio in questa partita difende la legalità e il governo del cambiamento. Poi, certo, i toni si accendono e a Salvini arriva anche una frase al veleno: “Io non solleverò nessuna crisi di governo… ricordo che l’ultimo che ha sollevato una crisi su un indagato è Mastella”.

Questa, in sintesi, la situazione a poche settimane dalle europee. Con un’aggravante: la posizione di molti quotidiani: Libero, Il Messaggero, Il Giornale… Insomma, il premier dà una lezione (anche di stile) ma Salvini e i giornaloni al seguito fingono di non capirla: spostano l’attenzione sul tema giudiziario e lasciano cadere il tema etico. Cambiano argomento. Si comportano come quell’alunno che interrogato sulla Critica della ragion pratica (il fondamento della morale) ripeteva l’Estetica: parlava d’altro. Ecco, Salvini e i giornaloni al seguito parlano d’altro.

A scuola segnalerei il “debito formativo”: “studiare il postulato della libertà” (Kant osserva che “la libertà è la ratio essendi della legge morale”); più che un obbligo è una necessità oggi che - non solo nell’informazione - tanti non sanno più cosa sia, e la legge morale è sparita da un pezzo. Viviamo nell’età del Partito Preso, dell’egoismo, della perdita di vista dell’interesse generale. E prevalgono ragionamenti inquietanti: perché Siri dovrebbe dimettersi? Perché Salvini non dovrebbe difenderlo? In fondo il sottosegretario ha “solo” tutelato gli interessi di Arata amico di Nicastri e di una catena di personalità “integerrime” che portano alla mafia. Povero Kant, il cielo stellato è sopra di noi ma “la legge morale in noi” fatica a trovare ascolto.

Post scriptum. Il ministro dell’Interno straparla ma i fatti dicono che difende un inquisito, che tra le forze dell’ordine cresce il malumore (“Pochi mezzi e troppi annunci”), che a Napoli lo Stato è assente mentre la camorra colpisce Noemi, 4 anni. E’ venuto il momento di un risveglio dei cittadini: il figlio di un boss ha urlato in piazza: “Noi figli di camorristi dobbiamo dissociarci dalla camorra, la vita è cultura e lavoro. Amo mio padre ma ho deciso di rinnegarlo”. E’ un buon segnale: la legge morale che emerge potente da queste parole - e Napoli che marcia indignata - siano motivo e fonte di rinascita di una società civile da troppo tempo assente.

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Articolo apparso su
ilfattoquotidiano.it lunedì 6 maggio 2019

Nella foto: Matteo Salvini.

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(17.5.19) LA VOTAZIONE E' CHIUSA! ANZI, NO (Domenico Distilo) - Ricorre quest’anno il quarantesimo anniversario della prima elezione a suffragio universale del Parlamento Europeo. Domenico Distilo ha pescato dal suo album dei ricordi un gustoso episodio che testimonia di un’epoca in cui la passione politica spesso tracimava, ispirando gesti che non sempre potevano dirsi nel “rispetto delle regole”.

La prima elezione a suffragio universale del Parlamento Europeo riporta in auge, in Calabria, l’ex deputato Giuseppe Reale, appiedato alle politiche del 20 giugno 1976 dalla concorrenza degli altri due candidati accreditati a ricevere le preferenze del mondo cattolico che vota DC. Reale, Albino Gagliardi, candidato di Comunione e Liberazione, e Salvatore Vetrò, vicino all’Azione Cattolica, si erano, semplicemente, elisi a vicenda contendendosi un pacchetto di voti (e di preferenze) che sarebbe a stento bastato ad eleggerne uno. Questo nel 1976, che sarebbe passato alla storia come l’anno della “non sfiducia”.

Ma a tre anni di distanza, nel giugno ’79, l’unità sembra ritrovata intorno al “vecchio” Giuseppe Reale, che ha titoli per candidarsi con chances di vittoria al parlamento di Strasburgo, essendone già stato membro su designazione della Camera. Reale pronuncia a Galatro un discorso memorabile per dottrina e ispirazione che gli vale, nell’entusiasmo generale, la convergenza di tutta la sezione DC sulla sua candidatura. Il voto, soprattutto il voto cattolico, questa volta non verrà disperso tra più candidati. Così si va ad eleggere il Parlamento europeo con gli elettori del Comune distribuiti, per la prima volta nella storia, su quattro sezioni elettorali tutte ubicate nell’edificio scolastico di via Regina Margherita, che ospita le scuole elementari.

