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6.7.12 - San Gennaro... un santo napoletano di origini calabresi
Michele Scozzarra

8.7.12 - Interessante concorso fotografico a Ceramida

20.7.12 - "Artisti a corte": nuovo successo per Roberto Raschellà

13.8.12 - Barlaam Calabro era con ogni probabilità di Galatro

15.8.12 - Nel Palio della Gastronomia l'incontro con un gusto antico del vivere

Michele Scozzarra

21.8.12 - Premio Calabria America 2012 a Raffaela Cuppari

16.9.12 - Nel racconto di Ornella Sollazzo il telaio riprende il suo battito

Michele Scozzarra

18.9.12 - L'ultimo lavoro di Angelo Cannatà e la recensione dell'Espresso


28.9.12 - Le atmosfere mediterranee di Francesco Cortese

Massimo Distilo

2.10.12 - Nuovo disco e nuovo sito per il pianista Nicola Sergio

11.10.12 - "La luce in fondo al tunnel": un libro di Greta Sollazzo

3.11.12 - Due video dei Karadros

Ramona De Maio

9.11.12 - Gli appuntamenti calabresi del jazzista Nicola Sergio

21.11.12 - Greta Sollazzo e il suo libro su RaiUno a "La vita in diretta": il video

2.12.12 - Note sulla poetica di Rocco Giuseppe Tassone

Armido Cario

6.12.12 - Nasce a Polistena il primo Istituto Tecnico Superiore in Calabria nel settore mobilità sostenibile

Nicola Marazzita

21.12.12 - L'abate Conia e la statua di S. Raffaele Arcangelo ad Orsigliadi di Rombiolo

24.12.12 - Un progetto per il nuovo 4G LTE di TIM da OnScreen Communication

26.12.12 - Successo per "Illusions", il nuovo disco di Nicola Sergio





(6.7.12) SAN GENNARO... UN SANTO NAPOLETANO DI ORIGINI CALABRESI (Michele Scozzarra) - Sull’ultimo numero della rivista “Focus”, n. 237 di luglio 2012, mi è capitato di leggere un lungo servizio dedicato a San Gennaro, dove ho avuto modo di ritrovare qualcosa che già sapevo, e di cui avevo già scritto sin dai primi mesi del 1997, cioè delle origini calabresi del santo partenopeo per eccellenza.
Nell’articolo si legge di “come, negli ultimi anni, si è rafforzata l’ipotesi che San Gennaro non sia nato a Benevento, ma in un piccolo paese della Calabria, l’odierna Joppolo, vicino a Vibo Valentia. Le ricerche condotte dallo storico reggino Bruno Polimeni prendono le mosse da resoconti etnologici dell’Ottocento in cui veniva segnalata la venerazione per San Gennaro. Venerazione che continua, assicurano al Comune di Joppolo: il 19 settembre c’è la celebrazione del suo martirio e molti abitanti portano il nome di Gennaro. Nella frazione di Caroniti ci sono una chiesa del VI secolo ed una statua dedicate proprio a lui. Proprio vicino ai resti di una chiesa più antica. Alcuni documenti confermano: i magistrati locali scrivevano nei passaporti “per intercessione di San Gennaro, vescovo e martire nostro concittadino”. E i vescovi si qualificavano concittadini di Gennaro martire”.
San Gennaro calabrese o napoletano… nel 1997 già la polemica era esplosa sulle pagine di tanti giornali ed io, forte di un articolo del prof. Bruno Polimeni (scomparso proprio il mese scorso), ho provato, dalle colonne del giornale “Proposte” di Nicotera, a tirare l’acqua al nostro… mulino.
Penso che, alla luce di quanto pubblicato su “Focus”, vale la pena “rispolverare” quel mio vecchio articolo…

SAN GENNARO *

E' capitato, nei mesi scorsi (e anche Proposte ne ha dato notizia), che uno studioso di storia religiosa, Don Bruno Sodaro, autore di un libro "Santi e Beati della Calabria", identificasse la casa ed il paese dove san Gennaro era nato in un villaggio della vicina Caroniti. A dire il vero, la notizia non mi ha sorpreso più di tanto perché già dal dicembre del 1987 avevo avuto modo di leggere su "Calabria Letteraria" un ottimo articolo sulla fanciullezza di San Gennaro in Calabria a firma di Bruno Polimeni. Questi alcuni passi dello scritto: "Caroniti, antico villaggio posto alle pendici del Monte Poro, si vanta di aver dato i natali a San Gennaro, il famoso vescovo di Benevento, che, nel 305, subì, a Pozzuoli, il martirio per ordine di Diocleziano. Fra gli 800 abitanti di Caroniti è ancora viva la devozione per questo santo, a cui è dedicata l'antica chiesa del paese, all'interno della quale troneggia la magnifica statua di San Gennaro, che, come a Napoli viene festeggiato anche in questa borgata il 19 settembre di ogni anno... Secondo Tommaso Aceti, San Gennaro nacque a Calositone o Calafatoni, sperduto villaggio, oggi scomparso, del Comune di Ioppolo, da genitori poveri... Raffaele Corso, illustre etnologo nicoterese, così nel 1958, scriveva su Calabria Letteraria: 'A soccorrere l'assunto, per loro indiscutibile, di tali tradizioni, gli umili pastori del Poro, compresi di raggiante orgoglio, additano al passeggero gli avanzi della casetta, ove il Santo avrebbe avuto i natali; il boschetto di vetusti e pur floridi alberi di ulivo ove egli sarebbe vissuto in semplicità; la rupe, donde sarebbe apparso durante un'incursione di saraceni sulla costa per mettere in fuga i pirati'... Un canonico di Nicotera, don Luigi Sorace, vissuto nei primi anni dell'Ottocento, nelle sue Memorie, racconta che Monsignor D. Luca Antonio Resta, nominato nel 1578 vescovo di Nicotera, 'volle portarsi di persona a visitare i villaggi di Calafatoni in punto d'estinguersi, e di Caroniti sorgente, ed ancora senza chiesa... come pure avendo inteso dall'istesso che quella chiesa (di Calafatoni) era stata eretta sotto il titolo di San Gennaro, appunto perché essa era il locale dove San Gennaro era nato, giacché era la casa di sua abitazione, siccome egli testifica per averlo udito dagli antichi, ordinò, il vescovo che dette abitazioni di Calafatonisi si riunissero a quelle di Caroniti poco distanti, e che ivi si fabbricasse una chiesa da consacrarsi sotto lo stesso titolo, ed una casa per il parroco, assegnando l'istesso Don Giannettino per parroco con la previsione di salme quattro di grano da pagarsi dagli abitanti di Caroniti, con la condizione che dal punto medesimo risiedessero in Calafatoni, e che poi si conservasse ben tenuta come rurale in memoria e venerazione del Santo, che ivi aveva sortito la nascita, massime per la frequentazione dei divoti, che andavano sin là ad offrir voti e a raccomandarsi al Santo, come sul suolo proprio del suo nascimento'... Dal Barrio apprendiamo, ancora, che non può essere trascurata la notizia secondo la quale il vescovo di Pozzuoli mostrò un documento al vescovo di Nicotera, Centoflorenio, che, nel 1650, si trovava a passare da quelle parti. Il documento era un Cronicon antichissimo, colà conservato, dal quale appariva chiaro che San Gennaro era nato a Calafatoni. Ma anche un vescovo greco, aggiunge Tommaso Aceti, che passava per la Calabria, mostrava un antichissimo Martirologio scritto in greco, dal quale si evinceva che San Gennaro era calabrese. Inoltre i magistrati di Nicotera, nel cui territorio si trovava il villaggio di Calafatoni, tanto nelle lettere patenti, quanto nei passaporti inserivano la seguente formula 'Per la grazia di Dio e per l'intercessione di San Gennaro vescovo e martire nostro concittadino".
Ecco perché, mi ha molto colpito, il clamore che ha destato in molti napoletani la notizia che "probabilmente" san Gennaro era calabrese. Viene, bonariamente, da ridere nel leggere lo sfogo di tale Ciro Esposito pubblicato in uno degli ultimi numeri di "Gente". Leggiamolo: "Sono arrabbiato, anzi arrabbiatissimo. Ma che cosa mi è toccato leggere sul n. 49 di 'Gente': che San Gennaro sarebbe nato in un paesino della Calabria. E chi fa questa affermazione? Don Bruno Sòdaro che sarà pure un esperto di storia della religione ma è pur sempre il Rettore del Santuario della Madonna delle Grazie di Torre di Ruggiero, in provincia di Catanzaro. Insomma non è 'neutrale', al di sopra delle parti. San Gennaro è napoletano, tutta la sua vita parla di Napoli e Napoli da sempre parla di lui. E le prove inconfutabili di cui parla il sacerdote studioso? Una, cioè l'ipotesi del teologo Tommaso Acuti, risale al diciassettesimo secolo, l'altra da un'usanza settecentesca dei magistrati e dei vescovi di Nicotera, in Calabria. La prima è un'ipotesi. La seconda un'abitudine che non prova nulla. Entrambe sono di quasi millequattrocento anni posteriori alla morte di San Gennaro. Non mi sembrano testimonianze 'decisive'. Non ho nulla contro i calabresi ma sentir dire che San Gennaro, il santo Patrono della mia città, cui tutti noi napoletani ci sentiamo legati, fosse calabrese mi pare proprio troppo. Lasciate in pace san Gennaro che di Napoli è e di Napoli resterà".
Mi vengono in mente le parole di Buzzati: "I santi hanno ciascuno una casetta lungo la riva con un balcone che guarda l'oceano, e quell'oceano è Dio...", mentre non riesco proprio ad immaginare da dove nasce questo "livore" per le ipotesi sulla nascita di San Gennaro. Per questo mi piace immaginare come in quell'Oceano che circonda la sua casa, San Gennaro se la ride di chi con certi argomenti dimostra di non aver capito niente della santità. E mi diletta l'idea di vederlo mentre, in santa tranquillità, prende i giornali che hanno attaccato le sue origini e li unisce alla legna con la quale accende il fuoco in queste fredde giornate primaverili... e soffia fino a che non si alza una bella fiammata... mentre dal camino, comincia ad uscire una sottile colonna di fumo e, per dirla con Buzzati, nonostante tutto... "anche quel fumo è Dio".

