Come in passate edizioni, sono in programma una serie di eventi di notevole interesse che riguarderanno la danza, il teatro e la musica. Vi proponiamo in basso il programma generale della manifestazione e le locandine dei singoli eventi.
In un mio precedente articolo scritto poco più di un anno fa mi sono soffermato sul concetto del Verbo (la Parola, Gesù Cristo) come manifestazione del Pensiero (che è Dio): in questa occasione vorrei proporvi alcune mie riflessioni sull’universo, sulla terra e sulla natura delle cose che vivono su questo nostro pianeta.
Naturalmente l’opera di Lucrezio (secondo cui un dio o degli dèi esistono, ma non crearono l'universo, tanto meno si occupano delle azioni degli uomini; l’universo è fatto di atomi di cui si compone anche l'anima dell'uomo e i quali, quando il corpo muore, si disperdono nel mondo per essere riutilizzati dalla natura che è nostra madre) e quella di Bernardino Telesio (che confutando Lucrezio ha scritto: «Se non saremo completamente stupidi e stolti, disdegneremo quasi e rifiuteremo le forze e i beni della natura e la natura stessa, mentre invece venereremo e ameremo moltissimo la potenza e la bontà smisurate di Dio e Dio stesso, e opereremo assiduamente in conformità ai suoi precetti allo scopo di conseguire il bene che ci ha promesso») sono di ben altro spessore e livello culturale, ma per questo mio articolo mi è piaciuto prendere in prestito il titolo dei loro capolavori perché vorrei soffermarmi brevemente su tre argomenti che riguardano la natura delle cose del mondo fisico, del mondo animale e di quello umano.
Andrea Tornielli, intervistando Vittorio Messori, gli chiede perché secondo lui ci sono miliardi di stelle nel cielo: perché c’è questo spreco di galassie, servono forse solo per abbellire il firmamento visto dalla terra? Messori risponde che in effetti tutto il creato sembra improntato alla legge dello spreco, e che per esempio anche per la continuazione della vita sulla terra occorrono milioni di spermatozoi per fecondare un solo ovulo. Anche se apprezzo Messori per ciò che scrive nei suoi libri e sui giornali con cui collabora, sinceramente a me piace di più la risposta che nel film del 1991 “Robin Hood principe dei ladri” il personaggio interpretato da Morgan Freeman dà ad un ragazzo che gli chiede il perché del colore scuro della sua pelle: egli afferma che a Dio piace la “varietà meravigliosa” e che per questo ha creato innumerevoli piante, fiori, paesaggi, animali e uomini dai colori e dalle forme diversissime tra loro.
- La varietà meravigliosa voluta da Dio è dovuta sia a motivi estetici che a ragioni pratiche: le stelle del cielo sono belle a vedersi in una notte priva di nuvole, ma le dimensioni di ognuna di esse e la loro disposizione all’interno delle diverse galassie è funzionale all’equilibrio gravitazionale che consente all’universo di continuare ad espandersi mantenendosi stabile e sempre uguale a se stesso.
Le meravigliose aurore boreali sono dovute al magnetismo terrestre la cui presenza però genera anche una sorta di "scudo" elettromagnetico che devia i raggi cosmici e tutte le particelle cariche pericolose per la nostra salute, riducendone la quantità che raggiunge il suolo del nostro pianeta.
L’alternarsi delle stagioni ci consente di godere del caldo e delle vacanze al mare, ma anche del freddo e delle discese con gli sci sulla neve: la ragione pratica per l’esistenza di questa diversità riguarda la necessità di avere sulla terra alcune zone calde (addirittura anche desertiche) ed altre fredde (poli e montagne altissime) necessarie perché si formino dei venti che trasportino le nuvole createsi con l’evaporazione dell’acqua nelle zone calde verso le zone più fredde dove si trasforma in pioggia o neve che a sua volta funge da riserva d’acqua accumulandosi in inverno e sciogliendosi con il caldo per tornare in forma di fiume nei mari e nei laghi da cui era evaporata.
- Al ciclo dell’acqua sinteticamente sopra illustrato si può paragonare la catena alimentare che partendo dal mondo vegetale arriva a dare sostentamento agli animali.
Nei mari di tutto il mondo c’è una enorme, meravigliosa varietà di pesci e mammiferi marini che si differenziano tra loro per un’infinità di forme e colori, ma allo stesso tempo, partendo dal plancton per arrivare agli squali ed alle balene, pesce grande mangia pesce piccolo e sono ognuno cibo per l’altro: anche i pesci più minuscoli infatti si nutrono delle proteine rilasciate dalla decomposizione delle carcasse di animali morti in mare o trasportate dai fiumi (come diceva Lucrezio, gli atomi si disperdono nel mondo per essere riutilizzati dalla natura che è nostra madre).
