Il Segretario Comunale, a riscontro di quanto richiesto, ha trasmesso la nota nr. 702 di protocollo del 13/02/2020 (vedi link in calce all'articolo). Con tale nota l'Avv. Carmelo Impusino ha evidenziato che non vi sono autorizzazioni per la riconversione del Campo Sportivo in luogo destinato a centro di raccolta di rifiuti speciali, di rifiuti solidi urbani o comunque in area destinata allo stoccaggio di rifiuti, ovvero che la Giunta o il Consiglio Comunale abbiano deliberato la modifica della destinazione d'uso del campo sportivo comunale.
Relativamente alla "richiesta di accesso al contratto d'appalto inerente il Servizio di gestione dei rifiuti [...] l'Ufficio Tecnico comunale ha disposto con Determina ST n. 419 del 21/11/2019 Aggiudicazione Definitiva a favore della Ditta Ital.Serv di Italiano Biagio. & C sas con sede legale in Oppido Mamertina (RC) via A. M. Curcio n. 140 P. IVA 02635110808. In data 29/11/2019, con nota prot. n. 5506, sono stati richiesti dall'U.T.C. alla Ditta aggiudicataria i documenti necessari per la stipula contrattuale, non ancora prodotti dalla medesima ditta per rappresentate difficoltà economiche. Alla data attuale, pertanto, non è stato ancora stipulato alcun contratto con la ditta attualmente incaricata della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani"... e che... "Ai fini della continuità del servizio, e nelle more della stipula contrattuale, l'Ufficio Tecnico Comunale ha disposto la Consegna sotto riserva del servizio (ai sensi dell'art. 32, comma 8 e 13 del D.Lgs. n. 50/2016 e s.m.i.) in data 28/11/2019".
A proposito della continuità del servizio si sottolinea, intanto, che il richiamato art. 32 comma 8 del D.Lgs 50/2016 prevede che la stipula del contratto debba avere luogo entro il termine di sessanta giorni dal momento in cui l'aggiudicazione sia divenuta efficace ed è indiscutibile, da quanto riportato dal Segretario Comunale nella nota nr. 702, che l'Aggiudicazione definitiva è avvenuta in data 21 novembre 2019, con la conseguenza che il contratto con l'azienda aggiudicatrice dell'appalto avrebbe dovuto essere stipulato entro il 20 gennaio 2020. Stipula che però non è avvenuta. Occorre, altresì, evidenziare che il termine dei sessanta giorni costituisce un termine legale che opera tutte le volte che non sia stato stabilito diversamente nel bando ovvero tra le parti.
Sempre l'art. 32, stavolta il richiamato comma 13, del D.Lgs 50/2016 dispone che "l'esecuzione del contratto può avere inizio solo dopo che lo stesso è divenuto efficace, salvo che, in casi di urgenza, la stazione appaltante ne chieda l'esecuzione anticipata, nei modi e alle condizioni previste al comma 8". In sostanza c'è la possibilità di anticipare l'avvio dell esecuzione del contratto, ma solamente nei seguenti casi:
- eventi oggettivamente imprevedibili;
- per ovviare a situazioni di pericolo per persone, animali o cose, ovvero per l'igiene e la salute pubblica;
- per ovviare a situazioni di pericolo per il patrimonio storico, artistico, culturale;
- nei casi in cui la mancata esecuzione immediata della prestazione determinerebbe un grave danno all'interesse pubblico che è destinata a soddisfare, ivi compresa la perdita di finanziamenti comunitari.
Si ritiene che la continuità del servizio di raccolta dei rifiuti sia stata determinata dalle ovvie e condivisibili ragioni di tutela dell'igiene e della salute pubblica.
Ma, a prescindere dalla stipula del contratto con l'operatore economico, se l'avvio dell'esecuzione dell'appalto è avvenuto a tutela dell'igiene e salute pubblica, vorrei chiedere al signor Sindaco di Galatro quale mente scellerata ha deciso di fare del Campo Sportivo, per fortuna solo temporaneamente, un sito di stoccaggio di rifiuti con il rischio di generare un ricettacolo di ratti e animali selvatici, con il pericolo d'incendi e la minaccia di mandare nell'aria sostanze nocive per la salute dei Galatresi.
E poi, considerato che non c'è ancora un contratto, a che titolo è stato disposto di stoccare i rifiuti al Campo Sportivo? C'è forse un interesse non legittimo da tutelare? I Galatresi aspettano le risposte dall'Amministrazione Comunale.
Se così non fosse non credo che il Sindaco oggi avrebbe dato alla cosa lo scarso rilievo che si rileva dalla sua risposta al gruppo di minoranza e avrebbe adeguatamente valutato il rischio del Comune di Galatro di poter avere, verosimilmente, un pubblico dipendente ed il legale rappresentante del Comune indagati per la gestione illegale dei rifiuti mediante l'utilizzo del Campo Comunale come centro di raccolta.
Per i non addetti ai lavori, riporto la "massima" della sentenza della Corte di Cassazione, Sezione 3, del 27 agosto 2019, n. 36456. "In tema di gestione dei rifiuti, integra il reato di realizzazione di discarica abusiva la condotta di accumulo di rifiuti che, per le loro caratteristiche, non risultino raccolti per ricevere nei tempi previsti una o più destinazioni conformi alla legge e comportino il degrado dell'area su cui insistono. Quanto alle condotte idonee ad integrare in via generale la nozione di gestione di una discarica abusiva, il reato, ...deve essere inteso in senso ampio, comprensivo di qualsiasi contributo, sia attivo che passivo, diretto a realizzare od anche semplicemente a tollerare e mantenere il grave stato del fatto-reato, strutturalmente permanente. Di conseguenza, devono ritenersi sanzionate non solo le condotte di iniziale trasformazione di un sito a luogo adibito a discarica, ma anche tutte quelle che contribuiscano a mantenere tali, nel corso del tempo, le condizioni del sito stesso".
Vorrei, inoltre, sottolineare l'errore dell'azzeccagarbugli di riferimento del Sindaco quando, al punto 4) della sua risposta, definisce la società quale affidataria della raccolta dei rifiuti. Vorrei ricordare a costui che si definisce impresa affidataria: "L'impresa titolare del contratto di appalto con il committente" che, alla data del 13/02/2020, pare non fosse stato ancora stipulato.
La risposta del Sindaco appare, altresì, contraddittoria. In effetti al punto 2) si legge: "per decisione del Servizio Tecnico Comunale e in relazione alle esigenze dell'Ente, nell'area cementata antistante gli spogliatoi del Campo Sportivo Comunale..., sono state temporaneamente depositati un cumulo di sabbia e delle piastrelle in granito" mentre al punto 4) "la società affidataria del servizio di raccolta nel nostro Comune ha posizionato (motu proprio? n.d.a.) nel piazzale in questione...". La lettura congiunta dei due punti evidenzierebbe, di fatto, un accordo con l'impresa aggiudicataria dell'appalto o, comunque, una volontà di destinare il Campo Sportivo a centro di raccolta di rifiuti solidi urbani e di rifiuti speciali.
Mi piacerebbe, inoltre, conoscere se la decisione di stoccare i rifiuti al Campo Sportivo sia stata una decisione autonoma del Tecnico oppure sia stata una decisione condivisa con il Sindaco.
Considerata la gravità dell'azione, qualora sia stata una autonoma decisione, vorrei anche capire se il Sindaco intenda avviare un procedimento disciplinare nei confronti del dipendente, altrimenti sarebbe evidente che sia parte in causa nella scellerata decisione di destinare il Campo Sportivo a centro di raccolta (non autorizzata) dei rifiuti solidi urbani e rifiuti speciali.
Colgo, inoltre, l'opportunità per ringraziare il Segretario Comunale, Avv. Carmelo Impusino, per la puntuale precisazione che ha fatto nella sua risposta, quando ha ricordato che la Giunta e il Consiglio Comunale si esprimono attraverso Delibere. Considerata la puntualità e precisione manifestata nell'occasione, gradirei che fosse altrettanto preciso e puntuale in quello che andrà ad evidenziare anche per evitare facili illazioni sulla sua condotta che, da quello che risulta, non è, comunque, messa in discussione.
Come abbiamo già visto, l'aggiudicazione, una volta divenuta definitiva, si procede alla stipula del contratto nel termine di 60 giorni o nel diverso termine come previsto dal comma 8 dell art. 32 che specifica: "Divenuta efficace l'aggiudicazione, e fatto salvo l'esercizio dei poteri di autotutela nei casi consentiti dalle norme vigenti, la stipulazione del contratto di appalto o di concessione ha luogo entro i successivi sessanta giorni, salvo diverso termine previsto nel bando o nell'invito ad offrire, ovvero l'ipotesi di differimento espressamente concordata con l'aggiudicatario...". L'aggiudicazione non esclude, quindi, la possibilità per il committente (nel caso de quo il Comune di Galatro) di avvalersi della revoca dell'aggiudicazione in autotutela.
E' bene ricordare che il potere di autotutela della Pubblica Amministrazione rientra tra i poteri discrezionali attribuiteli dall'ordinamento, disciplinato dagli articoli 21 ter, 21 quinquies e 21 nonies della legge 241/1990 (legge sul procedimento amministrativo), e consiste nella facoltà riconosciuta in favore della PA di sospendere l'efficacia dei suoi atti o di ritirare un atto da essa stessa emanato (atto valido ed efficace) sia su iniziativa propria che su richiesta del privato interessato che abbia adeguatamente motivato la propria richiesta. Ciò al fine di eliminare, in maniera rapida ed efficace, i danni che un atto viziato potrebbe provocare.
Oltre alla descritta autotutela vi è l'autotutela cosiddetta esecutiva, posta in essere al fine di mantenere in vita atti amministrativi ormai scaduti o confermare altri atti che verosimilmente sarebbero inefficaci.
In entrambe i casi, ci troviamo dinanzi all'esercizio di un potere discrezionale della Pubblica Amministrazione, chiamata a valutare il requisito dell'interesse pubblico alla rimozione degli effetti di un provvedimento.
Nel primo caso l'annullamento costituisce un rimedio volto alla rimozione di un errore commesso nell'esercizio dell'azione pubblica. Nel secondo caso, invece, adegua e attualizza un rapporto precedente con l'emanazione di un nuovo provvedimento.
Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 6507 del 18 Dicembre 2012, ha stabilito che l'amministrazione, nell'esercizio del potere di autotutela, non può soltanto rivedere i propri precedenti provvedimenti amministrativi e ritirarli, allorquando essi siano viziati o inopportuni, ma può sospenderne, cautelativamente e temporaneamente, gli effetti, qualora ciò sia necessario proprio per consentire lo svolgimento dell'attività istruttoria e delle verifiche indispensabili per la corretta assunzione della determinazione finale di riesame.