A presiedere la sezione numero 2 arriva il prof. Luigino Ocello, galatrese trasferitosi a Reggio Calabria e già segretario (negli anni Cinquanta) della locale sezione DC. Non succede nulla di extra ordinario fino alle 22 (ora alla quale è prevista la chiusura definitiva della votazione, senza l’usuale appendice del lunedì: adesso siamo in Europa!). Ed è alle 22 in punto che il presidente professor Ocello si affaccia nell’androne dell’edificio portandosi fuori dall’aula scolastica adibita a sezione elettorale per annunciare “urbi et orbi”, con voce metallica, che “la votazione è chiusa” e a momenti “inizieranno le operazioni preliminari allo scrutinio”.

L’androne pullula di esponenti socialisti, comunisti, missini e ovviamente democristiani, tutti in attesa della conta dei voti. Il prof. Ocello, completato l’annuncio, inverte la marcia per andare a riposizionarsi dietro il grande tavolo dell’ufficio elettorale ma, stranamente, non si chiude la porta alle spalle. Qualcuno noterà – ma una notazione ex post va presa con tutte le riserve del caso - che la solennità dell’annuncio era andata scemando nella parte finale e la voce si era come strozzata. Cosa sarà mai successo? Niente di catastrofico né di tragico, per fortuna. Solo che nel momento di girarsi il prof-presidente scorge, probabilmente con la coda dell’occhio, mio padre giungere trafelato trascinandosi dietro un’elettrice dell’ultimo minuto. Cosa fa, allora, da democristiano tutto d’un pezzo? L’unica cosa che forse non dovrebbe: inopinatamente, ammette l’elettrice (ritardataria, ma democristiana, in ogni caso accompagnata al seggio da un esponente DC) al voto, riaprendo di fatto la votazione dichiarata chiusa solo venti secondi prima.

Apriti cielo! Il diritto al voto dell’elettrice è affermato (dal presidente di seggio) ed esercitato in un profluvio di proteste e dettature a verbale dei rappresentanti di lista dei partiti di sinistra e del MSI, nonché di alcuni scrutatori. Quando la scheda viene infilata nell’urna sembra che l’intero edificio scolastico debba venire giù. Invece non succede nulla e il voto dell’elettrice ritardataria non determinerà la vittoria o la sconfitta di nessuno.

Sic transit gloria mundi! Per la cronaca: Reale sarà gratificato, a Galatro, con 427 suffragi. In tutta la circoscrizione Sud con 120.000. Non gli basteranno per arrivare a Strasburgo.

Nella foto in alto: seggio chiuso.


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(19.5.19) DIGA SUL METRAMO: LAVORI URGENTI (Maria Francesca Cordiani) - Con queste brevi note vorrei nuovamente riproporre l’attenzione su una delle grandi risorse del nostro territorio, ovvero la diga sul Metramo. Un’opera di fondamentale importanza per un effettivo e concreto sviluppo di una regione come la nostra che, così come l’intero sud, è una terra dalle mille potenzialità.

La struttura costituisce, infatti, uno dei fiori all’occhiello non soltanto per Galatro ed i paesi ad essa vicini, ma per l’intera Piana. Si tratta difatti di uno degli invasi più grandi d’Europa per le sue caratteristiche e che, oltre a rappresentare un’immensa ricchezza per il nostro territorio con una grande capacità attrattiva dal punto di vista turistico, sarebbe anche una fonte di progresso e di lavoro per molte famiglie.

Un’opera cioè dalle molte potenzialità dal punto vista ambientale, turistico, economico-sociale ed occupazionale. Una struttura la cui magnificenza e venustà è davvero incommensurabile, che potrebbe garantire, tra l’altro, l’acqua anche per uso irriguo a molti paesi della Piana. La creazione della centrale idro-elettrica rappresenterebbe inoltre una notevole fonte d’energia, nonché causa di molti nuovi posti di lavoro. In buona sostanza una risorsa che può dare uno slancio vero e concreto alla crescita economica e sociale dell’intera Piana. Ciò è fondamentale specie in un contesto di grave crisi occupazionale in cui oggi viviamo.