Nel mondo terrestre la stessa cosa succede per gli animali erbivori che sono cibo per i carnivori, ma che si nutrono dei vegetali che sono concimati anche da ciò che resta degli animali morti: la bellezza degli alberi, delle piante e dei fiori, la diversità della vita e del modo di nutrirsi degli animali non è fine a se stessa, ma funzionale al ciclo della vita.
A questo punto però, nell’uomo succede una cosa strana: mentre nessuno si scandalizza se un pesce grande mangia un pesce piccolo o se un leone o un coccodrillo mangiano una gazzella, dimenticandosi che la natura dell’alimentazione umana è onnivora molte persone rinunciano a mangiare carne (e questa è una loro scelta personale legittima) accusando chi invece ne fa uso di scarsa sensibilità verso gli altri esseri viventi se non addirittura di cattiveria e ferocia inaccettabili. La sensibilità suddetta dovrebbe essere mirata a procurare la minima sofferenza possibile agli animali di cui ci serviamo lecitamente e per la natura stessa di cui siamo fatti, non a privarci di ciò che ci possono dare per il nostro benessere limitando il divieto di cibarsene o di fare altro uso agli animali da compagnia ai quali diamo e dai quali riceviamo affetto (ma per favore non chiamatelo amore! perché l’amore è un sentimento che si da ai genitori, al coniuge, ai figli ed a CHI è L’AMORE, per tutti gli altri c’è il voler bene e l’affetto).
- Anche nel mondo vegetale come in quello animale la continuazione della specie avviene tramite riproduzione attraverso la fecondazione dell’esemplare femmina con il seme del maschio: nelle piante e nei fiori il polline viene trasportato dal vento o dagli insetti, nei mammiferi il seme feconda l’ovulo attraverso il rapporto sessuale e così via per ogni specie vivente. Può capitare negli animali (tra cui l’uomo) una scelta di rapporto omosessuale, ma questa è sempre un’eccezione e non produce continuazione della specie!
Per quanto riguarda le coppie omosessuali umane si deve accettare e rispettare chi vive quel tipo di relazione, la loro è una scelta personale legittima, ma non si può affermare che sia una condizione ‘normale’ tale da essere emulata e propagandata per avere gli stessi ‘diritti’ delle coppie eterosessuali, compreso quello di avere figli: se si diffondesse fino all’esasperazione l’omosessualità maschile e femminile, si arriverebbe all’estinzione della specie, cosa che non definirei proprio ‘normale’ o naturale.
Camillo Langone scrive: “Più che l’omosessualità a me fa paura l’omosessualismo, l’ideologia che considera l’omosessualità cosa buona e giusta, anzi migliore dell’eterosessualità, da promuovere e sostenere con ogni mezzo, culturale, politico, economico, sottraendo risorse ai padri e alle madri colpevoli di aver messo al mondo dei figli“. Secondo me quello di avere figli non è proprio un diritto per nessuno, nemmeno per le coppie etero, le quali, se la natura non li fa procreare neanche dopo le cure mediche appropriate, possono adottare un bambino orfano o proveniente da qualche paese del terzo mondo e trasmettergli la propria cultura ed i propri valori, che contano più del ‘sangue’ visto che la cronaca ci informa spesso come alcuni figli di ‘sangue’ sono stati capaci di fare violenza ai propri genitori arrivando persino ad ucciderli.
Su ognuno dei tre punti toccati brevemente in questo articolo si potrebbero aggiungere un’infinità di riflessioni, ma siccome sono sicuro che già con queste poche righe mi attirerò il disprezzo di vegetariani, vegani, omosessuali, lesbiche, transgender e chi più ne ha più ne metta, credo sia meglio chiudere qui ringraziando chi ha avuto la cortesia di leggere questo articolo per il tempo che ha voluto dedicarmi.
1968: GIOVENTU' COME CATEGORIA SOCIOLOGICA Fabio Cuzzola
In genere non amo le date, se non quelle legate alla propria storia personale ma il 3 febbraio del 1966 è certamente una di quelle che ogni studente dovrebbe segnare in viola, in rosso o nel colore che preferisce nel proprio calendario laico.
Il quel giorno della seconda metà degli anni sessanta, nella grigia e industriale Milano del boom economico, nel più antico liceo classico della città, Il Parini, i ragazzi stanno distribuendo orgogliosi del loro lavoro l'ultimo numero del giornalino scolastico: La Zanzara. Un giornalino antico e glorioso se si pensa che quando uscì il primo numero nel '45 fu grazie alla carta donata dai partigiani.
In quel numero, che potrete rileggere per intero a
questo link, oltre ad articoli che criticano i libri di testo adottati e raccontano la cronaca spicciola della vita scolastica, nelle pagine centrali ecco l'inchiesta dal titolo: Cosa pensano le ragazze di oggi, un lavoro puntuale, a tutto campo su cosa pensano le studentesse sul sesso, la famiglia, il matrimonio.