* da "Proposte", n. 6, 1-15 aprile 1997


Nelle foto, dall'alto in basso: la facciata della chiesa di San Gennaro a Caroniti di Joppolo; la statua di San Gennaro a Caroniti; lo storico Bruno Polimeni; l'interno della chiesa di Caroniti dedicata a San Gennaro; la processione di San Gennaro a Napoli.


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(8.7.12) INTERESSANTE CONCORSO FOTOGRAFICO A CERAMIDA - Organizzato dall'Associazione Culturale "L'alba di Ceramida", presieduta dalla prof.ssa Carmelina Maceri, il concorso, giunto quest'anno alla terza edizione, ha per tema "Uno sguardo verso... la Costa Viola". E' diviso in due sezioni: adulti (fotocamera reflex digitale) e giovani (fotocamera compatta digitale).
Il tema dà ampie possibilità di spaziare. Si possono infatti presentare foto relative a luoghi, paesaggi, architetture ed opere d'arte, artigianato e folklore, scene di vita per testimoniare ciò di cui il territorio è ricco, ma anche per denunciare eventuali stati di degrado e abbandono.
Le foto possono essere consegnate a mano direttamente alla segreteria dal 23 al 28 Luglio 2012, dalle ore 17,00 alle 19,30, oppure per posta o corriere al seguente indirizzo:
Associazione Culturale "L'alba di Ceramida", c/o Vincenzo Maceri, Via Nazionale 95 - 89011 Ceramida di Bagnara Calabra (RC).
Per visualizzare il regolamento completo del concorso si può consultare il sito:

www.albadiceramida.altervista.org

Per informazioni si può mandare una e-mail a:
albadiceramida@libero.it
o contattare i seguenti numeri telefonici:
349.1842010 - 347.3302218 - 349.1887097

Riportiamo in basso la locandina del concorso:



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(20.7.12) "ARTISTI A CORTE": NUOVO SUCCESSO PER ROBERTO RASCHELLA' - Roberto Raschellà, l'ormai noto e impareggiabile fotografo galatrese continua a mietere successi anche in questa calda estate. Lo scorso Giovedì 19 Luglio ha esposto le sue opere fotografiche a Seregno, presso la Corte del Borghesan, nell'ambito della mostra collettiva che aveva per titolo "Artisti a corte".
Roberto ha presentato alcune foto tratte dalla sessione di "Giocolando",
esposte di recente presso "La casa del disco" di Como: una di queste foto è stata usata proprio nel volantino di "Artisti a corte". Per "Audes", invece, l'artista galatrese ha attinto alla meno recente "Celebrity", presentando alcune foto di Madonna. In visione il libro "MDNA, Milan", raccolta fotografica sull'ultimo concerto.
Nella stessa mostra, alla quale era presente lo stesso Roberto Raschellà, sono state presentate anche le fotografie di archeologia industriale di Paneperso, le sculture di Carlo Guzzi, le opere pittoriche e fotografiche di Sara "Shifter" Pellucchi e Clara Guerrini, i quadri di Marta Bonanomi, le installazioni di Elena Catanes.
Visualizza l'evento su Facebook: www.facebook.com/events/479504565412048
Visualizza il libro MDNA, Milan
Visualizza le foto del concerto milanese di Madonna

 

www.ilvicolopaoletto.com


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(13.8.12) BARLAAM CALABRO ERA CON OGNI PROBABILITA' DI GALATRO - Barlaam Calabro - detto anche "Barlaam di Gerace" - si ritiene sia nato intorno al 1290. Non ci sono però fonti sicure che attestino la sua data di nascita. Se non se ne conosce la data è molto difficile che sia certo anche il suo luogo di nascita. I dati che nel tempo si sono assestati ci dicono che si chiamasse all'origine Bernardo e che, diventando monaco, prese il nome di Barlaam. Il suo cognome originario dovrebbe essere invece Massari. Ciò si ricaverebbe da un documento della Cancelleria Pontificia nel quale compare il nome di un suo nipote, Giovanni Masari.
La Bolla di papa Clemente VI relativa alla sua elezione al vescovato di Gerace nel 1342 riporta: "Monachus monasteri Sancti Heliae de Capasino Ordinis Sancti Basilii Militensis Diocesis, in sacerdotio constitutum." Dunque Barlaam, questo è sicuro, studiò e fu ordinato sacerdote nel Monastero di S. Elia de Capasino (attuale Cubasina) in Galatro.
Qualche studioso (E. D'Agostino, "Seminara nella cultura italiana", in Barlaam in Calabria, Atti del convegno, Seminara 20-21.8.1990, Managò Editore - riportato in
D. Mandaglio, Barlaam Calabro: una vocazione unionista, Nanni editore, 2011) sostiene, in contrasto con i dati documentali, che il monastero basiliano di Galatro fosse il meno prestigioso fra i tanti dello stesso tipo situati in questa zona della Calabria. Prestigioso sarebbe stato invece, secondo questa tesi, quello di San Filarete, nei pressi di Seminara dove però non esiste alcun documento che ci dica che Barlaam, come viene sostenuto, abbia avuto almeno una parte della sua formazione.
Non si capisce perchè, se il monastero di S. Elia in Galatro era allora il meno prestigioso, un monaco (che alcuni vogliono originario di Seminara) sia andato a studiare nel convento di Galatro e poi sia stato sempre a Galatro ordinato sacerdote. Avrebbe dovuto preferirgli il ben più "prestigioso" (e anche ben più vicino) monastero di San Filarete in Seminara, era la cosa più logica.
Tutta la riconosciuta sapienza nella lingua greca che Barlaam ebbe e di cui fruirono i suoi allievi, da Petrarca a Boccaccio, forse anche Leonzio Pilato, e che lo portò a diventare protagonista di vari tentativi di unione delle chiese occidentale e orientale per mandato di imperatori, fu da lui coltivata all'origine nel monastero di Galatro.
Barlaam diede un importante contributo, attraverso la riscoperta dei testi greci, anche a tutto ciò che non molto tempo dopo svilupperà il movimento umanista. E' proprio l'umanista Giannozzo Manetti il primo a menzionare Barlaam nella sua biografia del Petrarca. Lo stesso Francesco Petrarca si adoperò inoltre per far avere a Barlaam la nomina a vescovo di Gerace. Barlaam morì ad Avignone, che in quel periodo era sede papale, nel 1348.
In un testo di John B. Trumper, docente di linguistica all'Università della Calabria, dal titolo "La Calabria nella sua dimensione spazio temporale", Barlaam viene chiamato, come in molti altri studi, "Barlaam di Gerace" e viene messa in evidenza l'incertezza del suo luogo di nascita, indicando Galatro come possibile località dei suoi natali.
Gli indizi che ci fanno pensare che Barlaam fosse di Galatro sono a questo punto abbastanza significativi, anche perchè il monastero S. Elia di Galatro è l'unico elemento concreto che, su una solida base documentale, sia collegato con la vita giovanile e con la formazione culturale e sacerdotale di Barlaam.
Sarebbe giusto quindi a questo punto parlare di Barlaam di Galatro, o Bernardo di Galatro.