Affinchè il potere cautelare di sospensione di provvedimenti adottati possa ritenersi correttamente esercitato, come del resto previsto anche dal secondo comma dell'art. 21 quater della legge 7 agosto 1990, n. 241, è indispensabile che sussistano gravi ragioni, cioè circostanze tali da rendere quanto meno inopportuno che un provvedimento emanato, non inficiato da vizi macroscopici o facilmente riconoscibili, continui a svolgere i propri effetti per evitare che questi possano definitivamente alterare e compromettere la situazione di fatto su cui incide.
Proprio il richiamo ai gravi motivi, che soli possono legittimare la sospensione degli effetti di un provvedimento, implica peraltro che il provvedimento di sospensione debba essere altresì adeguato e proporzionato rispetto al fine concreto che con esso l'amministrazione intende perseguire, con puntuale motivazione al riguardo.
Detto ciò, è utile evidenziare che prima del perfezionamento del contratto, infatti, l'aggiudicazione è revocabile in autotutela, mentre dopo la stipula, si possono annullare i vincoli contrattuali mediante la figura del recesso (Consiglio di stato, Adunanza Plenaria 29 giugno 2014, n. 14).
Vi sono dei casi, però, in cui la Pubblica Amministrazione può o deve rifiutare la stipula del contratto (con revoca dell'aggiudicazione e - se ritenuto - l'affidamento del contratto al secondo concorrente in graduatoria):
- in presenza di circostanze che comportino una nuova valutazione dell'interesse pubblico tale da giustificare l'esercizio di poteri di autotutela (art. 32, comma 8: "fatto salvo l'esercizio dei poteri di autotutela nei casi consentiti dalle norme vigenti");
- in caso di perdita dei requisiti generali e speciali da parte dell'aggiudicatario e negli altri casi in cui la revoca è imposta da norme di legge e costituisce "atto vincolato".
In presenza, quindi, di circostanze che comportino una diversa valutazione dell'interesse pubblico la legge consente alla Pubblica Amministrazione l'esercizio di poteri di autotutela. Naturalmente non può essere un esercizio arbitrario ma occorre che vi sia un'effettiva esigenza di tutela di un pubblico interesse. La stipula del contratto pubblico risponde infatti ad un interesse dell'Amministrazione, per cui ove quest'ultima decida (dopo aver espletato una gara pubblica) di non concludere il contratto con l'aggiudicatario, occorre che tale decisione sia giustificata dalla esigenza di tutelare un rilevante interesse pubblico.
La valutazione dell'interesse pubblico consiste in un libero apprezzamento, non sindacabile nel merito, del giudice amministrativo.
In tutte le ipotesi di revoca, dunque, appare determinante la circostanza che il relativo provvedimento dia ragionevolmente conto delle motivazioni che hanno indotto l'amministrazione a cambiare la propria precedente manifestazione di volontà, dovendo risultare in termini puntuali e specifici gli elementi di inidoneità che giustificano la mancata aggiudicazione allo scopo di rendere evidenti i risultati dell'istruttoria e le modalità con le quali questa è stata condotta.
La revoca può dipendere dal comportamento dell'aggiudicatario ovvero della Pubblica Amministrazione.
Occorre, altresì, evidenziare che in presenza di circostanze che comportino una nuova valutazione dell'interesse pubblico, la legge consente alla Pubblica Amministrazione la revoca dell'aggiudicazione in autotutela, anche, in alcuni casi, a contratto già stipulato.
Tra i sopravvenuti motivi di pubblico interesse ben possono rientrare anche comportamenti scorretti dell'aggiudicatario che si siano manifestati successivamente all'aggiudicazione definitiva.
Per individuare i casi di legittimo esercizio del potere di revoca da parte della Pubblica Amministrazione appare utile richiamare l'interpretazione fornita dall'Anac e dalla giurisprudenza, che riconoscono tale legittimità ogniqualvolta la condotta dell'aggiudicatario non fornisca garanzie di affidabilità, come, a titolo esemplificativo:
- qualora l'affidatario, a fronte di richieste documentali ricevute, non collabori alla stipula del contratto (ad esempio, ometta di consegnare alla Pubblica Amministrazione la documentazione necessaria per la stipula nei termini previsti);
- emergano elementi illeciti con riguardo alla condotta dell'aggiudicatario in relazione alla gara stessa (avvisi di garanzia etc.);
- il mancato assolvimento agli obblighi contributivi emerso successivamente all aggiudicazione (Cons. Stato, 12/6/2017, n. 2804);
- il rifiuto dell'aggiudicatario di stipulare il contratto prima che fossero modificate talune clausole contenute nel capitolato di gara (Cons. Stato, 11 luglio 2016, n. 3054);
- la violazione delle clausole dei Protocolli di legalità (Cons. Stato, 20/1/2015, n. 143).
Queste circostanze sono ritenute valide a motivare il provvedimento di decadenza della aggiudicazione, non solo per l'impossibilità per l'amministrazione di procedere ad un'ulteriore dilatazione dei tempi per stipulare il contratto, ma anche per la possibile dimostrazione, nel comportamento dell'impresa, di una dubbia affidabilità dell'operatore economico, anche ai fini dell'esecuzione contrattuale.
Il potere di annullamento in autotutela del provvedimento amministrativo, nel preminente interesse pubblico al ripristino della legalità dell'azione amministrativa da parte della stessa Pubblica Amministrazione, sussiste anche dopo l'aggiudicazione della gara ed anche nel caso in cui sia intervenuta la stipulazione del contratto con conseguente inefficacia di quest'ultimo (Consiglio di Stato sez. V 1/4/2019 n. 2123; 22/03/2017, n. 1310).
Nel caso di perdita dei requisiti, la revoca della aggiudicazione (e il rifiuto di stipula del contratto) da parte della Pubblica Amministrazione non rappresenta esercizio del potere di autotutela decisoria che, come abbiamo visto, è discrezionale, ma attività amministrativa vincolata, essendo vietata dalla legge la conclusione di contratti di appalto con operatori economici privi dei requisiti.
In virtù dell'art. 32, comma 8, e dell'art. 93 del Codice, l'aggiudicatario ha un obbligo ex lege di stipulare il contratto, la cui inosservanza è fonte di responsabilità contrattuale e per tale motivo, l'omessa sottoscrizione, comporterebbe la possibilità di sospendere tutti gli effetti dell'aggiudicazione.
Un giorno, speriamo presto, tutto questo finirà, ci si augura, però che non finisca lo spirito di collaborazione, solidarietà e riconoscenza che si è al contempo sviluppato e che in futuro riusciamo ad essere più altruisti e rispettosi degli altri, nella consapevolezza di essere tutti uguali, senza alcuna distinzione.
In breve: sono "irrazionali e del tutto immotivate -scrive- le misure di emergenza per una supposta epidemia dovuta al virus corona"; "I media e le autorità si adoperano per diffondere un clima di panico, provocando un vero e proprio stato di eccezione, con gravi limitazioni delle condizioni di vita e di lavoro"; obiettivo: "usare lo stato di eccezione come paradigma normale di governo... Si direbbe che esaurito il terrorismo come causa di provvedimenti d'eccezione, l'invenzione di un'epidemia possa offrire il pretesto per ampliarli oltre ogni limite." Kant disse che Swedenborg è un "candidato all'ospedale"; cosa direbbe di Agamben? E' pazzesca la negazione dell'evidenza: del contagio, dell'epidemia; la negazione, in verità, delle attestazioni della scienza; e maniacale l'insistenza sul complotto del governo "per imporre lo stato d eccezione". In verità, al Nostro ha già risposto Jean-Luc Nancy: "Giorgio Agamben sostiene che il coronavirus differisce appena da una semplice influenza. Dimentica che per la 'normale' influenza disponiamo di un vaccino di provata efficacia." Di più: Nancy cita un episodio personale che la dice lunga sulle certezze di Agamben: "Quasi trent'anni fa, i medici hanno giudicato che dovessi sottopormi a un trapianto di cuore. Giorgio fu una delle poche persone che mi consigliò di non ascoltarli. Se avessi seguito il suo consiglio probabilmente sarei morto ben presto" (27 febbraio).
Ecco: Agamben è un intellettuale lucido nel suo specifico campo d'indagine (le sue idee sulla tanatopolitica, sul Potere che "dispone della vita e della morte dei sudditi" hanno fatto discutere), ma è anche uno che invita a non fidarsi dei medici; noi preferiamo non fidarci di lui quando farnetica contro la scienza ed elabora tesi complottiste.
Ha ragione Paolo Flores d'Arcais a criticare "le perle distillate" sul Manifesto (anche in "Contagio", 11 marzo) "da un filosofo di rinomata audience, che si porta molto"; Agamben infatti scrive: media e autorità soffiano "sulla cosiddetta epidemia"; "una delle conseguenze disumane del panico che si cerca di diffondere in Italia... è la stessa idea di contagio"; per il Nostro il problema non è il contagio, che non c'è, ma che se ne diffonda l'idea; d'altronde: "l'idea di contagio era estranea alla medicina ippocratica" ("mo me lo segno", direbbe Travaglio).
Stringente Flores versus Agamben sui Promessi sposi: "Il buon Manzoni mai avrebbe immaginato che il suo romanzo sarebbe stato letto al contrario di quanto voleva dire. Questo testo è attualissimo, infatti, non già perché Manzoni neghi l'idea del contagio... bensì perché fustiga le autorità che troppo a lungo preferiscono ignorarlo." Perfetto. Flores distrugge sul piano logico Agamben per il quale "non è il virus che rende ogni persona un potenziale moltiplicatore del contagio. No. Sono 'le recenti disposizioni...' che ci costringono a vivere l'un l'altro come potenziali untori. Ai manuali di logica, nel capitolo dedicato alle 'fallacie', sarà d'uopo aggiungere una nuova fattispecie: la fallacia dell'untore, o fallaciagamben."
Può bastare per cogliere il senso e la portata di una disputa tra filosofi sul coronavirus; e per evidenziare come, a volte, anche intellettuali attenti (come sicuramente è Agamben) perdano "il senso della realtà". Flores invita alla razionalità: per risollevarci dalle macerie - dice - urgono "più eguaglianza e più illuminismo, scienza, ricerca. Senza di che la democrazia non ce la farà." Che dire ad Agamben? Gli poniamo la domanda che vale da sempre - e non gli è certo ignota - contro i negazionisti di ogni tipo: visto che il contagio non c'è, può spiegarci che fine hanno fatto i familiari di quei ragazzi disperati che piangono centinaia di padri e nonni morti ogni giorno per il virus? Non se ne può più di certa filosofia, delle enormi forzature ("l'invenzione dell'epidemia", "il complotto del governo"); capisco la provocazione di Flores: "è una filosofia del cazzo". Kant era più elegante, d'accordo, ma nella sostanza sosteneva la stessa tesi: "certe farneticazioni si combattono coi purganti".