Perciò è senza alcun dubbio urgente e indispensabile che sulla diga vengano realizzati i lavori recentemente finanziati dalla Conferenza Unificata, ovvero la galleria di derivazione necessaria per lo sfruttamento dell’invaso. Lavori per i quali non è dato sapere se sia stato redatto il progetto esecutivo o comunque se siano state avviate le procedure per l’affidamento dell’appalto di essi.

Al riguardo sarebbe forse utile indire un accordo di programma o una conferenza dei servizi anche asincrona, al fine di rendere più celeri i tempi di realizzazione del suddetto tunnel. Un’opera che contribuirebbe altresì a mettere ancor più in sicurezza l’infrastruttura.

L’esecuzione di tali lavori è secondo me quanto mai necessaria, specie in una zona ad alto rischio sismico qual è la Calabria. L’eventuale cedimento del grande invaso costituirebbe infatti un grave pericolo per molti paesi della Piana, visti anche i forti cambiamenti climatici a cui ormai da anni stiamo assistendo, nonché la condizione in cui versa il Metramo a monte del centro galatrese, nonostante i recenti lavori di manutenzione anche ordinaria, e solo in parte straordinaria, che sono stati effettuati sul fiume. Un corso d’acqua che dovrebbe quindi essere ripulito ex novo e sicuramente in maniera più accurata, almeno a partire appunto dalla diga.

Alla luce di queste succinte ed amare considerazioni è, ad avviso della scrivente, quanto mai opportuno che anche da una sinergia tra cittadini ed istituzioni nascano iniziative volte a sollecitare la realizzazione dei lavori di cui sopra, al fine di poter sfruttare al meglio il grande invaso. Ciò a tutela e vantaggio non solo delle odierne generazioni, ma anche e soprattutto di quelle future.

* * *

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Nella foto: scorcio dell'invaso della diga sul Metramo.

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(12.6.19) SU CONVOCAZIONE CONSIGLIO E SOCIETA' IN HOUSE (Francesco Orlando Distilo) - Le modalità con cui il Sindaco di Galatro, Rag. Carmelo Panetta, ha convocato l’ultimo Consiglio Comunale evidenzia, nonostante all’apparenza abbia mostrato i muscoli, un segno di debolezza. Tale Consiglio più che un civico consesso è apparso un blitz o un italianissimo agguato politico al gruppo di minoranza di Galatro Viva. Ricostruiamo l’intera vicenda per chi non ne fosse ancora a conoscenza.

Con comunicazione nr. 2474 del 30.05.2019 il Sindaco del Comune di Galatro ha convocato il Consiglio Comunale, in sessione straordinaria e urgente, in prima convocazione, per il giorno 03.06.2019 alle ore 19,00. Tale comunicazione, da quanto è dato sapere, è stata notificata ai consiglieri di minoranza tra venerdì 31 maggio e sabato 1 giugno. L’art. 38 del Testo Unico degli Enti Locali rimanda allo Statuto Comunale per le modalità per la convocazione del Consiglio Comunale. Per quanto riguarda il Comune di Galatro lo Statuto prevede al sesto comma dell’art. 21 che: “le sessioni ordinarie devono essere convocate almeno 5 (cinque) giorni prima del giorno stabilito; quelle straordinarie almeno 3 (tre). In caso di urgenza la convocazione può avvenire almeno 24 (ventiquattro) ore prima”.

Il comma dieci del medesimo articolo invece dispone che: “la documentazione relativa agli argomenti da trattare deve essere messa a disposizione per la visione dei Consiglieri comunali secondo quanto previsto dal Regolamento di funzionamento del Consiglio Comunale almeno 3 (tre) giorni prima della seduta nel caso di sessioni ordinarie, almeno 2 (due) giorni prima nel caso di sessioni straordinarie ed almeno 24 (ventiquattro) ore prima nel caso di urgenza”.

Il Regolamento sul Funzionamento del Consiglio Comunale, approvato con Deliberazione del Consiglio Comunale n. 18 del 04/05/2018, all’art. 24 dispone al secondo comma che: l’avviso di convocazione deve essere consegnato nel domicilio eletto dal Consigliere nel territorio del Comune, ed è valido anche se il Consigliere è assente dalla sua sede, purché la consegna sia fatta a persona con lo stesso convivente o ad altra persona dal Consigliere stesso appositamente indicata per iscritto. La consegna della convocazione deve risultare da dichiarazione di un messo comunale. Al comma 4 del medesimo articolo si dispone che: l’avviso di convocazione deve essere consegnato almeno 5 (cinque) giorni prima del giorno stabilito per la riunione ordinaria; almeno 3 (tre) giorni prima di quello stabilito per la riunione straordinaria ed almeno 24 ore prima dell’ora stabilita per la riunione straordinaria e urgente. E, per finire al quinto comma viene stabilito che: nel computo del termine, si computa il giorno di consegna dell’avviso di convocazione: non si computano invece il giorno stabilito per l’adunanza, la domenica ed i festivi.