Nelle foto: in alto Barlaam; in basso i porticati del monastero di S. Elia in Galatro.

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(15.8.12) NEL PALIO DELLA GASTRONOMIA L'INCONTRO CON UN GUSTO ANTICO DEL VIVERE (Michele Scozzarra) - Nella serata di Lunedì 13 Agosto si è svolto a Galatro, organizzato dalla locale Pro-Loco, il 2° Palio della Gastronomia che ha visto impegnati 8 Rioni del Paese, nel concorso di arte culinaria indirizzato ai non professionisti, che quest’anno aveva come ingrediente base “i fagioli”.
Quest’anno ho voluto partecipare direttamente alla preparazione dell’allestimento fatto nel mio rione e devo dire, senza alcuna esitazione, di avere avuto la possibilità, anche se nella ri-costruzione di un ambiente che ormai non c’è più, di un piacevole incontro con un “gusto antico” del vivere nel nostro paese.
Man mano che si andava avanti nell’allestimento della piazzetta del Carmine e si allestiva “la scena”, con degli oggetti che hanno aiutato a scavare nella memoria la verità di certe immagini (oggi forse legate soltanto più che al ricordo o al racconto di certe situazioni personali o di “paesaggio”), si percepiva anche la “costruzione” positiva di una realtà di vita “diversa” dalla nostra, ma legata intimamente alla nostra storia ed alle nostre radici più autentiche e vere.
Tuttavia, nella bellezza della scena rappresentata in ogni particolare della sua “realtà”, non si è inteso “riesumare” qualcosa di ormai morto da tanto tempo, ma invece rievocare un patrimonio vivente e “sommerso” orami da una cultura sempre più anonima e massificata.
Abbiamo cercato di realizzare un ambiente, sinteticamente definito, “popolare, cioè un impatto con una immagine di vita quotidiana di una realtà paesana, così come si poteva presentare nelle case di Galatro in un tempo ormai andato… una vita quotidiana intessuta di usi e credenze, riti e superstizioni, pietà popolare e miracoli, lotte per la sopravvivenza, lavoro duro della terra e, perché no!, gusto esemplare in un artigianato domestico non massificato ed “inodore” come quello di oggi.
Nella realtà rurale galatrese degli anni passati, era la “casa” (intesa in senso più “ampio” di come la intendiamo oggi) il luogo centrale della vita delle famiglie. Anche se non progettata dai moderni architetti, niente era fuori posto o non funzionale alle esigenze della vita quotidiana, nella sua struttura rustica.
Anche se non è stato facile reperire i “pezzi”, penso che nella rappresentazione che si è fatta davanti alla Chiesa del Carmine, nulla di tutto questo è mancato.
Ma, il cuore di queste case era rappresentato dalla cucina, la grande cucina, con il suo grande focolare abitabile, luogo del pasto e dell’incontro per le numerose persone delle famiglie di allora e per gli amici: è in questo luogo che nelle sere d’inverno, a turno, i gruppi familiari vicini si facevano compagnia intorno al fuoco, con canti, balli, stornelli, racconti popolari, filastrocche, recitando alla fine, tutti insieme, il rosario. Bellissima, sotto questo aspetto, la scena rappresentata con le due donne (la Signora Teresa e la Signora Angela) che lavoravano la lana con il fuso e con i ferri, con i bambini accanto, tutti intorno al braciere, dove con il fuoco delle braci del carbone, a fuoco lento, venivano cucinati i fagioli nella classica “pignata”.
Anche nella esposizione alla giuria del piatto presentato, la referente del Rione, Nicolina Romeo, ha evidenziato come anche nella semplice preparazione di un piatto “tipico e tradizionale” per la nostra storia, risieda la memoria di una nostra tradizione capace ancora di suscitare stupore e meraviglia per tutto ciò che la vita ci offre… non escluso quello che giornalmente passa sulla nostra tavola.


Presentazione del piatto alla giuria da parte della referente del Rione, Nicolina Romeo.

La Seconda Edizione del Palio della Gastronomia, organizzata dalla Pro-Loco che ringraziamo anticipatamente, offre l'occasione di gustare i Fagioli, legumi con origini antichissime arrivati in Italia dopo la scoperta di Cristoforo Colombo del Nuovo Continente. In Calabria la coltivazione dei Fagioli viene registrata dagli storici da diversi secoli e la classe dei braccianti, la più misera, traeva sostentamento dai piccoli appezzamenti di terreno per la maggior parte seminati a Fagioli. La consapevolezza che i legumi e soprattutto i Fagioli costituivano la sola via di salvezza dalla fame era infatti così diffusa da far sì che le coltivazioni di tali prodotti fossero molto rappresentate. Nel secolo scorso il sistema economico era basato su attività prevalentemente agricole, per cui l’abitazione dei contadini si trovava nei pressi dei campi. Diverse generazioni convivevano sotto lo stesso tetto e ciascuno aveva il suo compito: gli uomini nei campi, nella stalla, in cantina e le donne in cucina, luogo in cui si svolgeva la maggior parte della vita familiare una volta terminato il lavoro nei campi. Le bocche da sfamare erano tante, i pasti modesti e spesso insufficienti. Era necessario centellinare ciò che orto e pollaio producevano e inventare nuovi piatti con quel poco che si aveva. Nella cucina c’erano il focolare, il catenaccio con appeso il paiolo e le erbe, la rastrelliera con le pentole, la tinozza per il bagno e il bucato, il forno e spesso anche un letto. La cucina era adibita a diverse funzioni: serviva anche da ingresso e soggiorno e le donne, oltre a cucinare, vi lavoravano a maglia, recitavano il rosario, raccontavano favole ai bambini, mentre gli uomini facevano lavoretti di falegnameria e realizzavano ceste. Noi abbiamo tentato di ricostruire quell’ambiente con attrezzi ed utensili autentici degli inizi del Novecento, appartenuti ai nostri nonni e bisnonni, messi a disposizione dalle Signore del nostro Rione, che ringraziamo calorosamente. Sono antichi oggetti e attrezzi di lavoro relativi all'attività rurale, artigianale e domestica che riportano alla mente uno straordinario mondo, appartenente ormai al passato, quello della civiltà contadina, fondato sulla semplicità, genuinità e amore per la terra. Nella civiltà contadina, fino al secolo scorso il piatto che compariva spesso in tavola erano i Fagioli che rappresentavano il principale piatto povero delle popolazioni della Calabria ed erano i protagonisti incontrastati della dieta alimentare dei numerosissimi mezzadri e contadini che popolavano le campagne. Già, perchè i Fagioli erano una necessità alimentare imprescindibile, considerati “la carne dei poveri”, ossia la fonte di proteine per chi non poteva permettersi la carne, cosa rara per quei tempi e riservata solo ai ricchi di quel periodo. In un angolo del focolare aveva un posto fisso la pignata, tegame di terracotta di varie dimensioni utilizzato per la cottura dei cibi vicino al fuoco, nella quale bollivano i Fagioli, pazientemente tenuti d'occhio dalle donne di casa e successivamente preparati usando le tradizioni ed i sapori tramandati da madre a figlia. Tra tutte le ricette noi abbiamo scelto come piatto da presentare questa sera “A Suriaca 'nta Pignata”, sicuramente la modalità più semplice per preparare i Fagioli ma forse la più utilizzata dalle donne. La Ricetta prevede l’utilizzo di Fagioli Cannellini bianchi, acqua, sale, aglio, un rametto di origano secco, olio, pane di grano abbrustolito sul fuoco e peperoncini seccati al sole sia interi che polverizzati. La procedura di preparazione è stata quella usata dai nostri antenati ed ancora in uso in molte famiglie galatresi. I Fagioli secchi sono stati ammollati in acqua fredda per una notte. L’indomani abbiamo riempito di Fagioli la pignata fino a circa metà della sua capienza, poi l’abbiamo riempita d'acqua fino al suo collo ed è stata posta vicino al fuoco del camino a fiamma bassa, facendo bollire i Fagioli a fuoco lento, cercando di evitare che l'acqua fuoriuscisse dal recipiente. Man mano che l'acqua si asciugava per conseguenza della bollitura, abbiamo aggiunto della acqua calda che si trovava in una pignata più piccola posta a fianco ed a metà cottura abbiamo aggiunto il sale, l’aglio, un rametto di origano secco e il peperoncino seccato al sole intero. Questa sera viene servita calda con del buon pane casereccio e condita al piatto con olio extravergine di oliva degli oliveti della zona e del peperoncino seccato al sole polverizzato. E’ un piatto semplice, genuino ed adatto per tutte le stagioni. Nella speranza che sia di vostro gradimento, ringraziamo tutti i partecipanti e vi auguriamo buon appetito.



