P.s. Quanto sopra è un doveroso omaggio agli scienziati, ai medici, agli infermieri che non si masturbano con le parole ("l'idea del contagio era estranea alla medicina ippocratica"), ma lottano ogni giorno e ogni ora per salvare vite dal contagio "che non c'è".
Considerazioni sul post pubblicato su facebook dall’assessore Simari in data 06/05/2020
L’avv. Simari, dopo le ripetute bugie dette in consiglio comunale, si affida a facebook per reiterarle, memore dell’insegnamento del gerarca tedesco Joseph Goebbels al quale molti attribuiscono la famosa frase: una bugia ripetuta più volte diventa una verità.
Prima bugia - l’opposizione avrebbe sostenuto “che il contratto con l’ex gestore non poteva essere sciolto e che il comune non avrebbe potuto riacquistare la struttura termale alla scadenza del contratto”.
Notate la contraddizione in termini. I contratti si sciolgono quando non scadono o prima della loro naturale scadenza, nel nostro caso poiché non si è avviata la procedura di scioglimento prima della scadenza del contratto (chissà perché) e si poteva e doveva fare, il comune alla scadenza naturale, in quanto proprietario, avrebbe riavuto il bene senza, evidentemente, doverlo “riacquistare”.
Solo l’incapacità e la mancata predisposizione di tutto il necessario in tempi utili (anche qui chissà perché) ha consentito al gestore di ritardarne la consegna e di operare ulteriormente oltre i termini contrattuali.
L’avvocato avrebbe, invece, dovuto accennare del perché nessun controllo sia stato operato durante la gestione privata, avendo il comune l’obbligo di farlo, hanno lasciato, invece la struttura in balia del privato, senza rivendicare nulla di quanto stabilito nel contratto.
Avrebbe potuto chiarire, una volta per tutte, se risulta a verità che il vecchio gestore sia stato da loro invitato a rilevare le quote messe all’asta presso il tribunale di Vibo Valentia. I fatti dicono che sia andata proprio cosi: poi qualcosa sarebbe andata storta ed è partito lo scontro.
Seconda bugia - “la minoranza si batteva per l’affidamento della gestione ai privati”.
Questa è madornale.
La minoranza, già in campagna elettorale, dal podio e non solo, ha sostenuto l’impossibilità di far gestire le terme dalla tanto strombazzata fondazione che avrebbe, a dir loro, dovuto coinvolgere nella gestione tutti i cittadini di Galatro (privati), presi, poi, regolarmente in giro.
Avevamo ragione. La cassazione ha decretato che le fondazioni non potevano gestire gli impianti termali.
La nostra posizione era, e rimane, quella di una società interamente pubblica che coinvolga, però, altri Enti pubblici quali Regione Calabria, Città Metropolitana, ecc.
Posizione ribadita in diversi consigli comunali, quando c’è stato occasione di farlo. I verbali delle sedute consiliari fanno testo.
Terza bugia - la minoranza avrebbe boicottato la gestione diretta.
La minoranza si è dissociata dai metodi di gestione attraverso un formale documento e la proposta di una commissione per l’individuazione della migliore soluzione della gestione del complesso termale e, in particolare, per la trasparenza nei sistemi di assunzione del personale, assunzioni operate con i soliti sistemi clientelari. Ovviamente la commissione ci è stata negata come tutte le iniziative da noi proposte.
L’uscita dall’aula al momento del voto è una normale prassi politica quando si vuole rimarcare la totale contrarietà a una deliberazione. Ci sorprende che l’avv. Simari, vista la sua esperienza, se ne meravigli.
L’avv. Simari si è dimenticato, invece, di dire perché non hanno voluto indicare la data della firma del contratto tra comune e società, come chiesto dalla minoranza, lasciando cosi intendere che la “straordinaria operazione tecnico-giuridica” è solo fumo negli occhi, come sempre. Perché, come ben dovrebbe sapere, senza firma del contratto, che garantisce la cessione della struttura alla società, (unico socio il comune stesso), non vi è alcun affidamento. Si concretizza così l’ennesimo bluff ai danni della cittadinanza galatrese.
Avrebbe potuto parlare l’avv. Simari del numero delle assunzioni fatte in questi tre anni di gestione diretta del comune, a dir suo sfavillanti dal punto di vista finanziario. Non si sa però chi ne abbia tratto profitto considerato lo “sfratto” che hanno subito i lavoratori dipendenti, in virtù dei sistemi clientelari impiegati: hanno lavorato in pochi e per un tempo molto limitato; e peggio sarà per le assunzioni previste dal piano occupazionale riportato nel contratto di affidamento alla nuova società (non firmato), nel quale solo sette lavoratori sono previsti, nei periodi di punta, per operare al reparto fanghi e agli impianti di aerosol terapia da qui fino alla fine del contratto cioè da qui a dieci anni (leggere a riguardo il piano economico allegato alla delibera).
Vogliamo ancora rimembrare all’avv. Simari e a tutti i colleghi di maggioranza, qualora se ne fossero dimenticati, che gli ex dipendenti stagionali (oltre che l’intera comunità) sono in attesa da 4 lunghi anni di risposte concrete sul futuro delle terme e della loro posizione lavorativa. A questi si aggiungono 7 nuove unità che hanno frequentato il corso di operatore termale investendo per questo anche una consistente somma di denaro. Per fare un resoconto: ad oggi Galatro gode di circa 22 unità qualificate per l’impiego presso i reparti di cure termali (senza considerare le figure accessorie) le quali, stando ai fatti (per usare una vostra frase di esordio) per i prossimi dieci anni soltanto 7 di questi potranno essere reimpiegati (o bene che vada godranno del misero e vessatorio mese di lavoro).
Questo è “l’orgoglioso traguardo raggiunto”?
Ci parli di questo la prossima volta e dimentichi Goebbels.
Per le altre bugie ci riserviamo approfondimenti più dettagliati.
Galatro 07/05/2020
I consiglieri di minoranza
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Ieri sera in Consiglio Comunale abbiamo ascoltato i membri dell'opposizione sostenere di non aver mai detto che il contratto con l'ex gestore non poteva essere sciolto e di non aver mai affermato che il Comune non avrebbe potuto riacquisire la struttura termale alla scadenza del contratto.
Abbiamo anche appreso che il gruppo di minoranza era in buona fede quando si batteva per l'affidamento della gestione delle Terme ai privati (perché era convinto che così fosse previsto dalla legge) ma non abbiamo ancora capito per quali motivi ha contestato la gestione diretta delle Terme da parte del Comune (che in tre anni ha fatto entrare nelle nostre casse circa 1 milione e 200mila euro).
Abbiamo quindi avuto conferma del fatto che Galatro Viva non ha mai avuto un proprio vero progetto di rilancio delle Terme e che la sua unica linea politica è stata quella di opporsi e boicottare le iniziative della nostra amministrazione, come confermato dall'abbandono dell'aula sia in occasione del voto sulla costituzione della società comunale che in quello dell'affidamento della gestione in house.
Per questo ieri sera non siamo rimasti per nulla sorpresi quando li abbiamo visti perdere i nervi e tentare di impedirci, con ogni mezzo, di ricordare questa semplice verità.
Ma i fatti parlano da soli.
E noi oggi orgogliosamente rivendichiamo di aver saputo condurre in porto in maniera lineare e trasparente una straordinaria operazione tecnico-giuridica, oltre che politica, che pone le basi per un futuro più prospero per il nostro Comune. Nonostante l'opposizione.
L’altra parentesi riguarda il Sindaco. Pur non avendo nulla a che fare con le Terme di Galatro, mi preme evidenziare il modus operandi poco istituzionale del Sindaco che, nell’occasione, mi è sembrato più un Titiro imbruttito, di virgiliana memoria, che il rappresentante della Pubblica Amministrazione.
Per quanti non hanno potuto assistere alla diretta streaming rievoco l’accaduto. In quella sede il Dott. Fortunato Lucia, Consigliere di Minoranza, pur uscendo fuori traccia dal tema dell’ordine del giorno, ha posto all’attenzione del Sindaco la questione circa la concessione in comodato d'uso gratuito, per 5 anni, dell'immobile ex scuola elementare, ubicato in località Tre Valloni, all'Associazione A.N.P.A.G.E.P.A. di Cittanova, come da Delibera di Giunta nr. 32 del 31/03/2020, pur sapendo che a detto immobile sembrerebbero interessate almeno 3 famiglie di Galatro. È pur vero che con un’altra Delibera di Giunta, la nr. 35 del 30.04.2020, è stata successivamente revocata la predetta deliberazione, che è stata confinata, a mio avviso per dissimulare la gaffe, tra le “Autorizzazioni” e non tra le “Delibere di Giunta”, come avrebbe dovuto essere, dell’Albo Pretorio on line.
Alla richiesta del Dott. Lucia di dare una spiegazione circa l’operato della Giunta Comunale e chiedendo se i restanti Consiglieri di Maggioranza fossero a conoscenza della questione posta, oltre a non dare nessuna giustificazione sull’operato, il Primo Cittadino ha risposto, con tono iracondo, di preoccuparsi della minoranza in quanto alla maggioranza ci avrebbe pensato lui, come per dire faccio ciò che voglio, senza dover dare conto a nessuno, ricordando Alberto Sordi nel film “Il Marchese del Grillo”: “Io so' io e voi non siete un...”.
Al di là della liceità o meno della concessione, vorrei rimarcare che il Comune di Galatro è privo di un regolamento sulla gestione degli immobili di proprietà dell’Ente.
Prima di concedere, a qualsiasi titolo (uso, abitazione, locazione e comodato) un immobile di proprietà comunale, l’Ente si dovrebbe dotare prima di un regolamento che ne stabilisca la relativa disciplina, considerato che agli atti risulta solamente un regolamento per l'alienazione del patrimonio immobiliare, approvato con deliberazione di C. C. n. 19/2012.
L’ex scuola elementare rientra tra i beni demaniali del Comune e per tale motivo gli amministratori devono dare conto dell’uso che se ne fa, non solo alla minoranza ma a tutti i cittadini che ne facciano richiesta perché i beni demaniali devono essere gestiti in nome, per conto e per il bene della comunità galatrese. Sull’immobile, non essendo un bene nella disponibilità personale degli amministratori, non c’è nessuna discrezionalità d’uso se non adeguatamente regolamentata.
Un’altra cosa che mi ha ulteriormente sconvolto è stato sentir dire al Sindaco che è “stato costretto a fare la società in house perché in Calabria non ci sono validi imprenditori”. Io non so se il Primo Cittadino si sia reso conto della gravità di ciò che ha detto. A parte che la sua affermazione, ovviamente, non corrisponde al vero, ma crede che il Consiglio Comunale da lui presieduto o quello che verrà possa dare alle Terme il rilancio che serve per dare sviluppo e occupazione alla cittadinanza?
Galatro sicuramente avrebbe le personalità adeguate per dare slancio sociale, culturale ed economico alla nostra comunità ed alle Terme, se non fossero, però, lontane dalle loro famiglie e dalla loro comunità.