Da quanto appena enunciato è lapalissiano che il Sindaco, nell’occasione, non abbia rispettato i termini stabiliti dalla sua stessa Amministrazione. A ciò si aggiungano le varie interpretazioni fornite sulla questione dal Ministero dell’Interno - Dipartimento Territorio e autonomie locali – di cui si riporta la più significativa. Secondo tale Dipartimento “l'avviso deve essere notificato, a mezzo del messo comunale, al domicilio dei consiglieri: - a) per le convocazioni ordinarie, cinque giorni; b) per le convocazioni straordinarie, tre giorni - interi e liberi prima di quello stabilito per la riunione. Per le convocazioni d'urgenza e per gli argomenti aggiuntivi almeno ventiquattro ore prima dell'ora stabilita per la riunione. Considerato che le suddette disposizioni riproducono sostanzialmente quelle del 1915, può farsi riferimento, ai fini della relativa interpretazione, alla giurisprudenza amministrativa formatasi su quest'ultima norma. Tale giurisprudenza, per quanto concerne il computo dei summenzionati termini è costante nel ritenere (in analogia a quanto previsto dall'art. 416 del codice di procedura civile) che i giorni debbano considerarsi liberi ed interi, vale a dire che non si possano contare né il giorno iniziale della consegna dell'avviso di convocazione (dies a quo) né quello finale dell'adunanza (dies ad quem) in quanto l'art. 125 dispone, letteralmente, che debbano decorrere prima e fuori della data della seduta consiliare (vedasi, in tal senso, T.A.R. Puglia, Bari, 19 agosto 1991, n. 346) disponendo che l'avviso di convocazione debba essere consegnato, a seconda che si tratti di seduta ordinaria, straordinaria o urgente, rispettivamente almeno cinque o tre giorni liberi o ventiquattro ore prima del giorno fissato per l'adunanza del consiglio”.1

La violazione alle norme sulla convocazione del Consiglio Comunale è stata sollevata, in quella sede, dal capogruppo della minoranza, Prof. Biagio Nicola Marazzita, ed è stata risolta a norma dell’art. 45 del Regolamento sul Funzionamento del Consiglio Comunale. C’è da dire però che anche la risoluzione della questione è, a mio avviso, arbitraria, in quanto le questioni pregiudiziali e/o sospensive si riferiscono a Consigli Comunali regolarmente convocati, mentre il Consiglio tenutosi in data 03.06.2019 era viziato ex ante. In tale Consiglio, illegittimamente convocato ed altrettanto illegittimamente tenutosi, si è discusso, tra l’altro, dell’adeguamento della delibera del Consiglio Comunale nr. 16 del 16.04.2019 per la Costituzione della Società TERME DI GALATRO SRL con riapprovazione dello Statuto.

A parte che per la Società TERME DI GALATRO SRL resta confermato
quanto già espresso nel mio intervento, apparso sempre su queste pagine, in data 17/03/2019,2 ma dalla lettura del nuovo Statuto, pur se formalmente ineccepibile, sul piano attuativo rilevo due criticità, di cui una, verosimilmente, sarà evidenziata dalla Corte dei Conti e dall’ANAC, per cui non ho alcuna intenzione di sostituirmi a questi due Enti. Per quanto riguarda, invece, la seconda criticità, evidenzierò i limiti dello Statuto, cercando di poter raggiungere il maggior numero di lettori.

Comincio con il dire cos’è uno Statuto di una società. Lo statuto è quell’atto che regola la vita interna ed il funzionamento della società, nel rispetto delle norme inderogabili poste dal Codice Civile. In sostanza lo Statuto per la società è come la Costituzione per una Nazione. È, quindi, lo statuto che identifica una società, ed è nello statuto che la società TERME DI GALATRO SRL viene definita come società "in house providing".