Nelle foto: ambienti e momenti del Palio della Gastronomia; in ultimo la locandina dell'evento.


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(21.8.12) PREMIO CALABRIA AMERICA 2012 A RAFFAELA CUPPARI - E' la volta di un'altra argentina di origine galatrese ad aggiudicarsi il Premio Calabria America, giunto alla XVII edizione. Dopo l'avvocato Bruno Zito, anche lui galatrese, che lo vinse nel 2007, è la prof.ssa Raffaela Cuppari, già docente presso la facoltà di Scienze Economiche dell'Università di Buenos Aires, a vincere l'ambito premio.
Il Premio Calabria America è organizzato dal Centro D'Arte e Cultura Bruzio, con il patrocinio della Città di Gioia Tauro, della Regione Calabria e della Provincia di Reggio Calabria. La cerimonia di premiazione è prevista presso la scalinata del Palazzo S. Ippolito a Gioia Tauro, alle ore 18,00 di Sabato 1° Settembre 2012 alla presenza di numerose autorità.
Come ci comunica Pina Lamanna, nostra collaboratrice da Buenos Aires, Raffaela Cuppari, dopo la cerimonia, si recherà a Galatro in visita ai parenti e vi rimarrà anche per la festa della Madonna della Montagna.
A Raffaela Cuppari i migliori auguri da parte della nostra Redazione.

Visualizza il Comunicato Stampa (PDF) 2,50 MB

Visualizza le informazioni utili per il soggiorno (PDF) 135 KB


Nelle foto: in alto Raffaela Cuppari, in basso locandina del Premio Calabria America 2012.

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(16.9.12) NEL RACCONTO DI ORNELLA SOLLAZZO IL TELAIO RIPRENDE IL SUO BATTITO (Michele Scozzarra) - Galatro, negli anni passati, ha vissuto una importante stagione nella tradizione dell’arte della tessitura: la lavorazione della seta, a partire dalla coltivazione del baco, nel nostro paese un tempo era un’attività fiorente, anche se oggi si può ben dire che è praticamente scomparsa… e se non fosse per la passione di qualche singola persona, ci troveremmo già nella fase dove anche del solo ricordo come “memoria storica”, non si troverebbe nessuna traccia.
Più di una volta mi sono ritrovato a parlare di questa antica arte con Ornella Sollazzo, scorrendo tante vecchie immagini che riproducono come era fatta la vita della sua famiglia, dove i telai, gli incannatoi, i bachi testimoniano un passato considerevole, in questo ramo di lavoro “artigianale”, che la sua famiglia ha svolto, negli anni passati, con amore, competenza e professionalità.
Come non ricordare che a Galatro, ma non solo a Galatro, fino a pochi anni fa, ogni madre, in occasione delle nozze della propria figlia, alla classica dote aggiungeva il pezzo forte: l’intramontabile elemento di corredo di seta pura lavorato al telaio con antica sapienza, che certamente la società consumistica di oggi ha cancellato ma… quello che ha cancellato l’industria, vive oggi come “arte” e conservazione di quella “memoria storica”, che ha costituito per anni una notevole risorsa della nostra terra, e del nostro paese in particolare, e che purtroppo oggi va visto come un altro “tassello” lasciato perdere nella memoria del tempo, che poteva, oggi più di ieri, costituire un qualcosa in più, ai fini di uno sviluppo reale del nostro territorio, facendo tesoro, più che di un mestiere, di un’arte della lavorazione della seta che è un peccato che sia andata perduta.
Di questa lavorazione della seta a Galatro, antica e magistrale, che ha visto alternarsi tante persone all’unico telaio della stessa famiglia, oggi ne è la depositaria della tradizione (anche mediante l’esposizione di pregiati capi che testimoniano una competenza e un’arte nella lavorazione al telaio con l’orditura, la tessitura ed il ricamo), Ornella Sollazzo, con la quale ho cercato di ripercorrere, brevemente, un percorso della tradizione della tessitura a Galatro, nei componenti della famiglia Scinica-Ocello.
In questo breve racconto “rivive” tutto un mondo che, almeno nel ricordo, non può andare perduto, perché come ci riferisce Ornella, ancora oggi, nelle stanze della casa della sua famiglia, se si accosta l’orecchio alle pareti, si potrebbe udire il “battito della cascita del telaio”, esattamente così come si sente battere il cuore di un uomo.

Allora Ornella, iniziamo proprio a raccontare dell’ascolto di questo “battito”…
Ci sono almeno due stanze nel fabbricato che appartiene alla mia famiglia da generazioni, che se si accostasse l’orecchio alle loro pareti, si potrebbe udire ancora il “battito” del telaio, come qualcosa che è ancora in vita... perché proprio come il battito di un cuore la “cascita” veniva battuta con moderata forza, ma soprattutto con ritmo regolare, alla trama, per compattare il tessuto originato dalla stessa e dall’ordito opportunamente e con sapienza predisposto dalla tessitrice di turno che si alternava al lavoro dietro al telaio.

Stai dicendo che, dietro all’unico telaio della tua famiglia, nel tempo, si sono alternate più persone nel lavoro della tessitura…
In ordine di tempo la mia bisnonna, Illuminata Marazzita sposata Ocello, poi la nonna materna Maria Carmela Ocello sposata Scinica e sua sorella Anna Maria Raffaela Ocello, fino ad arrivare al tempo della mia fanciullezza la zia Illuminata Scinica, sorella di mia madre, si sono succedute all’interno dell’antico telaio. Ricordo perfettamente la zia Illuminata che, con l’aiuto della nonna, gestiva un piccolo laboratorio di tessitura: la zia al telaio e la nonna a riempire le “spole” con il “fusuferru” che servivano a trasferire, per mezzo della “navetta” la trama nell’ordito.
L’orditura era preparata sempre in collaborazione tra la nonna e la zia. La zia Illuminata, impeccabile nel “rito”, stendeva i fili di cotone, perché l’ordito richiedeva questo tipo di fibra, da un lato all’atro del muro, sul quale erano stati posti dei grossi chiodi (chissà da quale tessitrice della storia), lungo quattro/cinque metri, la nonna si occupava di sostituire i “cannola” man mano che si svuotavano del filo che era stato disteso ad arte sul muro.
Una volta portato a termine, l’ordito aveva l’aspetto di un enorme gomitolo che, agli occhi dei bambini, me compresa, aveva un aspetto entusiasmante e giocoso.
La fase successiva era quella di vestire il telaio con l’ordito, la cosiddetta “’mbrijiatura”. A questo punto entrava a far parte del “gioco” una terza persona, mai la stessa. La zia, o chi per lei, chiedeva aiuto ora a questo vicino ora a quell’altro e, ovviamente, il ringraziamento per la disponibilità era un articolo derivato dalla tessitura (uno strofinaccio, un asciugamano, ecc.). La funzione della terza persona era di arrotolare lentamente “u sujju”, in italiano “subbio” (cioè, l’insieme costituito da un cilindro di metallo o di legno e dal filato d’ordito o, anche, l’insieme del tessuto in formazione sul telaio e del cilindro che gli fa da supporto), al quale veniva avvolto il ricavato dell’ordito, mentre le altre due persone, reciprocamente, districavano i nodi dell’ordito con un grosso pettine a denti larghi e avvolgevano l’ordito stesso proveniente dal gomitolone. Il disegno del tessuto dipendeva dall’impostazione data in fase di “mbrijiatura”, avviamento del telaio, cioè l’ordito veniva trasferito sul telaio sgomitolando quel grosso giocoso gomitolone, di cui parlavo prima. La realizzazione di ogni disegno era spiegata, in un vecchio quadernino dalle pagine ingiallite dal tempo, scritto rigorosamente in un “dialetto italianizzato”…