E non venga tirato in ballo il Manager perché, come correttamente è stato ribadito durante l’adunanza, con la società in house è sempre il Consiglio Comunale che fornisce le linee guida e gli obbiettivi da raggiungere e se il civico consesso non realizza un chiaro progetto di sviluppo, il manager potrebbe anche essere Flavio Briatore che le Terme resteranno tali e quali.
E non mi pare che nel periodo in cui le Terme sono state gestite, illegittimamente, in economia dall’Amministrazione Comunale, abbiano fatto il salto di qualità, tenendo conto che hanno avuto almeno 6 anni a disposizione (dal 2011 alla data in cui il Comune ha preso il pieno possesso della struttura) per elaborare un piano industriale per l’effettivo rilancio delle Terme.
E’ arrivato, quindi, il momento di dimostrare in modo scientifico come l’attuale maggioranza abbia, con coscienza e volontà o per sola incapacità, ritardato il vero ed effettivo rilancio delle Terme.
Permettetemi prima, però, di sottolineare il post sul social Facebook dell’Assessore alle Terme, Avv. Simari, nel quale riferendosi alla minoranza afferma: “Non abbiamo ancora capito per quali motivi ha contestato la gestione diretta delle Terme da parte del Comune”. Evidentemente all’Assessore sfugge un particolare che non è irrilevante. All’Avv. Simari sfugge l’incontrovertibile verità che la storia si costruisce con gli atti e non con le chiacchiere da bar o con post sui social. Vorrei ricordare in particolare a costui che nella storiografia moderna una delle fonti per la ricostruzione storica di un evento possono essere anche i giornali e quindi mi avvarrò di quanto, nel tempo, ha riportato la testata giornalistica on line Galatro Terme News su questo argomento.
Il 13.05.2016 nell’articolo Presentazione della lista Galatro Viva si legge: “Avendo Galatro Viva già messo in chiaro in tempi non sospetti che le Terme debbono tornare al Comune, in discussione è unicamente lo strumento della futura gestione. Vedremo se ci sarà la convergenza sul tipo di fondazione scelto dall’Amministrazione Comunale, se sarà proposta qualche correzione o se nascerà un progetto completamente alternativo.”
Due giorni dopo, ovvero il 15.05.2016, nell’articolo Galatro Viva ha presentato candidati e programma: "Terme al Comune" tra l’altro si legge: “L’attesa era soprattutto per la posizione che Galatro Viva avrebbe preso sulla questione delle Terme, che col prossimo anno torneranno nella disponibilità del Comune. Nicola Marazzita ha sgombrato il campo da tutte le dicerie e le insinuazioni sul presunto feeling col gestore. Galatro Viva è, a 360 gradi, per il ritorno del pubblico nella gestione delle Terme e, in generale, dei servizi. Dunque sì alla Fondazione Terme di Galatro proposta dall’Amministrazione, a patto però che i soggetti partecipanti siano soltanto pubblici, come potrebbero essere altri comuni o la Città Metropolitana.”
E se ciò non bastasse il 28.04.2017 nell’articolo titolato Il Consiglio Comunale decide: le Terme le gestirà il Comune si legge: “Le Terme torneranno ad essere gestite direttamente dal Comune. Lo ha deciso all’unanimità il Civico Consesso riunito in seduta straordinaria urgente sera di giovedì 27 aprile con un unico punto all’ordine del giorno, le determinazioni in ordine al futuro della struttura termale.”
Alla luce di ciò, è evidente che l’Assessore alle Terme non si è mai chiesto e non mai ha chiesto alla minoranza con quale strumento intendesse gestire le Terme. Com’è stato dimostrato la storia contraddice l’Avv. Simari. Tutto il resto, quello dichiarato in campagna elettorale e che continua a ribadire anche adesso, tramite Facebook, sono pure e semplici illazioni di bassa macelleria.
Fatta questa breve, ma necessaria, precisazione, non tanto per difendere la minoranza, perché sono sicuro che non abbia necessità della mia difesa d’ufficio, ma per ristabilire la verità storica degli accadimenti, torno, a piè pari, sul Consiglio Comunale del 5 maggio. Per prima cosa vorrei smentire l’Assessore Simari sull’argomento della Fondazione di Partecipazione per la gestione delle Terme. Secondo il Simari la Fondazione sarebbe stata, all’epoca, l’unico strumento possibile per la gestione delle Terme da parte del Comune.
Io non so se l’Avv. Simari ha mentito, sapendo di mentire, ovvero ha riconosciuto, per reconditi motivi, nella Fondazione di Partecipazione l’unico strumento idoneo per gestire le Terme di Galatro. Vorrei evidenziare a tutti i componenti della maggioranza e a tutti i galatresi che nell’ordinamento italiano, e specificatamente nel Testo Unico degli Enti Locali, si trova uno strumento denominato “Azienda Speciale” di cui il Comune avrebbe potuto avvalersi, sin dall’effettiva entrata in possesso delle Terme, per la loro gestione.
Per quanto si possano addebitare al Simari le responsabilità dirette per le scellerate decisioni di avvalersi prima della Fondazione di Partecipazione e poi della società in house provinding, esse vanno condivise fra tutti i componenti della maggioranza. Il primo articolo del T.U.E.L. che parla di “Azienda Speciale” è l’art. 42. Attribuzioni dei consigli, dove, al secondo comma, si legge: “Il Consiglio ha competenza limitatamente ai seguenti atti fondamentali: a) Statuti dell’ente e delle Aziende Speciali.”
L’azienda speciale è “ente strumentale dell’ente locale” dotato di personalità giuridica, di autonomia imprenditoriale e di proprio Statuto, approvato dal Consiglio comunale o provinciale” (art. 114, primo comma, del T.U.E.L).
Prevedendo una facile deresponsabilizzazione sulla mancata adozione dell’Azienda Speciale per la gestione delle Terme, evidenzio altresì che la giurisprudenza amministrativa ha da sempre qualificato le Aziende Speciali come enti pubblici economici, escludendo che i dipendenti di tali enti possano invocare l’applicazione del Testo Unico sul Pubblico Impiego, in quanto gli enti pubblici economici non rientrano nella nozione di amministrazione pubblica (Consiglio di Stato, sez. V, sentenza n. 4435/2017; sez. III, sentenza n.1842/2015; sez. V, sentenza n. 641/2012). Inoltre, la qualificazione delle Aziende Speciali come soggetto economico consente a queste di operare come una qualsiasi impresa commerciale, soggiacere al regime fiscale proprio delle società di diritto privato e, quindi, essere soggetto passivo di imposta distinto dall’Ente locale, ai fini del pagamento di Iva, Ires e Irap (Cass., sez. V, sent. 7906/2005).
Personalmente sarei partito immediatamente con l’Azienda Speciale per quanto riguarda l’erogazione del servizio termale, mentre avrei proceduto per tutto il resto (albergo, ristorante, bar, estetica, riabilitazione, centro poliambulatoriale, ecc.) mediante suddivisione in lotti, al fine di consentire l’attività a più imprese e favorire la concorrenza, tramite procedura ad evidenza pubblica.
L’Assessore Simari, sempre quella sera, si è reso colpevole di un’altra falsità. Su sferzata del Capogruppo della minoranza, Prof. Biagio Nicola Marazzita, il Simari ha sostenuto che se fosse stato il Comune ad acquistare le quote della Terme Service Srl, l’Ente si sarebbe trovato con un debito di 3 milioni di euro generato dal fallimento della stessa società.
Se il Comune avesse acquistato il 50% delle quote della Terme Service Srl, si sarebbe trovato come socio il signor Smedile e non il signor Trimarchi, come invece asserito dall’Assessore Simari.
Come esaurientemente riportato dal Prof. Umberto di Stilo nel suo ultimo lavoro: "Galatro, Pagine di storia", la società Terme Service Srl è stata costituita “...dall’aggregazione del Sayonara Club e del Villaggio Smedile con atto rogato dal notaio dott.ssa Comerci Sapienza il 6/11/2000 e registrato a Vibo Valentia il giorno 13 dello stesso mese”... (pag. 171); “La Terme Service Srl, pur essendo completamente nuova ed estranea al settore del termalismo, ha gestito decorosamente la struttura termale”... (pag. 173); “A seguito del fallimento del Sayonara Srl il 50% delle quote societarie del gruppo che gestiva le Terme di Galatro, per il tramite del Tribunale di Vibo Valentia e a seguito di asta pubblica, è stato acquistato dalla Proter Pharma Srl il cui amministratore unico era Antonietta Federica Trimarchi di Laureana di Borrello.” (pag. 176).
Dimostrata la verità dei fatti e dimostrato come l’attuale amministrazione abbia solamente sprecato denaro pubblico e tempo, per l’effettivo rilancio delle Terme e della comunità galatrese, vorrei fare una riflessione. Le Terme, fino al momento del fallimento del Sayonara Srl, andavano bene. Allora mi chiedo, perché un imprenditore come il signor Smedile non ha approfittato del fallimento del socio per rilevare, anche al solo valore nominale, le rimanenti quote? Cosa o chi ha impedito al signor Smedile di acquisire l’intera società?
A queste domande aspettiamo una risposta dal Sindaco e dall’Assessore alle Terme.
A pagina 27 della relazione si legge: “In ragione di quanto sopra, il perfezionamento del procedimento di iscrizione nell'elenco ANAC (Autorità nazionale anticorruzione) di cui all'art. 5 del D. Lgs. 50/2016 appare un atto dovuto”. In parole povere, questa Amministrazione ha chiesto l’iscrizione nell’Elenco dell’ANAC, senza la relazione che spiegasse i motivi per cui il Comune di Galatro avrebbe deciso di affidare la gestione delle Terme ad una propria società anziché rivolgersi al mercato, mediante bando ad evidenza pubblica. In sostanza, a quasi un anno dall’inoltro della richiesta, ha dovuto porre rimedio ad una omissione documentale di considerevole gravità e di primaria importanza per l’eventuale (ed improbabile) iscrizione all’elenco dell’ANAC. Motivo per cui, a mio avviso, la società, ad oggi, potrebbe essere parcheggiata in qualche polveroso armadio dell’ANAC.
Mi pare, quindi, opportuno riavvolgere il nastro del Consiglio Comunale e leggere la Delibera nr. 3 del 05/05/2020 e l’allegata relazione. Prima, però, voglio fare un passo indietro e ripetere quanto già affermato nel mio precedente intervento, ovvero che questa Amministrazione sta soltanto ritardando la piena capacità produttiva della struttura Termale, a discapito dell’occupazione e della redditività, inseguendo illusorie chimere, quando avrebbe potuto utilizzare l’Azienda Speciale, sicuramente uno strumento da subito attuabile e con meno vincoli burocratici, per l’erogazione delle prestazioni termali mentre avrebbe potuto concedere, ad aziende specializzate, le attività accessorie, mediante bando ad evidenza pubblica.