Tra le norme che costituiscono lo statuto vi è “obbligatoriamente” a pena di nullità della società, l’oggetto sociale. Esso rappresenta l' "attività economica" che i soci intendono perseguire mediante la costituzione della società. L’oggetto sociale dovrà in ogni caso essere rappresentato da un'attività economica lecita, possibile, determinata o determinabile.

Chiarite le funzioni dello Statuto Societario e dell’Oggetto Sociale, occorre richiamare l’intervento fatto dal Sindaco, sempre su queste pagine, in data 24/03/2019, dal titolo Basta fake news sulle terme!

In tale intervento il Sindaco affermava che la gestione pubblica del complesso termale non è in discussione. Da Galatrese che ha a cuore lo sviluppo economico-sociale del proprio Comune non può non far piacere. Solo che a tale affermazione, pare, e qui il condizionale è d’obbligo, che ci sarebbero delle fitte contrattazioni per affidare alcune delle attività previste dall’oggetto sociale a terzi. Non si sa a che titolo verrebbero affidate, se con affidamento diretto, mediante affitto di ramo d’azienda ovvero con bando ad evidenza pubblica. Certo è che tutto si può dire di questa Amministrazione tranne che sia un’Amministrazione che brilli in trasparenza. Premesso che ho forti dubbi sull’omologazione della società da parte della Corte dei Conti e dell’ANAC, per i motivi già indicati con l’intervento del 17/03/2019, ma se le voci fossero confermate dai fatti, oltre a contraddire la gestione pubblica ribadita dal Sindaco, verrebbe meno il “controllo analogo” che è un altro elemento essenziale per la costituzione delle società "in house providing".

Ma cos’è il Controllo Analogo? Il T.A.R. di Milano, 22 marzo 2012, n. 892, precisa che il controllo analogo deve ritenersi sussistente solo in presenza di un potere assoluto di direzione, coordinamento e supervisione dell'attività del soggetto partecipato da parte dell'ente controllante-affidante, che consenta cioè a quest'ultimo di dettare le linee strategiche e di influire in modo effettivo ed immediato sulle decisioni dell'affidatario.

Prima di entrare nello specifico del “controllo analogo” appare opportuno inquadrare la società pubblica nella forma dell’ "in house providing".

L’espressione “in house providing” è stata utilizzata dalla giurisprudenza comunitaria per esprimere la situazione nella quale la pubblica amministrazione acquisisce beni, servizi o lavori attraverso l’autoproduzione per il tramite della propria compagine organizzativa, senza quindi il ricorso a terzi (il mercato) tramite gara.

Il legislatore comunitario nel 2014 ha tentato di riorganizzare la materia di appalti e concessioni con tre importanti direttive (concessioni 2014/23/UE, appalti 2014/24/UE e settori speciali 2014/25/UE), fornendo una bussola per svelare i concetti di affidamento in house e di controllo analogo.

Si narra che l’affidamento in house rappresenta una classica storia italiana, quasi caricaturale, a colorare un sistema di gestione clientelare dell’impresa pubblica, che usa il grimaldello dell’in house providing per evitare la gara pubblica […], assegnare appalti e concessioni a soggetti determinati, assumere dipendenti senza controlli ed altro.

L’in house disegna il fenomeno della «autoproduzione» di beni, servizi o lavori da parte della pubblica amministrazione, che evita la gara pubblica ed il mercato acquisendo un bene o un servizio all’interno della propria organizzazione […] o, comunque, affidando la produzione dei beni o dei servizi ad un soggetto societario formalmente distinto dall’ente ma controllato dall’ente in maniera così penetrante da potersi dire che si inserisca all’interno stesso dell’ente stesso, come una sua longa manus [… per il quale i servizi pubblici vengono svolti «in casa», in deroga al principio, nazionale ed europeo, della scelta del contraente attraverso procedure ad evidenza pubblica].
3

Va subito ricordato come il modello dell’in house sia stato oggetto di iniziale elaborazione da parte della sentenza della Corte CE 18/11/1999, in causa C-107/98 (caso Teckal).

Con il leading case «Teckal» sono stati enucleati i due criteri cumulativi al ricorrere dei quali è consentito l’affidamento diretto dell’appalto pubblico: a) l’Amministrazione aggiudicatrice deve esercitare sul soggetto aggiudicatario un «controllo analogo» a quello esercitato sui propri servizi; b) il soggetto aggiudicatario deve realizzare la parte più importante della propria attività con l’ente o gli enti pubblici che lo controllano.