Stai raccontando una bella storia tutta galatrese, anche se tante di persone che hai citato, oggi rimane un vago ricordo… certamente il ricordo più vivo e attuale è di “zia Illuminata”, che fino a qualche anno addietro la ricordiamo ancora dietro al telaio…
Sin da quando ero bambina, ricordo che in casa si raccontava di come la zia Illuminata ha iniziato a tessere: aveva circa 6 anni quando, osservando curiosa il meccanismo dell’antico telaio di famiglia, più volte aveva chiesto alla “zia vecchia” (al secolo Ocello Anna Maria Raffaela), di volerla aiutare a ordire perché voleva imparare a tessere. Ma la zia vecchia, ora per questo motivo ora per quest’altro non l’aveva mai accontentata. Così un giorno che la “zia vecchia”, insieme ad altri componenti della famiglia, si allontanò dal paese, la zia Illuminata si mise all’opera, tutta da sola, preparò il telaio e si mise a tessere. Quando le donne di famiglia rientrarono a casa, videro con immensa sorpresa tutto ciò che, in loro assenza, la zia Illuminata aveva fatto.
Iniziò così la sua attività di tessitura, aiutata prima dalla madre (mia nonna), che una volta impostato il telaio con l’ordito si occupava di riempire le spole che, inserite nella “navetta”, immettevano la trama nell’ordito, e poi una volta che la zia aveva realizzato il tessuto, la nonna cuciva insieme i teli per formare il copriletto. Inoltre con un altro telaietto la zia Illuminata creava le “frange” che la nonna applicava ad arte intorno al copriletto.
Dall’età di 6 anni la zia Illuminata, continuò per tutta la sua vita a tessere al telaio, perfezionandosi sempre più fino all’età di 77 anni, quando a causa di un’improvvisa caduta, con conseguente frattura del femore, durante l’orditura, è stata costretta a dismettere definitivamente con il lavoro al telaio che tutt’oggi giace silenzioso, senza più far sentire il suo “battito”, in una stanza, appositamente arredata con gli utensili che hanno contribuito alla realizzazione di manufatti di grande pregio per circa 70 anni.

A dire il vero, nella mia memoria emergono delle immagini dove, anche la tua mamma, mi pare che ha svolto un ruolo molto importante nel ricamo e nella tessitura…
Quando la nonna venne a mancare, la figlia Fortunata, mia mamma, prese il suo posto ed oltre a quello di cui si occupava mia nonna essa si impegnò anche a realizzare tovagliati e quant’altro con i tessuti di ginestra, canapa e lino appositamente arricchiti con tramezzi all’uncinetto e ricami, trascurando talvolta la sua principale occupazione che era quella di sarta di alta moda…
Ma questa è un’alta storia! Se vuoi ne parleremo un’altra volta… più in là possiamo continuare a raccontare quest’altra storia…!




















Nelle foto: varie attività funzionali alla tessitura, un primo piano di Ornella Sollazzo e biglietto da visita della Tessitura Artigianale.


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(18.9.12) L'ULTIMO LAVORO DI ANGELO CANNATA' E LA RECENSIONE DELL'ESPRESSO - L’Espresso n. 38, 20 settembre 2012, in edicola questa settimana, pubblica la recensione del volume “La passione dell’etica”, collana I Meridiani Mondadori, dedicato a Scalfari. Angelo Cannatà, che in passato si è occupato del fondatore di “Repubblica” (“Eugenio Scalfari e il suo tempo”, Mimesis), ha curato le note e le notizie sui testi e la bibliografia del volume mondadoriano. Pubblichiamo – dall’Espresso – la recensione del critico Enzo Golino, nella parte relativa alla biografia di Scalfari e al lavoro del professore Angelo Cannatà.

MILLE VOLTI DI EUGENIO SCALFARI
di Enzo Golino

Eugenio Scalfari nasce a Civitavecchia il 6 aprile 1924. Con la famiglia si trasferisce a Roma, dove studia la Mamiani, e poi a Sanremo perché al padre è offerta la direzione del Casinò. Al liceo Cassini incontra Italo Calvino di cui diventa amico. “Roma Fascista”, organo del Guf (Gruppo universitario fascista), ospita le sue prime esperienze giornalistiche, ma all’inizio del 1943 si scontra con i gerarchi del Partito per una serie di corsivi non allineati. Finita la guerra entra in contatto con il neonato Partito liberale, partecipa all’atto costitutivo del Partito radicale, lavora alla Banca Nazionale del lavoro, scrive per “Il Mondo” e per “L’Europeo” stringendo legami professionali e personali con i direttori Mario Pannunzio e Arrigo Benedetti, poi direttore dell’“Espresso” fondato nell’ottobre 1955 con Scalfari che ne è il responsabile amministrativo e successivamente anche il direttore. Nel 1963, nelle liste del Psi, viene eletto al Consiglio Comunale di Milano. Querelato dal generale Giovanni De Lorenzo insieme a Lino Jannuzzi nel 1968 per l’inchiesta sul Sifar, eviterà il carcere grazie all’immunità parlamentare in quanto eletto deputato alle elezioni politiche del 1968 come indipendente nelle liste del Psi. Stessa sorte per Jannuzzi che entra in Senato.
Dalle campagne contro Eugenio Cefis, presidente dell’Eni e dopo di Montedison, nasce il libro “Razza padrona” scritto con Giuseppe Turani. Il 14 gennaio 1976 esce il quotidiano “la Repubblica” da lui fondato con Carlo Caracciolo, editore del Gruppo L’Espresso, e ne sarà il direttore fino al 1996: gli succede Ezio Mauro.
I suoi primi libri – a volte si affianca coautori di provata competenza e di sicuro pedigree culturale e ideologico – sono soprattutto inchieste politico-economiche. Nel 1986, con “La sera andavamo in via Veneto” si delinea in Scalfari un’attitudine narrativa e memorialistica che si afferma definitivamente dal 1994 ad oggi con una serie di volumi saggistici e narrativi. “Il labirinto” (Rizzoli 1998) è una sorta di capofila nella sequenza in cui spicca il romanzo “La ruga sulla fronte” (Rizzoli 2001), e che per ora si ferma a “Scuote l’anima mia Eros” (Einaudi 2011). Il compendio antologico delle sue scritture giornalistiche, saggistiche, narrative è stato ora pubblicato nel volume “La passione dell’etica” (collana I Meridiani Mondadori, pp. 1984, euro 60) che si è giovato delle cure sapientissime di Angelo Cannatà, autore di corpose note ai testi dense di riferimenti – un sussidio straordinario per il lettore comune e il lettore di professione – e della bibliografia.

Acquista il volume

Nella foto: la copertina del volume "La passione dell'etica".

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(28.9.12) LE ATMOSFERE MEDITERRANEE DI FRANCESCO CORTESE (Massimo Distilo) - In un momento che sembra particolarmente propizio per la musica galatrese, durante il quale diversi nostri musicisti stanno dando il loro meglio nei vari generi, spicca in questo frangente il nome di Francesco Cortese, musicista a tutto tondo di cui ci siamo già occupati in passato, in occasione dell'uscita del suo CD intitolato Li belli canti calabrisi.
Francesco suona le tastiere, la chitarra, ma soprattutto canta in modo sublime, rendendo palpabile, grazie alla sua voce, tutto il grande retaggio della nostra tradizione musicale mediterranea.
Ascoltando le sue canzoni, sia dal vivo che in disco (ne ha incisi diversi per l'etichetta Sidem), si viene automaticamente trasportati nel più genuino, e per noi consueto, mondo dei paesaggi della nostra terra, in cui i colori e le sonorità che caratterizzano questo angolo di Mediterraneo sono esaltati in maniera mirabile. Le atmosfere che egli riesce a creare, pur rispettando le vocalità tipiche della nostra musica, sono portatrici di un sound che, complessivamente, le trascende ricevendo, in quantità misurata, contaminazioni dai generi più disparati: dal pop al rock, dal blues al techno.
E' il mondo popolare il protagonista delle sue canzoni, con tutti i personaggi e le maschere che lo rendono inimitabile. Tutto il fascino e la bellezza della nostra provincia italiana sono trasfusi nelle sue canzoni in cui si parla di rondini, belle donne, preti, marescialli, amori difficili o facili, e in cui tutta una folla di personaggi prende vita come in un quadro di Manet.
Francesco Cortese in quest'ultima estate ha continuato a mietere successi col suo gruppo musicale, ma ha in serbo altre sorprese per il suo pubblico, visto che sta lavorando, proprio in questo periodo, a nuove canzoni che, da quanto egli fa trapelare, avranno un sapore particolare.
Auguriamo dunque buon lavoro a questo artista che contribuisce a tenere alto il vessillo della musica galatrese e vi proponiamo alcuni estratti di canzoni (molto brevi per ragioni di copyright) prese dal suo CD intitolato Calabria e Calabrisi.
Buon ascolto!