Nel leggere il deliberato in questione ho pensato: e se i consiglieri di maggioranza intervenuti fossero consapevoli del fatto che stavano prendendo in giro e offendendo l’intelligenza dei galatresi? Sono certo che quasi tutti fossero in buona fede, ma non certo gli addetti ai lavori, ovvero il Sindaco e l’Assessore alle Terme. Quella sera, infatti, si è assistito ad una esaltazione dei funzionari comunali per gli atti prodotti che, secondo le parole del Sindaco, “sono oggetto di ispirazione per i funzionari di paesi vicini e lontani”.
Pur non mettendo in dubbio le rispettive professionalità dei funzionari, voglio smentire quanto dichiarato dal Sindaco e poi confermato dall’Assessore Simari, tramite un post su facebook, che ha definito l’approvazione della relazione per l’affidamento delle Terme “una straordinaria operazione tecnico-giuridica”.
Chi ha avuto la pazienza di leggermi su questa pagine, ricorderà sicuramente come ho smascherato la sentenza del TAR – Sezione di Reggio Calabria – nr. 468/2018 del 31/07/2018. Questa sentenza è risultata copiata da due sentenze emesse, tra l’altro, sotto l’ombrello del vecchio codice degli appalti, nonostante la controversia sia nata e si sia conclusa sotto la vigenza del D. Lgs 50/2016 ovvero sotto il c.d. “nuovo codice degli appalti”.
La manina che ha copiato quella sentenza è la stessa che ha copiato la relazione illustrativa che dovrebbe rappresentare il presupposto per la concessione, della gestione delle Terme, alla società in house.
La parte rilevante della relazione, compreso il format, è stata copiata da analoga relazione, predisposta dal Comune di Orsogna (CH), per la società partecipata “ECO.LAN S.p.A.”, con sede a Lanciano (CH), e da altra relazione per l’affidamento di alcuni servizi di spettanza comunale, alla società "GHELAS MULTISERVIZI S.P.A." con sede a Gela (CL). Per chi volesse verificare la fondatezza di quanto affermato, può trovare, in fondo al presente intervento, i link che rimandano alle relazioni summenzionate e la relazione rielaborata con il testo copiato in colore azzurro.
Sicuramente sono oggetto di ispirazione per altri i funzionari comunali, affinché non copino come è stato fatto al Comune di Galatro, ma
sicuramente non ci troviamo davanti ad una straordinaria operazione tecnico-giuridica. Di questa squallida vicenda mi preme sottolineare alcune cose di incredibili gravità.
La prima cosa che vorrei porre all’attenzione dei lettori è la durata della concessione. Ormai sono nove anni che questa amministrazione sta lavorando per la gestione delle Terme. Per questo motivo ha costituito una Società di Capitali, il cui termine è stato fissato al 31 dicembre 2050.
Ogni cittadino di Galatro suppone, per le rivendicazioni dell’amministrazione (le ultime sono state durante la seduta dell’ultimo consiglio comunale), che la concessione verrà affidata a tempo indeterminato o, almeno, fino alla durata della società. E invece no! Gli amministratori avevano pensato ad una concessione che durasse solamente 5 anni e, solo su indicazioni del dott. Lione, manager designato alla gestione, è stata prolungata a 10 anni.
La circostanza tristemente grottesca l’ho trovata a pagina 8 dove, copiando dal Comune di Gela (CL), si fa riferimento ai patti parasociali (accordi che l’Ente controllante stipula con la società controllata per conseguire obiettivi comuni) previsti dall’art. 2341 bis del codice civile. Tale norma fa riferimento ai patti parasociali per le S.p.A. che, nel documento del comune siciliano, è correttamente richiamata in quanto riferita alla società "GHELAS MULTISERVIZI S.P.A.". Per verificare ciò basta leggere tutto il periodo del penultimo capoverso di pagina 8) che inizia: - alla lettera c)... Il riferimento all’art. 2341 bis del codice civile, per la società del Comune di Galatro, è totalmente sbagliato.
Tale articolo è dettato per le S.p.A., e trova applicazione solo nei patti parasociali relativi alle S.p.A. ovvero alle società che assumono partecipazioni di controllo nelle S.p.A., e non quindi ad eventuali patti parasociali della società Terme di Galatro S.r.l.
Ciò non significa che la società Terme di Galatro S.r.l. non possa stipulare patti parasociali, ma non facendo riferimento all’art. 2341 bis del codice civile, bensì facendo riferimento alla propria autonomia contrattuale. In sostanza, come direbbe Totò, l’art. 2341 bis del codice civile con la società Terme di Galatro S.r.l. non c’azzecca proprio.
Un’altra cosa inadeguata che vorrei ricordare, per chi ha avuto modo di assistere alla diretta streaming del Consiglio, è l’enfasi con la quale l’Ass. Simari leggeva lo stralcio del parere numero 00282/2017 del 01/02/2017 (affare n. 1/2017) del Consiglio di Stato, nel punto dove si precisa che in caso di non iscrizione o cancellazione dall’Elenco dell’ANAC il contratto di appalto o concessione stipulato con la società in house prosegue.
Peccato, però, che la manina che ha predisposto la relazione abbia omesso quanto dice più avanti lo stesso parere. Al punto 4) infatti si legge: “In caso di mancato rispetto del requisito dell’attività prevalente (produzione “internalizzata” inferiore ad oltre l’80 per cento del fatturato), ...attribuisce all’affidatario (e, indirettamente, all’ente controllante) la possibilità di scegliere se rientrare nei limiti della soglia, ovvero recedere unilateralmente da tutti i rapporti in affidamento diretto” per effetto dell’art. 16 del d.lgs. n. 175 del 2016 sulle società pubbliche.
La stessa manina, in questo caso presumo per impreparazione, ha omesso quanto riportato nel parere 1940/2017 datato 05/09/2017, sempre del Consiglio di Stato.
Al punto 3.b) viene ribadito il concetto di attività prevalente, nel senso che la società in house deve eseguire oltre l’80% del proprio fatturato nei confronti dell’Ente che la controlla. La vera chicca, invece, la troviamo al punto 3.d) ove si dice che, per un intervento del legislatore che ha modificato l’art. 211 del codice degli appalti, l’ANAC è legittimata ad agire in giudizio qualora ritenga che si violino le norme, in materia di contratti pubblici, relative a lavori, servizi e forniture. Se ritiene, invece, che una stazione appaltante abbia adottato un provvedimento viziato da gravi violazioni emette un parere motivato nel quale deve indicare i vizi di legittimità riscontrati con le susseguenti azioni amministrative riportate nell’art. 211, comma 1 ter, del DLgs 50/2016.
Relativamente all’attività prevalente nei confronti dell’Ente controllante, osservo che in un passaggio della relazione, quella redatta a favore della società “ECO.LAN S.p.A.”, a pagina 10, si legge: “Riguardo, invece, alla condizione del prevalente svolgimento dell’attività in favore dell’ente controllante, per l’orientamento dominante essa si realizza quando il soggetto affidatario realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente pubblico, senza fornire i suoi servizi a soggetti terzi (diversi dall’ente affidante), oppure qualora li fornisca in misura esigua o saltuaria”.
Io non so quanti di voi ricorderanno un mio intervento, pubblicato da questa testata, sulla società in house, nel quale ho sostenuto che la società non rispondeva ai requisiti dell’art. 5 del D.Lgs 50/2016, nella parte in cui si prevede che oltre l’80% deve essere realizzato nei confronti dell’ente controllante. Principio, tra l’altro, ribadito dal parere numero 00282/2017 del 01/02/2017 (affare n. 1/2017) del Consiglio di Stato summenzionato, a cui si fa riferimento anche nella Relazione per l’in house di Galatro.
Per quel mio intervento il Sindaco, Rag. Carmelo Panetta, a nome dell’Amministrazione Comunale, mi ha attaccato sul piano personale, non riuscendo a dimostrare, magari con sentenze del TAR o del Consiglio di Stato, che quanto da me asserito fosse errato. Peccato che anche l’Ente, da cui hanno copiato la relazione per la società Terme di Galatro Srl, ricalca quello che ho evidenziato nell’intervento menzionato e che, per ovvi motivi, non è stato riportato nella relazione predisposta (?) dal Comune di Galatro.
Una cosa, invece, di cui non riuscivo a capacitarmi è il richiamo all’operazione Lex 2. Tale passaggio è diventato chiaro nel leggere la relazione. È stato evidenziato, infatti, che: “Occorre evitare che attraverso l'affidamento concorrenziale possa concretizzarsi il pericolo di infiltrazione mafiosa evidenziato dalle risultanze dell'indagine della DDA di Reggio Calabria denominata Lex 2”, immaginando di impietosire i funzionari dell’ANAC per ottenere l’iscrizione nell’elenco delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori che operano mediante affidamenti diretti nei confronti di proprie società in house. Chi ha ideato questo stratagemma crede che all’ANAC vi siano degli sprovveduti e non dei validi professionisti del diritto.
Secondo il principio espresso sembrerebbe che, per evitare le infiltrazioni mafiose, il Comune di Galatro dovrebbe fare delle società in house per tutti gli affidamenti e gli appalti che altrimenti sarebbero affidati con bando ad evidenza pubblica che finirebbero, dunque, alla 'ndrangheta. Mi sembra che questo principio, oltre ad essere offensivo per tutta la comunità galatrese etichettandola come mafiosa, sia irreale e tipico, a livello nazionale, della politica del Movimento dei 5 Stelle che, per evitare episodi di corruzione, in Italia non si realizzano più infrastrutture.
Considerato il principio espresso, chiedo: come mai l’Amministrazione non ha fatto anche una società in house per la raccolta dei rifiuti solidi urbani e perché non ha sospeso, in “autotutela”, l’appalto, considerato che, a tutt’ora, non risulta che abbia sottoscritto il relativo contratto, sapendo, inoltre, che l’azienda proviene da una interdittiva antimafia?
E visto che ci siamo, per trasparenza, può l’Amministrazione spiegare ai galatresi il motivo per cui i cassoni per la raccolta dei rifiuti (che non dovrebbero esserci) vengono allocati in posti diversi (Campo Sportivo - sinistra Fermano della strada delle Terme e adesso in Via Padre Pio da Pietralcina), a seconda dell’insofferenza dei galatresi?