In secondo luogo, il concetto di controllo analogo,[…] viene inteso, agli effetti pratici, come un rapporto di subordinazione del soggetto aggiudicatario all’Amministrazione aggiudicatrice.

L’interpretazione prevalente ritiene che un siffatto controllo debba contenutisticamente tradursi nella dipendenza formale, nella dipendenza economica e nella dipendenza amministrativa.

Ne deriva, come prima considerazione, che, affinché vi sia controllo analogo, l’ente pubblico deve esercitare sulla società delle prerogative più stringenti rispetto a quelle previste e disciplinate dal codice civile.

Il controllo analogo deve essere tale da garantire all’Amministrazione la possibilità di influenza dominante sia sugli obiettivi strategici, che sulle decisioni importanti degli enti in house; il che potrebbe essere garantito da specifiche clausole statutarie, ad esempio prescriventi un potere di approvazione o di veto su determinate deliberazioni. […]

Con riguardo, poi, al requisito della «destinazione prevalente dell’attività», si è già detto come la sentenza «Teckal» abbia statuito che l’attività svolta dalla società in house debba essere prevalentemente a vantaggio dell’Autorità controllante. […]

Sempre con riguardo al requisito della destinazione prevalente dell’attività, è opportuno precisare come la giurisprudenza post-Teckal abbia specificato che la verifica deve essere effettuata «in concreto»; occorre guardare non solamente all’oggetto sociale, ma alle attività effettivamente svolte, e principalmente alla quota del volume d’affari realizzato con gli appalti affidati dall’azionista pubblico (in termini, indirettamente, Corte CE 12/12/2002, in causa C-270/99, Universale Bau). […]

Con la sentenza Stadt Halle (11/01/2005, in causa C-26/03) la Corte di Giustizia ha statuito che l’affidamento diretto è consentito solamente in caso di originaria e totalitaria partecipazione pubblica alla società.

Probabilmente allo scopo di arginare la diffusione del modello in house, con conseguente compromissione del valore della concorrenza, la Corte di Lussemburgo ha interpretato restrittivamente il requisito del «controllo analogo».

Da ciò deriva, come principale conseguenza, l’esclusione dell’affidamento diretto alle società miste, e la conseguente esclusione delle stesse dall’ambito dell’in house.

Il fondamento di razionalità di tale tesi riposa nell’assunto che la presenza, anche minoritaria, di un soggetto privato nella società impedisce all’Amministrazione aggiudicatrice l’esercizio di un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi, enucleando un intreccio tra interessi pubblici e privati.

Tale orientamento è stato confermato dalla sentenza della Corte CE 21/07/2005, in causa C-231/03 (caso Coname).

Con la successiva sentenza Parking Brixen (13/10/2005, in causa C-458/03) si registra un ulteriore passaggio nell’actio finium regundorum dell’in house, avendo la Corte negato la possibilità (per il Comune di Bressanone) di affidare una concessione di servizi pubblici ad una società per azioni integralmente pubblica, il cui statuto prevedeva peraltro a breve termine l’apertura del capitale sociale a soggetti privati, oltre che affidare al Consiglio di Amministrazione un’autonomia gestionale inidonea a garantire stabilmente l’influenza dell’ente pubblico.

Ciò significa che il rispetto dei requisiti che legittimano il ricorso all’in house deve perdurare durante l’intera vigenza contrattuale, ovvero che i criteri devono essere soddisfatti permanentemente.

Se ne inferisce come neppure il controllo totalitario sia più sufficiente ai fini della sussistenza del controllo analogo, allorché sia ravvisabile un’autonomia del soggetto affidatario rispetto all’affidante.

Per quanto riguarda, invece, la giurisprudenza nazionale si segnala che è stato ritenuto illegittimo l’affidamento diretto di servizi pubblici locali secondo il modello dell’in house, per violazione dei principi di fonte comunitaria, allorché lo statuto della società affidataria, seppure integralmente partecipata dall’Amministrazione locale, preveda l’astratta possibilità che una quota azionaria, seppure minoritaria, possa essere alienata a terzi, venendo in tale caso a mancare, potenzialmente, il requisito del controllo analogo a quello esercitato sui servizi interni (Cons. Stato, sez. V, 30/08/2006, n. 5072; Cons. Stato, sez. V, 08/01/2007, n. 5), come pure allorché i poteri attribuiti alla maggioranza dei soci (con la mancata previsioni di disposizioni specifiche) non siano in grado di vincolare l’attività sociale alle decisioni dell’ente pubblico (Cons. Stato, sez. V, 13/07/2006, n. 4440; Cons. Stato, sez. V, 11/05/2007, n. 2334).