E la rondinella vola (Mp3) 671 KB

Chi pozzu fari (Mp3) 1,00 MB

E lu previti fujiva (Mp3) 755 KB

E ancora aspettu (Mp3) 924 KB

Dammi a sorita (Mp3) 533 KB


Nelle foto: il musicista e cantante Francesco Cortese.

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(2.10.12) NUOVO DISCO E NUOVO SITO PER IL PIANISTA NICOLA SERGIO - E' uscito da pochissimo il nuovo CD del pianista galatrese Nicola Sergio, inciso per l'etichetta Challenge Records International. Porta come titolo Illusions ed è accompagnato da un suggestivo videoclip prodotto da 2h56 Productions.

Visualizza il videoclip

Nel frattempo Nicola ha inaugurato il suo nuovo personale sito web che finalmente porta come nome a dominio il suo stesso nome e cognome:

www.nicolasergio.com

Dopo l'importante e riuscita esibizione estiva nell'ambito del festival jazz di Roccella Jonica, si accavallano intanto nuove date concertistiche per il nostro jazzista, alcune delle quali in Calabria.
Ecco un sintetico elenco:

4 Ottobre: Nicola Sergio Trio - Terni (Fat Club), ore 21,30

6 Ottobre: Nicola Sergio Trio - Umbertide, Perugia (L'occhio, l'orecchio e la bocca), ore 21,30

7 Ottobre: Nicola Sergio Trio - Roma (Alexanderplatz Jazz Club), ore 21,30

11 Novembre: Piano solo - Polistena, Rc (Autunno in Jazz Festival), ore 21,30

12 Novembre: Nicola Sergio Trio - Villa S. Giovanni, Rc (La Sosta Jazz Club), ore 21,30

17 Novembre: Piano solo - Cosenza (Teatro dell'Acquario), ore 21,30

19 Novembre: Nicola Sergio Trio - Amsterdam (Murphie's law jazz club Den Haag), ore 22,00

25 Novembre: Nicola Sergio Trio - Parigi, Ile de France (Sunside Jazz Club), ore 21,30

In questo momento particolarmente felice per le varie espressioni musicali galatresi, avere Nicola Sergio come riferimento essenziale nel campo del jazz internazionale, costituisce senza dubbio motivo di grande soddisfazione per la nostra cittadina termale. Siccome ben conosciamo il carattere di Nicola, sappiamo che di certo egli non si fermerà qui, e che ci darà in futuro nuovi e ancor più pressanti motivi per scrivere di lui e della sua musica.
L'invito da cogliersi, per i nuovi musicisti emergenti dell'attuale florido panorama musicale galatrese (ma da estendersi anche per chi opera in campi diversi da quello musicale), è quello di cercare di emulare Nicola, non tanto negli aspetti prettamente musicali, ma soprattutto nella costante voglia di fare e di migliorare, di proporsi e di proporre sempre nuovi progetti ogni volta arricchiti di nuove idee. Ad maiora!

Nella foto: Nicola Sergio Trio, Illusions.

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(11.10.12) "LA LUCE IN FONDO AL TUNNEL": UN LIBRO DI GRETA SOLLAZZO - Si intitola La luce in fondo al tunnel il romanzo autobiografico che la giovane scrittrice galatrese Greta Sollazzo ha pubblicato di recente per i tipi della casa editrice Book Sprint. Il libro si sofferma sulle problematiche adolescenziali, comuni a molti giovani, dalle quali se ne esce facendo affidamento sulle proprie forze e sul proprio coraggio.
Greta è
laureata in matematica ed insegna a Palmi presso un istituto privato. Ha scoperto durante gli anni universitari la passione per la scrittura e si presenta oggi al grande pubblico con questo volume che sicuramente susciterà l'interesse di giovani e meno giovani.
Il libro si può trovare, oltre che nelle librerie, anche sul sito della casa editrice all'indirizzo:

www.booksprintedizioni.it

E' possibile inoltre votarlo per farlo salire nella speciale classifica dell'editore e, per chi lo leggerà, postare dei commenti. Lo si può fare da quest'altro link:

La luce in fondo al tunnel

Inoltre si può già scaricare un'anteprima del libro che, vi assicuriamo, è davvero interessante e contiene, fra l'altro, anche un piccolo spaccato della vita galatrese davvero da non perdere...

Anteprima del romanzo (PDF) 70,5 KB

Visualizza la presentazione su YouTube

Facciamo quindi i migliori complimenti a Greta per questo esordio narrativo che contribuisce a tenere sempre alto il livello della tradizione culturale galatrese.

Nelle foto: a sinistra la copertina del libro "La luce in fondo al tunnel", a destra Greta Sollazzo.

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(3.11.12) DUE VIDEO DEI KARADROS (Ramona De Maio) -

La voce femminile del gruppo dei Karadros, Ramona De Maio, ci ha mandato i link dei video relativi a due canzoni della
formazione galatrese: La nostra storia e Tiritera.
Un'occasione per riascoltare due bellissimi brani particolarmente graditi al pubblico durante l'ultimo tour estivo del gruppo che ha avuto grande successo:


La nostra storia



Tiritera

www.karadros.it

Nella foto in alto: Ramona De Maio, voce femminile dei Karadros.

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(9.11.12) GLI APPUNTAMENTI CALABRESI DEL JAZZISTA NICOLA SERGIO - Si avvicinano gli appuntamenti del nuovo tour in Calabria per il pianista galatrese Nicola Sergio che giusto Giovedì 8 Novembre si è esibito ad Istambul (Turchia) nella Hall dell'Armada Hotel. La serie di concerti in terra bruzia è abbastanza fitta e sarà intervallata da un'esibizione al Parco Fiere di Verona, prevista per Giovedì 22 Novembre.
Nicola Sergio ha inoltre da poco editato
il suo nuovo CD, dal titolo Illusions, per la casa discografica Challenge Record International. Il disco sarà presentato ufficialmente con un concerto il prossimo 25 Novembre al Sunside Jazz Club di Parigi.
Ma ecco in dettaglio le date degli appuntamenti calabresi:

  • Dom 11 Novembre: Piano solo - Polistena, Rc (Salone delle Feste, Autunno in Jazz Festival), ore 21,30

  • Lun 12 Novembre: Nicola Sergio Trio - Villa S. Giovanni, Rc (La Sosta Jazz Club), ore 21,30

  • Sab 17 Novembre: Piano solo - Cosenza (Teatro dell'Acquario), ore 21,30

  • Ven 23 Novembre: Nicola Sergio Trio - Reggio Cal. (Teatro Politeama Siracusa, Reggio in Jazz), ore 21,00

    Nicola ha da poco inaugurato il nuovo sito all'indirizzo: www.nicolasergio.com

    Il CD Illusions è acquistabile on line su diversi siti: www.ibs.it - www.amazon.it
    E' inoltre scaricabile in formato mp3 sulle piattaforme: iTunes - Amazon

    Nicola Sergio (classe 1978) ha iniziato i suoi studi musicali a Galatro col pianista Massimo Distilo, con cui ha studiato per sei anni prima di essere ammesso al Conservatorio "Torrefranca" di Vibo Valentia. Si è quindi trasferito a Perugia dove ha conseguito il diploma di Pianoforte al Conservatorio "Morlacchi" e la laurea in Economia. Si è in seguito dedicato al jazz e da alcuni anni vive a Parigi. Per ulteriori dettagli sul curriculum musicale e sulle ultime performance di Nicola vi rimandiamo alla versione integrale del recente articolo di Umberto Di Stilo (PDF 19,5 KB) pubblicato parzialmente su Gazzetta del Sud.

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    (21.11.12) GRETA SOLLAZZO E IL SUO LIBRO SU RAIUNO A "LA VITA IN DIRETTA": IL VIDEO - Lo scorso Venerdì 16 Novembre la trasmissione televisiva di RaiUno "La vita in diretta" ha ospitato la scrittrice galatrese Greta Sollazzo che ha presentato il proprio recente libro La luce in fondo al tunnel (BookSprint edizioni - € 13,80), di cui ci siamo già occupati in un nostro precedente articolo.
    Il libro, come sappiamo, è una sorta di romanzo autobiografico e rappresenta una testimonianza diretta di alcune delle problematiche più rilevanti che investono il mondo giovanile, in particolare l'anoressia. Greta ha colloquiato amabilmente con i due conduttori - Mara Venier e Marco Liorni - e con gli altri ospiti presenti in studio facendo diretto riferimento alla propria esperienza di vita dalla quale è nata l'idea del libro.
    Il successo è stato notevole, non solo per la simpatia che Greta è riuscita a ispirare nel pubblico grazie al suo sorriso che buca letteralmente il teleschermo, ma soprattutto per l'importanza del tema e la profondità con cui lo ha trattato in trasmissione e nel romanzo. Greta, che oggi è professoressa di matematica, si occupa anche dei disabili, anzi quest'ultima attività l'ha aiutata a superare i momenti difficili.
    Per visualizzare la trasmissione cliccare sul link in basso.