Occorre, inoltre, rimarcare l’errore storico nel richiamare l’operazione Lex 2. Come riporta la stampa locale, secondo l’ipotesi investigativa della Procura Antimafia, il Comune di Laureana di Borrello pare sia stato, negli ultimi anni, ...“un ente per certi aspetti soggetto ai condizionamenti da parte delle cosche di 'ndrangheta locali che, grazie alle compiacenze di alcuni politici, erano riuscite ad ottenere l’aggiudicazione di alcuni appalti comunali, facendo leva anche sui rapporti, stretti e continuativi, riscontrati tra gli affiliati alle cosche ed alcuni esponenti della politica locale di Laureana di Borrello”... Per questo motivo è stato arrestato un ex assessore del Comune di Laureana di Borrello, …“indagato per concorso esterno in associazione mafiosa, poiché considerato, a pieno titolo, il referente politico del sodalizio criminale, cui lo stesso forniva di fatto un concreto, specifico, consapevole e volontario contributo”... In sostanza non ci potrà mai essere infiltrazione mafiosa se nella Pubblica Amministrazione non ci sono politici e funzionari infedeli.
Non è, quindi, blindando (secondo le dichiarazioni) le Terme con la società in house che si evita l’infiltrazione della criminalità organizzata nella Pubblica Amministrazione. La sua capacità di infiltrazione negli apparati pubblici avviene attraverso dei propri referenti politici e tramite propri referenti negli apparati amministrativi che, devo ammettere, Galatro, per fortuna, non ha mai avuto e spero mai avrà.
Mi permetta, signor Sindaco, di suggerirle che la 'ndrangheta si combatte non con le belle parole, magari su una delibera, ma si combatte con azioni di trasparenza amministrativa, con atti di condivisione con la comunità amministrata e non arroccati a Palazzo San Nicola. La 'ndrangheta si combatte dando a tutti le stesse opportunità, sia se abbiano votato per lei e, soprattutto, se non lo abbiano fatto.
Una delle ultime volte che sono ritornato a Galatro, una persona che gestisce un CAF mi ha confidato che un suo assistito, dopo il completamento di una pratica, gli disse che lo avrebbe pagato in un altro momento, perché in tasca aveva solo 5 Euro e con quelli avrebbe dovuto passare il Natale.
Ecco, il mio augurio è che a Galatro questo tipo di situazioni vengano eliminate o per lo meno ridotte. So per certo che ci sono famiglie che fanno fatica a mettere insieme il pranzo con la cena e non dovrebbe interessare agli amministratori se votano Tromba o Galatro Viva.
Almeno 3,7 milioni di nostri connazionali hanno bisogno di aiuto per poter mangiare, di questi il 14% (pari a 518.000 ovvero più di un quarto di tutta la popolazione regionale) sono in Calabria. Questo solo per dare la dimensione del problema. Io spero vivamente che i prossimi amministratori abbiano a cuore tutte quelle famiglie che, con dignità e anche con un pizzico di vergogna, vivono queste situazioni, indipendentemente dalla loro preferenza elettorale.
Sintetizzando quanto espresso:
- il Comune di Galatro ha ritardato di quasi un anno l’invio della relazione;
- la relazione è stata copiata;
- la relazione evidenzia grossolani omissioni ed inesattezze;
- dopo 9 anni di lavoro, il Comune non è ancora in grado di gestire le Terme;
- avete dipinto Galatro come un comune ad alta densità mafiosa;
Per quanto dimostrato nel presente intervento, in termini di incompetenza, approssimazione ed improvvisazione da questa Amministrazione, credo sia arrivato il momento, per il Sindaco e per l’Assessore, di rassegnare le proprie dimissioni, a salvaguardia delle rispettive dignità, e dare ad altri la possibilità di rilanciare le Terme per come meritano e per come merita la comunità galatrese.
Se ci tenete effettivamente alla comunità di Galatro è arrivato il momento di dimostrarlo perché, come diceva Mao Tse-tung, non è importante il colore del gatto, l’importante è che mangi i topi.
Ad essere sinceri, nel leggere le parole dei consiglieri di opposizione per un attimo ci è sorto il dubbio di essere capitati in una fiction di genere ucronico, ambientata cioè in un mondo parallelo del tutto identico a quello in cui viviamo dove, però, la storia ha seguito un percorso alternativo rispetto a quello reale.
Perché nella realtà “alternativa” descritta negli interventi in questione sembrerebbe quasi che, per tutti questi anni, l’Amministrazione Tromba sia stata sempre in combutta con l’ex gestore mentre la riacquisizione delle Terme, l’avvio della gestione diretta comunale, la costituzione della nuova società e l’affidamento in house siano avvenuti per esclusivo merito di Galatro Viva.
In tutta onestà, sapevamo che la fantasia dei membri dell’opposizione è molto fervida, ma non pensavamo che lo fosse fino a questo punto.
Infatti, ci vuole una immaginazione fuori dal comune (oltre che una scarsissima considerazione per l’intelligenza dei galatresi) per arrivare a sostenere che siamo noi, e non loro, a raccontare bugie sulle Terme.
Ora, senza dover rinvangare le posizioni pubblicamente assunte dai nostri oppositori (in significativa assonanza con l’ex gestore) a proposito del mancato esercizio della disdetta che avrebbe determinato il rinnovo del contratto con Terme Service per ulteriori 15 anni (se non addirittura sino al 2032), per comprendere quanto siano farneticanti le recenti affermazioni della minoranza basta ricordare il manifesto da loro affisso il 28 gennaio 2017 (il cui testo integrale è ancora oggi consultabile negli archivi di Galatro Terme News).
Come in molti rammenteranno, infatti, in quel fatidico documento i membri dell’opposizione hanno accusato l’amministrazione Tromba di aver mentito quando, durante la campagna elettorale del 2016, aveva assunto l’impegno di riportare le Terme nelle mani del Comune e soprattutto, usando le identiche parole utilizzate dall’ex gestore nelle comunicazioni con cui rifiutava di restituirci la struttura, hanno cercato di convincerci che sbagliavamo a insistere per la gestione diretta comunale in quanto, a loro dire, “le leggi e la stessa Regione Calabria indicano strade diverse che portano dritto all’individuazione del gestore attraverso una procedura ad evidenza pubblica, obbligo peraltro sancito “dai principi discendenti dall’art. 81 del trattato UE e dalle direttive comunitarie in materia di appalti, quali quelli della loro necessaria attribuzione mediante procedure concorsuali, trasparenti, non discriminatorie, nonché tali da assicurare la parità di trattamento ai partecipanti”.
Come diceva la nota canzone? La verità fa male!!!
Per quanto oggi cerchino disperatamente (ma inutilmente) di negarlo, nel momento in cui noi dell’amministrazione comunale eravamo impegnati con tutte le nostre forze in uno scontro senza esclusione di colpi con la Terme Service e cercavamo di neutralizzare tutte le manovre subdole messe in atto in ogni sede e le molteplici azioni legali finalizzate a impedirci di rientrare in possesso della nostra struttura termale, i consiglieri del gruppo di Galatro Viva si battevano pubblicamente per l’affidamento della gestione ai privati mediante procedura ad evidenza pubblica.
GUARDA CASO, CI DICEVANO DI FARE PROPRIO CIO’ CHE VOLEVA L’EX GESTORE.
E noi glielo abbiamo subito rinfacciato pubblicamente con un manifesto dell'11 febbraio 2017 facendo presente che “ci vuole davvero arroganza e faccia tosta per accusare noi di aver mentito a proposito dei tempi necessari per la riacquisizione delle strutture termali quando sono i fatti a dimostrare il connubio tra Galatro Viva e l’ex gestore per fare in modo che le Terme restino in mano privata nonostante la volontà contraria di tutti i galatresi. Come abbiamo sempre detto e stiamo dimostrando con il nostro quotidiano lavoro, solo l’amministrazione Tromba avrebbe garantito il ritorno della gestione comunale. E questo sta avvenendo, nonostante gli intrallazzi di alcuni “amici altolocati” e il doppiogioco di Galatro Viva.”
Ovviamente, dopo che la nostra linea si è dimostrata vincente e tanto il TAR quanto il Consiglio di Stato ci hanno dato piena ragione, dichiarando del tutto legittima la nostra decisione di assumere la gestione diretta delle Terme, i membri della minoranza si sono arresi, forse consapevoli di aver condotto una battaglia sbagliata e contraria agli interessi dei galatresi.
Ma piuttosto che ammettere con onestà e umiltà l’errore, i nostri avversari ancora oggi fanno finta di nulla, e anzi cercano di far credere alla gente (che però non dimentica) che la loro posizione sia sempre stata quella della gestione delle terme attraverso “una società interamente pubblica che coinvolga, però, altri Enti pubblici quali Regione Calabria, Città Metropolitana.”
Ma non è andata cosi. E non siamo noi a dirlo, ma i loro stessi manifesti.
Sempre a proposito di “realtà alternative”, non possiamo fare a meno di ricordare che, nella seduta del consiglio comunale del 16 aprile 2019, la minoranza ha abbandonato l’aula per protesta contro la nostra decisione di costituire la società per la gestione delle Terme e, nel farlo, ha depositato un documento, pieno di richiami a leggi e sentenze, con il quale intendeva dimostrare che la nostra scelta era sbagliata perché la formula organizzativa della “società in house” da noi prescelta non risultava conforme alla normativa vigente.
Solo secondariamente i consiglieri di Galatro Viva segnalavano che sarebbe stato necessario il coinvolgimento di altri enti pubblici (peraltro previsto dallo Statuto societario). Da quello che scrivono in questi giorni, invece, sembrerebbe (ma il condizionale è d’obbligo) che ora l’affidamento in house vada bene. Meglio tardi che mai.
Per continuare nella dimensione ucronica del racconto della minoranza, è impossibile tralasciare l’affermazione, a dir poco stupefacente, secondo cui sarebbe stata “l’incapacità e la mancata predisposizione di tutto il necessario in tempi utili (anche qui chissà perché)” a consentire “al gestore di ritardarne la consegna e di operare ulteriormente oltre i termini contrattuali”.
Evidentemente, i consiglieri di opposizione non hanno la minima idea di quali siano state le ragioni del contenzioso tra il Comune e la Terme Service, perché altrimenti non si sarebbero azzardati a scrivere una simile sciocchezza.
E allora, visto che ne sono completamente all’oscuro - anche se si tratta di fatti esposti in numerosi provvedimenti e deliberazioni, oltre che in alcuni manifesti affissi dall’amministrazione comunale - cercheremo sinteticamente di riepilogare cosa è successo nell’ultimo anno di gestione privata delle Terme.
Ebbene, in concomitanza con la conclusione del procedimento di accertamento e contestazione dei numerosi inadempimenti contrattuali della Terme Service evidenziati dalla relazione redatta il 26.02.2015 dalla Commissione di Verifica nominata con delibera G.M. n. 119 del 02.09.2011 (altro che nessun controllo!), con lettera prot. 1888 del 28 aprile 2016 il Responsabile dell’Area Tecnica ha avviato il procedimento per la riconsegna della struttura – per scadenza del contratto – entro la fine della stagione termale 2016.
Contro tale preavviso di riconsegna, il 27.05.2016 la Terme Service ha proposto ricorso al fine ottenere un provvedimento d’urgenza che ne paralizzasse gli effetti, che però il Tribunale di Palmi ha respinto con ordinanza del 10.10.2016.