Coerentemente, è stato ritenuto illegittimo l’affidamento in house del servizio pubblico di gestione dei rifiuti urbani per mancanza dei requisito del controllo analogo, in un caso in cui della società affidataria, all’atto dell’affidamento, faceva parte un soggetto privato, la cui presenza escludeva che nei confronti della suddetta società la stazione appaltante potesse esercitare un controllo analogo a quello esercitato nei confronti dei propri uffici (Cons. Stato, sez. V, 11/09/2015, n. 4253).

Sempre in tema di controllo analogo, la giurisprudenza ha ritenuto che la partecipazione pubblica totalitaria sia una condizione necessaria ma non sufficiente, occorrendo altresì che il rapporto di controllo analogo si traduca in una relazione di subordinazione gerarchica della società in house, privata dunque di qualsivoglia grado di autonomia (Cons. Stato, sez. VI, 11/02/2013, n. 762).
4

In virtù di quanto evidenziato, si ritiene che qualora la Società TERME DI GALATRO SRL dovesse affidare a terzi anche una sola delle attività indicate nell’oggetto sociale, verrebbe meno il controllo analogo per la parte concessa a terzi.

Sarà quindi compito del gruppo di minoranza “Galatro Viva” vigilare che tutte le attività, indicate nell’oggetto sociale, siano effettivamente svolte dalla Società TERME DI GALATRO SRL come espressione del Comune di Galatro.

Prima di chiudere con una personale riflessione, faccio, inoltre, presente che secondo quanto disposto all’art. 19, co. 2, del Testo Unico, le società a controllo pubblico stabiliscono, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale nel rispetto dei princìpi, anche di derivazione europea, di trasparenza, pubblicità e imparzialità e dei princìpi di cui all’art. 35, co. 3, del D.Lgs. n. 165/2001.

Evidenziato quanto sopra, permettetemi di fare una riflessione personale. Nel summenzionato intervento del Sindaco di Galatro, Rag. Carmelo Panetta, vengo “accusato” di avere interessi personali nella gestione delle Terme di Galatro. In tale intervento si legge: “Tuttavia il giureconsulto autodidatta, pur avendolo citato, dimostra di non aver compreso il significato dell’art. 5 del Codice Contratti” nonché “ora, non sappiamo né ci interessa sapere se, in questo caso, il Commentatore abbia scritto quelle sciocchezze solo per ignoranza oppure per realizzare suoi obiettivi reconditi, visto che si è già pubblicamente proposto come intermediario per l’affidamento delle Terme ad imprenditori di sua conoscenza”.

Nel cogliere l’occasione per restituire al mittente l’aggettivo di ignorante, faccio presente che alludendo ad improbabili ed inverosimili interessi personali nella gestione delle Terme, oltre ad aver offeso la mia integrità morale, evidenzia una miopia politica senza precedenti. Miopia che ha distrutto i sogni e le speranze dei galatresi nel vedere la propria cittadina sviluppata sia economicamente che socialmente.

Faccio presente, altresì, e lo dico senza paura di essere smentito, che Cortina d’Ampezzo, Livigno, Bormio, Desenzano del Garda e per finire, ma ne potrei citare altre cento di località, Sirmione non sono state costruite, come località turistiche dalle sole Amministrazioni Locali, ma, e soprattutto, dai capitali che sono arrivati da Milano, da Roma o dalla Germania. Detto ciò, Rag. Panetta, Sig. Sorbara e Avv. Simari, se veramente tenete a Galatro, dimettetevi e fatevi dimenticare.

NOTE
1 https://dait.interno.gov.it/pareri/12945
2 https://www.galatroterme.it/arch_gen/co19a.htm#6
3 Luigi D'Orazio, Luca Monteferrante, Procedure concorsuali e diritto pubblico, pp. 3-4, IPSOA Editore
4 Opera citata, pp. 46-50

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Nella foto in alto: bordo piscina alle Terme di Galatro.

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