    Nelle foto, dall'alto in basso: Greta Sollazzo in trasmissione; un momento del programma; la copertina del libro "La luce in fondo al tunnel".

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    (2.12.12) NOTE SULLA POETICA DI ROCCO GIUSEPPE TASSONE (Armido Cario) - La penna ed il foglio sono, per Rocco Giuseppe Tassone, appendici dell’anima: la poesia è visceralmente connaturata alla sua stessa indole, è un tratto distintivo della sua natura. Non a caso, attraverso la lettura dei suoi versi, traspare una poesia intensamente profonda, emozionale, intima. La rilettura offre, invece, allo spirito sempre nuove rivelazioni, nuove sfumature. I versi, per Tassone, sono vibrazioni dell’Io, rappresentano gli echi sottili ed i richiami dell’anima: tutto ciò si palesa nei componimenti meno noti e, per questo, più intimi ed autentici perché rivelano le radici e la connotazione esistenziale della sua poesia.
    Il poeta trattiene, mediante l’osservazione della realtà e della natura, il senso di ciò che osserva, lo introietta, lo trasforma in sentimento e lo elabora in poesia. Tassone riesce, infatti, a percepire il senso delle cose, anche le più piccole rendendole significanti. Dopo tutto, l’artista vero è colui che sa cogliere il senso ed il valore dell’essere e delle cose, perfino le più infime, scorgendo una ragion d’esistere in ogni parte del creato. Nell’osservazione del mondo, della natura, di ogni cosa vivente, Tassone è capace di afferrare frammenti di verità e d’immenso.
    Tutto ciò rivela lo spirito di uomo sempre in cerca della conoscenza e della perfezione. La poesia, la sua poesia è la sintesi di un universo pregno di pensieri e di vissuto.
    Una poesia che intercetta il flusso dell’essere. Quel flusso che, di notte, muta in “anime libere”, in pensieri liberi che rivelano l’essenza pura dell’uomo mentre, di giorno, si confrontano e si scontrano con la realtà. È così: ogni verso custodisce un mondo, un mondo che la prosa, per quanto elevata, può tentare invano di spiegare. In questo, si svela e si rivela la sensibilità e la statura del poeta, che riduce ciò che lo circonda e lo emoziona in parole ricche di senso, in versi e strofe. E l’arte vera, quella autentica consta di questo elemento essenziale: riuscire nell’impossibile, sovrumano sforzo di descrivere emozioni, percezioni e sentimenti, esprimendo ciò che uno spirito semplice non può e non sa descrivere.
    Tutto questo incarna la poesia intimistica e dell’Io di Rocco Giuseppe Tassone. Una poesia interiore, nei cui versi ciascuno può ricercare una parte di sé. Una poesia, scavata nel solco dei ricordi e della memoria, che è artefice di emozioni ed ispiratrice di riflessioni universali.
    È la poesia di un uomo profondamente immerso nella realtà della sua condizione, che vive pienamente la sua umanità: un’umanità difficile, fatta di opportunità colte e mancate, condita di scelte e di rinunce. Una condizione difficile di cui il poeta è consapevole poiché, come dice Messori, «Scegliere è sempre doloroso ma vivere è scegliere»; una condizione difficile resa sopportabile dalla poesia, dalla tensione spirituale e dalla fides. Una sensibilità poetica che si rispecchia sul modus essendi e vivendi, riflettendo la grandezza del poeta nell’umiltà dell’uomo. L’umiltà che, come c’insegnano i Vangeli e la vita, è la dote dei grandi.

    Nella foto: il poeta Rocco Giuseppe Tassone.

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    (6.12.12) NASCE A POLISTENA IL PRIMO ISTITUTO TECNICO SUPERIORE IN CALABRIA NEL SETTORE MOBILITA' SOSTENIBILE (Nicola Marazzita) - Si chiama “PEGASUS” e nasce a Polistena il primo Istituto Tecnico Superiore della Calabria nel settore della Mobilità Sostenibile. Gli Istituti Tecnici Superiori (ITS), istituiti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) del 25 Gennaio 2008, sono "scuole speciali di tecnologia" e rappresentano un canale formativo di livello post-secondario, parallelo ai percorsi universitari. Si tratta di un’istruzione tecnica d’eccellenza volta a preparare giovani da avviare nel mondo del lavoro.
    Ai percorsi si accede con un diploma di istruzione secondaria di secondo grado, al termine dei quali è rilasciato il diploma di “tecnico superiore”, con la specifica dell’indirizzo tematico dell'area tecnologica e della figura nazionale di riferimento (V livello del Quadro europeo delle qualifiche EQF, il quadro comune europeo di riferimento, articolato in 8 livelli, che collega fra loro i sistemi di qualificazione adottati dai diversi Paesi europei).
    Il modello è quello tedesco, dove le Fachhochschule sfornano i tecnici specializzati che fanno girare l’economia tedesca basata, come la nostra, sul sistema manifatturiero.
    Una scelta politica giusta, dunque, quella di introdurre anche in Italia un sistema di istruzione tecnica superiore per rispondere al bisogno fortemente sentito di aprire l’accesso a nuove strade e nuove possibilità per i giovani diplomati. I saperi trasmessi e le competenze sviluppate devono essere funzionali alle esigenze di una contemporaneità che, almeno per quanto riguarda il nostro Paese, è troppo debole per entrare a vele spiegate nel mondo globalizzato, ma è, altresì, troppo cresciuta per sopravvivere nel ristretto ambito di una comunità solo locale: è necessario, quindi, stare “dentro” un territorio mantenere con esso i legami attraverso una rete di piccole e medie imprese che però siano in grado di divenire competitive sul piano mondiale per creatività e tecnologie innovative.
    Gli Istituti Tecnici Superiori nascono, infatti, per sostenere, sulla base di piani triennali, negli ambiti e secondo le priorità indicati dalla programmazione regionale, le misure per l’innovazione e il trasferimento tecnologico alle piccole e medie imprese; per assicurare, con continuità, l’offerta di tecnici superiori a livello post-secondario che sappiano rispondere alla domanda proveniente dal mondo del lavoro pubblico e privato in relazione alle aree strategiche per lo sviluppo economico del Paese; per diffondere la cultura tecnica e scientifica e promuovere l’orientamento dei giovani e delle loro famiglie verso le professioni tecniche.
    Coprono uno spazio di formazione che era carente (tanto da motivare in parte il relativo disinteresse dei giovani per l’istruzione tecnica), e giustamente, il decreto che li istituisce riconosce fondamentale nella loro costituzione il ruolo degli Istituti Tecnici come depositari di sapere, saper fare, esperienza, reputazione e rispetto, tanto da farne gli enti di riferimento delle Fondazioni di partecipazione (lo standard organizzativo con il quale si configurano gli ITS).
    L’ ente di riferimento ne promuove la costituzione, ma accanto ad esso compaiono altri soggetti: una struttura formativa accreditata dalla Regione per l’alta formazione, ubicata nella provincia sede della formazione, una impresa del settore produttivo cui si riferisce l’Istituto Tecnico Superiore, un dipartimento universitario o altro organismo appartenente al sistema della ricerca scientifica e tecnologica, un Ente locale. Altre persone fisiche e giuridiche, pubbliche e private, possono essere Partecipanti alla Fondazione, laddove ne contribuiscano agli scopi sia con donazioni in denaro o in beni e servizi, che con attività professionali di particolare rilievo.
    I percorsi formativi hanno una durata di quattro semestri (circa 1800/2000 ore) e comprendono didattica in laboratorio e tirocini obbligatori, anche all'estero, per almeno il 30% del monte orario complessivo.
    Gli Istituti Tecnici Superiori, in qualità di istituti di eccellenza ad alta specializzazione tecnologica, riusciranno, forse, a curare le due tipiche “malattie italiane” in apparente contraddizione tra loro: da una parte un’altissima disoccupazione giovanile ( che al sud viaggia oltre il 40%) e dall’altra un sistema industriale che ogni anno non riesce a trovare circa 110 mila tecnici. Un paradosso tutto italiano che nasconde un problema antico: le nostre scuole e le nostre università sfornano diplomati e laureati con una preparazione lontana da quella richiesta dalle nostre aziende. Aver separato, dopo il 1968, i destini della scuola da quelli del lavoro, forse, è stato un errore del quale l’Italia ancora oggi paga le conseguenze.