L'articolo suscita subito l'indignazione di molte famiglie e delle associazioni ecclesiastiche; gli studenti della redazione e il preside vengono condotti in questura interrogati, denunciati e processati per direttissima; il processo viene intentato sulla base dei seguenti capi d'imputazione:
"Il contenuto dell'inchiesta offende il sentimento morale dei fanciulli e degli adolescenti, costituendo un incitamento alla corruzione."
verrà seguito da più di duecento testate giornalistiche provenienti da tutto il mondo.
Finì con un'assoluzione... il '68 era già cominciato!
Dopo questo episodio che anticipa tutto quello che sarà il movimento studentesco in Italia, vorrei partire da tre parole chiave, legate ai tre film che vedremo insieme e che ho pensato di proporvi per il nostro cineforum.
Gioventù: gli anni sessanta e più nello specifico il '68, segnano la nascita della gioventù come categoria sociologica, autonoma, soggetto attivo in grado di proporsi all'attenzione di una società secolare, sclerotizzata in schemi ripetuti acriticamente per generazioni, mascherata dietro al "è stato sempre così!". I giovani nelle scuole, nelle università prima e nelle piazze, nelle strade dopo, chiedono e praticano il cambiamento. A questa idea ho associato il film Easy Rider, che sin dal titolo rende l'idea di libertà, di lieve leggerezza, permettetemi l'iperbole, che a partire da un avventuroso perdersi in moto, porta i protagonisti della storia narrata dal regista-attore Dennis Hopper, a cercare prima di tutto la libertà non come idea metafisica ma come prassi. Colonna sonora a suon di rock, attori ispirati, Peter Fonda e Jack Nickolson indimenticabili.
Parola: la richiesta in assoluto che ha mosso tutto il movimento del '68 è stata la libertà di parola, di espressione in tutte le sue forme. Vi sembrerà strano poi che questo diritto sia stato richiesto con forza là dove per prima era stato giuridicamente riconosciuto, negli Stati Uniti, in Francia e più in generale in tutto quello che allora, nello scacchiere della guerra fredda, era l'occidente, libero e democratico... almeno in apparenza. Nelle scuole, negli atenei, sui giornali come abbiamo visto, nella politica, in famiglia, nella chiesa i giovani non avevano voce in capitolo, nelle istituzioni non avevano il diritto di parola... ovvero non potevano dire la loro! Ecco che all'università di Berkeley, California, nel 1964 nasce il Free Speech Movement, ecco che in Italia l'anno prima un gruppo di intellettuali autodefintosi "Gruppo del '63" si riunisce con l'intento di rimettere al centro della dialettica politica e culturale la parola. Il senso più profondo è: liberare la parola significa liberare conoscenze e saperi, questo libera l'umanità dall'oppressione. In Vietnam, in Italia, in America. Per riflettere su questo aspetto della lotta ho scelto il film Fragole e sangue. E' il racconto di una storia esemplare di quegli anni, la presa di coscienza politica repentina di un giovane americano di fronte alle trasformazioni della società del tempo, in un continuo gioco dialettico fra l'io e il noi che da spazio alla fine al nuovo concetto di pluralità che abbiamo ereditato dal '68, il collettivo!
Autorità: se il '68, come ha scritto il Time è stato: "il rasoio che separò il passato dal futuro", l'elemento più messo in discussione e spero definitivamente da parte nella vita dell'individuo, anche se a vedere l'atteggiamento di ancora molti adulti non sembra così, è quello del culto dell'autorità. Per capire le fondamenta autoritarie del tempo occorre richiamare alcuni esempi concreti. L'autorità dispiegava i suoi tentacoli ovunque: sul lavoro, a scuola, nelle università, in famiglia e il tutto era incarnato dalle eterne figure maschili, patriarcali. Il grande sogno, film italiano recente, mi è sembrato interessante per fotografare, con particolare attenzione all'Italia, il rapporto che i giovani ebbero con l'autorità mettendola in crisi, a partire dallo scontro generazionale padri-figli, una dinamica che forse ha rappresentato la sovrastruttura più pesante in grado di bloccare la crescita della nostra civiltà nel '900.
Prima del '68 non esistevano il divorzio, l'aborto e la pillola era vietata. Il corpo imprigionato dall'autorità morale. Prima del '68 tradire il marito era reato e non viceversa, era consentito il delitto d'onore e il matrimonio riparatore estingueva il reato di stupro, reato peraltro condannato come offesa alla morale e non come violenza sulla donna. Prima del '68 nelle scuole non erano consentite le assemblee, gli studenti non avevano diritto di parola, non esistevano gli organi rappresentativi. Prima del '68 una donna per aprire un conto corrente doveva presentare le garanzie di un maschio, il padre, il fratello o il marito, esisteva il salario di genere... anzi esiste ancora e allora è ancora tempo di '68!
Nelle foto, dall'alto in basso: Domenico Distilo e Fabio Cuzzola.