A questo punto, dopo l’accertamento dell’avvenuta chiusura dei reparti con conseguente conclusione della stagione termale, con nota prot. 5446 del 16.12.2016 il Responsabile dei Servizi Tecnici ha preso atto della intervenuta scadenza della concessione ed ha invitato la Terme Service s.r.l. a restituire gli immobili e le attrezzature concessi, ottenendo però un espresso rifiuto in quanto, secondo la società concessionaria, non erano configurabili le condizioni di legge e contrattuali per la riconsegna. Inoltre, in data 21.12.2016, la Terme Service ha presentato una richiesta di rinnovo della concessione per ulteriori 15 anni.
Sono quindi seguiti una serie di provvedimenti con i quali il Responsabile dei Servizi Tecnici, dapprima, ha respinto la richiesta di rinnovo della concessione perché tardiva e comunque non ammissibile in base alle previsioni contrattuali e, successivamente, ha ordinato lo sgombero coattivo dei locali.
Questi provvedimenti sono stati impugnati senza esito dalla Terme Service innanzi al Tar e al Consiglio di Stato tanto che, il 18 maggio 2017 il Comune si è immesso coattivamente nel possesso della struttura, ponendo fine all’occupazione abusiva da parte dell’ex gestore.
Come tutti - tranne chi è animato da malafede - possono comprendere, il ritardo nella riconsegna non si è quindi verificato a causa di incapacità o mancanze dell’amministrazione comunale, ma semplicemente perché l’ex gestore ha illegittimamente rifiutato di rilasciare i locali alla scadenza del contratto. E per tale motivo è stato cacciato via con la forza pubblica.
Siamo pronti a scommettere qualunque cosa che, se i galatresi non ci avessero riconfermato la loro fiducia il 5 giugno 2016, le cose sarebbero andate molto diversamente. E per capirlo, è sufficiente ripensare a quanto accaduto nel mese di gennaio 2017, cioè nel momento più critico della contesa con l’ex gestore: anziché prendersela contro chi occupava abusivamente i beni dei galatresi, con il famigerato manifesto Galatro Viva ha attaccato l’amministrazione comunale, accusandola di aver mentito sulla possibilità di riacquisire la disponibilità delle terme e incitandola ad affidare la gestione ai privati!!!
E potremmo continuare ancora a lungo, ad esempio prendendo in esame le accuse di clientelismo nelle assunzioni. Perché nella frenesia di costruire una narrazione “alternativa” a quella, reale, in cui loro hanno sempre remato contro la gestione pubblica delle Terme, i consiglieri di minoranza hanno dimenticato di dire che la prima assunzione da noi fatta al momento della riapertura, nel luglio 2017, è stata la moglie di un loro candidato. E hanno pure fatto finta di ignorare che, nel corso dei tre anni di gestione comunale, il reperimento del personale è avvenuto tramite una società di lavoro interinale che ha selezionato tutti coloro che, in possesso dei titoli necessari per poter essere impiegati nei reparti di cura, hanno presentato domanda.
Oppure, a proposito di connivenze con l’ex gestore, potremmo parlare di quanto veniva richiesto agli aspiranti lavoratori nel corso dei colloqui per le assunzioni fatti pochi giorni prima delle elezioni del 2016 o di alcune foto di “incontri al vertice” che circolavano in quei giorni.
E che dire, poi, della solita bufala dell’acquisto delle quote della Terme Service?
Non sapendo dove aggrapparsi, da anni continuano a ripetere che avremmo dovuto comprare le quote di proprietà della Sayonara srl messe all’asta dal Tribunale Fallimentare di Vibo Valentia (peraltro senza neanche pubblicare i prescritti avvisi).
In pratica, secondo i nostri avversari il Comune avrebbe dovuto spendere dei soldi pubblici per entrare in una società che già all’epoca si trovava in grosse difficoltà economiche a causa di contenziosi e decreti ingiuntivi notificati da alcune ditte fornitrici. E che l’anno scorso è fallita lasciando un passivo di oltre tre milioni di euro.
Non osiamo pensare cosa avrebbero combinato i nostri avversari se avessimo fatto quello che oggi ci accusano di aver omesso! Quante denunce alla Corte dei Conti e quanti esposti alla Procura sarebbero stati inviati per segnalare il danno erariale provocato dall’acquisto di quote di una società indebitata e per ipotizzare favoritismi nei confronti del socio privato?
Eppure, nonostante anche i bambini abbiano capito che è solo una colossale fake news, perché il Comune ci avrebbe solo rimesso mettendosi in società con Smedile visto che avrebbe dovuto accollarsi anche la metà dei suoi debiti, i nostri oppositori e il loro giureconsulto di fiducia (le cui ingiurie ed insinuazioni, contenute nell’ultima “opera d’ingegno” diffusa da Galatro Terme News, sono talmente squallide ed insulse da non essere degne di risposta) continuano a ritirare fuori questo jolly ogni volta che sono in difficoltà.
Però una cosa è certa: se il semplice riepilogo di fatti documentati e già noti a tutti ha scatenato risposte così piccate, significa che è stato toccato un nervo scoperto.
Perché era immaginabile che l’opposizione potesse subire un contraccolpo per il fatto che l’amministrazione comunale sia riuscita a realizzare i due punti più qualificanti del suo programma elettorale (stabilizzazione con contratto a tempo indeterminato di tutti gli ex LSU-LPU e affidamento in house delle Terme), ma nessuno poteva francamente prevedere una reazione così scomposta e sconnessa.
Del resto, anche chi è totalmente digiuno di politica non farà fatica a capire quanto sia stata strumentale, per non dire risibile, la posizione assunta dal gruppo di Galatro Viva nel corso dell’ultimo consiglio comunale.
Infatti, in maniera del tutto incomprensibile, dapprima, ci hanno chiesto il rinvio della trattazione del punto relativo all’affidamento in house della gestione delle Terme sul presupposto che ciò fosse consigliabile in conseguenza della mancata conclusione del procedimento di iscrizione nel registro ANAC, aggiungendo che se avessimo voluto l’unanimità avremmo dovuto rinviare il punto all’ordine del giorno fino alla data in cui sarebbe stata effettuata questa.
Quando però abbiamo deciso di procedere comunque, sia perché non esisteva alcun ostacolo legale che ce lo impedisse (visto che l’adempimento richiesto è la semplice presentazione della domanda di iscrizione e l’eventuale diniego successivo non invalida i contratti già sottoscritti) sia perché avevamo urgenza di completare la fase di affidamento per poter avviare al più presto la nuova gestione, ci hanno addirittura accusato di voler bluffare i cittadini e di avere motivi inconfessabili per ritardare l’operazione. E questo solo perché abbiamo respinto un loro emendamento (presentato all’ultimo secondo e di contenuto offensivo per la dignità dei funzionari comunali) con il quale si chiedeva di modificare lo schema di delibera già predisposto indicando una data fissa per la stipula del contratto di affidamento. Come se dopo tutto questo duro lavoro il nostro interesse non fosse quello di pervenire al più presto al passaggio delle consegne alla nuova società.
Noi certamente non ci faremo in alcun modo condizionare da questi atteggiamenti di sterile ostruzionismo e di becera propaganda, e continueremo senza sosta nel nostro duro lavoro, reso ancor più difficile da questa imprevista e drammatica epidemia.
Ora il nostro compito è di dare il massimo supporto alla Terme di Galatro srl perché possa al più presto completare i pochi passaggi burocratici che ancora mancano per l’avvio della nuova gestione.
Tanto ormai il gioco dei nostri avversari è fin troppo evidente: tutto ciò che facciamo noi per le Terme è un imbroglio illegale.
Lo hanno detto quando sostenevamo che ce le saremmo riprese ad ogni costo e noi, incuranti di loro, l’abbiamo fatto lo stesso, vincendo pure tutte le cause.
Lo hanno ripetuto in occasione della gestione diretta (quando siamo stati pure convocati in Caserma a causa di denunce ed esposti presentati contro di noi) e abbiamo fatto funzionare le Terme per tre anni senza nessun problema.
Lo hanno ribadito l’anno scorso quando abbiamo costituito la società comunale e, nonostante le esagerazioni catastrofiste che hanno detto e scritto, non è accaduto nulla.
Figuriamoci quanto ci può impressionare il fatto che l’opposizione abbia abbandonato l’aula al momento della votazione della delibera di affidamento gestione in house.
Per quel che ci riguarda, siamo fieri di essere riusciti in soli tre anni a realizzare il nostro obbiettivo: riprenderci le Terme dando loro un’organizzazione che ne possa garantire la piena valorizzazione.
Probabilmente nel nostro percorso abbiamo commesso anche degli errori, ma sempre e comunque in buona fede. Perché solo chi sta fermo con le mani in mano non corre il rischio di sbagliare.
Ma ciò non toglie che quello che siamo riusciti a fare è motivo di grande orgoglio per tutti noi, perché siamo sicuri di aver scritto una pagina importante nella storia di Galatro. E scusate se è poco.
Però, evidentemente, questo non basta, perché c’è chi attraverso la diffusione di menzogne e falsità tenta pervicacemente di offuscare tutto quello che, a costo di grandi sacrifici, abbiamo fatto sino ad oggi.
Per questo pensiamo sia necessario avviare una OPERAZIONE VERITA’ SULLE TERME.
La rilettura ha evidenziato un ridondante uso del controllo analogo, tanto che viene citato in oltre 40 circostanze. La persistenza sul controllo analogo trova il suo motivo di essere nelle relazioni dalle quale il Comune di Galatro ha preso “spunto” per il motivo che le due società controllate, quella abruzzese e quella siciliana, si occupano, rispettivamente, del servizio di igiene urbana e di servizi vari di manutenzione. Data, quindi, per scontata l’attività prevalente per gli Enti locali controllanti, si è reso necessario, per i due comuni, dimostrare la capacità (in particolare per quanto riguarda la società “ECO.LAN S.p.A.”, partecipata da oltre 20 comuni) di “esercitare un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della persona giuridica controllata”.
La disciplina dell’in house non si esaurisce con il solo D.Lgs 50/2016 (codice degli appalti) ma si completa con il D.Lgs 175/2016 (Testo Unico delle società a partecipazione pubblica).
L’art. 16 del D.Lgs 175/2016, ai commi 3), 3bis) e 4), prevede che:
a) Gli statuti delle società devono prevedere che oltre l'ottanta per cento del loro fatturato sia effettuato nello svolgimento dei compiti a esse affidati dall'ente pubblico o dagli enti pubblici soci;
b) La produzione ulteriore rispetto al limite di fatturato di cui al comma 3, che può essere rivolta anche a finalità diverse, è consentita solo a condizione che la stessa permetta di conseguire economie di scala o altri recuperi di efficienza sul complesso dell'attività principale della società.
c) Il mancato rispetto del limite quantitativo di cui al comma 3 costituisce grave irregolarità ai sensi dell'articolo 2409, come richiamato dall’ultimo comma dell’art. 2477 del codice civile e dell'articolo 15 dello stesso decreto.