    Per info e contatti consultare il sito
    www.itspegasus.it

    Nella foto in alto: Nicola Marazzita.

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    (21.12.12) L'ABATE CONIA E LA STATUA DI S. RAFFAELE ARCANGELO AD ORSIGLIADI DI ROMBIOLO - Il nostro abate Giovanni Conia nella sua lunga vita (Galatro 1752 - Oppido 1839) fu anche per un certo periodo parroco nella località di Orsigliadi che, assieme a Presinaci, Moladi, Pernocari e Garavati, fa parte delle cinque attuali frazioni di Rombiolo.
    Orsigliadi, a partire dal lontano 1683, era diventata parrocchia autonoma sotto il titolo di Maria SS. Annunziata. Conia, durante la sua attività sacerdotale in questa parrocchia nella seconda metà del '700, aveva introdotto la festa di San Raffaele Arcangelo ma, non essendoci ancora una statua che rappresentasse il santo, tale ricorrenza veniva celebrata senza quel giusto decoro e la solennità che meritava.
    Fu presa perciò la decisione di provvedere alla realizzazione della statua di San Raffaele Arcangelo e, a tal fine, si sottoscrissero delle offerte che variavano da un carlino (pari a 10 centesimi di ducato) fino a due ducati, secondo le possibilità di ciascun fedele. Si raggiunse la somma di 23 ducati e mezzo in danaro, con in aggiunta un quarto di tomolo di grano bianco e una canna e mezza di tela. Di realizzare la "varetta" per la processione si prese l'impegno un falegname del luogo: mastro Diego Pontoriero.
    Il 13 Febbraio 1788 Conia stipulò con lo scultore Domenico De Lorenzo (Tropea 1740 - Garopoli di S. Pietro di Caridà 1812) un contratto per la realizzazione della statua, la quale doveva essere consegnata entro il 15 Agosto dello stesso anno al prezzo pattuito di 25 ducati.
    I dettagli del contratto stabiliscono precise indicazioni su come dovesse essere fatta la statua: l'opera doveva essere alta cinque palmi (pari a 1,32 metri) ed essere perfettamente somigliante ad un quadro del santo che Conia aveva esibito a De Lorenzo, soltanto doveva essere abbassata un po' la cintura e moderata la disposizione della veste; inoltre l'altro personaggio raffigurato, il piccolo Tobia, doveva avere un aspetto più atterrito di quello del quadro.
    Interessante un particolare dettaglio: il cane, la cui presenza era prevista nella statua, doveva essere simile a quello della statua di San Rocco di Galatro realizzata dallo stesso De Lorenzo.
    Confrontando i cani delle due statue si vede però che sono molto diversi. Non è dunque del tutto sicuro se Conia si riferisse alla statua di San Rocco custodita attualmente nella chiesa di San Nicola in Galatro. Esiste un'altra possibilità: che il cane della statua di San Rocco possa essere stato nel corso dei secoli sostituito con un altro. In alcune foto antiche lo si vede infatti posizionato alla sinistra del santo, mentre attualmente si trova a destra. Altra ipotesi è che sia stato invece sostituito il cane della statua di San Raffaele, oppure entrambi i cani.
    Per fare un confronto vi proponiamo in basso le foto di entrambe le statue: San Raffaele Arcangelo di Orsigliadi e San Rocco di Galatro, quest'ultima ripresa in due periodi distinti, con il cane spostato.
    C'è da aggiungere che la mantellina corta su cui è attaccata una conchiglia nella statua di San Raffaele è detta sanrocchino, riferendosi appunto a San Rocco, ed è molto simile a quella usata di recente dai nostri affiliati all'Associazione Europea "Amici di San Rocco" di Galatro. Inoltre a partire dal '600 gli artisti cominciarono a raffigurare San Raffaele vestito come San Rocco, ambedue protettori dei pellegrini e viaggiatori, nonchè portatori di rimedi salutari.


    La statua di San Raffaele Arcangelo ad Orsigliadi di Rombiolo, opera di Domenico De Lorenzo.



    La statua di San Rocco di Galatro in una processione recente: da notare il cane a destra del santo.



    La statua di San Rocco di Galatro in una processione di molti anni fa: il cane è alla sinistra del santo.

    Nella foto più in alto: busto dell'abate Conia, opera di Raffaele Sergio.

    Fonti bibliografiche:
    Raffaele Arena, San Raffaele Arcangelo: medicina di Dio, Adhoc Edizioni, Vibo Valentia, 2012


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    (24.12.12) UN PROGETTO PER IL NUOVO 4G LTE DI TIM DA ONSCREEN COMMUNICATION - Annalisa Masi di OnScreen Communication, l'azienda di cui il nostro concittadino Saverio Ceravolo è Creative Technology Director, ci invia un comunicato stampa che vi proponiamo di seguito e che illustra la recente collaborazione fra la OnScreen e la TIM.
    Si tratta di un Game in realtà aumentata per il nuovo 4G LTE di TIM. E' un'applicazione in-store realizzata da OnScreen Communication e Sputnik Media.

    La città del futuro è in realtà aumentata. TIM presenta con una coinvolgente applicazione realizzata per lo store dell’Aeroporto di Fiumicino le novità di Ultra Internet 4G LTE, la nuova offerta della compagnia per navigare ad alta velocità.
    La rete mobile di quarta generazione è pronta a rivoluzionare il mondo del web, portando in Italia la banda ultralarga a 100 Mbps. Lo scenario futuristico anticipato dal sistema è alla base dell’esperienza regalata a tutti i visitatori del punto vendita. Un divertente game multimediale e interattivo, ideato e realizzato da Sputnik Media e OnScreen Communication.
    Lo store, posizionato nel Terminal 1, Partenze Nazionali, è arricchito con uno stand, dotato di un grande schermo e una camera. Per vivere la propria esperienza l’utente ha tre possibilità di errore e un tempo limitato, durante il quale mostrare alla camera il maggior numero possibile di card a disposizione. Grazie all’augmented reality su ciascuno di essi l’utente vedrà comparire, attraverso lo schermo, la riproduzione tridimensionale e animata di diverse sezioni della città del futuro, o di un’area urbana in decadenza. Nel primo caso, si tratterà della scelta giusta, associata a un punteggio espresso in Mega. Con quattro supporti vincenti si potrà costruire la propria città virtuale, e raggiungere il massimo score per partecipare all’estrazione di un prestigioso premio.
    Con la realtà aumentata l’immaginario anticipato da 4G LTE si anima nelle mani dell’utente, con grattacieli, luci evanescenti e veicoli volanti. Un progetto innovativo anche dal punto di vista tecnologico, grazie a un complesso sistema di multitracciamento, che consente di aumentare con contenuti aggiuntivi diversi elementi reali.
    Immaginazione, interazione e spettacolarità: sono le caratteristiche dell’applicazione realizzata per TIM. Tra arrivi e partenze in occasione delle prossime festività, un momento di piacevole intrattenimento attraverso cui familiarizzare con la nuova tecnologia.


    Un'immagine legata all'iniziativa di OnScreen for Tim


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    (26.12.12) SUCCESSO PER "ILLUSIONS", IL NUOVO DISCO DI NICOLA SERGIO -

    Illusions, il nuovo disco del pianista galatrese Nicola Sergio sta andando benissimo, sia come vendite, sia sulla stampa e nelle radio. Le più importanti radio francesi e la stampa, specializzata e non solo, hanno parlato molto positivamente di questo ultimo lavoro di Nicola.
    In una occasione addirittura il CD Illusions è recensito assieme ad un disco di un altro grandissimo nome del jazz internazionale: Brad Meldhau!
    Vi proponiamo di seguito alcuni link relativi a interviste, recensioni e programmi radiofonici dove si è parlato del disco e sono stati tramessi dei brani:

    Intervista in italiano per IMPULSE-JAZZ

    Recensione su JAZZ NEWS (PDF) 361 KB

    Radio nazionali francesi
    France Info

    Open Jazz

    Gli impegni musicali impediscono a Nicola di venire a Galatro nel periodo delle feste natalizie. Ci sono in vista anche impegni abbastanza lunghi in città dell'estremo oriente.
    Attraverso il nostro giornale Nicola fa i migliori auguri di buone feste a tutti i galatresi, sia che si trovino a Galatro o sparsi nel mondo.

    www.nicolasergio.com

    Acquista il CD"Illusions"

    Nella foto: Nicola Sergio.

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