Per comprendere appieno la portata del dispositivo summenzionato, si riportano due massime del TAR Veneto e della Corte dei Conti Lombardia.
“La società in house avrebbe della società solo la forma esteriore, costituendo, in realtà, un'articolazione in senso sostanziale della Pubblica Amministrazione da cui promana e non un soggetto giuridico ad essa esterno e da essa autonomo. Una tale configurazione si giustifica in base al fatto che solo quando la società affidataria è partecipata in modo determinante dall'ente pubblico, esercita in favore del medesimo la parte più importante della propria attività ed è soggetta al suo controllo in termini analoghi a quello in cui si esplica il controllo gerarchico dell'ente sui propri stessi uffici, non sussistono esigenze di concorrenza e, quindi, si può escludere il preventivo ricorso a procedure di evidenza pubblica” (T.A.R. Veneto Venezia Sez. I, 04-11-2019, n. 1186). Qualora non bastasse, arriva in soccorso la Cassazione che, con la sentenza nr. 4938/2016, ribadisce che uno dei requisiti qualificanti per le società in house è “l’esercizio dell’attività esclusivamente o quanto meno in prevalenza a favore dei soci stessi”.
“Il comma 3-bis dell'art. 16 del D.Lgs n. 175/2016 non consente di derogare al limite quantitativo stabilito dal comma 3, permettendo esclusivamente di svolgere ulteriori attività a condizione che siano garantite economie di scala. Il rinvio dell'art. 4, comma 4 del T.U. consente esclusivamente di svolgere ulteriori attività sempre nei limiti e condizioni di cui all'art. 16” (Corte dei Conti Lombardia Sez. contr. Delib., 08-03-2019, n. 87).
In sostanza è possibile, per i soggetti controllati, rivolgere al libero mercato esclusivamente attività rientranti nel tetto massimo inferiore al 20% dell’attività complessivamente svolta, mentre la restante attività dovrà essere resa nei confronti del soggetto controllante, richiedendo che la dimostrazione della percentuale superiore all’80% sia attendibile, seria ed effettiva in relazione a molteplici, specifici e dettagliati indici.
In conclusione, con il Testo Unico sulle partecipate e con il nuovo codice degli appalti, viene introdotto il criterio quantitativo al posto del criterio qualitativo, da provare di volta in volta, sulla base del caso concreto.
Nella relazione del Comune di Galatro oltre al traboccante concetto di controllo analogo, praticamente cucinato in tutte le salse, riguardo all’attività prevalente, nei confronti dell’Ente Comunale, a mala pena si ritrovano rare tracce, motivo per il quale ritengo che la società del Comune di Galatro non verrà iscritta nel Registro tenuto dall’Anac.
Ritornando ai due interventi giurisprudenziali indicati in premessa, pur provenendo dai due organi di “vigilanza” della legislazione comunitaria e nazionale, essi sono sovrapponibili in quanto entrambi esprimono lo stesso principio.
Sia la Corte di giustizia Ue, con l'ordinanza sulle cause C-89/19 e C-91/19 del 6 febbraio 2020, sia la Consulta, con la sentenza n. 100/2020, sulla questione di legittimità costituzionale, posta dal Tar Liguria, hanno concordato che l'articolo 192, comma 2 del Dlgs 50/2016 non confligge con la normativa dell'Unione europea e dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale.
Sostanzialmente “l'articolo 192 del codice è posto come espressione di una linea restrittiva del ricorso all'affidamento diretto che è costante nell'ordinamento nazionale da oltre dieci anni, e che costituisce la risposta all'abuso dell'istituto da parte delle amministrazioni nazionali e locali (come evidenziato anche dall'Anac nella relazione associata alle linee-guida n. 7). La sentenza n. 100/2020 chiarisce inoltre che l'onere motivazionale richiesto dalla disposizione del Dlgs 50/2016 non si discosta, nella sostanza, da quello imposto dall'articolo 34, comma 20, del Dl 179/2012, il quale richiede l'indicazione delle ragioni dell'affidamento diretto dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, il rispetto della parità degli operatori e l'adeguata informazione alla collettività di riferimento, e ciò non può che essere letto come necessità di rendere palesi (anche) i motivi che hanno indotto l'amministrazione a ricorrere all'in house invece di rivolgersi al mercato. Entrambe le norme si risolvono in una restrizione delle ipotesi in cui è consentito il ricorso alla gestione in house del servizio e, quindi, della possibilità di derogare alla regola comunitaria concorrenziale dell'affidamento del servizio stesso mediante gara pubblica. La scelta, proprio perché reca una disciplina pro concorrenziale più rigorosa rispetto a quanto richiesto dalla normativa comunitaria, non si pone in contrasto con la stessa, che, in quanto diretta a favorire l'assetto concorrenziale del mercato, costituisce solo un minimo inderogabile per gli Stati membri”.
Nella pratica, quanto sostenuto si traduce in una preventiva verifica sulla congruità della soluzione rispetto alle alternative presenti sul mercato, con dettagliata analisi nella motivazione del provvedimento di affidamento. Lo stesso Consiglio di Stato (Sez. V, 27-01-2020, n. 681) afferma che “l'affidamento in house di servizi pubblici è illegittimo nel caso in cui non ci sia convenienza economica rispetto alla esternalizzazione dello stesso; l'in house providing riveste infatti carattere eccezionale rispetto all'ordinaria modalità di scelta del contraente ed è possibile solo qualora sussista per l'amministrazione una reale convenienza rispetto alle condizioni economiche offerte dal mercato”. Sempre il Consiglio di Stato (Sez. V Ord., 07-01-2019, n. 138) ammette “tali affidamenti soltanto in caso di dimostrato fallimento del mercato rilevante, nonché imponendo comunque all'amministrazione che intenda operare un affidamento in regìme di delegazione interorganica di fornire una specifica motivazione circa i benefìci per la collettività connessi a tale forma di affidamento”.
Da quanto si rileva dalla relazione del Comune di Galatro non è dimostrata, a mio avviso, che vi sia stata una preventiva verifica sulla congruità dell’affidamento che, è bene ricordarlo, consiste nel verificare l’attendibilità di un’offerta idonea ad assicurare prestazioni adeguate alle esigenze richieste, ciò anche in confronto con elementi giustificativi forniti dal mercato concorrenziale. La stessa relazione non fornisce la prova del fallimento del mercato rilevante ed è comunque carente sotto l’aspetto motivazionale. Tutto questo al netto dell’attività prevalente che appare proiettata al libero mercato anziché verso l’Ente controllante.
Un altro elemento che pregiudicherà, oltre a quanto già evidenziato, l’iscrizione nell’elenco dell’Anac è l’omissione della descrizione analitica, qualitativa e quantitativa del ricorso all’In house riguardo l’albergo e ristorante. In sostanza la relazione si conclude, riguardo alle prestazioni alberghiere e di ristorazione, con la classica espressione rivolta all’Anac e alla Corte dei Conti: “Le faremo sapere”.
Chiudo il presente intervento con quattro pensieri:
1. Se fossi un critico d’arte e dovessi dare un giudizio sulla relazione, direi tranquillamente, e senza timori di essere smentito, di trovarmi davanti ad una crosta;
2. Ringrazio l’Amministrazione comunale per avermi offerto, su un vassoio d’argento, non uno, ma ben due riscontri documentali a quanto da me asserito;
3. Il terzo pensiero lo dedico all’autore del volantino dell'Amministrazione Comunale. Da giureconsulto, quale sono stato denominato, produco delle "opere dell'ingegno" che possono essere apprezzate o meno, possono essere corrette o meno, ma sono comunque opere dei miei sforzi. Per trovare le vostre opere dell'ingegno occorre rivolgersi, invece, alla trasmissione televisiva "Chi l'ha visto";
4. Per ultimo, rinnovo l'invito alle dimissioni per l'Amministrazione tutta, così da permettere, alla prossima, di poter programmare, nel pieno dei propri poteri, la stagione 2021 per non ritardare, ulteriormente, lo sviluppo delle Terme, lìoccupazione ed il rilancio della comunità galatrese.
Altrettanto impalpabile l’amministrazione Panetta è stata sul fronte agricoltura-turismo. Se, riguardo alla diga, un sussulto riesce a bucare di tanto in tanto una spessa coltre di silenzio (da ultimo la lettera del sindaco al presidente della regione Santelli) su altri qualificanti punti programmatici della lista Tromba, quali i parchi fluviali, non si può non constatare che sono rimasti meri nomi, pure enunciazioni. Insomma, un bilancio smaccatamente in rosso che non si può definire figlio di nessuno, essendo frutto di un’impostazione politico-amministrativa incentrata sulla navigazione a vista e sull’ordinaria amministrazione, via via risolte nella informale ma sostanziale ridefinizione di Galatro quale “paese per anziani e pensionati”.
Cosa che non sarebbe accaduta se la politica fosse stata politica, cioè se non fosse stata monopolizzata da personaggi privi della maggiore dote di chi fa politica, il coraggio delle scelte, che avrebbe, più che suggerito, imposto, già nel 2011, di chiudere il discorso con un’amministrazione che, partita nel 2006 sulla base di ben altre premesse e prospettive, di significato e sostanza squisitamente politici, ha ben presto finito per esaurire nella permanenza in carica ogni ragion d’essere.
La disperata e disperante situazione del paese è figlia di scelte (o non scelte) politiche sbagliate, di un’élite assente o comunque non in grado di elaborare una proposta per il futuro degna del nome, ma anche di un popolo votante da decenni irretito in una frustrante coazione a ripetere ed incapace di immaginare un qualsivoglia cambiamento, di proiettarsi oltre la statica e asfittica rappresentazione del presente.
Quel che ne consegue è, giocoforza, uno stato dell’arte tra i più sconsolanti che si possano immaginare ed il peggio che possa capitare è che si vada, come fosse la cosa più ovvia del mondo, alla riproposizione dello schema, decisamente vetusto ed obsoleto, della contrapposizione tra due schieramenti, fantasticando di essere ancora negli anni del lungo dopoguerra. A scompaginare tutto ci vorrebbe, anche se sembrano mancare i presupposti, una mossa del cavallo, che potrebbe consistere in un gruppo di giovani capace di elaborare un’idea di cosa si vuole fare di Galatro, progettando il futuro e lavorando per realizzarlo. Può darsi che, più o meno sotto traccia, in questa direzione qualcosa si stia muovendo, ma è indispensabile che il sottotraccia si trasformi in discorso pubblico, propriamente politico, la sola via che si conosca per determinare la nascita di nuovi programmi e nuovi schieramenti, volti alla costruzione del futuro piuttosto che alla inconcludente rielaborazione del passato.